I, 77

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze dell'anima in generale


Prima pars
Quaestio 77
Prooemium

[31590] Iª q. 77 pr.
Deinde considerandum est de his quae pertinent ad potentias animae. Et primo, in generali; secundo, in speciali. Circa primum quaeruntur octo.
Primo, utrum essentia animae sit eius potentia.
Secundo, utrum sit una tantum potentia animae, vel plures.
Tertio, quomodo potentiae animae distinguantur.
Quarto, de ordine ipsarum ad invicem.
Quinto, utrum anima sit subiectum omnium potentiarum.
Sexto, utrum potentiae fluant ab essentia animae.
Septimo, utrum potentia una oriatur ex alia.
Octavo, utrum omnes potentiae animae remaneant in ea post mortem.

 
Prima parte
Questione 77
Proemio

[31590] Iª q. 77 pr.
Consideriamo ora quanto riguarda le potenze dell’anima. Primo, in generale; secondo, in particolare.
Sul primo argomento si pongono otto quesiti:

1. Se l’essenza dell’anima si identifichi, con le sue potenze;
2. Se nell’anima vi sia una o più potenze;
3. In che modo le potenze dell’anima si distinguano tra loro;
4. Sul loro ordine reciproco;
5. Se l’anima sia il soggetto di tutte le potenze;
6. Se le potenze emanino dall’essenza dell’anima;
7. Se una potenza derivi dall’altra;
8. Se tutte le potenze rimangano nell’anima dopo la morte.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze dell'anima in generale > Se l’essenza dell’anima si identifichi con le sue potenze


Prima pars
Quaestio 77
Articulus 1

[31591] Iª q. 77 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod ipsa essentia animae sit eius potentia. Dicit enim Augustinus, in IX de Trin., quod mens, notitia et amor sunt substantialiter in anima, vel, ut idem dicam, essentialiter. Et in X dicit quod memoria, intelligentia et voluntas sunt una vita, una mens, una essentia.

 
Prima parte
Questione 77
Articolo 1

[31591] Iª q. 77 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l’essenza dell’anima si identifichi con le sue potenze. Infatti:
1. S. Agostino insegna che: "mente, conoscenza e amore, sono sostanzialmente nell’anima, oppure, che è lo stesso, vi sono essenzialmente". E aggiunge che: "memoria, intelligenza e volontà, sono una sola vita, una sola mente e una sola essenza".

[31592] Iª q. 77 a. 1 arg. 2
Praeterea, anima est nobilior quam materia prima. Sed materia prima est sua potentia. Ergo multo magis anima.

 

[31592] Iª q. 77 a. 1 arg. 2
2. L’anima è più nobile della materia prima. Ora, la materia prima si identifica con la sua potenza. Quindi a più forte ragione l’anima.

[31593] Iª q. 77 a. 1 arg. 3
Praeterea, forma substantialis est simplicior quam accidentalis, cuius signum est, quod forma substantialis non intenditur vel remittitur, sed in indivisibili consistit. Forma autem accidentalis est ipsa sua virtus. Ergo multo magis forma substantialis, quae est anima.

 

[31593] Iª q. 77 a. 1 arg. 3
3. La forma sostanziale è più semplice di quella accidentale: basta osservare come la forma sostanziale non subisca intensificazioni o attenuazioni, ma consiste in qualcosa di indivisibile. Ora, la forma accidentale si identifica con la sua facoltà. Dunque più che mai s’identificherà così una forma sostanziale come l’anima.

[31594] Iª q. 77 a. 1 arg. 4
Praeterea, potentia sensitiva est qua sentimus, et potentia intellectiva qua intelligimus. Sed id quo primo sentimus et intelligimus est anima, secundum philosophum, in II de anima. Ergo anima est suae potentiae.

 

[31594] Iª q. 77 a. 1 arg. 4
4. La potenza sensitiva è il principio della sensazione, e quella intellettiva è il principio dell’intellezione. Ora, a detta del Filosofo, "l’anima è il principio primo del sentire e dell’intendere". Perciò l’anima si identifica con le sue potenze.

[31595] Iª q. 77 a. 1 arg. 5
Praeterea, omne quod non est de essentia rei, est accidens. Si ergo potentia animae est praeter essentiam eius, sequitur quod sit accidens. Quod est contra Augustinum, in IX de Trin., ubi dicit quod praedicta non sunt in anima sicut in subiecto, ut color aut figura in corpore, aut ulla alia qualitas aut quantitas, quidquid enim tale est, non excedit subiectum in quo est; mens autem potest etiam alia amare et cognoscere.

 

[31595] Iª q. 77 a. 1 arg. 5
5. Tutto ciò, che non fa parte dell’essenza di una cosa, è un suo accidente. Se dunque la potenza dell’anima è fuori della sua essenza, ne segue che è un accidente. Ma così si va contro S. Agostino, il quale afferma che le cose sopra accennate [mente, notizia, amore, ecc.] "non hanno per subietto l’anima, come il colore e la figura che hanno per subietto il corpo, al pari delle altre qualità e della quantità, poiché ogni entità di tal genere non si estende oltre il subietto nel quale si trova; la mente invece può ancora amare e conoscere altri oggetti".

[31596] Iª q. 77 a. 1 arg. 6
Praeterea, forma simplex subiectum esse non potest. Anima autem est forma simplex, cum non sit composita ex materia et forma, ut supra dictum est. Non ergo potentia animae potest esse in ipsa sicut in subiecto.

 

[31596] Iª q. 77 a. 1 arg. 6
6. "Una forma semplice non può fare da subietto". Ma l’anima è una forma semplice, non essendo composta di materia e di forma, come si è visto. Perciò le potenze dell’anima non possono trovarsi in essa, come in un subietto.

[31597] Iª q. 77 a. 1 arg. 7
Praeterea, accidens non est principium substantialis differentiae. Sed sensibile et rationale sunt substantiales differentiae, et sumuntur a sensu et ratione, quae sunt potentiae animae. Ergo potentiae animae non sunt accidentia. Et ita videtur quod potentia animae sit eius essentia.

 

[31597] Iª q. 77 a. 1 arg. 7
7. L’accidente non può causare una differenza sostanziale. Ora sensitivo e ragionevole sono differenze sostanziali, derivate dal senso e dalla ragione, che sono due potenze dell’anima. Quindi le potenze dell’anima non sono accidenti. Perciò dette facoltà vengono a identificarsi con la sua essenza.

[31598] Iª q. 77 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Dionysius dicit, XI cap. Caelest. Hier., quod caelestes spiritus dividuntur in essentiam, virtutem et operationem. Multo igitur magis in anima aliud est essentia, et aliud virtus sive potentia.

 

[31598] Iª q. 77 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi scrive che: "negli spiriti celesti sono cose distinte l’essenza, la potenza e l’operazione". A maggior ragione dunque saranno cose distinte tra loro l’essenza dell’anima e la sua virtù o potenza.

[31599] Iª q. 77 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod impossibile est dicere quod essentia animae sit eius potentia; licet hoc quidam posuerint. Et hoc dupliciter ostenditur, quantum ad praesens. Primo quia, cum potentia et actus dividant ens et quodlibet genus entis, oportet quod ad idem genus referatur potentia et actus. Et ideo, si actus non est in genere substantiae, potentia quae dicitur ad illum actum, non potest esse in genere substantiae. Operatio autem animae non est in genere substantiae; sed in solo Deo, cuius operatio est eius substantia. Unde Dei potentia, quae est operationis principium, est ipsa Dei essentia. Quod non potest esse verum neque in anima, neque in aliqua creatura; ut supra etiam de Angelo dictum est. Secundo, hoc etiam impossibile apparet in anima. Nam anima secundum suam essentiam est actus. Si ergo ipsa essentia animae esset immediatum operationis principium, semper habens animam actu haberet opera vitae; sicut semper habens animam actu est vivum. Non enim, inquantum est forma, est actus ordinatus ad ulteriorem actum, sed est ultimus terminus generationis. Unde quod sit in potentia adhuc ad alium actum, hoc non competit ei secundum suam essentiam, inquantum est forma; sed secundum suam potentiam. Et sic ipsa anima, secundum quod subest suae potentiae, dicitur actus primus, ordinatus ad actum secundum. Invenitur autem habens animam non semper esse in actu operum vitae. Unde etiam in definitione animae dicitur quod est actus corporis potentia vitam habentis, quae tamen potentia non abiicit animam. Relinquitur ergo quod essentia animae non est eius potentia. Nihil enim est in potentia secundum actum, inquantum est actus.

