Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > La volontà > Se la volontà muova l’intelletto
Prima pars
Quaestio 82
Articulus 4
[31895] Iª q. 82 a. 4 arg. 1 Ad quartum sic proceditur. Videtur quod voluntas non moveat intellectum. Movens enim est nobilius et prius moto, quia movens est agens; agens autem est nobilius patiente, ut Augustinus dicit XII super Gen. ad Litt., et philosophus in III de anima. Sed intellectus est prior et nobilior voluntate, ut supra dictum est. Ergo voluntas non movet intellectum.
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Prima parte
Questione 82
Articolo 4
[31895] Iª q. 82 a. 4 arg. 1
SEMBRA che la volontà non muova l’intelletto. Infatti:
1. Chi muove è superiore e anteriore al soggetto mosso: perché il motore è agente, e "l’agente è più nobile del paziente", come dicono S. Agostino e Aristotele. Ma abbiamo visto che l’intelletto è prima ed è più nobile della volontà. Dunque la volontà non muove l’intelletto.
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[31896] Iª q. 82 a. 4 arg. 2 Praeterea, movens non movetur a moto, nisi forte per accidens. Sed intellectus movet voluntatem, quia appetibile apprehensum per intellectum est movens non motum; appetitus autem movens motum. Ergo intellectus non movetur a voluntate.
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[31896] Iª q. 82 a. 4 arg. 2
2. Chi muove non è mosso dal soggetto mobile, se non in via accidentale. Ora, l’intelletto muove la volontà: perché l’appetibile, che è oggetto dell’intelligenza, è un motore non mosso, mentre l’appetito è un motore mosso. Perciò l’intelletto non è mosso dalla volontà.
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[31897] Iª q. 82 a. 4 arg. 3 Praeterea, nihil velle possumus nisi sit intellectum. Si igitur ad intelligendum movet voluntas volendo intelligere, oportebit quod etiam illud velle praecedat aliud intelligere, et illud intelligere aliud velle, et sic in infinitum, quod est impossibile. Non ergo voluntas movet intellectum.
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[31897] Iª q. 82 a. 4 arg. 3
3. Noi non possiamo volere cosa alcuna, se essa non è conosciuta. Se quindi la volontà col voler intendere muove all’intellezione, bisognerà che un tale volere sia preceduto da un’altra intellezione, questa poi da un altro volere, e così all’infinito: cosa questa impossibile. La volontà dunque non muove l’intelletto.
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[31898] Iª q. 82 a. 4 s. c. Sed contra est quod Damascenus dicit, quod in nobis est percipere quamcumque volumus artem, et non percipere. In nobis autem est aliquid per voluntatem; percipimus autem artes per intellectum. Voluntas ergo movet intellectum.
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[31898] Iª q. 82 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Fa osservare il Damasceno che "in noi c’è il potere di imparare e di non imparare qualunque arte vogliamo". Ora vi è in noi un dato potere in forza della volontà; eppure impariamo le arti mediante l’intelletto. Quindi la volontà muove l’intelletto.
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[31899] Iª q. 82 a. 4 co. Respondeo dicendum quod aliquid dicitur movere dupliciter. Uno modo, per modum finis; sicut dicitur quod finis movet efficientem. Et hoc modo intellectus movet voluntatem, quia bonum intellectum est obiectum voluntatis, et movet ipsam ut finis. Alio modo dicitur aliquid movere per modum agentis; sicut alterans movet alteratum, et impellens movet impulsum. Et hoc modo voluntas movet intellectum, et omnes animae vires; ut Anselmus dicit in libro de similitudinibus. Cuius ratio est, quia in omnibus potentiis activis ordinatis, illa potentia quae respicit finem universalem, movet potentias quae respiciunt fines particulares. Et hoc apparet tam in naturalibus quam in politicis. Caelum enim, quod agit ad universalem conservationem generabilium et corruptibilium, movet omnia inferiora corpora, quorum unumquodque agit ad conservationem propriae speciei, vel etiam individui. Rex etiam, qui intendit bonum commune totius regni, movet per suum imperium singulos praepositos civitatum, qui singulis civitatibus curam regiminis impendunt. Obiectum autem voluntatis est bonum et finis in communi. Quaelibet autem potentia comparatur ad aliquod bonum proprium sibi conveniens; sicut visus ad perceptionem coloris, intellectus ad cognitionem veri. Et ideo voluntas per modum agentis movet omnes animae potentias ad suos actus, praeter vires naturales vegetativae partis, quae nostro arbitrio non subduntur.
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[31899] Iª q. 82 a. 4 co.
RISPONDO: Una cosa può causare il movimento in due maniere.
Primo, sotto l’aspetto di fine: come quando si dice che il fine muove la causa efficiente. E in questo modo è l’intelletto a muovere la volontà; perché il bene intellettualmente conosciuto è oggetto della volontà e la muove come fine.
Secondo, sotto l’aspetto di causa agente; come l’elemento alterante muove quello che viene alterato, e ciò che spinge muove la cosa sospinta. In questo modo la volontà muove l’intelletto e tutte le potenze dell’anima, come dice S. Anselmo. E la ragione si è che in una serie di potenze attive ordinate tra loro, quella che mira a un fine universale muove le altre, che mirano a fini particolari.
La cosa è evidente anche nel campo fisico e in quello politico. Infatti il cielo, che esercita il suo influsso per l’universale conservazione dei corpi generabili e corruttibili, muove tutti i corpi inferiori, ognuno dei quali agisce per la conservazione della sua specie o per quella dell’individuo. Parimente, il re che tende al bene comune di tutto il regno, muove col suo comando i vari capi delle città, i quali curano il governo delle singole città. Ora, oggetto del volere sono il bene e il fine nella loro universalità. Invece ogni altra potenza è ordinata a un bene particolare ad essa proporzionato; la vista, p. es., è ordinata a percepire il colore, e l’intelletto a conoscere il vero. Perciò la volontà muove, come causa agente, tutte le potenze dell’anima verso i loro atti, meno che le potenze organiche della vita vegetativa, le quali non sottostanno al nostro arbitrio.
