Terza parte e Supplemento > Il fine della vita immortale > La conoscenza che nel giudizio avranno i risuscitati rispetto ai meriti e ai demeriti >
Se chiunque dopo la resurrezione verrà a conoscere tutti i propri peccati
Supplemento
Questione 87
Articolo 1
SEMBRA che non tutti dopo la resurrezione verranno a conoscere tutti i peccati da loro commessi. Infatti:
1. Tutto ciò che conosciamo, o lo riceviamo come conoscenza nuova dal senso, o lo caviamo dal tesoro della memoria. Ma dopo la resurrezione gli uomini non potranno percepire i loro peccati con i sensi, perché sono cose passate, mentre la sensazione si limita alle cose presenti. Inoltre molti peccati sono svaniti dalla memoria del peccatore, e quindi questi non potrà cavarli dal tesoro della memoria. Perciò i resuscitati non potranno avere la conoscenza di tutti i peccati da loro commessi.
2. Come si legge nel testo delle Sentenze, esistono dei "libri della coscienza", nei quali si possono leggere i meriti di ciascuno. Ma nei libri non si può leggere nulla, se in essi non si riscontrano dei segni. Ebbene, stando alla Glossa su un testo di S. Paolo, nella coscienza rimangono "alcuni segni" dei peccati: i quali però non possono essere altro che il reato o la macchia. Ma poiché in molti la macchia e il reato dei peccati sono stati cancellati dalla grazia, è chiaro che alcuni non potranno leggere i propri peccati nella loro coscienza. Si torna così alla conclusione precedente.
3. L'effetto aumenta in proporzione della causa. Ora, la causa che ci spinge a dolerci dei peccati rievocati dalla memoria è la carità. Ma essendo nei santi che risorgono perfetta la carità, dovranno addolorarsi sommamente dei peccati, qualora li ricordassero. Ma questo non può essere; poiché, come dice l’Apocalisse, "fuggirà da loro il dolore e il gemito". Dunque essi non ricorderanno i propri peccati.
4. I risorti beati staranno ai peccati da loro commessi in passato, come i risorti dannati staranno al bene compiuto da loro qualche volta. Ma non pare che i dannati avranno allora la conoscenza del bene talora da essi compiuto; perché questo allevierebbe molto la loro pena. Dunque neppure i beati avranno più la conoscenza dei peccati commessi.
IN CONTRARIO: 1. S. Agostino afferma, che "ci sarà una virtù divina che farà tornare alla memoria tutti i peccati".
2. Come il giudizio umano si fonda sulle testimonianze esterne, il giudizio di Dio si fonda sulla testimonianza della coscienza, secondo le parole della Scrittura: "Mentre l'uomo guarda all'apparenza, Dio guarda il cuore". Ora, il giudizio umano su una persona non potrebbe essere perfetto, se circa tutte le cose da giudicare i testimoni non facessero la loro deposizione. Perciò, essendo il giudizio di Dio perfettissimo, è necessario che la coscienza ritenga tutto ciò di cui deve giudicare. Ma il giudizio abbraccerà tutte le opere, buone e cattive, secondo l'affermazione paolina: "Tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ecc.". Dunque è necessario che la coscienza di ciascuno tenga presenti tutte le opere compiute sia buone, che cattive.
RISPONDO: Come si esprime S. Paolo, "in quel giorno, quando il Signore giudicherà, ciascuno avrà la testimonianza della propria coscienza, e i propri pensieri saranno là ad accusare e a difendere". E poiché in ogni giudizio i testimoni, gli accusatori e i difensori sono a conoscenza di quanto viene dibattuto, e nel giudizio universale verranno giudicate tutte le opere compiute dagli uomini, è necessario che allora ciascuno abbia coscienza di tutte le proprie azioni. Cosicché le coscienze dei singoli saranno come dei libri in cui sono descritte le cose compiute, sui quali sarà imbastito il giudizio: esattamente come nel giudizio umano si ricorre ai registri. Questi sono i libri di cui si legge nell'Apocalisse: "Furono aperti i libri e un altro libro fu aperto che è il libro della vita; e furono giudicati i morti dalle cose scritte nei libri, secondo le opere loro". "I libri così aperti", spiega S. Agostino, "stanno a indicare i santi del nuovo e del vecchio Testamento, nei quali Dio mostrerà quali comandamenti egli aveva dati"; (ecco perché Riccardo da S. Vittore scrive che "i loro cuori saranno come i canoni di un codice"); "il libro della vita" invece, di cui si parla al singolare, perché mediante l'unica virtù di Dio tutti ricorderanno le opere da essi compiute, è detto appunto "libro della vita", in quanto tale virtù ricorderà a ciascun uomo le proprie azioni. - Oppure si può ritenere che quei libri nominati per primi siano quelli della coscienza; e quello ricordato dopo stia a indicare la sentenza, già pronunciata dal divin giudice nella sua provvidenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene molti meriti e demeriti possano svanire dalla memoria, di essi tuttavia non ce n'è uno il quale non rimanga in qualche modo nei suoi effetti. Poiché i meriti che non sono andati perduti col peccato resteranno nel premio corrispettivo; e quelli che sono andati perduti rimangono nel reato d'ingratitudine; il quale aumenta per il fatto che uno ha peccato dopo aver ricevuto la grazia. Così pure i demeriti che non sono cancellati dalla penitenza rimangono nel reato della pena ad essi dovuta; e quelli cancellati dalla penitenza rimangono nel ricorso della penitenza stessa, assieme agli altri meriti. Perciò in ciascun uomo ci sarà qualche cosa da cui è possibile ricavare la memoria delle opere da lui compiute. - Tuttavia, come dice S. Agostino, ciò si dovrà principalmente alla "virtù di Dio".
2. Da quanto abbiamo già detto risulta evidente che nella coscienza di ognuno resteranno dei segni delle opere compiute. E non è necessario che cedesti segni siano soltanto il reato, stando alle spiegazioni date.
3. Sebbene adesso la carità produca il dolore dei peccati, tuttavia allora i santi saranno nella patria beata così colmi di gioia da non ammettere il dolore. Perciò essi non si addoloreranno dei peccati, ma piuttosto godranno della misericordia di Dio, che li ha perdonati. Esattamente come fin da ora gli angeli godono della giustizia di Dio, la quale ha disposto che abbandonati dalla grazia cadano in peccato coloro di cui sono i custodi, e dei quali tuttavia si prendono cura con sollecitudine.
4. I malvagi conosceranno tutte le opere buone da essi compiute, ma questo non allevierà il loro dolore, bensì lo accrescerà; perché il dolore più grave è quello di aver perduto tanti beni.
Ecco perché Boezio afferma, che "la più grande infelicità è quella di ricordare di essere stati felici".
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