 

[31599] Iª q. 77 a. 1 co.
RISPONDO: Non è possibile ammettere che l’essenza dell’anima si identifichi con le sue potenze, benché alcuni l’abbiano pensato. Per il momento bastano due prove. Primo, siccome potenza e atto dividono l’ente e ogni genere di ente, è necessario che la potenza e il rispettivo atto appartengano al medesimo genere. Quindi, se l’atto non appartiene al genere della sostanza, anche la potenza, che dice ordine a quell’atto, non può essere nel genere della sostanza. Ora l’operazione dell’anima non è nel genere della sostanza; poiché questo avviene in Dio solo, la cui operazione si identifica con la sua sostanza. Perciò la potenza di Dio, che è principio di operazione, non è altro che la sua essenza. Ma ciò non può esser vero né per l’anima né per qualsiasi creatura; come sopra abbiamo visto a proposito degli angeli.
Secondo, la cosa inoltre non è possibile, se consideriamo direttamente l’anima. Infatti l’anima, considerata nella sua essenza, è atto. Se dunque l’essenza stessa dell’anima fosse il principio immediato delle sue attività, chi ha attualmente l’anima avrebbe sempre in maniera attuale le operazioni della vita, così come sempre è un vivente. - [Questo perché l’anima] in quanto forma non è un atto ordinato a un atto ulteriore, ma è il termine ultimo del processo generativo. Perciò se essa è ancora in potenza a un altro atto, ciò non si deve alla sua essenza, cioè al fatto che essa è forma, ma alle sue potenze. Per questo l’anima, considerata come soggetto delle sue potenze, viene denominata "atto primo", in rapporto cioè a un atto secondo. - Ora si constata che non sempre chi ha l’anima è in atto, rispetto alle operazioni della vita. Perciò anche nella definizione dell’anima si dice che essa è "l’atto di un corpo che ha la vita in potenza", la quale potenza tuttavia "non esclude l’anima". - Resta dunque provato che l’essenza dell’anima non si identifica con la sua potenza. Non è possibile infatti che una cosa sia in potenza precisamente in quanto è in atto.

[31600] Iª q. 77 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod Augustinus loquitur de mente secundum quod noscit se et amat se. Sic ergo notitia et amor, inquantum referuntur ad ipsam ut cognitam et amatam, substantialiter vel essentialiter sunt in anima, quia ipsa substantia vel essentia animae cognoscitur et amatur. Et similiter intelligendum est quod alibi dicit, quod sunt una vita, una mens, una essentia. Vel, sicut quidam dicunt, haec locutio verificatur secundum modum quo totum potestativum praedicatur de suis partibus, quod medium est inter totum universale et totum integrale. Totum enim universale adest cuilibet parti secundum totam suam essentiam et virtutem, ut animal homini et equo, et ideo proprie de singulis partibus praedicatur. Totum vero integrale non est in qualibet parte, neque secundum totam essentiam, neque secundum totam virtutem. Et ideo nullo modo de singulis partibus praedicatur; sed aliquo modo, licet improprie, praedicatur de omnibus simul, ut si dicamus quod paries, tectum et fundamentum sunt domus. Totum vero potentiale adest singulis partibus secundum totam suam essentiam, sed non secundum totam virtutem. Et ideo quodammodo potest praedicari de qualibet parte; sed non ita proprie sicut totum universale. Et per hunc modum Augustinus dicit quod memoria, intelligentia et voluntas sunt una animae essentia.

 

[31600] Iª q. 77 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. S. Agostino parla della mente, in quanto essa conosce e ama se stessa. Così la conoscenza e l’amore, in quanto si riferiscono ad essa stessa, quale oggetto conosciuto e amato, sono sostanzialmente o essenzialmente nell’anima, perché è la sostanza o essenza stessa dell’anima, che viene conosciuta e amata.
In senso analogo va intesa l’altra asserzione, che esse sono "una sola vita, una sola mente e una sola essenza". - Oppure, come altri spiegano, tale locuzione è vera come quando un tutto potenziale, che sta di mezzo tra il tutto universale e il tutto integrale viene predicato delle sue parti. Infatti il tutto universale è presente in ciascuna delle sue parti con tutta la sua essenza e virtù, come animale nell’uomo e nel cavallo: perciò [questo tutto] viene predicato in senso proprio di ogni sua parte. Invece il tutto integrale non si trova in ciascuna delle sue parti, né con tutta l’essenza, né con tutta la sua virtù. Per tale motivo esso non viene predicato affatto delle singole parti; ma è predicato, in qualche modo, sia pure impropriamente, di tutte insieme; come se dicessimo, p. es., che la parete, il tetto e le fondamenta sono la casa. Il tutto potenziale invece è presente nelle singole parti con tutta la sua essenza, ma non con tutta la sua virtù. Perciò può predicarsi in un certo modo di ciascuna parte, non però così propriamente come il tutto universale. Precisamente sotto questo punto di vista S. Agostino dice che la memoria, l’intelligenza e la volontà sono una sola essenza dell’anima.

[31601] Iª q. 77 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod actus ad quem est in potentia materia prima, est substantialis forma. Et ideo potentia materiae non est aliud quam eius essentia.

 

[31601] Iª q. 77 a. 1 ad 2
2. L’atto, al quale è in potenza la materia prima, è la forma sostanziale. E per questo che la potenza della materia non è altro che la sua essenza.

[31602] Iª q. 77 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod actio est compositi, sicut et esse, existentis enim est agere. Compositum autem per formam substantialem habet esse substantialiter; per virtutem autem quae consequitur formam substantialem, operatur. Unde sic se habet forma accidentalis activa ad formam substantialem agentis (ut calor ad formam ignis), sicut se habet potentia animae ad animam.

 

[31602] Iª q. 77 a. 1 ad 3
3. L’agire spetta al composto allo stesso modo che l’essere, poiché chi agisce è l’esistente. Ora, il composto riceve la possibilità di esistere sostanzialmente dalla forma sostanziale; opera invece mediante le facoltà che emanano da essa. Perciò la forma accidentale attiva sta alla forma sostanziale dell’agente (p. es., il calore alla forma del fuoco), come le potenze dell’anima stanno all’anima.

[31603] Iª q. 77 a. 1 ad 4
Ad quartum dicendum quod hoc ipsum quod forma accidentalis est actionis principium, habet a forma substantiali. Et ideo forma substantialis est primum actionis principium, sed non proximum. Et secundum hoc philosophus dicit quod id quo intelligimus et sentimus, est anima.

 

[31603] Iª q. 77 a. 1 ad 4
4. Il fatto che la forma accidentale sia principio di operazione è dovuto anch’esso alla forma sostanziale. Per questo la forma sostanziale è il principio primo, non prossimo, dell’operazione. In questo senso il Filosofo afferma che "l’anima è il principio dell’intendere e del sentire".

[31604] Iª q. 77 a. 1 ad 5
Ad quintum dicendum quod, si accidens accipiatur secundum quod dividitur contra substantiam, sic nihil potest esse medium inter substantiam et accidens, quia dividuntur secundum affirmationem et negationem, scilicet secundum esse in subiecto et non esse in subiecto. Et hoc modo, cum potentia animae non sit eius essentia, oportet quod sit accidens, et est in secunda specie qualitatis. Si vero accipiatur accidens secundum quod ponitur unum quinque universalium, sic aliquid est medium inter substantiam et accidens. Quia ad substantiam pertinet quidquid est essentiale rei, non autem quidquid est extra essentiam, potest sic dici accidens, sed solum id quod non causatur ex principiis essentialibus speciei. Proprium enim non est de essentia rei, sed ex principiis essentialibus speciei causatur, unde medium est inter essentiam et accidens sic dictum. Et hoc modo potentiae animae possunt dici mediae inter substantiam et accidens, quasi proprietates animae naturales. Quod autem Augustinus dicit, quod notitia et amor non sunt in anima sicut accidentia in subiecto, intelligitur secundum modum praedictum, prout comparantur ad animam, non sicut ad amantem et cognoscentem; sed prout comparantur ad eam sicut ad amatam et cognitam. Et hoc modo procedit sua probatio, quia si amor esset in anima amata sicut in subiecto, sequeretur quod accidens transcenderet suum subiectum; cum etiam alia sint amata per animam.

