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Se la consanguineità sia ben divisa per linee e gradi
Supplemento
Questione 54
Articolo 2
SEMBRA che la consanguineità non sia ben divisa per linee e gradi. Infatti:
1. Per linea di consanguineità s'intende "una serie ordinata di persone unite dal vincolo del sangue, discendendo esse da un medesimo capostipite, che abbraccia vari gradi". Ma la consanguineità altro non è che la serie di tali persone. Perciò la linea suddetta altro non è che la stessa consanguineità. Ora, nessuna cosa può servire a dividere se stessa. Dunque non è giusto dividere la consanguineità mediante linee di parentela.
2. Le divisioni di un termine più universale non devono riscontrarsi nella definizione di esso. Ora la discendenza si riscontra nella definizione surriferita della consanguineità. Perciò la consanguineità non si può dividere in linea ascendente, discendente e collaterale.
3. La linea si definisce come distanza "tra due punti". Ma due punti non costituiscono che un grado. Perciò una linea non ha che un grado solo. Quindi è identica la divisione della consanguineità per linee e per gradi.
4. Per definizione il grado è "il rapporto esistente tra persone distanti, che misura la distanza reciproca". Ora, essendo invece la consanguineità una prossimità, tale distanza si oppone alla consanguineità e non può essere una divisione della medesima. Dunque la consanguineità non si divide per gradi.
5. Se la consanguineità si divide e si conosce mediante i gradi, è indispensabile che quanti sono parenti nel medesimo grado siano ugualmente consanguinei. Ma questo è falso: poiché, come dicono le Decretali, il prozìo e il pronipote sono nel medesimo grado, ma non sono ugualmente consanguinei. Perciò la consanguineità non è ben divisa per gradi.
6. In una serie ordinata di cose, qualsiasi aggiunta fa passare al grado superiore: ogni unità, p. es., aggiunta a un numero determina una nuova specie di numero. Invece l'aggiunta di un altro
parente non sempre determina un grado diverso di consanguineità: poiché aggiungendo al padre lo zio paterno il grado di consanguineità rimane lo stesso. Perciò la consanguineità non va distinta mediante i gradi.
7. Tra due persone imparentate la distanza di consanguineità è sempre la stessa: poiché entrambi gli estremi di una distanza sono sempre tra loro ugualmente distanti. Invece il grado di consanguineità non è sempre identico da entrambe le parti: perché talora da un lato la consanguineità è in terzo grado e dall'altro in quarto grado. Dunque il rapporto di consanguineità non si può ben conoscere mediante i gradi.
RISPONDO: La consanguineità è un legame fondato su una comunanza di natura, derivante dall'atto della generazione con il quale la natura si propaga. Ora, tale comunanza, a detta del Filosofo, può avere tre forme. La prima quale relazione tra causa ed effetto; ed è la consanguineità del padre rispetto al figlio.
Cosicché, secondo la sua espressione, "i genitori amano i figli come qualche cosa di se stessi". - La seconda quale relazione tra effetto e causa: ed è quella tra figli e genitori; cosicché "i figli amano i loro genitori quali cause della loro esistenza". - La terza è basata sulla relazione reciproca tra esseri derivanti dal medesimo principio, o causa: e sono i fratelli, p. es., che, a detta del medesimo Autore, "nascono dalle stesse persone". - E poiché un punto in movimento produce una linea, e mediante la generazione il padre discende in qualche modo nel figlio, in base alle tre relazioni suddette si desumono tre linee di consanguineità: discendente, ascendente e collaterale.
E poiché il moto generativo non si arresta al termine definito, ma è in continuo sviluppo, si possono riscontrare il padre del padre e i figli del figlio e così via. E secondo questi vari sviluppi si hanno diversi gradi nella stessa linea. E poiché i gradi di una cosa formano le parti di essa, i gradi di vicinanza non esistono dove non c'è vicinanza. Ecco perché l'identità e la troppa distanza eliminano i gradi di consanguineità: poiché nessuno può essere vicino o simile a se stesso. Per questo nessuna persona costituisce per se stessa un grado; ma solo in relazione a un'altra persona.
Tuttavia diversi sono i modi di computare i gradi nelle diverse linee. Infatti il grado di consanguineità nelle linee ascendenti e discendenti si contrae tra due persone per il fatto che una deriva da un'altra. In base quindi alla legge ecclesiastica come a quella civile, la persona che nel processo generativo si riscontra per prima, o risalendo o discendendo, dista da un individuo, da Pietro p. es., in primo grado, come padre e figlio; quella che si riscontra seconda dista in secondo grado, come nonno e nipote; e così via.
