Sup, 55

Terza parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità


Supplemento
Questione 55
Proemio

Passiamo ora ad esaminare l'impedimento di affinità.
In proposito si pongono undici quesiti:

1. Se l'affinità sia causata dal matrimonio;
2. Se essa perduri dopo la morte del marito o della moglie;
3. Se possa essere causata da relazioni illecite;
4. Se possa esserlo dagli sponsali;
5. Se un'affinità possa causarne un'altra;
6. Se l'affinità sia un impedimento per il matrimonio;
7. Se per se stessa abbia dei gradi;
8. Se i suoi gradi si estendano come quelli della consanguineità;
9. Se il matrimonio tra consanguinei ed affini esiga sempre la separazione;
10. Se per dirimere tale matrimonio si debba procedere alla denunzia;
11. Se in tale causa si debbano interrogare i testimoni.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se l'affinità sia causata dal matrimonio di un consanguineo


Supplemento
Questione 55
Articolo 1

SEMBRA che l'affinità non sia causata dal matrimonio di un consanguineo. Infatti:
1. "Chi causa in altri una cosa deve averla egli stesso in grado superiore". Ora, la donna non viene a imparentarsi con i consanguinei di suo marito, se non a causa del marito. Perciò, siccome non diventa affine a quest'ultimo, così non diventerà affine a nessuno dei suoi consanguinei.

2. Se in una molteplicità di esseri tra loro separati uno unisce a sé qualche cosa, ciò non implica l'unione di questa con gli altri. Ma i consanguinei sono già tra loro ben separati. Quindi, per il fatto che una donna si unisce con un uomo, non ne segue che venga a unirsi con tutti i consanguinei di lui mediante l'affinità.

3. Le relazioni nascono dalle relazioni tra i vari esseri. Ma nei consanguinei di un uomo non avviene nessuna unione per il fatto che lui prende moglie. Dunque non nasce in essi la relazione di affinità.

IN CONTRARIO: 1. Marito e moglie diventano "una sola carne". Perciò appartenendo il marito a tutti i suoi consanguinei secondo la carne, anche la moglie dovrà appartenere ad essi.

2. Ciò è dimostrato anche dai testi citati nelle Sentenze.

RISPONDO: Dalla comunanza o compartecipazione naturale nasce una certa amicizia naturale. Ora, la comunanza di natura, a detta del Filosofo, avviene in due modi: primo mediante la generazione carnale; secondo, mediante l'unione destinata alla generazione. Ecco perché egli afferma, che "l'amicizia del marito con la moglie è naturale". Perciò si ha un vincolo di amicizia naturale, sia nella persona che è unita a un'altra dalla generazione carnale, sia in quella che si unisce per l'atto coniugale. Si ha però questa differenza, che la persona unita per generazione carnale, come un figlio al padre, p. es., diventa partecipe della stessa radice e dello stesso sangue: cosicché il figlio si unisce ai consanguinei di suo padre con un vincolo dello stesso genere, cioè con la consanguineità; sebbene in un grado diverso, per la maggiore sua distanza dalla comune radice. Invece la persona che viene a unirsi per l'atto coniugale non diventa partecipe della stessa radice, ma viene ad aggiungersi dall'esterno. Perciò si ha un vincolo di altro genere, che si denomina affinità. Di qui il verso [mnemonico]: "Gli sposi mutano genere, ed i figlioli grado"; poiché la persona generata contrae lo stesso genere di parentela, ma in grado diverso; mentre con lo sposalizio si ha una parentela d'altro genere.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene la causa sia sempre superiore all'effetto, non sempre la denominazione adatta per l'uno può valere per l'altra: poiché talora quanto si riscontra nell'effetto si trova nella causa non allo stesso modo, bensì in maniera più eminente, e quindi non conviene alla causa e all'effetto con l'identica denominazione, e neppure sotto il medesimo aspetto: il che è evidente in tutte le forme di causalità analogica. Perciò l'unione del marito con la moglie è superiore a quella della moglie con i consanguinei del marito: ma non può dirsi affinità, bensì matrimonio, il quale è addirittura una certa unità; allo stesso modo uno è identico a se stesso, ma non può essere consanguineo.

2. I consanguinei sotto un aspetto sono separati, ma sotto un altro in qualche modo sono uniti. E a motivo di tale unione reciproca avviene che la persona la quale si unisce ad uno di essi, in qualche modo si unisca a tutti. Però per la separazione e per la distanza reciproca, avviene che la persona la quale si unisce a uno della parentela in un dato modo, si unisca agli altri in altro modo, diverso cioè per il genere e per il grado.