 

[31604] Iª q. 77 a. 1 ad 5
5. Se prendiamo l’accidente in quanto si contraddistingue dalla sostanza, allora non può esserci un elemento intermedio tra accidente e sostanza; poiché si contrappongono, in un dato soggetto, come affermazione e negazione, cioè come essere e non essere. In tal senso è necessario che le potenze dell’anima, non identificandosi con la sua essenza, siano accidenti; e si classificano nella seconda specie della qualità. - Ma se prendiamo accidente come uno dei cinque [predicabili] universali, allora esiste qualche cosa di intermedio tra la sostanza e l’accidente. Infatti tutto ciò che è essenziale a una cosa appartiene alla sua sostanza; però non può chiamarsi subito accidente tutto ciò che è fuori dell’essenza, ma soltanto ciò che non è causato dai principii essenziali della specie. Infatti le proprietà non rientrano nell’essenza della cosa, e tuttavia sono causate dai principii essenziali della specie: e quindi stanno tra l’essenza e l’accidente inteso come predicabile. In tal modo le potenze dell’anima si possono dire intermedie tra la sostanza e l’accidente, quasi proprietà naturali dell’anima.
Quando S. Agostino afferma che la conoscenza e l’amore non sono nell’anima come accidenti nel loro subietto, si riferisce, stando alla spiegazione precedente, non all’anima in quanto ama e conosce, ma in quanto è oggetto di amore e di conoscenza. Con tali chiarimenti vale la sua argomentazione; poiché se l’amore avesse come suo subietto l’anima amata [come tale], un accidente sarebbe più vasto del suo subietto, dato che anche altri oggetti sono amati dall’anima.

[31605] Iª q. 77 a. 1 ad 6
Ad sextum dicendum quod anima, licet non sit composita ex materia et forma, habet tamen aliquid de potentialitate admixtum ut supra dictum est. Et ideo potest esse subiectum accidentis. Propositio autem inducta locum habet in Deo, qui est actus purus, in qua materia Boetius eam introducit.

 

[31605] Iª q. 77 a. 1 ad 6
6. Sebbene l’anima non sia composta di materia e di forma, ha tuttavia in se stessa una certa potenzialità, come si è detto sopra. Per questa ragione può essere soggetta ad avere accidenti. Il testo addotto vale per Iddio, che è atto puro: e Boezio lo ha enunziato parlando di lui.

[31606] Iª q. 77 a. 1 ad 7
Ad septimum dicendum quod rationale et sensibile, prout sunt differentiae, non sumuntur a potentiis sensus et rationis; sed ab ipsa anima sensitiva et rationali. Quia tamen formae substantiales, quae secundum se sunt nobis ignotae, innotescunt per accidentia; nihil prohibet interdum accidentia loco differentiarum substantialium poni.

 

[31606] Iª q. 77 a. 1 ad 7
7. Ragionevole e sensitivo, in quanto differenze specifiche, non si desumono dalle facoltà del senso e della ragione, ma dalla stessa anima sensitiva e razionale. Però, siccome le forme sostanziali, che in se stesse ci sono ignote, si manifestano mediante gli accidenti, niente impedisce che gli accidenti vengano talora usati in luogo delle differenze sostanziali.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze dell'anima in generale > Se siano più di una le potenze dell’anima


Prima pars
Quaestio 77
Articulus 2

[31607] Iª q. 77 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod non sint plures potentiae animae. Anima enim intellectiva maxime ad divinam similitudinem accedit. Sed in Deo est una et simplex potentia. Ergo et in anima intellectiva.

 
Prima parte
Questione 77
Articolo 2

[31607] Iª q. 77 a. 2 arg. 1
SEMBRA che non siano più d’una le potenze dell’anima. Infatti:
1. L’anima intellettiva si avvicina quanto mai alla somiglianza con Dio. Ora, in Dio c’è una potenza unica e semplice. Lo stesso dunque sarà nell’anima intellettiva.

[31608] Iª q. 77 a. 2 arg. 2
Praeterea, quanto virtus est superior, tanto est magis unita. Sed anima intellectiva excedit omnes alias formas in virtute. Ergo maxime debet habere unam virtutem seu potentiam.

 

[31608] Iª q. 77 a. 2 arg. 2
2. Quanto più una virtù è superiore, tanto maggiormente è dotata di unità. Ora l’anima intellettiva supera in virtù ogni altra forma. Perciò deve avere una virtù o potenza unica al massimo grado.

[31609] Iª q. 77 a. 2 arg. 3
Praeterea, operari est existentis in actu. Sed per eandem essentiam animae homo habet esse secundum diversos gradus perfectionis, ut supra habitum est. Ergo per eandem potentiam animae operatur diversas operationes diversorum graduum.

 

[31609] Iª q. 77 a. 2 arg. 3
3. L’operazione appartiene a chi ha l’essere in atto. Ora, l’uomo possiede l’essere, secondo i vari gradi di perfezione, in forza di un’unica essenza dell’anima come si è visto. Dunque egli, nel compiere le molteplici operazioni dei vari gradi, si serve di un’unica potenza dell’anima.

[31610] Iª q. 77 a. 2 s. c.
Sed contra est quod philosophus, in II de anima ponit plures animae potentias.

 

[31610] Iª q. 77 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: II Filosofo sostiene che vi sono più potenze dell’anima.

[31611] Iª q. 77 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod necesse est ponere plures animae potentias. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod, sicut philosophus dicit in II de caelo, quae sunt in rebus infima, non possunt consequi perfectam bonitatem, sed aliquam imperfectam consequuntur paucis motibus; superiora vero his adipiscuntur perfectam bonitatem motibus multis; his autem superiora sunt quae adipiscuntur perfectam bonitatem motibus paucis; summa vero perfectio invenitur in his quae absque motu perfectam possident bonitatem. Sicut infime est ad sanitatem dispositus qui non potest perfectam consequi sanitatem, sed aliquam modicam consequitur paucis remediis; melius autem dispositus est qui potest perfectam consequi sanitatem, sed remediis multis; et adhuc melius, qui remediis paucis; optime autem, qui absque remedio perfectam sanitatem habet. Dicendum est ergo quod res quae sunt infra hominem, quaedam particularia bona consequuntur, et ideo quasdam paucas et determinatas operationes habent et virtutes. Homo autem potest consequi universalem et perfectam bonitatem, quia potest adipisci beatitudinem. Est tamen in ultimo gradu, secundum naturam, eorum quibus competit beatitudo, et ideo multis et diversis operationibus et virtutibus indiget anima humana. Angelis vero minor diversitas potentiarum competit. In Deo vero non est aliqua potentia vel actio, praeter eius essentiam. Est et alia ratio quare anima humana abundat diversitate potentiarum, videlicet quia est in confinio spiritualium et corporalium creaturarum, et ideo concurrunt in ipsa virtutes utrarumque creaturarum.

 

[31611] Iª q. 77 a. 2 co.
RISPONDO: È necessario ammettere una pluralità di potenze nell’anima. Per convincersene dobbiamo considerare, come fa il Filosofo, che gli esseri infimi non possono conseguire il bene perfetto, ma solo un bene imperfetto, mediante pochi movimenti; mentre quelli ad essi superiori si conquistano il bene perfetto con molti movimenti; ancora più in alto troviamo quelli che conseguono il bene perfetto con poche operazioni; troviamo infine perfezione somma in quelli, i quali posseggono il bene perfetto senza alcun movimento. Per portare un esempio, è minimamente disposto alla salute chi non può raggiungere la perfetta salute, ma ne ottiene un poco con pochi rimedi; è meglio disposto chi può raggiungere la perfetta salute, sebbene con molti rimedi; meglio ancora colui al quale bastano pochi rimedi; ottimamente infine, chi ha la salute perfetta, senza bisogno di rimedi.
Diciamo dunque che gli esseri inferiori all’uomo raggiungono soltanto certi beni particolari; per questo posseggono solamente poche e determinate operazioni e potenze. L’uomo invece ha la possibilità di conseguire il bene universale e perfetto; perché può raggiungere la felicità. Egli però si trova per natura nell’ultimo grado di quegli esseri, che sono fatti per la felicità; perciò l’anima umana abbisogna di molte e svariate operazioni e potenze. Gli angeli invece hanno bisogno di una minore diversità di potenze. In Dio poi non esiste nessuna potenza od operazione distinte dalla sua essenza.
Ma vi è anche un’altra ragione, per cui l’anima umana abbonda di potenze diverse: ed è che essa sta al confine tra le creature spirituali e quelle materiali; quindi confluiscono in essa le virtù di ambedue gli ordini di creature.