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[31900] Iª q. 82 a. 4 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod intellectus dupliciter considerari potest, uno modo, secundum quod intellectus est apprehensivus entis et veri universalis; alio modo, secundum quod est quaedam res, et particularis potentia habens determinatum actum. Et similiter voluntas dupliciter considerari potest, uno modo, secundum communitatem sui obiecti, prout scilicet est appetitiva boni communis; alio modo, secundum quod est quaedam determinata animae potentia habens determinatum actum. Si ergo comparentur intellectus et voluntas secundum rationem communitatis obiectorum utriusque, sic dictum est supra quod intellectus est simpliciter altior et nobilior voluntate. Si autem consideretur intellectus secundum communitatem sui obiecti, et voluntas secundum quod est quaedam determinata potentia, sic iterum intellectus est altior et prior voluntate, quia sub ratione entis et veri, quam apprehendit intellectus, continetur voluntas ipsa, et actus eius, et obiectum ipsius. Unde intellectus intelligit voluntatem, et actum eius, et obiectum ipsius, sicut et alia specialia intellecta, ut lapidem aut lignum, quae continentur sub communi ratione entis et veri. Si vero consideretur voluntas secundum communem rationem sui obiecti, quod est bonum, intellectus autem secundum quod est quaedam res et potentia specialis; sic sub communi ratione boni continetur, velut quoddam speciale, et intellectus ipse, et ipsum intelligere, et obiectum eius, quod est verum, quorum quodlibet est quoddam speciale bonum. Et secundum hoc voluntas est altior intellectu, et potest ipsum movere. Ex his ergo apparet ratio quare hae potentiae suis actibus invicem se includunt, quia intellectus intelligit voluntatem velle, et voluntas vult intellectum intelligere. Et simili ratione bonum continetur sub vero, inquantum est quoddam verum intellectum; et verum continetur sub bono, inquantum est quoddam bonum desideratum.
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[31900] Iª q. 82 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L’intelletto si può considerare sotto due punti di vista: primo, in quanto è conoscitivo dell’ente e del vero universale; secondo, in quanto è un’entità particolare e una particolare potenza avente un suo atto determinato. Parimente, la volontà si può considerare sotto due aspetti: primo, considerando l’universalità del suo oggetto, in quanto cioè ha per oggetto il bene universale; secondo, in quanto è una determinata potenza dell’anima avente un determinato atto. - Ora, se paragoniamo intelletto e volontà secondo l’universalità dei rispettivi oggetti, allora abbiamo già dimostrato che l’intelletto è, assolutamente parlando, superiore e più nobile che la volontà. - Se invece consideriamo l’intelligenza secondo l’universalità del suo oggetto, e la volontà in quanto è una determinata potenza, allora l’intelletto è di nuovo superiore e anteriore alla volontà: infatti la volontà stessa, il suo atto e il suo oggetto, rientrano nei concetti di ente e di vero, che formano l’oggetto dell’intelligenza. Quindi l’intelletto conosce la volontà, il suo atto e il suo oggetto, come conosce tutti gli altri intelligibili particolari, quali la pietra, il legno, ecc., che rientrano nei concetti universali di ente e di vero. - Ma se si considera la volontà secondo l’universalità del suo oggetto, che è il bene, e l’intelletto invece si considera in quanto è un ente particolare e una particolare potenza, allora rientrano, come singolari, sotto la ragione universale di bene, e l’intelletto, e l’intellezione, e il suo oggetto, cioè il vero, ciascuno dei quali è un bene particolare. Sotto quest’aspetto la volontà è più alta dell’intelletto e lo può muovere.
Di qui dunque ai rileva la ragione, per cui queste potenze si includono a vicenda con i loro atti; poiché l’intelletto conosce che la volontà vuole; e la volontà vuole che l’intelletto conosca. Analogamente, il bene è incluso nel vero, in quanto è un vero conosciuto dall’intelletto; e il vero è incluso nel bene, in quanto è un bene desiderato.
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[31901] Iª q. 82 a. 4 ad 2 Ad secundum dicendum quod intellectus alio modo movet voluntatem, quam voluntas intellectum, ut iam dictum est.
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[31901] Iª q. 82 a. 4 ad 2
2. Abbiamo visto che l’intelletto muove la volontà in modo diverso da quello, col quale la volontà muove l’intelletto.
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[31902] Iª q. 82 a. 4 ad 3 Ad tertium dicendum quod non oportet procedere in infinitum, sed statur in intellectu sicut in primo. Omnem enim voluntatis motum necesse est quod praecedat apprehensio, sed non omnem apprehensionem praecedit motus voluntatis; sed principium consiliandi et intelligendi est aliquod intellectivum principium altius intellectu nostro, quod est Deus, ut etiam Aristoteles dicit in VII Ethicae Eudemicae, et per hunc modum ostendit quod non est procedere in infinitum.
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[31902] Iª q. 82 a. 4 ad 3
3. Non e’ è bisogno di procedere all’infinito, ma ci si arresta all’intelletto, come punto di partenza. Infatti è necessario che la conoscenza preceda ogni moto della volontà; non già che la volontà preceda ogni conoscenza; poiché il principio del consigliarsi e dell’intendere è un principio intellettivo più alto del nostro intelletto, cioè Dio, come si esprime lo stesso Aristotele, il quale proprio da ciò dimostra che non è necessario procedere all’infinito.
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