3. La relazione nasce talora dalla mutazione di entrambi i termini, come nel caso della paternità e della filiazione. E tali relazioni sono reali in entrambi.
Talora invece nasce dal moto di uno soltanto. E ciò può avvenire in due modi. Primo, quando la relazione nasce dal moto dell'uno, senza il moto ne antecedente ne concomitante dell'altro: ciò si riscontra nella relazione tra Creatore e creatura, tra dato sensibile e senso, tra la scienza e il suo oggetto. E in tal caso la relazione è reale in un termine, mentre nell'altro è solo di ragione. - Secondo, quando nasce dal moto dell'uno senza il moto attuale, non però senza un moto precedente dell'altro: l'uguaglianza di altezza tra due uomini, p. es., può avvenire per la crescita dell'uno, senza che l'altro aumenti o diminuisca; tuttavia quest'ultimo era giunto alla grandezza attuale con una crescita antecedente. Perciò la relazione ha un fondamento reale in entrambi.
Lo stesso si dica per la consanguineità e per l'affinità. Infatti la relazione di fratellanza che sorge in un bambino già grande per la nascita di un fratellino, non viene causata da un suo moto attuale, ma da un suo moto precedente, cioè dalla propria nascita: poiché in forza di essa viene ad acquistare la relazione di fratellanza per la nascita dell'altro. Parimente per il fatto che una persona discende in forza della propria nascita dall'identico ceppo cui appartiene lo sposo, si produce in lei l'affinità con la sposa, senza una nuova mutazione da parte sua.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se dopo la morte del marito perduri l'affinità tra la sposa e i consanguinei di lui.


Supplemento
Questione 55
Articolo 2

SEMBRA che dopo la morte del marito non perduri l'affinità tra la sposa e i consanguinei di lui.
Infatti:
1. "Cessando la causa viene a cessare l'effetto". Ma causa dell'affinità era il matrimonio, il quale cessa con la morte del marito: poiché allora, come si esprime S. Paolo, "la donna viene sciolta dalla legge del marito". Dunque l'affinità suddetta non rimane.

2. L'affinità è causata dalla consanguineità. Ma quest'ultima cessa con la morte del marito nei riguardi dei propri consanguinei. Quindi cessa anche l'affinità della moglie verso di essi.

IN CONTRARIO: L'affinità è causata dalla consanguineità. Ma la consanguineità è un vincolo perpetuo che dura quanto le persone che sono legate anche dall'affinità. Dunque è perpetua anche l'affinità. E quindi l'affinità non si scioglie con la soluzione del matrimonio per la morte di una terza persona.

RISPONDO: Una relazione può cessare di esistere in due modi: primo, per la distruzione del soggetto in cui risiede; secondo, per la cessazione della propria causa. La somiglianza, p. es., cessa quando viene a morire uno dei due simili, oppure la qualità che la causava viene eliminata. Ora, ci sono delle relazioni che hanno per causa azioni, passioni, o moti, come nota Aristotele. E di esse alcune sono causate dal moto in atto: come la relazione, p. es., tra chi muove e la cosa mossa. Altre son causate in forza dell'attitudine al moto: p. es., la relazione tra motore e mobile, o tra padrone e servo. Altre invece sono causate per il fatto che una cosa fu mossa in precedenza: padre e figlio, p. es., devono la loro relazione non a una generazione in atto; ma a una generazione già avvenuta.
Ora, l'attitudine al moto, e lo stesso moto attuale, vengono a cessare: ma il fatto di essere stato mosso dura in perpetuo, poiché ciò che è avvenuto, non può mai cessare di essere avvenuto. Ecco perché paternità e filiazione non vengono mai distrutte con l'eliminazione della causa, ma solo con la distruzione del soggetto, cioè di uno dei termini correlativi. Lo stesso va detto per l'affinità, la quale viene causata dal fatto che alcune persone si unirono tra loro, e non da una loro unione in atto. Perciò finché rimangono le persone che la contrassero, l'affinità rimane, sebbene venga a morire la persona in forza della quale era stata contratta.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'unione matrimoniale causa l'affinità non solo per l'unione attuale degli sposi, ma per averli già uniti in precedenza.

2. Causa prossima dell'affinità non è la consanguineità, ma l'unione con i consanguinei: non tanto quella attuale, ma quella già avvenuta. Perciò l'argomento non regge.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se un accoppiamento illecito possa causare l'affinità


Supplemento
Questione 55
Articolo 3

SEMBRA che un accoppiamento illecito non possa causare l'affinità. Infatti:
1. L'affinità è una cosa onesta. Ora le cose oneste non sono causate da quelle disoneste. Dunque l'affinità non può essere causata da un accoppiamento disonesto.

2. Dove c'è consanguineità non può esserci affinità: perché l'affinità è "un legame tra persone derivante da un'unione carnale, senza includere una parentela". Ma uno potrebbe trovarsi ad avere affinità verso consanguinei e verso se stesso, se un accoppiamento illecito potesse causarla: cioè nel caso che uno commettesse un incesto con una sua consanguinea. Quindi l'affinità non è causata da un accoppiamento illecito.