[31612] Iª q. 77 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod in hoc ipso magis ad similitudinem Dei accedit anima intellectiva quam creaturae inferiores, quod perfectam bonitatem consequi potest; licet per multa et diversa; in quo deficit a superioribus.

 

[31612] Iª q. 77 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L’anima intellettiva si avvicina alla somiglianza con Dio più delle creature inferiori, perché capace di raggiungere il bene perfetto, con mezzi molteplici e diversi; e in ciò consiste la sua inferiorità rispetto alle creature superiori.

[31613] Iª q. 77 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod virtus unita est superior, si ad aequalia se extendat. Sed virtus multiplicata est superior, si plura ei subiiciantur.

 

[31613] Iª q. 77 a. 2 ad 2
2. Una virtù dotata di maggiore unità è superiore se si estende ai medesimi oggetti. È superiore invece una virtù frazionata, se questa abbraccia un maggior numero di cose.

[31614] Iª q. 77 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod unius rei est unum esse substantiale, sed possunt esse operationes plures. Et ideo est una essentia animae, sed potentiae plures.

 

[31614] Iª q. 77 a. 2 ad 3
3. Una sola cosa non ha che un solo essere sostanziale, ma possono essere molteplici le sue operazioni. Quindi una sola è l’essenza dell’anima, molte invece sono le sue potenze.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze dell'anima in generale > Se le potenze desumano la loro distinzione dagli atti e dagli oggetti


Prima pars
Quaestio 77
Articulus 3

[31615] Iª q. 77 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod potentiae non distinguantur per actus et obiecta. Nihil enim determinatur ad speciem per illud quod posterius, vel extrinsecum est. Actus autem est posterior potentia; obiectum autem est extrinsecum. Ergo per ea potentiae non distinguuntur secundum speciem.

 
Prima parte
Questione 77
Articolo 3

[31615] Iª q. 77 a. 3 arg. 1
SEMBRA che le potenze non desumano la loro distinzione dagli atti e dagli oggetti. Infatti:
1. Nessuna cosa viene determinata nella sua specie da ciò, che è posteriore o estrinseco. Ora l’atto è posteriore alla potenza, e l’oggetto è qualche cosa di estrinseco. Dunque da essi le potenze non possono derivare la loro distinzione specifica.

[31616] Iª q. 77 a. 3 arg. 2
Praeterea, contraria sunt quae maxime differunt. Si igitur potentiae distinguerentur penes obiecta, sequeretur quod contrariorum non esset eadem potentia. Quod patet esse falsum fere in omnibus, nam potentia visiva eadem est albi et nigri, et gustus idem est dulcis et amari.

 

[31616] Iª q. 77 a. 3 arg. 2
2. I contrari hanno tra loro una differenza massima. Se quindi le potenze desumessero la loro distinzione dagli oggetti, ne avrebbe che oggetti contrari non potrebbero trovarsi nella medesima potenza. Il che è falso quasi in tutti i casi: poiché è la medesima potenza visiva, che percepisce il bianco e il nero, come è l’identico gusto che sente il dolce e l’amaro.

[31617] Iª q. 77 a. 3 arg. 3
Praeterea, remota causa, removetur effectus. Si igitur potentiarum differentia esset ex differentia obiectorum, idem obiectum non pertineret ad diversas potentias. Quod patet esse falsum, nam idem est quod potentia cognoscitiva cognoscit, et appetitiva appetit.

 

[31617] Iª q. 77 a. 3 arg. 3
3. Tolta la causa si toglie anche l’effetto. Ora, se la differenza delle potenze scaturisse dalla differenza degli oggetti, lo stesso oggetto non potrebbe appartenere a potenze diverse. Cosa questa evidentemente falsa: perché vediamo che una stessa cosa è oggetto della potenza conoscitiva e della potenza appetitiva.

[31618] Iª q. 77 a. 3 arg. 4
Praeterea, id quod per se est causa alicuius, in omnibus causat illud. Sed quaedam obiecta diversa, quae pertinent ad diversas potentias, pertinent etiam ad aliquam unam potentiam, sicut sonus et color pertinent ad visum et auditum, quae sunt diversae potentiae; et tamen pertinent ad unam potentiam sensus communis. Non ergo potentiae distinguuntur secundum differentiam obiectorum.

 

[31618] Iª q. 77 a. 3 arg. 4
4. Ciò che è essenzialmente causa di un effetto, lo causa sempre. Ora vediamo che certi oggetti, diversi tra loro e appartenenti a potenze diverse, appartengono ancora a una potenza unica: p. es., il suono e il colore appartengono alla vista e all’udito, che sono potenze diverse; e tuttavia appartengono ancora a quell’unica potenza che è il senso comune. Dunque le potenze non si distinguono tra loro in base alla differenza degli oggetti.

[31619] Iª q. 77 a. 3 s. c.
Sed contra, posteriora distinguuntur secundum priora. Sed philosophus dicit II de anima, quod priores potentiis actus et operationes secundum rationem sunt; et adhuc his priora sunt opposita, sive obiecta. Ergo potentiae distinguuntur secundum actus et obiecta.

 

[31619] Iª q. 77 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Le cose posteriori sono distinte in base a quelle anteriori. Ora, il Filosofo insegna che "in ordine di ragione gli atti e le funzioni sono prima delle potenze; e prima ancora sono gli obbietti", cioè gli oggetti. Dunque le potenze ricevono la loro distinzione dagli atti e dagli oggetti.

[31620] Iª q. 77 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod potentia, secundum illud quod est potentia, ordinatur ad actum. Unde oportet rationem potentiae accipi ex actu ad quem ordinatur, et per consequens oportet quod ratio potentiae diversificetur, ut diversificatur ratio actus. Ratio autem actus diversificatur secundum diversam rationem obiecti. Omnis enim actio vel est potentiae activae, vel passivae. Obiectum autem comparatur ad actum potentiae passivae, sicut principium et causa movens, color enim inquantum movet visum, est principium visionis. Ad actum autem potentiae activae comparatur obiectum ut terminus et finis, sicut augmentativae virtutis obiectum est quantum perfectum, quod est finis augmenti. Ex his autem duobus actio speciem recipit, scilicet ex principio, vel ex fine seu termino, differt enim calefactio ab infrigidatione, secundum quod haec quidem a calido, scilicet activo, ad calidum; illa autem a frigido ad frigidum procedit. Unde necesse est quod potentiae diversificentur secundum actus et obiecta. Sed tamen considerandum est quod ea quae sunt per accidens, non diversificant speciem. Quia enim coloratum accidit animali, non diversificantur species animalis per differentiam coloris, sed per differentiam eius quod per se accidit animali, per differentiam scilicet animae sensitivae, quae quandoque invenitur cum ratione, quandoque sine ratione. Unde rationale et irrationale sunt differentiae divisivae animalis, diversas eius species constituentes. Sic igitur non quaecumque diversitas obiectorum diversificat potentias animae; sed differentia eius ad quod per se potentia respicit. Sicut sensus per se respicit passibilem qualitatem, quae per se dividitur in colorem, sonum et huiusmodi, et ideo alia potentia sensitiva est coloris, scilicet visus, et alia soni, scilicet auditus. Sed passibili qualitati, ut colorato accidit esse musicum vel grammaticum, vel magnum et parvum, aut hominem vel lapidem. Et ideo penes huiusmodi differentias potentiae animae non distinguuntur.

