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Se Cristo verrà a giudicare gotto l'aspetto di servo
Supplemento
Questione 90
Articolo 1
SEMBRA che Cristo non debba venire a giudicare sotto l'aspetto di servo. Infatti:
1. Il giudizio richiede autorità da parte di colui che giudica. Ora, Cristo ha autorità sui vivi e sui morti in quanto Dio: è così infatti che egli è Signore e Creatore di tutte le cose. Quindi egli giudicherà presentandosi come Dio.
2. Nel giudice si richiede un potere invincibile. Di qui le parole dell'Ecclesiastico: "Non cercare di diventar giudice, se non hai la forza di sradicare le ingiustizie". Ora, a Cristo spetta una virtù invincibile in quanto Dio. Dunque egli giudicherà sotto l'aspetto della sua divinità.
3. Nel Vangelo si legge: "Il Padre ha rimesso ogni giudizio al Figlio, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre". Ma al Figlio non è dovuto un onore uguale a quello del Padre secondo la natura umana. Perciò egli non verrà a giudicare sotto l'aspetto di uomo.
4. Daniele ha scritto: "Io guardavo fino a che furono disposti dei troni, e un Anziano di giorni si assise". Ebbene, i troni stanno a indicare il potere giudiziario; l'anzianità poi è attribuita a
Dio, come spiega Dionigi, a motivo della sua eternità. Dunque giudicare spetta al Figlio in quanto è eterno. Perciò non in quanto uomo.
5. S. Agostino scrive, come riferisce il testo delle Sentenze, che "per il Verbo di Dio si compie la resurrezione delle anime, mentre per il Verbo fattosi nella carne Figlio dell'uomo si compie la resurrezione dei corpi". Ora, il giudizio finale riguarda più l'anima che il corpo. Perciò giudicare spetta a Cristo più come Dio che come uomo.
IN CONTRARIO: 1. Sta scritto: "Gli ha dato il potere di giudicare, perché è il Figliuolo dell'uomo".
2. Sta scritto inoltre: "la tua causa come quella di un empio fu giudicata..."; "da Pilato", aggiunge la Glossa. "Perciò sarai incaricato del giudizio e della sentenza", "per giudicare con giustizia", dice ancora la Glossa. Ora, Cristo fu giudicato da Pilato nella sua natura umana. Dunque egli giudicherà sotto l'aspetto della sua natura umana.
3. Giudicare spetta a chi ha il diritto di fare le leggi. Ma Cristo ci ha dato la legge evangelica mostrandosi nella natura umana. Perciò egli giudicherà secondo codesta natura.
RISPONDO: Giudicare implica un dominio su chi è sottoposto al giudizio. Di qui le parole di S. Paolo: "Chi sei tu, che giudichi il servo di un altro?". Ecco perché a Cristo spetta giudicare in quanto ha un dominio sugli uomini, che saranno i principali imputati nel giudizio finale. Ora, egli è il Signore nostro non solo per la creazione: "Signore è Dio stesso, poiché ci ha fatti lui e non noi stessi"; ma anche per la redenzione, che gli va attribuita per la sua natura umana, secondo le parole di S. Paolo: "Per questo Cristo è risorto, per dominare sui vivi e sui morti".
Però per il premio della vita eterna non potrebbero bastare i beni a noi concessi con la creazione, se non fosse sopravvenuto il beneficio della redenzione, dato l'impedimento frapposto dal peccato di Adamo. Perciò, siccome il giudizio finale è ordinato a introdurre certuni nel Regno [dei cieli] e ad escluderne altri, è giusto che Cristo medesimo presieda codesto giudizio sotto l'aspetto della sua natura umana, dalla quale si ottiene di essere ammessi al Regno mediante il beneficio della redenzione. Ecco perché sta scritto che "egli è stato costituito da Dio giudice dei vivi e dei morti". E poiché con la redenzione del genere umano egli ha restaurato non solo la natura umana, ma tutto l'universo, in quanto tutta la creazione ottiene un perfezionamento con la riparazione dell'uomo, come si esprime S. Paolo, che parla di "pacificazione nel sangue della sua croce, sia delle cose della terra che di quelle dei cieli"; Cristo con la sua passione ha meritato il dominio e il potere giudiziario non solo sugli uomini, ma su tutta la creazione, secondo il testo evangelico: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e terra".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Cristo sotto l'aspetto della natura divina ha autorità di dominio su tutte le creature per diritto di creazione. Ma sotto quello della sua natura umana egli ha l'autorità di dominio meritata con la sua passione: autorità, quest'ultima quasi secondaria e acquisita. Mentre la prima è naturale ed eterna.
2. Sebbene in quanto uomo Cristo non abbia per se stesso un potere invincibile dalla virtù naturale della specie umana, tuttavia egli per un dono della divinità ha un potere invincibile anche nella natura umana, per cui "tutte le cose sono soggette ai suoi piedi", come si esprime S. Paolo. Egli quindi giudicherà nella natura umana però in forza della propria divinità.
3. Se Cristo fosse stato un puro uomo, non sarebbe stato in grado di redimere il genere umano. Quindi il fatto che egli ha potuto con la natura umana redimere il genere umano e così conquistare la facoltà di giudicare, dimostra in modo evidente che è Dio, e che va onorato alla pari del Padre, non come uomo, ma come Dio.
4. Nell'accennata visione di Daniele viene mostrato tutto l'ordine del potere giudiziario. Esso risiede come nella sua prima origine in Dio e specialmente nel Padre, che è la fonte di tutta la divinità. Ecco perché si dice innanzi tutto che "l'Anziano di giorni si assise". Il potere giudiziario però dal Padre è derivato nel Figlio, non solo dall'eternità secondo la natura divina, ma anche nel tempo secondo quella umana, nella quale egli volle meritarla. Ecco perché in quella visione si aggiunge: "Ecco venire in mezzo alle nubi del cielo uno dalle sembianze del Figlio dell'uomo, e si avanzò fino all'Anziano di giorni: e questi gli conferì il potere, l'onore e il regno".
5. S. Agostino afferma tali cose basandosi su una certa appropriazione; in modo cioè da ridurre gli effetti prodotti da Cristo nella natura umana a delle cause consimili. E poiché secondo l'anima noi siamo "a immagine e somiglianza di Dio", mentre secondo il corpo siamo dell'identica specie di Cristo, le cose che Cristo ha compiuto nelle nostre anime egli le attribuì alla sua divinità; mentre quelle che compirà nel nostro corpo le attribuì alla sua carne. Sebbene la sua carne, in quanto, come dice il Damasceno, è "organo della divinità", eserciti la sua efficacia anche sulle nostre anime: e ciò secondo l'affermazione paolina, che "il suo sangue ha mondato le nostre coscienze dalle opere di morte". Perciò anche "il Verbo fatto carne" è causa della resurrezione delle nostre anime. Quindi è giusto che egli anche secondo la natura umana sia giudice, non solo delle cose corporali, bensì anche di quelle spirituali.
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