3. L'accoppiamento illecito può essere secondo natura e contro natura. Ma da quello contro natura l'affinità non viene mai causata, secondo le leggi. Dunque essa non viene causata neppure da un accoppiamento illecito secondo natura.

IN CONTRARIO: 1. A detta di S. Paolo, "chi si unisce a una meretrice diviene un solo corpo con lei". Ma proprio per questo il matrimonio causa l'affinità. Quindi per lo stesso motivo la causa l'accoppiamento illecito.

2. Causa dell'affinità è l'unione carnale, come risulta dalla sua definizione: "L'affinità è un legame tra varie persone derivante da un'unione carnale, senza includere una parentela". Ma l'unione carnale avviene anche in un accoppiamento illecito. Dunque quest'ultimo causa l'affinità.

RISPONDO: L'unione dell'uomo con la donna si dice naturale, come insegna il Filosofo, principalmente per la procreazione della prole, e secondariamente per lo scambio dei servizi. Ora, la prima deriva al matrimonio in forza dell'unione carnale; e il secondo in quanto il matrimonio è una società di vita comune. Ma il primo effetto si può riscontrare in qualsiasi unione carnale con relativa fecondazione, poiché da essa può nascere la prole, sebbene manchi il secondo. E poiché il matrimonio produce l'affinità in quanto unione carnale, la produce anche l'accoppiamento fornicario, in quanto è un'unione carnale.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nell'accoppiamento fornicario c'è qualche cosa di naturale, che è comune alla fornicazione e al matrimonio: e sotto tale aspetto esso causa l'affinità. C'è invece qualche cosa di disordinato, per cui si distingue dal matrimonio: e sotto tale aspetto non causa l'affinità. Ecco perché l'affinità rimane sempre onesta, anche se la sua causa è disonesta.

2. Niente impedisce che relazioni opposte possano trovarsi nel medesimo soggetto prodotte da cause diverse. Quindi tra due persone può esserci affinità e consanguineità, non solo per un accoppiamento illecito, ma anche per quelli leciti: come quando un mio consanguineo per parte di padre, prende in moglie una mia consanguinea per parte di madre. Perciò quando nella definizione dell'affinità si dice "senza includere una parentela", va inteso dell'affinità come tale. - Però dal fatto che uno ha rapporti carnali con una sua consanguinea non segue un'affinità verso se stesso; poiché l'affinità, come anche la consanguineità e la somiglianza, implica una diversità di soggetti.

3. Un accoppiamento contro natura esclude la fecondazione, che può esser causa della generazione. Perciò da tale atto non può nascere nessuna affinità.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se una qualche affinità possa essere causata dal fidanzamento


Supplemento
Questione 55
Articolo 4

SEMBRA che nessuna affinità possa essere causata dagli sponsali, o fidanzamento. Infatti:
1. L'affinità è un vincolo perpetuo. Ma gli sponsali talora si rompono. Essi dunque non possono essere causa dell'affinità.

2. Se un uomo usa violenza a una donna, senza consumare l'atto, l'affinità non si produce. Ma costui è più prossimo all'unione carnale di chi ha contratto gli sponsali. Dunque l'affinità non viene causata neppure dagli sponsali.

3. Negli sponsali non si ha che una promessa di nozze. Ma talora da questa promessa di future nozze non si contrae nessuna affinità: come quando si fa prima di sette anni, o se venga fatta da chi ha un impedimento perpetuo di impotenza fisica, oppure se la promessa è fatta tra persone le cui nozze sarebbero illecite, o per i voti, o per altri motivi. Perciò gli sponsali non possono esser causa di affinità.

IN CONTRARIO: Il Papa Alessandro III proibì a una donna di sposare un uomo, perché era stata promessa sposa del fratello di lui. Ciò non sarebbe avvenuto se con gli sponsali non si contraesse nessuna affinità.

RISPONDO: Gli sponsali come non hanno perfetta natura di matrimonio, essendo una preparazione di quest'ultimo, così non producono un'affinità al pari del matrimonio, ma qualche cosa che somiglia alla affinità, e che viene denominata giustizia di pubblica onestà: la quale è un impedimento al matrimonio come l'affinità e la consanguineità, secondo i medesimi gradi. Ed è così definita: "La giustizia di pubblica onestà è un legame che deriva dagli sponsali, e che acquista vigore dalla legge ecclesiastica per un motivo di convenienza". Sono chiariti così i motivi di questa denominazione e la sua origine: tale affinità infatti è stata istituita dalla Chiesa per ragioni di onestà, o convenienza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Gli sponsali causano questa specie di affinità non per se stessi, ma per il matrimonio cui sono ordinati. Perciò siccome il matrimonio è un vincolo perpetuo, così è perpetua anche questa specie di affinità.