 

[31620] Iª q. 77 a. 3 co.
RISPONDO: La potenza, proprio in quanto potenza, dice ordine all’atto. Dovremo quindi ricavare la natura della potenza da quell’atto, al quale è ordinata; per conseguenza bisognerà che la sua natura si diversifichi in base alla diversa natura dell’atto. L’atto a sua volta segue la diversa natura dell’oggetto. Infatti ogni azione appartiene a una potenza o attiva o passiva. L’oggetto poi si riferisce all’atto della potenza passiva, come a suo principio o causa agente: il colore, p. es., è causa della visione in quanto muove la vista. Rispetto invece all’atto della potenza attiva, l’oggetto si presenta come termine o fine: oggetto, p. es., della facoltà di crescita [negli animali e nelle piante] è quella data quantità perfetta, che è il fine della crescita. L’azione dunque riceve la sua specificazione da queste due cose, cioè o dal principio [agente], oppure dal fine o termine. Difatti il riscaldamento differisce dal raffreddamento in questo, che l’uno procede da un corpo caldo, che è l’elemento attivo, e mira a [produrre] un altro corpo caldo; mentre l’altro procede da un corpo freddo e mira a un altro corpo freddo. È quindi necessario che le potenze siano distinte tra loro secondo gli atti e gli oggetti.
Si deve però osservare che gli elementi accidentali non determinano una differenza di specie. L’animale, p. es., riceve il colore come un accidente, perciò non abbiamo un cambiamento di specie quando cambia il colore; ma solo quando cambiano gli elementi essenziali, cioè mediante una differenza nell’anima sensitiva, la quale può essere o non essere unita alla ragione. Per questo ragionevole e irragionevole formano due differenze che dividono il genere animale, e ne costituiscono due specie diverse. - In modo analogo, non qualsiasi diversità di oggetti produce diversità nelle potenze dell’anima ma la sola differenza di quegli oggetti, ai quali la potenza è essenzialmente ordinata. Così il senso dice essenzialmente ordine alla qualità passibile, di cui sono divisioni essenziali il colore, il suono e simili; e quindi la potenza sensitiva del colore, che è la vista, sarà diversa da quella del suono, che è l’udito. Ma ad una qualità passibile, al colore, p. es., può accidentalmente capitare, a motivo del soggetto, di essere musicista o grammatico, grande o piccolo, uomo o sasso. Differenze siffatte non producono distinzione alcuna nelle potenze dell’anima.

[31621] Iª q. 77 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod actus, licet sit posterior potentia in esse, est tamen prior in intentione et secundum rationem, sicut finis agente. Obiectum autem, licet sit extrinsecum, est tamen principium vel finis actionis. Principio autem et fini proportionantur ea quae sunt intrinseca rei.

 

[31621] Iª q. 77 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Benché l’atto sia posteriore alla facoltà quanto all’esistenza, tuttavia è anteriore in ordine di intenzione e di ragione, come il fine è anteriore alla causa agente. - L’oggetto poi, sebbene sia qualche cosa di estrinseco [all’agente], è però principio o fine dell’azione. Ora gli elementi intrinseci di una cosa devono essere proporzionati al suo principio e al suo fine.

[31622] Iª q. 77 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod, si potentia aliqua per se respiceret unum contrariorum sicut obiectum, oporteret quod contrarium ad aliam potentiam pertineret. Sed potentia animae non per se respicit propriam rationem contrarii, sed communem rationem utriusque contrariorum, sicut visus non respicit per se rationem albi, sed rationem coloris. Et hoc ideo, quia unum contrariorum est quodammodo ratio alterius, cum se habeant sicut perfectum et imperfectum.

 

[31622] Iª q. 77 a. 3 ad 2
2. Se una potenza fosse volta di suo verso uno dei contrari come a suo oggetto, bisognerebbe che l’altro contrario appartenesse a un’altra potenza. Invece la potenza dell’anima non è volta per se stessa verso uno dei contrari, ma verso il loro aspetto comune: così la vista non dice ordine di suo alla bianchezza, ma al colore come tale. Questo avviene perché l’uno dei contrari è in qualche modo principio dell’altro; infatti essi stanno tra loro come ciò che è perfetto sta a ciò che è imperfetto.

[31623] Iª q. 77 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod nihil prohibet id quod est subiecto idem esse diversum secundum rationem. Et ideo potest ad diversas potentias animae pertinere.

 

[31623] Iª q. 77 a. 3 ad 3
3. Niente impedisce che una cosa sostanzialmente unica, sia diversa nei suoi aspetti; e appartenere così a diverse potenze.

[31624] Iª q. 77 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod potentia superior per se respicit universaliorem rationem obiecti, quam potentia inferior, quia quanto potentia est superior, tanto ad plura se extendit. Et ideo multa conveniunt in una ratione obiecti, quam per se respicit superior potentia, quae tamen differunt secundum rationes quas per se respiciunt inferiores potentiae. Et inde est quod diversa obiecta pertinent ad diversas inferiores potentias, quae tamen uni superiori potentiae subduntur.

 

[31624] Iª q. 77 a. 3 ad 4
4. Una potenza superiore di suo ha un oggetto formale più ampio di una potenza inferiore; poiché quanto più una potenza è superiore, tanto più numerosi sono gli oggetti a cui si estende. Perciò sono molte le cose aventi in comune un medesimo aspetto oggettivo che forma l’oggetto proprio di una potenza superiore, e che tuttavia differiscono tra loro in base ai vari aspetti che formano l’oggetto proprio delle potenze inferiori. Di qui nasce che oggetti diversi, appartenenti a potenze inferiori diverse, ricadono tuttavia sotto una sola potenza superiore.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze dell'anima in generale > Se vi sia una gerarchia tra le potenze dell’anima


Prima pars
Quaestio 77
Articulus 4

[31625] Iª q. 77 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod in potentiis animae non sit ordo. In his enim quae cadunt sub una divisione, non est prius et posterius, sed sunt naturaliter simul. Sed potentiae animae contra se invicem dividuntur. Ergo inter eas non est ordo.

 
Prima parte
Questione 77
Articolo 4

[31625] Iª q. 77 a. 4 arg. 1
SEMBRA che non vi sia una gerarchia tra le potenze dell’anima. Infatti:
1. Tra entità che cadono sotto un’unica distinzione non esiste un prima e un dopo, ma sono per natura simultanee. Ora, le potenze dell’anima si contraddistinguono reciprocamente. Non vi è quindi una gerarchia tra loro.

[31626] Iª q. 77 a. 4 arg. 2
Praeterea, potentiae animae comparantur ad obiecta, et ad ipsam animam. Sed ex parte animae, inter eas non est ordo, quia anima est una. Similiter etiam nec ex parte obiectorum, cum sint diversa et penitus disparata, ut patet de colore et sono. In potentiis ergo animae non est ordo.

 

[31626] Iª q. 77 a. 4 arg. 2
2. Le potenze dell’anima dicono ordine ai loro oggetti e alla stessa anima. In rapporto all’anima non vi è ordine tra loro; poiché l’anima è una sola. Lo stesso in rapporto agli oggetti: poiché sono del tutto diversi e disparati, come, p. es., il colore e il suono. Perciò non vi è ordine di sorta tra loro.

[31627] Iª q. 77 a. 4 arg. 3
Praeterea, in potentiis ordinatis hoc invenitur, quod operatio unius dependet ab operatione alterius. Sed actus unius potentiae animae non dependet ab actu alterius, potest enim visus exire in actum absque auditu, et e converso. Non ergo inter potentias animae est ordo.

 

[31627] Iª q. 77 a. 4 arg. 3
3. Nelle potenze, che sono ordinate tra loro, riscontriamo che l’operazione dell’una dipende da quella dell’altra. Invece l’operazione di una potenza dell’anima non dipende dall’operazione dell’altra: la vista infatti può emettere il suo atto senza l’udito, e viceversa. Non esiste dunque una gerarchia tra le potenze dell’anima.

[31628] Iª q. 77 a. 4 s. c.
Sed contra est quod philosophus, in II de anima, comparat partes sive potentias animae figuris. Sed figurae habent ordinem ad invicem. Ergo et potentiae animae.

 

[31628] Iª q. 77 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo paragona le parti o potenze dell’anima alle figure [geometriche]. Ora, le figure hanno un ordine reciproco. Lo stesso quindi sarà delle potenze dell’anima.

