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Se il potere di giudicare sia il premio corrispondente della povertà volontaria
Supplemento
Questione 89
Articolo 2
SEMBRA che il potere di giudicare non sia il premio corrispondente della povertà volontaria. Infatti:
1. Ciò fu promesso solo ai dodici apostoli: "Sederete sopra dodici troni per giudicare, ecc.". Ora, poiché i poveri volontari non tutti sono apostoli, è chiaro che la facoltà di giudicare non corrisponde alla loro povertà.
2. È un sacrificio più grande quello del proprio corpo, che quello dei beni esterni. Ora, i martiri e i vergini stessi fanno a Dio il sacrificio del proprio corpo: invece i poveri volontari sacrificano solo i beni esterni. Dunque la sublimità del potere giudiziario si addice di più ai martiri e ai vergini che ai poveri volontari.
3. La Glossa nel commentare le parole evangeliche, "Chi vi accusa è Mosè, nel quale voi sperate", aggiunge: "perché non credete al suo insegnamento". Inoltre il Signore afferma: "La parola che io ho proferito lo giudicherà nell'ultimo giorno". Quindi per il fatto che uno propone la legge o parole di esortazione per i buoni costumi, acquista la facoltà di giudicare chi le disprezza. Ma questo è il compito dei dottori. Dunque la facoltà suddetta spetta più ai dottori che ai poveri.
4. Cristo, per il fatto che fu giudicato ingiustamente, acquistò in quanto uomo di esser giudice di tutto il genere umano, secondo le parole evangeliche: "Gli ha dato il potere di giudicare, perché è il Figliuolo dell'uomo". Ora, coloro che soffrono persecuzione a causa della giustizia sono giudicati ingiustamente. Quindi tale facoltà si addice più a loro che ai poveri.
5. Un superiore non può essere giudicato dall'inferiore. Ora, saranno molti coloro che, usando bene le ricchezze, saranno più meritevoli di tanti poveri volontari. Perciò i poveri volontari non potranno essere tra i giudicanti rispetto a costoro sottoposti al giudizio.
IN CONTRARIO: 1. In Giobbe si legge: "Egli non salva gli empi, e ai poveri accorderà il giudizio". Dunque giudicare spetta ai poveri.
2. Nel commentare quel testo evangelico: "Voi che avete abbandonato ogni cosa, ecc.", la Glossa afferma: "Coloro che avranno abbandonato ogni cosa e avranno seguito Dio, saranno giudici: coloro che avranno usato bene le ricchezze lecite saranno giudicati". Di qui l'identica conclusione.
RISPONDO: La facoltà di giudicare va attribuita alla povertà specialmente per tre motivi. Primo, per un motivo di congruenza. Poiché la povertà volontaria è propria di coloro che, disprezzando tutte le cose del mondo, si dedicano esclusivamente a Cristo. Perciò in essi non si riscontra nulla che possa farli deflettere dalla giustizia. Quindi essi sono resi idonei a giudicare, in quanto amano più di tutti la verità della giustizia.
Secondo, a motivo del merito. Poiché all'umiltà corrisponde il merito dell'esaltazione. Ora tra le cose che in questo mondo rendono un uomo disprezzato, la prima è la povertà. Ecco perché ai poveri è promessa la preminenza della potestà giudiziaria, in modo che "chi si umilia per Cristo venga esaltato".
Terzo, perché la povertà dispone al modo di giudicare di cui abbiamo parlato. Infatti da quanto abbiamo detto risulta che a un santo viene riconosciuta la funzione di giudice, perché il suo cuore sarà compenetrato di tutta la verità divina, potendo cosi manifestarla agli altri. Ora, nel progresso verso la perfezione la prima rinunzia che s'incontra è quella delle ricchezze esterne: perché queste sono le ultime ad essere acquisite; e quanto è "ultimo nella produzione è il primo nel processo di distruzione". Ecco perché tra le beatitudini, che segnano la via della perfezione, al primo posto troviamo la povertà. Perciò alla povertà corrisponde come premio il potere di giudicare, in quanto essa è la prima disposizione all'esercizio di codesto potere. - Ed ecco perché il potere suddetto non è promesso a tutti i poveri, anche se volontari; ma a quelli che "abbandonata ogni cosa seguono Cristo" sulla via della perfezione.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Giustamente scrive S. Agostino: "Per il fatto che il Signore ha parlato di dodici troni non dobbiamo pensare che i dodici soltanto saranno chiamati a giudicare con lui: altrimenti, essendoci stata la sostituzione del traditore Giuda con l'Apostolo Mattia, S. Paolo il quale ha lavorato più degli altri non otterrebbe un posto dove sedersi per giudicare". Perciò "col numero dodici è stata indicata tutta la moltitudine dei giudicanti, perché abbraccia i due addendi del sette, cioè il tre e il quattro, che moltiplicati fanno dodici": il dodici infatti è numero di perfezione. Oppure per il fatto che esso è composto di una coppia di sei che è numero perfetto. O anche perché, stando al senso letterale, il Signore parlava ai dodici Apostoli, in persona dei quali faceva tale promessa a tutti i suoi seguaci.
2. La verginità e il martirio non predispongono al pari della povertà a ritenere nel cuore i decreti della giustizia di Dio. Come al contrario le ricchezze per la loro sollecitudine "soffocano la parola di Dio", secondo l'espressione evangelica.
Oppure si deve rispondere che la povertà non basta da sola ad acquistare il merito del potere giudiziario: ma a lei corrisponde codesto merito, perché è il primo passo verso la perfezione. Perciò tra i passi successivi alla povertà, quali elementi della perfezione, si possono computare e la verginità e il martirio e tutte le altre opere di perfezione. Queste cose però non sono così principali come la povertà: poiché in ogni cosa la parte più importante è quella iniziale.
3. Colui che ha promulgato la legge, o che ha esortato al bene, eserciterà la funzione di giudice causalmente: poiché altri giudicheranno riferendosi alle sue parole. Perciò propriamente la facoltà di giudicare non corrisponderà quale merito alla predicazione o all'insegnamento. Oppure si può notare, secondo alcuni, che per la facoltà di giudicare si richiedono tre cose: primo, la rinunzia dei beni temporali, perché l'animo non sia impedito dal tendere alla perfezione della sapienza; secondo, la conoscenza e l'osservanza abituale della divina giustizia; terzo, l'insegnamento impartito ad altri di codesta giustizia. E allora l'insegnamento sarebbe il coronamento di quanto serve ad acquistare il merito del potere giudiziario.
4. Cristo nell'essere giudicato ingiustamente "umiliò se stesso" (egli infatti "fu immolato perché egli lo volle"); e il merito corrispondente della sua umiltà è l'esaltazione implicita nel potere di giudicare, per cui, come dice S. Paolo, a lui sono soggette tutte le cose. Perciò il potere giudiziario è dovuto più a coloro che volontariamente si umiliano rinunziando ai beni temporali, per i quali gli uomini vengono onorati dai mondani, che a coloro i quali vengono umiliati dagli altri.
5. L'inferiore di autorità propria non può giudicare chi gli è superiore; egli però può farlo per l'autorità di chi è al disopra di essi, com'è evidente nel caso dei giudici delegati. Perciò niente impedisce che ai poveri [volontari] venga concesso come premio accidentale di giudicare gli altri, anche se questi hanno meriti superiori rispetto al premio essenziale.
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