2. Con l'atto coniugale l'uomo e la donna diventano "una sola carne" in forza della fecondazione. Perciò per quanto uno violi una donna, se non c'è l'atto della fecondazione l'affinità non si produce. Ma il matrimonio causa l'affinità non solo per l'atto, ma anche per la società coniugale, altro elemento per cui il matrimonio è naturale. Ecco perché l'affinità si contrae in forza del contratto matrimoniale, prima dell'atto coniugale. Parimente con gli sponsali, in cui si promette la convivenza coniugale, si contrae un'affinità consimile, cioè un vincolo di pubblica onestà.

3. Tutti gli impedimenti che invalidano gli sponsali tolgono alla promessa di nozze la capacità di produrre qualsiasi affinità. Perciò sia chi manca dell'età richiesta, sia chi ha il voto solenne di castità, o altri impedimenti di questo genere, di fatto non contrae gli sponsali, o non segue nessuna affinità, perché gli sponsali sono nulli, e così è inesistente qualsiasi affinità.
Tuttavia se un minorenne, pur essendo perpetuamente impotente o colpito da malefìzio, contrae gli sponsali con una persona adulta dopo i sette anni, da tale contratto risulta il vincolo di pubblica onestà: perché allora l'impedimento non era ancora in atto, poiché a quell'età i fanciulli, qualunque sia il loro temperamento, rispetto a quell'atto sono ugualmente impotenti.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se l'affinità possa causare affinità


Supplemento
Questione 55
Articolo 5

SEMBRA che l'affinità possa causare altra affinità. Infatti:
1. Nel Decreto [di Graziano] sono riferite queste parole di Papa Giulio I: "Nessuno dei parenti dello sposo sposi la vedova sopravvissuta al marito". E nel capitolo seguente si prescrive che "le mogli di due consanguinei non possono sposare successivamente il medesimo uomo". Ma questo non si spiega se non col fatto che si contrae affinità unendosi a chi è affine. Dunque l'affinità è causa di affinità.

2. L'unione carnale unisce come la generazione carnale; poiché i gradi di affinità e di consanguineità si computano alla stessa maniera. Ora la consanguineità causa affinità. Quindi la causa anche l'affinità stessa.

3. "Due cose identiche a una terza sono identiche tra loro". Ma la sposa contrae la parentela con tutti i consanguinei del marito. Perciò tutti i consanguinei del marito diventano un tutt'uno con quanti sono affini alla sposa. E in tal modo l'affinità è causa di affinità.

IN CONTRARIO: 1. Se l'affinità dovesse causare affinità, uno che avesse avuto rapporti carnali con due donne non potrebbe sposare nessuna delle due: che allora l'una diventerebbe affine all'altra. Ma ciò invece è falso. Dunque l'affinità non causa affinità.

2. Se dall'affinità nascesse altra affinità, chi sposasse una vedova diventerebbe affine a tutti i consanguinei del primo marito, di cui la donna è affine. Ma questo è impossibile: perché al più diventerebbe affine al marito morto. Dunque, ecc.

3. La consanguineità è un vincolo più forte dell'affinità. Ma i consanguinei della sposa non diventano affini ai consanguinei del marito. Molto meno quindi gli affini della sposa possono diventare loro affini. Si ha quindi la conclusione precedente.

RISPONDO: Una cosa può derivare da un'altra in due maniere: primo, come somigliante nella specie, e cioè come l'uomo che è generato dall'uomo; secondo, come dissimile nella specie. E questa seconda derivazione avviene sempre in una specie inferiore, com'è evidente nella causalità analogica. La prima forma di derivazione causale ogni volta che si esercita dà sempre per effetto l'identica specie: l'uomo, p, es., con l'atto della generazione genera un uomo, e questi un altro uomo, e così di seguito. Invece nel secondo tipo di derivazione ogni nuovo processo produce una specie diversa, come nel suo primo atto: mediante il moto, p. es., da un punto deriva una linea non già un punto; e il moto lineare di una linea non produce un'altra linea, ma una superficie; e dalle superfici si giunge a un corpo solido; e qui tale processo si arresta, così da non poter avere altri sviluppi.
Ebbene, anche nell'estendersi della parentela si riscontrano questi due modi. Il primo si ha nella generazione carnale: e questo produce sempre la medesima parentela. Il secondo si riscontra nella unione matrimoniale: e questo fin dal primo passe produce un legame di specie diversa. La donna infatti che sposa un mio consanguineo non diventa mia consanguinea, ma affine. Perciò qualora questo processo si ripeta, non si produce un'affinità, ma un altro tipo di parentela. La persona quindi che si unisce in matrimonio con un cognato non è affine come lui: ma entra in un altro genere di affinità, che è di "seconda categoria". E se chi è affine in questa seconda maniera contrae matrimonio, si produrrà un'affinità di "terza categoria", conforme al verso sopra riferito: "Gli sposi mutano genere, ed i figlioli grado".
Tra queste due ultime categorie di affini un tempo erano proibite le nozze, più per la pubblica onestà che per l'affinità. Ma adesso tale proibizione è stata tolta. E rimane escluso solo il primo genere, in cui si riscontra una vera affinità.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Un consanguineo della sposa diventa affine di prima categoria del marito, e la moglie di lui lo diventa di seconda categoria. Ecco perché alla morte del marito quest'ultima non poteva sposarsi col cognato acquistato, a motivo dei secondo genere di affinità. Parimente, se uno sposa una vedova, il fratello del primo marito che era ad essa affine in primo grado, diventa affine di seconda categoria rispetto al nuovo marito: mentre la sposa di quel fratello, la quale era affine di seconda categoria con la cognata acquistata diviene affine di terza categoria con il marito di lei. E poiché anche la terza categoria di affinità era esclusa dal matrimonio, più per la pubblica onestà che per l'affinità, il canone diceva: "Un motivo di pubblica onestà proibisce che le mogli di due consanguinei sposino successivamente lo stesso uomo". — Ma tale proibizione ormai è stata tolta.