[31629] Iª q. 77 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, cum anima sit una, potentiae vero plures; ordine autem quodam ab uno in multitudinem procedatur; necesse est inter potentias animae ordinem esse. Triplex autem ordo inter eas attenditur. Quorum duo considerantur secundum dependentiam unius potentiae ab altera, tertius autem accipitur secundum ordinem obiectorum. Dependentia autem unius potentiae ab altera dupliciter accipi potest, uno modo, secundum naturae ordinem, prout perfecta sunt naturaliter imperfectis priora; alio modo, secundum ordinem generationis et temporis, prout ex imperfecto ad perfectum venitur. Secundum igitur primum potentiarum ordinem, potentiae intellectivae sunt priores potentiis sensitivis, unde dirigunt eas et imperant eis. Et similiter potentiae sensitivae hoc ordine sunt priores potentiis animae nutritivae. Secundum vero ordinem secundum, e converso se habet. Nam potentiae animae nutritivae sunt priores, in via generationis, potentiis animae sensitivae, unde ad earum actiones praeparant corpus. Et similiter est de potentiis sensitivis respectu intellectivarum. Secundum autem ordinem tertium, ordinantur quaedam vires sensitivae ad invicem, scilicet visus, auditus et olfactus. Nam visibile est prius naturaliter, quia est commune superioribus et inferioribus corporibus. Sonus autem audibilis fit in aere, qui est naturaliter prior commixtione elementorum, quam consequitur odor.

 

[31629] Iª q. 77 a. 4 co.
RISPONDO: Essendo l’anima una sola e molte le potenze; ed essendo necessario procedere con un certo ordine dall’unità alla moltitudine; è pure necessario che ci sia una gerarchia tra le potenze dell’anima.
Possiamo scorgere in esse tre specie di ordini. Due derivano dalla dipendenza di una facoltà dall’altra; il terzo invece si rileva dall’ordine degli oggetti. La dipendenza poi di una facoltà dall’altra si può considerare sotto due aspetti: primo, in ordine di natura, poiché le entità perfette vengono per natura prima di quelle imperfette; secondo, in ordine di generazione e di tempo, poiché si giunge alle cose perfette partendo da quelle imperfette.
Se badiamo alla prima specie di ordine, allora le potenze intellettive vengono prima di quelle sensitive: tant’è vero che le dirigono e le comandano. Parimente, secondo quest’ordine le facoltà sensitive antecedono quelle dell’anima vegetativa. - Abbiamo il rovescio, se invece ci atteniamo alla seconda specie di ordine. Infatti, in ordine genetico, le potenze dell’anima vegetativa sono prima di quelle dell’anima sensitiva: tant’è vero che esse preparano il corpo alle operazioni di queste ultime. Lo stesso dicasi di quelle sensitive, rispetto alle facoltà intellettive. - Finalmente la terza specie di ordine stabilisce una gerarchia tra le facoltà dell’anima sensitiva, quali la vista, l’udito, l’olfatto. Infatti in ordine di natura viene prima ciò che è visibile, poiché la visibilità è comune ai corpi celesti e a quelli terrestri. Il suono, d’altra parte, cioè l’udibile, si produce nell’aria, la quale per natura è anteriore alla combinazione degli elementi, che è il presupposto dell’odore.

[31630] Iª q. 77 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod alicuius generis species se habent secundum prius et posterius, sicut numeri et figurae, quantum ad esse; licet simul esse dicantur inquantum suscipiunt communis generis praedicationem.

 

[31630] Iª q. 77 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. In certi generi le specie possono realmente dipendere l’una dall’altra come i numeri e le figure; benché si dica che sono simultanee, in quanto sono classificate sotto uno stesso genere.

[31631] Iª q. 77 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod ordo iste potentiarum animae est et ex parte animae, quae secundum ordinem quendam habet aptitudinem ad diversos actus, licet sit una secundum essentiam; et ex parte obiectorum; et etiam ex parte actuum, ut dictum est.

 

[31631] Iª q. 77 a. 4 ad 2
2. L’ordine delle potenze dell’anima deriva dall’anima, in quanto questa, pur essendo essenzialmente unica, ha attitudine ai diversi atti secondo un determinato ordine; e deriva dagli oggetti, come pure dagli atti, nel modo sopra indicato.

[31632] Iª q. 77 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod ratio illa procedit de illis potentiis in quibus attenditur ordo solum secundum tertium modum. Illae autem potentiae quae ordinantur secundum alios duos modos, ita se habent quod actus unius dependet ab altera.

 

[31632] Iª q. 77 a. 4 ad 3
3. La difficoltà può valere trattandosi di potenze ordinate soltanto secondo la terza specie di ordine. Quelle invece che sono ordinate secondo le altre due specie sono fatte in maniera che l’operazione dell’una dipende dall’operazione dell’altra.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze dell'anima in generale > Se l’anima sia il subietto di tutte le sue potenze


Prima pars
Quaestio 77
Articulus 5

[31633] Iª q. 77 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod omnes potentiae animae sint in anima sicut in subiecto. Sicut enim se habent potentiae corporis ad corpus, ita se habent potentiae animae ad animam. Sed corpus est subiectum corporalium potentiarum. Ergo anima est subiectum potentiarum animae.

 
Prima parte
Questione 77
Articolo 5

[31633] Iª q. 77 a. 5 arg. 1
SEMBRA che l’anima sia il subietto di tutte le sue potenze. Infatti:
1. Le potenze dell’anima stanno all’anima come le potenze del corpo stanno al corpo. Ora il corpo è il soggetto delle potenze corporee. Dunque l’anima è il soggetto delle varie potenze dell’anima.

[31634] Iª q. 77 a. 5 arg. 2
Praeterea, operationes potentiarum animae attribuuntur corpori propter animam, quia, ut dicitur in II de anima, anima est quo sentimus et intelligimus primum. Sed propria principia operationum animae sunt potentiae. Ergo potentiae per prius sunt in anima.

 

[31634] Iª q. 77 a. 5 arg. 2
2. Le operazioni delle potenze dell’anima vengono attribuite al corpo a motivo dell’anima, poiché, al dire di Aristotele, "l’anima è il primo principio del sentire e dell’intendere". Ora, le potenze sono i principii immediati delle operazioni dell’anima. Quindi le potenze sono prima di tutto nell’anima.

[31635] Iª q. 77 a. 5 arg. 3
Praeterea, Augustinus dicit, XII super Gen. ad Litt., quod anima quaedam sentit non per corpus, immo sine corpore, ut est timor et huiusmodi; quaedam vero sentit per corpus. Sed si potentia sensitiva non esset in sola anima sicut in subiecto, nihil posset sine corpore sentire. Ergo anima est subiectum potentiae sensitivae; et pari ratione, omnium aliarum potentiarum.

 

[31635] Iª q. 77 a. 5 arg. 3
3. S. Agostino afferma che l’anima certe sensazioni non le ha per mezzo del corpo, anzi senza il corpo, come il timore e sentimenti consimili; mentre altre le ha per mezzo del corpo. Ma l’anima non potrebbe sentir niente senza il corpo, se le potenze sensitive avessero un altro soggetto oltre l’anima. Dunque l’anima è il soggetto delle potenze sensitive e, per lo stesso motivo, anche di tutte le altre.

[31636] Iª q. 77 a. 5 s. c.
Sed contra est quod philosophus dicit, in libro de somno et vigilia quod sentire non est proprium animae neque corporis, sed coniuncti. Potentia ergo sensitiva est in coniuncto sicut in subiecto. Non ergo sola anima est subiectum omnium potentiarum suarum.

 

[31636] Iª q. 77 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: Afferma il Filosofo che "il sentire non è una proprietà esclusiva dell’anima o del corpo, ma del composto [umano]". Perciò la potenza sensitiva ha sede nel composto e quindi non la sola anima è il subietto di tutte le sue potenze.

