Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > Il giudizio universale: tempo e luogo in cui esso avverrà >
Se il tempo del futuro giudizio sia sconosciuto
Supplemento
Questione 88
Articolo 3
SEMBRA che il tempo del futuro giudizio non sia sconosciuto.
Infatti:
1. Come gli antichi Padri aspettavano la prima venuta [di Cristo], noi ne aspettiamo la seconda. Ma quei Padri santi conobbero il tempo della prima venuta, come risulta dal numero delle settimane descritte da Daniele. Cosicché i Giudei vengono rimproverati per non aver riconosciuto il tempo della venuta di Cristo: "Ipocriti sapete distinguere l'aspetto del cielo e della terra; e come mai non sapete discernere il tempo in cui siamo?". Dunque anche per noi deve essere stato determinato il tempo della seconda venuta, in cui "Dio verrà per giudicare".
2. Mediante i segni noi arriviamo a conoscere le cose significate. Ora, del giudizio finale sono indicati molti segni nella Scrittura, come risulta dai Vangeli. Perciò noi possiamo giungere a conoscerne il tempo.
3. L'Apostolo afferma: "A noi doveva toccare la fine dei secoli". E S. Giovanni ammonisce: "Figliolini, questa è l'ultima ora, ecc.". Ora, essendo trascorso molto tempo da quando queste cose sono state dette, sembra che almeno adesso noi possiamo sapere che l'ultimo giudizio è imminente.
4. Il tempo del giudizio è giusto che sia nascosto solo perché ciascuno vi si prepari con sollecitudine, ignorando il tempo in cui esso avverrà. Ma codesta sollecitudine rimarrebbe ugualmente, anche se il tempo fosse ben noto: perché per ciascuno rimane incerto il tempo della propria morte; e, come scrive S. Agostino, "nella condizione in cui uno è sorpreso dal suo ultimo giorno, sarà sorpreso anche dall'ultimo giorno del mondo". Quindi non è necessario che il tempo del giudizio rimanga nascosto.
IN CONTRARIO: 1. Nel Vangelo si legge: "Quanto poi al giorno e all'ora nessuno li sa, né gli angeli del cielo, né il Figliuolo, ma il Padre soltanto". Si dice però che il Figliuolo non lo sa, in quanto non lo fa conoscere a noi.
2. S. Paolo afferma: "Il giorno del Signore verrà come un ladro nella notte". Perciò, come la venuta di un ladro notturno è del tutto ignota, così è del tutto ignoto il giorno del giudizio finale.
RISPONDO: Dio è causa delle cose mediante la sua conoscenza. Ed egli comunica alle creature sia l'una che l'altra cosa: perché conferisce loro virtù di causare altre cose; e ad alcune di esse concede anche la conoscenza delle cose. Ma in entrambi i casi egli si riserva qualche cosa: compie infatti alcuni effetti senza cose che nessuna creatura può conoscere. Ora, tra queste niente è più riservato di quanto è soggetto al solo potere di Dio, in cui nessuna creatura è ammessa a cooperare. Tale è appunto la fine del mondo, con la quale coinciderà il giorno del giudizio: infatti il mondo non finirà per una causa creata; così come non ebbe inizio che immediatamente da Dio. Ecco perché è giusto che la conoscenza della fine del mondo sia riservata a Dio soltanto.
A questo motivo sembra alludere il Signore stesso quando disse: "Non sta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservati al suo potere"; come per dire: "Voi, non potete conoscere le cose che sono riservate esclusivamente alla potenza di Dio".
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nella sua prima venuta Cristo venne nascostamente, secondo le parole di Isaia: "Veramente tu sei un Dio nascosto, o Santo d'Israele, Salvatore". Perciò affinché potesse essere conosciuto dai credenti, fu necessario predirne il tempo in maniera determinata. Ma nella seconda venuta egli verrà manifestamente, secondo le parole del Salmista: "Dio verrà manifestamente". Perciò non ci potrà essere errore circa tale venuta. Quindi il paragone non regge.
2. Come nota S. Agostino, i segni ricordati nel Vangelo non tutti riguardano il secondo avvento, che avverrà alla fine del mondo: ma alcuni si riferiscono alla distruzione di Gerusalemme, che è già avvenuta; molti altri si riferiscono alla venuta con la quale egli assiste quotidianamente la sua Chiesa, visitandola spiritualmente, inabitando in noi mediante la fede e la carità.
Anzi i segni stessi che nei Vangeli e nelle Epistole sono riferiti al giudizio finale, non sono in grado di farci conoscere determinatamente il tempo del giudizio. Perché le calamità predette, quali premonitrici del vicino ritorno di Cristo, si sono prodotte fin dai tempi della Chiesa primitiva, talora in modo più grave, tal'altra in modo meno grave: cosicché persino il tempo degli Apostoli è stato chiamato "ultimo", come risulta dagli Atti, là dove S. Pietro espone quel testo di Gioele: "E avverrà negli ultimi giorni, ecc.", applicandole il proprio tempo. Eppure da allora è trascorso molto tempo: e nella Chiesa le tribolazioni ci sono sempre state, ora molte, ora meno. Perciò non è possibile determinare il tempo in cui avverrà il giudizio, indicando il mese, l'anno, il secolo o il millennio, come scrive ancora S. Agostino: sebbene sia da credere che alla fine del mondo le suddette calamità saranno più numerose. Ma non è possibile determinare il numero delle calamità che precederanno immediatamente il giorno del giudizio, o la venuta dell'Anticristo: poiché anche nei primi secoli della Chiesa ci sono state persecuzioni così gravi e tale abbondanza di errori, che alcuni allora aspettarono come vicina o imminente la venuta dell'Anticristo, come si legge nella Storia Ecclesiastica e nel De Viris illustribus di S. Girolamo.
3. Dall'espressione: "È l'ultima ora", e da altre consimili che si riscontrano nella Scrittura, non è possibile determinare nessuna misura di tempo. Poiché esse non stanno a indicare un periodo breve, ma lo stato ultimo del mondo, la quale è come l'ultima èra; però non è definito quanto debba durare, come non è definito quanto duri la vecchiaia che è l'ultima età dell'uomo: perché talora essa dura quanto tutte le età precedenti e anche di più, come nota S. Agostino. Ecco perché l'Apostolo rifiuta, scrivendo ai Tessalonicesi, l'interpretazione che alcuni davano dello sue parole, così da credere che "fosse imminente il giorno del Signore".
4. Anche ammettendo l'incertezza della morte, l'incertezza del giudizio serve a raddoppiare la vigilanza. Primo, per il fatto che si ignora persino se il giudizio verrà differito per la durata della vita di un uomo: e così, basata su due motivi, l'incertezza rende maggiore la vigilanza. - Secondo, per il fatto che l'uomo non ha sollecitudine solo della propria persona, ma anche della famiglia, della propria città, del regno intero e di tutta la Chiesa, i quali non hanno la durata della vita di un uomo: e tuttavia è necessario che ciascuna di queste società venga disposta in modo da non essere impreparata alla venuta del Signore.
|