2. Sebbene l'unione carnale unisca, non unisce tuttavia con un'unione dello stesso genere.

3. La sposa acquista con i consanguinei del marito una parentela dello stesso grado, ma non del medesimo genere. Siccome però dagli argomenti in contrario potrebbe sembrare che dall'affinità non derivi nessun legame successivo, bisogna rispondere anche a tali argomenti; affinché l'antica tradizione della Chiesa non sembri irragionevole.

4. La donna che ha rapporti carnali con un uomo non acquisita rispetto a lui un'affinità di prima categoria, come abbiamo spiegato sopra. E quindi non acquista un'affinità di terza categoria con un'altra donna che ha avuto con lui gli stessi rapporti. E sposandosi l'una delle due con un altro uomo, l'altra non diventa per questo affine nel terzo genere di affinità con lo sposo di essa. Ecco perché neppure secondo la antica legislazione era proibito a un uomo di sposare successivamente due donne con le quali aveva avuto rapporti carnali.

5. Il marito, come non è affine alla propria moglie nel primo genere di affinità, così non lo diventa nel secondo genere rispetto al primo marito di sua moglie. Perciò l'argomento non regge.

6. Una persona non può essermi unita mediante un'altra, se non in quanto si unisce a quest'ultima. Perciò mediante una donna che mi è affine nessun’altra persona può contrarre un legame con me, se non in quanto è unita con questa donna. E ciò non può avvenire che mediante la sua figliolanza, oppure per un suo nuovo matrimonio. Ebbene, secondo l'antica legislazione ciò avveniva in tutti e due i modi: poiché i figli di lei, anche del secondo marito, mi sono affini nel medesimo genere, sia pure non al medesimo grado, secondo la regola illustrata in precedenza: così pure il suo secondo marito mi diventa affine nel secondo genere di affinità. Invece i consanguinei di codesta donna non si uniscono ad essa: ma essa piuttosto è unita a loro: a suo padre e a sua madre, in quanto da essi deriva; e ai suoi fratelli, derivando dalla loro stessa radice. Ecco perché il fratello o il padre della mia cognata non è mio affine in nessun genere di affinità.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se l'affinità impedisca il matrimonio


Supplemento
Questione 55
Articolo 6

SEMBRA che l'affinità non impedisca il matrimonio. Infatti:
1. Non impedisce il matrimonio se non quanto è ad esso contrario. Ma l'affinità non è contraria al matrimonio, essendo un effetto di esso. Quindi non può impedirlo.

2. Col matrimonio la moglie diventa qualche cosa del marito. Ora i consanguinei del marito succedono a lui nell'eredità dei beni. Perciò possono anche ereditarne la sposa, verso la quale, come abbiamo visto, rimangono affini. Dunque l’affinità non impedisce il matrimonio.

IN CONTRARIO: Nel Levitico si legge: "Non scoprire la nudità della moglie di tuo padre". Ma essa è soltanto affine. Dunque l'affinità impedisce il matrimonio.

RISPONDO: L'affinità antecedente impedisce di contrarre matrimonio, e dirime il matrimonio contratto, per gli stessi motivi per cui lo dirime la consanguineità. Infatti come esiste una necessità di coabitazione tra consanguinei, esiste tra affini. E come c'è un vincolo di amicizia tra consanguinei, così c'è pure tra persone affini. — Se invece l'affinità è successiva al matrimonio, come sopra abbiamo detto, non può dirimerlo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'affinità è incompatibile non col matrimonio da cui è causata, ma col matrimonio da contrarre con una persona affine, perché impedirebbe l'espandersi dell'amicizia e la repressione della concupiscenza, che il matrimonio deve perseguire.

2. I beni materiali non diventano una cosa sola col marito che li possiede, mentre la moglie diventa con lui "una sola carne". Perciò l'identica consanguineità, come impedisce l'unione coniugale col marito, così impedisce l'unione coniugale con la sua moglie.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se l'affinità abbia dei gradi anche per se stessa


Supplemento
Questione 55
Articolo 7

SEMBRA che anche per se stessa l'affinità abbia dei gradi. Infatti:
1. In qualsiasi parentela si possono direttamente riscontrare dei gradi. Ma l'affinità è un tipo di parentela. "Dunque direttamente in essa ci sono dei gradi, a prescindere da quelli della consanguineità dai quali è causata.