[31637] Iª q. 77 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod illud est subiectum operativae potentiae, quod est potens operari, omne enim accidens denominat proprium subiectum. Idem autem est quod potest operari, et quod operatur. Unde oportet quod eius sit potentia sicut subiecti, cuius est operatio; ut etiam philosophus dicit, in principio de somno et vigilia. Manifestum est autem ex supra dictis quod quaedam operationes sunt animae, quae exercentur sine organo corporali, ut intelligere et velle. Unde potentiae quae sunt harum operationum principia, sunt in anima sicut in subiecto. Quaedam vero operationes sunt animae, quae exercentur per organa corporalia; sicut visio per oculum, et auditus per aurem. Et simile est de omnibus aliis operationibus nutritivae et sensitivae partis. Et ideo potentiae quae sunt talium operationum principia, sunt in coniuncto sicut in subiecto, et non in anima sola.

 

[31637] Iª q. 77 a. 5 co.
RISPONDO: Soggetto della potenza operativa è quell’entità che è capace di operare: difatti il soggetto viene sempre denominato dai suoi accidenti. Ora, è identico il soggetto che ha la capacità di operare e quello che di fatto opera. È quindi necessario che "la potenza appartenga" all’identico soggetto, "a cui appartiene l’operazione", come dice il Filosofo.
È evidente però, da quanto abbiamo già detto, che vi sono certe operazioni dell’anima, come l’intendere e il volere, le quali si esercitano senza un organo materiale. Perciò le potenze, che sono i principii di siffatte operazioni, hanno sede nell’anima. - Ci sono invece altre operazioni dell’anima, che si esercitano mediante organi corporei; la vista, p. es., mediante l’occhio e l’udito mediante l’orecchio. Così è per tutte le altre operazioni della vita vegetativa e sensitiva. Quindi le potenze, che sono i principii di tali operazioni, hanno la loro sede nel composto umano, non già nella sola anima.

[31638] Iª q. 77 a. 5 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod omnes potentiae dicuntur esse animae, non sicut subiecti, sed sicut principii, quia per animam coniunctum habet quod tales operationes operari possit.

 

[31638] Iª q. 77 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutte le potenze si dicono dell’anima, considerata però questa come loro principio non come loro subietto: poiché la capacità che ha il composto [umano] di compiere le sue operazioni deriva anch’essa dall’anima.

[31639] Iª q. 77 a. 5 ad 2
Ad secundum dicendum quod omnes huiusmodi potentiae per prius sunt in anima quam in coniuncto, non sicut in subiecto, sed sicut in principio.

 

[31639] Iª q. 77 a. 5 ad 2
2. L’anima possiede prima del composto tutte queste potenze, non come soggetto, ma come principio.

[31640] Iª q. 77 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod opinio Platonis fuit quod sentire est operatio animae propria, sicut et intelligere. In multis autem quae ad philosophiam pertinent, Augustinus utitur opinionibus Platonis, non asserendo, sed recitando. Tamen, quantum ad praesens pertinet, hoc quod dicitur anima quaedam sentire cum corpore et quaedam sine corpore, dupliciter potest intelligi. Uno modo, quod hoc quod dico cum corpore vel sine corpore, determinet actum sentiendi secundum quod exit a sentiente. Et sic nihil sentit sine corpore, quia actio sentiendi non potest procedere ab anima nisi per organum corporale. Alio modo potest intelligi ita quod praedicta determinent actum sentiendi ex parte obiecti quod sentitur. Et sic quaedam sentit cum corpore, idest in corpore existentia, sicut cum sentit vulnus vel aliquid huiusmodi, quaedam vero sentit sine corpore, idest non existentia in corpore, sed solum in apprehensione animae, sicut cum sentit se tristari vel gaudere de aliquo audito.

 

[31640] Iª q. 77 a. 5 ad 3
3. Era opinione di Platone che il sentire fosse un’operazione propria dell’anima, come l’intendere. Ora S. Agostino, in molte questioni filosofiche, si serve delle opinioni di Platone, non a modo di asserzione, ma di documentazione. - Tuttavia, nel caso presente, l’affermazione che l’anima esercita certe sensazioni col corpo e altre senza di esso, si può intendere in due modi. Primo, applicando le espressioni col corpo e senza il corpo, all’atto del sentire, in quanto promana dal soggetto senziente. Così non è possibile la sensazione senza il corpo, poiché l’atto del sentire non può procedere dall’anima, se non mediante un organo corporeo. Secondo, applicando dette espressioni all’atto del sentire in quanto questo dipende dall’oggetto. In tal caso l’anima alcune sensazioni le percepisce col corpo, cioè come esistenti nel corpo, quando, p. es., sente una ferita o altre cose di questo genere; altre invece le sente senza il corpo, cioè come cose non esistenti nel corpo, ma solo nell’apprensione dell’anima; quando, p. es., nell’ascoltare una notizia ha la sensazione della tristezza o della gioia.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze dell'anima in generale > Se le potenze dell’anima emanino dalla sua essenza


Prima pars
Quaestio 77
Articulus 6

[31641] Iª q. 77 a. 6 arg. 1
Ad sextum sic proceditur. Videtur quod potentiae animae non fluant ab eius essentia. Ab uno enim simplici non procedunt diversa. Essentia autem animae est una et simplex. Cum ergo potentiae animae sint multae et diversae, non possunt procedere ab eius essentia.

 
Prima parte
Questione 77
Articolo 6

[31641] Iª q. 77 a. 6 arg. 1
SEMBRA che le potenze dell’anima non emanino dalla sua essenza. Infatti:
1. Da un ente solo e semplice non procedono cose diverse. Ora l’essenza dell’anima è una e semplice. Perciò le potenze dell’anima, essendo molte e diverse, non possono procedere dalla sua essenza.

[31642] Iª q. 77 a. 6 arg. 2
Praeterea, illud a quo aliud procedit, est causa eius. Sed essentia animae non potest dici causa potentiarum; ut patet discurrenti per singula causarum genera. Ergo potentiae animae non fluunt ab eius essentia.

 

[31642] Iª q. 77 a. 6 arg. 2
2. Quello da cui una cosa procede ne è la causa. Ma l’essenza dell’anima non può dirsi causa delle potenze, come si prova col passare in rassegna i singoli generi di causalità. Dunque le potenze dell’anima non possono derivare dalla sua essenza.

[31643] Iª q. 77 a. 6 arg. 3
Praeterea, emanatio quendam motum nominat. Sed nihil movetur a seipso, ut probatur in VII libro Physic.; nisi forte ratione partis, sicut animal dicitur moveri a seipso, quia una pars eius est movens et alia mota. Neque etiam anima movetur, ut probatur in I de anima. Non ergo anima causat in se suas potentias.

 

[31643] Iª q. 77 a. 6 arg. 3
3. Emanazione indica moto. Ora, nessuna cosa muove se stessa, come prova Aristotele; a meno che il moto non le venga attribuito a motivo di una sua parte; si dice, p. es., che l’animale muove se stesso, nel senso che una sua parte è movente e l’altra è mossa. Ma nemmeno l’anima muove se stessa, come dimostra ancora Aristotele. Quindi l’anima non causa in se stessa le sue potenze.

[31644] Iª q. 77 a. 6 s. c.
Sed contra, potentiae animae sunt quaedam proprietates naturales ipsius. Sed subiectum est causa propriorum accidentium, unde et ponitur in definitione accidentis, ut patet in VII Metaphys. Ergo potentiae animae procedunt ab eius essentia sicut a causa.

 

[31644] Iª q. 77 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: Le potenze dell’anima sono sue proprietà naturali. Ora il subietto è causa dei suoi accidenti propri, tanto che è incluso nella definizione dell’accidente, come risulta da Aristotele. Perciò le potenze dell’anima emanano dalla sua essenza, come da loro causa.