La consanguineità invece di coloro che sono parenti in linea collaterale, non si contrae per derivazione dell'uno dall'altro, ma per il fatto che derivano entrambi da un capostipite. Perciò il grado di consanguineità va computato qui in rapporto all'unico principio da cui entrambi derivano. Su questo però la computazione della legge ecclesiastica differisce da quella civile: poiché quella civile somma i gradi di discendenza dal ceppo comune di entrambe le parti; quella ecclesiastica invece conta quelli di una parte soltanto, cioè di quella in cui si riscontrano più numerosi gradi. Perciò secondo il computo della legge civile fratello e sorella, o due fratelli, sono consanguinei in secondo grado. Invece secondo il computo ecclesiastico due fratelli sono consanguinei in primo grado: perché nessuno dei due dista dalla radice comune più di un grado. Invece il figlio di un fratello dista dal fratello di suo padre in secondo grado: perché tanti sono i gradi che li dividono dalla radice comune. Perciò secondo il computo ecclesiastico quanti sono i gradi che separano una persona da un ascendente comune, tanta è la distanza che la separa da qualsiasi discendente, e mai può essere minore; poiché "la causa è sempre superiore all'effetto". Sebbene, quindi, gli altri che discendono da un capostipite comune siano consanguinei di una data persona in forza di codesto capostipite, non possono essere vicini a chi ne discende in altro modo, più di quanto codesto discendente è vicino al capostipite stesso. Talora invece la distanza maggiore nella parentela può essere da parte degli altri; i quali forse distano dal capostipite comune più dell'interessato; ma la consanguineità va sempre computata dalla maggiore distanza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'obbiezione parte da un falso presupposto. Infatti la consanguineità non è una serie di persone, ma una relazione esistente tra di esse, la cui serie produce la consanguineità.
2. La discendenza in senso lato si riscontra in qualsiasi linea di consanguineità; poiché l'origine carnale, per cui si contrae il vincolo di consanguineità è una discendenza. Ma la discendenza specifica, cioè la derivazione dai maggiori della persona di cui si cerca la consanguineità, costituisce la linea discendente.
3. La linea si può prendere in due sensi. In senso proprio per la dimensione che è la prima specie della quantità continua. In tal senso la linea retta contiene in maniera attuale due soli punti, che ne sono i termini; ma virtualmente ne contiene infiniti, e con la determinazione attuale di ciascuno la linea si divide, e se ne formano due. - Talora invece per linea s'intendono le cose allineate. E in tal senso si ha la linea e la figura nei numeri, in quanto nei numeri un'unità viene dopo l'altra. Cosicché ogni unità successiva è un grado in codesta linea. Lo stesso si dica per la linea di consanguineità. Ecco perché una linea contiene più gradi.
4. Come non può esserci somiglianza, se non c'è una certa diversità, così non può esserci prossimità, se non c'è una certa distanza. Perciò non una distanza qualsiasi si contrappone alla consanguineità, ma una tale distanza che la escluda.
5. Come la bianchezza può dirsi maggiore in due modi, cioè in intensità e in estensione; così la consanguineità può dirsi maggiore o minore in intensità, cioè per la natura di essa, oppure in estensione: e in questo senso la consanguineità è misurata dal numero delle persone interposte nel processo di origine. Ed è in questo secondo senso che si distinguono i gradi di consanguineità.
Ecco perché può capitare che di due i quali si trovano nel medesimo grado di consanguineità rispetto a una data persona, l'uno sia ad essa più consanguineo dell'altro rispetto all'intensità di questo legame: il padre e il figlio, p. es., sono per un individuo consanguinei in primo grado, poiché in entrambi i casi non intercorre tra loro una persona intermedia; ma quanto a intensità è più consanguineo il padre che il fratello, poiché il fratello non è consanguineo se non in quanto deriva dal medesimo padre. Perciò quanto uno è prossimo allo stipite comune da cui deriva la consanguineità, tanto più è consanguineo, sebbene non lo sia in un grado più prossimo. E in tal senso il prozìo per una persona è più consanguineo di un pronipote, sebbene entrambi lo siano nello stesso grado.
6. Sebbene padre e zio paterno siano nello stesso grado rispetto alla radice da cui nasce la consanguineità, perché entrambi distano di un grado dal nonno; tuttavia rispetto alla persona di cui si cerca la consanguineità non sono nel medesimo grado: perché il padre è consanguineo in primo grado, lo zio invece non può esserlo che in secondo grado, cioè come il nonno.
7. Due persone distano sempre tra loro nello stesso numero di gradi, quantunque talora non distino allo stesso modo, come abbiamo già spiegato, dal capostipite comune.
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