2. Nelle Sentenze si dice che "i figli del secondo matrimonio non possono raggiungere l'affinità del primo marito". Ora, ciò non avverrebbe, se il figlio di un affine non fosse già affine. Dunque l'affinità ha dei gradi per se stessa, come la consanguineità.

IN CONTRARIO: L'affinità deriva dalla consanguineità. Ma tutti i gradi dell'affinità derivano dalla consanguineità. Essa quindi non ha gradi per se stessa.

RISPONDO: Una cosa non può essere divisa per se stessa, se non in base ai suoi elementi essenziali: divisione per se di animale, p. es., sono i termini ragionevole e irragionevole, non già bianco e nero. Ora, la generazione carnale di per sé si riferisce alla consanguineità, perché il vincolo che con essa direttamente si contrae è il vincolo di consanguineità: mentre non si riferisce all'affinità se non attraverso la consanguineità, che ne è la causa. Ora, poiché i gradi di parentela si distinguono in base alla generazione carnale, la distinzione dei gradi direttamente appartiene alla consanguineità, e solo mediatamente all'affinità. Perciò regola generale per trovare il grado di affinità è questa: quanti sono i gradi di consanguineità che mi separano dallo sposo, tanti sono i gradi di affinità che mi separano dalla sua moglie.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il grado di parentela non può essere determinato che in rapporto alla generazione, o in via ascendente, o in quella discendente. Ma ad essa l'affinità non si riferisce che mediante la consanguineità. Dunque l'affinità ha dei gradi non per se stessa, bensì in base a quelli della consanguineità.

2. Il figlio, che una mia affine ha avuto in un secondo matrimonio, non poteva dirsi affine di per sé, ma quasi in modo accidentale, secondo l'antica legislazione. E tra affini di tal genere era proibito il matrimonio più per l'impedimento di pubblica onestà che per la affinità. Ed è per questo che tale proibizione adesso è stata revocata.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se i gradi di affinità si estendano quanto quelli di consanguineità


Supplemento
Questione 55
Articolo 8

SEMBRA che i gradi di affinità non si estendano quanto quelli di consanguineità. Infatti:
1. Il vincolo di affinità è meno forte che quello di consanguineità: poiché l'affinità deriva da quest'ultima secondo una specie diversa, come avviene nella causalità analogica. Ma un vincolo tanto più si estende nella durata quanto più è forte. Dunque il vincolo di affinità non può estendersi per tutti i gradi a cui giunge la consanguineità.

2. La legge umana deve imitare quella divina. Ora, la legge divina vietava il matrimonio in certi gradi di consanguineità, che invece erano ammessi trattandosi di affinità: ciò è evidente nel caso della moglie del proprio fratello, che alla morte di lui il consanguineo poteva sposare, mentre non poteva mai sposare la propria sorella. Perciò anche adesso la proibizione per l'affinità e la consanguineità non deve essere identica.

IN CONTRARIO: Una donna mi è affine per il fatto che si è unita a un mio consanguineo. Perciò nel grado stesso in cui il marito mi è consanguineo, essa mi è affine. Quindi il grado di affinità va computato dal grado di consanguineità.

RISPONDO: Il grado di affinità deve essere sempre quello corrispettivo di consanguineità, per il fatto che esso si desume dal grado di consanguineità. Tuttavia, siccome l'affinità è un vincolo minore della consanguineità, si ottiene più facilmente la dispensa, oggi come già in passato, nei gradi più remoti di affinità che in quelli ugualmente remoti di consanguineità.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'inferiorità di questo vincolo rispetto alla consanguineità produce una diversità di parentela, ma non di grado. Perciò l'argomento addotto non è a proposito.

2. Un fratello non poteva sposare la vedova del fratello defunto altro che in un caso: quando questi moriva senza prole, "per assicurare la posterità al proprio fratello". Cosa che a quell'epoca si richiedeva, poiché allora il culto religioso si estendeva con la propagazione della stirpe: ma non è questa la condizione attuale. È chiaro quindi che non sposava la cognata in persona propria, ma quasi in sostituzione del fratello.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se il matrimonio, contratto con affini o consanguinei, esiga sempre l'annullamento e la separazione


Supplemento
Questione 55
Articolo 9

SEMBRA che il matrimonio, contratto tra affini o consanguinei, non esiga sempre l'annullamento e la separazione. Infatti:
1. Nel Vangelo si legge: "L'uomo non separi ciò che Dio ha congiunto", Ora, siccome si deve pensare che Dio fa ciò che fa la Chiesa, la quale talora unisce tali persone per ignoranza, è chiaro che se in seguito la parentela viene conosciuta, i coniugi non vanno separati.

2. Il vincolo matrimoniale è superiore al rapporto di dominio. Ma dopo la prescrizione di un lungo tempo l'uomo diventa proprietario di cose che non gli appartenevano. Dunque col passar del tempo il matrimonio viene convalidato, anche se non era valido inizialmente.

3. Di casi simili vanno dati giudizi consimili. Ma se un matrimonio per la parentela va annullato, allora quando due fratelli sposano due sorelle, se uno deve separarsi per la parentela, deve farlo anche l'altro per lo stesso motivo. Il che non sembra. Dunque il matrimonio non va sciolto per l'affinità o per la consanguineità.

IN CONTRARIO: Consanguineità e affinità impediscono di contrarre un matrimonio e dirimono quello contratto. Perciò, se due sposi risultano consanguinei, devono separarsi, anche se sono già sposati.

RISPONDO: Essendo sempre l'atto coniugale, fuori del legittimo matrimonio, un peccato mortale, che la Chiesa è tenuta a impedire in tutti i modi, è suo dovere separare quelle persone tra le quali non può esserci un vero matrimonio: e specialmente i consanguinei e gli affini, i quali non possono avere rapporti carnali senza peccato d'incesto.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene la Chiesa sia sostenuta dai doni e dall'autorità di Dio, tuttavia come società umana sperimenta nei suoi atti l'umana deficienza, che non è da Dio. Perciò il legame, contratto dinanzi alla Chiesa nell'ignoranza degli impedimenti, non riceve dall'autorità divina l'inseparabilità, ma è dovuto a un errore umano contro l'autorità divina. Errore di fatto che scusa dal peccato, finché perdura. Ed ecco perché la Chiesa, quando ne viene a conoscenza, è tenuta ad annullare l'unione suddetta.

2. Ciò che non può sussistere senza peccato non può essere convalidato da nessuna prescrizione: poiché, come dice Innocenzo III, "la lunghezza del tempo non diminuisce, ma rende più grave il peccato". Né si può invocare la superiorità del matrimonio, non potendo esso sussistere tra persone inabili a contrarlo.

3. In un procedimento contenzioso il giudizio relativo a date persone non pregiudica altri. Perciò quando il matrimonio di un fratello viene annullato per motivi di parentela, la Chiesa non intende annullare l'altro matrimonio, che non è stato denunziato. Quanto poi al tribunale della coscienza, non sempre si deve esigere che l'altro fratello lasci per questo la propria moglie: perché spesso tali denunzie procedono da malevolenza, e vengono sostenute con false testimonianze; perciò il fratello non è tenuto a seguire in coscienza quanto è stato deciso riguardo all'altro matrimonio. Ma qui bisogna distinguere. Poiché del proprio impedimento matrimoniale uno può avere, o la certezza, o il sospetto, o l'ignoranza.
Nel primo caso egli non può né chiedere né rendere il debito coniugale; nel secondo deve renderlo, ma non può chiederlo; nel terzo invece può renderlo e chiederlo.



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se per lo scioglimento del matrimonio tra affini o consanguinei si debba ricorrere alla denunzia


Supplemento
Questione 55
Articolo 10

SEMBRA che per lo scioglimento del matrimonio tra affini o consanguinei non si debba ricorrere alla denunzia. Infatti:
1. La denunzia è preceduta dalla dichiarazione con la quale uno si obbliga al contrappasso, qualora non sia in grado di provare l'accusa. Ma ciò non ai richiede quando si tratta di una causa di separazione matrimoniale. Dunque in questi casi non si ricorre alla denunzia.

2. Nelle cause matrimoniali, come si legge nelle Sentenze, si ascoltano solo i parenti. Ma nelle denunzie si ascoltano anche gli estranei. Quindi nelle cause di separazione matrimoniale non si ricorre alla denunzia.

3. Se un matrimonio dovesse essere denunziato, bisognerebbe farlo soprattutto quando è meno difficile il suo scioglimento. Ora, tale momento è quello successivo agli sponsali. Invece allora il matrimonio non viene denunziato. Perciò in seguito non va più fatta nessuna denunzia.

4. Per il fatto che uno non è pronto a denunziare, non gli si toglie la possibilità di denunziare in seguito. Invece questo avviene per il matrimonio: poiché, se uno ha taciuto quando esso veniva contratto, dopo non può denunziarlo, perché la sua denunzia è sospetta. Dunque, ecc.

IN CONTRARIO: Tutto ciò che è illecito può essere denunziato. Ma il matrimonio degli affini e dei consanguinei è illecito. Dunque si può denunziare.

RISPONDO: La denunzia è stata istituita per impedire che venga considerato innocente chi invece è colpevole. Ora, come capita che un uomo sia ritenuto innocente per l'ignoranza di un fatto, così per l'ignoranza di una circostanza può capitare che sia considerato lecito un fatto, il quale invece è illecito. Perciò, come può essere denunziata una persona, così può essere denunziato un fatto. E il matrimonio viene così denunziato, quando per ignoranza di un impedimento è ritenuto legittimo, pur essendo illegittimo.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'impegno a subire la pena del contrappasso si ha quando si accusa di un crimine una persona, perché allora si mira alla sua punizione. Ma quando si denunzia un fatto, allora non si mira alla punizione di chi l'ha compiuto, bensì a dimostrare l'impedimento che lo rende illecito. Perciò chi denunzia il matrimonio non si obbliga a una pena: ma tale denunzia può farsi a parole o in iscritto, esprimendo l'accusatore, il matrimonio, e l'impedimento per cui si denunzia.

2. Gli estranei non possono conoscere la consanguineità che mediante i consanguinei, ai quali è più sicuro attribuire tale conoscenza. Perciò quando questi tacciono, la denunzia di un estraneo è sospetta di malevolenza, a meno che costui non sia disposto a provarla mediante i consanguinei. Cosicché la sua denunzia non è accettata, quando tacciono i parenti, con i quali bisognerebbe provarla. Invece i parenti, prossimi quanto si voglia, non sono mai esclusi dalla denunzia, quando si tratta di denunziare un matrimonio per un impedimento perpetuo e dirimente. Quando invece si denunzia per affermare che il matrimonio non è stato contratto, allora i genitori vanno esclusi come sospetti; a meno che non appartengano al coniuge inferiore in dignità e ricchezza; poiché in tal caso si può presumere che volentieri sosterrebbero la validità del matrimonio.

3. Quando non è stato ancora contratto il matrimonio, ma solo gli sponsali, esso non può essere denunziato, poiché non si denunzia ciò che non esiste. Però si può notificare l'impedimento, perché il matrimonio non si contragga.

4. Chi in un primo tempo ha taciuto, se poi intende denunziare il matrimonio, viene ascoltato in certi casi e non ascoltato in altri. Ciò risulta dal testo delle Decretali: "Se uno denunzia un matrimonio dopo la sua celebrazione, senza averlo fatto pubblicamente quando veniva notificato secondo l'uso della Chiesa, si può chiedere giustamente se la sua denunzia possa essere accolta. E rispondiamo che se al momento della notificazione suddetta il denunziante era lontano dalla diocesi, oppure la notizia non gli poté giungere, o perché fuori di senno per la malattia, o perché di così tenera età da essere allora incapace di comprendere tali cose, o perché impedito da altre cause legittime, allora la sua denunzia deve essere accolta. Altrimenti deve essere respinta come sospetta: a meno che non confermi col giuramento di aver appreso in seguito quanto denunzia, e di non agire per malizia".



Terza Parte e Supplemento > I Sacramenti > Il matrimonio > L'impedimento di affinità > Se si debba ricorrere ai testimoni come nelle altre cause


Supplemento
Questione 55
Articolo 11

SEMBRA che in tale causa non si debba ricorrere ai testimoni come nelle altre. Infatti:
1. Nelle altre cause sono ammessi a testimoniare coloro che sono superiori ad ogni sospetto. Invece qui non sono ammessi gli estranei, sebbene superiori ad ogni sospetto. Dunque, ecc.

2. I testimoni sospetti di odio o di amore personale non sono ammessi a testimoniare. Ora, i più sospetti di amore per una parte e di odio per l'altra sono i parenti. Perciò non dovrebbe essere accettata la loro testimonianza.

3. Il matrimonio gode il favore del diritto più delle altre cause, in cui si trattano interessi puramente materiali. Ma in tali cause nessuno può essere insieme accusatore e teste. Così dunque dovrebbe essere anche nel matrimonio. Perciò in questa causa non si procede con giustizia ricorrendo ai testimoni.

IN CONTRARIO: In una causa si ricorre ai testimoni per attestare al giudice cose di cui si dubita. Ma in questa causa come nelle altre bisogna dare al giudice tale attestato; perché non deve risolvere con precipitazione un caso su cui non ha raggiunto l'evidenza. Dunque anche qui si deve ricorrere ai testimoni, come nelle altre cause.

RISPONDO: In questa causa come nelle altre è necessario che la verità sia dimostrata mediante i testimoni. Tuttavia, a detta dei giuristi, in questa causa si riscontrano molte particolarità, e cioè: che la stessa persona possa essere accusatore e teste; si omette il giuramento per escludere la falsità, essendo una causa quasi spirituale; sono ammessi a testimoniare i consanguinei; non si osserva rigorosamente l'ordine giudiziale, poiché, avvenuta la denunzia, si può punire con la scomunica l'accusato contumace prima che la causa sia stata discussa; si ammettono testimoni che affermano solo per sentito dire; e si ammettono testimonianze anche dopo la pubblicazione della lista dei testimoni. Tutto questo si fa per impedire il peccato, che potrebbe riscontrarsi in un falso matrimonio.

Sono così risolte anche le difficoltà.

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