[31645] Iª q. 77 a. 6 co.
Respondeo dicendum quod forma substantialis et accidentalis partim conveniunt, et partim differunt. Conveniunt quidem in hoc, quod utraque est actus, et secundum utramque est aliquid quodammodo in actu. Differunt autem in duobus. Primo quidem, quia forma substantialis facit esse simpliciter, et eius subiectum est ens in potentia tantum. Forma autem accidentalis non facit esse simpliciter; sed esse tale, aut tantum, aut aliquo modo se habens, subiectum enim eius est ens in actu. Unde patet quod actualitas per prius invenitur in forma substantiali quam in eius subiecto, et quia primum est causa in quolibet genere, forma substantialis causat esse in actu in suo subiecto. Sed e converso, actualitas per prius invenitur in subiecto formae accidentalis, quam in forma accidentali, unde actualitas formae accidentalis causatur ab actualitate subiecti. Ita quod subiectum, inquantum est in potentia, est susceptivum formae accidentalis, inquantum autem est in actu, est eius productivum. Et hoc dico de proprio et per se accidente, nam respectu accidentis extranei, subiectum est susceptivum tantum; productivum vero talis accidentis est agens extrinsecum. Secundo autem differunt substantialis forma et accidentalis, quia, cum minus principale sit propter principalius, materia est propter formam substantialem; sed e converso, forma accidentalis est propter completionem subiecti. Manifestum est autem ex dictis quod potentiarum animae subiectum est vel ipsa anima sola, quae potest esse subiectum accidentis secundum quod habet aliquid potentialitatis, ut supra dictum est; vel compositum. Compositum autem est in actu per animam. Unde manifestum est quod omnes potentiae animae, sive subiectum earum sit anima sola, sive compositum, fluunt ab essentia animae sicut a principio, quia iam dictum est quod accidens causatur a subiecto secundum quod est actu, et recipitur in eo inquantum est in potentia.

 

[31645] Iª q. 77 a. 6 co.
RISPONDO: La forma sostanziale e quella accidentale in parte somigliano e in parte differiscono. Somigliano nell’essere ambedue atto, e quindi nel rendere attuale una cosa. - Differiscono invece sotto due aspetti. Primo, perché la forma sostanziale da’ l’essere in modo assoluto [simpliciter], e il suo subietto [cioè la materia] è un essere soltanto in potenza. Invece la forma accidentale non da’ l’essere in modo assoluto [simpliciter], ma una qualità, o una quantità, o altre modalità dell’essere; poiché il suo subietto è un ente già in atto. Quindi è chiaro che l’attualità si trova prima nella forma sostanziale che nel suo subietto: e siccome in ogni genere di cose ciò che è primo è anche causa, la forma sostanziale deve causare l’essere attuale del suo subietto. Viceversa, l’attualità si trova nel subietto della forma accidentale prima che nella forma accidentale stessa: perciò l’attualità della forma accidentale è causata dall’attualità del soggetto. Cosicché il soggetto, in quanto è in potenza, diviene il subietto della forma accidentale; ma in quanto è in atto, la produce. Questo vale per gli accidenti propri e connaturali; perché se parliamo degli accidenti estrinseci, allora il subietto ha soltanto la capacità di riceverli; poiché chi li produce è un agente estrinseco. - Secondo, la forma sostanziale e quella accidentale differiscono anche in questo, che la materia è ordinata alla forma sostanziale, mentre la forma accidentale è ordinata alla perfezione del soggetto; perché ciò che è meno importante è sempre ordinato a ciò che è principale.
Risulta dunque da quanto abbiamo spiegato che sede o soggetto delle potenze dell’anima o è la sola anima, la quale appunto può essere subietto di accidenti in quanto ha in sé una certa potenzialità, come si è detto, oppure è il composto. Ora, il composto è reso attuale dall’anima. E chiaro quindi che tutte le potenze dell’anima, sia che la loro sede si trovi nell’anima sola, sia che si trovi nel composto, emanano dall’essenza dell’anima, come dal loro principio; poiché, come abbiamo già detto, l’accidente è causato dal suo soggetto, in quanto quest’ultimo è già esistente in atto, ma viene ricevuto in esso in quanto è ancora in potenza.

[31646] Iª q. 77 a. 6 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod ab uno simplici possunt naturaliter multa procedere ordine quodam. Et iterum propter diversitatem recipientium. Sic igitur ab una essentia animae procedunt multae et diversae potentiae, tum propter ordinem potentiarum, tum etiam secundum diversitatem organorum corporalium.

 

[31646] Iª q. 77 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Da un ente uno e semplice possono procedere naturalmente molti effetti, seguendo un determinato ordine, oppure m base alla diversità dei soggetti riceventi. Cosi, dunque, dall’unica essenza dell’anima, possono derivare molte e svariate potenze, sia in base alla gerarchia delle facoltà, sia in base alla diversità degli organi corporei.

[31647] Iª q. 77 a. 6 ad 2
Ad secundum dicendum quod subiectum est causa proprii accidentis et finalis, et quodammodo activa; et etiam ut materialis, inquantum est susceptivum accidentis. Et ex hoc potest accipi quod essentia animae est causa omnium potentiarum sicut finis et sicut principium activum; quarundam autem sicut susceptivum.

 

[31647] Iª q. 77 a. 6 ad 2
2. Il soggetto rispetto agli accidenti propri è causa finale, e in certo modo efficiente; ed è anche causa materiale, in quanto soggetto recettivo degli accidenti stessi. Da ciò si può concludere che l’essenza dell’anima è insieme causa finale e causa efficiente di tutte le sue facoltà; di alcune poi è anche il subietto recettivo.

[31648] Iª q. 77 a. 6 ad 3
Ad tertium dicendum quod emanatio propriorum accidentium a subiecto non est per aliquam transmutationem; sed per aliquam naturalem resultationem, sicut ex uno naturaliter aliud resultat, ut ex luce color.

 

[31648] Iª q. 77 a. 6 ad 3
3. L’emanazione degli accidenti propri dal loro subietto non avviene mediante una trasmutazione, ma per una naturale risultanza, p. es., come il colore deriva dalla luce.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze dell'anima in generale > Se nell’anima una potenza abbia origine dall’altra


Prima pars
Quaestio 77
Articulus 7

[31649] Iª q. 77 a. 7 arg. 1
Ad septimum sic proceditur. Videtur quod una potentia animae non oriatur ab alia. Eorum enim quae simul esse incipiunt, unum non oritur ab alio. Sed omnes potentiae animae sunt simul animae concreatae. Ergo una earum ab alia non oritur.

 
Prima parte
Questione 77
Articolo 7

[31649] Iª q. 77 a. 7 arg. 1
SEMBRA che nell’anima una potenza non abbia origine dall’altra Infatti:
1. Tra cose che cominciano simultaneamente ad esistere, l’una non deriva dall’altra. Ora tutte le potenze dell’anima sono create insieme con l’anima. Perciò l’una non può aver origine dall’altra.

[31650] Iª q. 77 a. 7 arg. 2
Praeterea, potentia animae oritur ab anima sicut accidens a subiecto. Sed una potentia animae non potest esse subiectum alterius, quia accidentis non est accidens. Ergo una potentia non oritur ab alia.

 

[31650] Iª q. 77 a. 7 arg. 2
2. Le potenze dell’anima derivano dall’anima, come un accidente deriva dal suo subietto. Ma una potenza dell’anima non può essere il subietto di un’altra: perché non si da accidente di un altro accidente. Dunque una potenza non deriva dall’altra.

[31651] Iª q. 77 a. 7 arg. 3
Praeterea, oppositum non oritur a suo opposito, sed unumquodque oritur ex simili secundum speciem. Potentiae autem animae ex opposito dividuntur, sicut diversae species. Ergo una earum non procedit ab alia.

 

[31651] Iª q. 77 a. 7 arg. 3
3. Cose opposte non provengono l’una dall’altra, che anzi ogni cosa proviene da un essere della medesima specie. Ora, le potenze dell’anima si dividono tra loro per contrapposizione, quali specie diverse. Quindi l’una non procede dall’altra.

[31652] Iª q. 77 a. 7 s. c.
Sed contra, potentiae cognoscuntur per actus. Sed actus unius potentiae causatur ab alio; sicut actus phantasiae ab actu sensus. Ergo una potentia animae causatur ab alia.

 

[31652] Iª q. 77 a. 7 s. c.
IN CONTRARIO: Le potenze si conoscono dai loro atti. Ma l’atto dell’una è causato dall’operazione dell’altra; l’atto della fantasia, p. es., è causato dall’operazione dei sensi. Perciò una potenza dell’anima è causata dall’altra.

[31653] Iª q. 77 a. 7 co.
Respondeo dicendum quod in his quae secundum ordinem naturalem procedunt ab uno, sicut primum est causa omnium, ita quod est primo propinquius, est quodammodo causa eorum quae sunt magis remota. Ostensum est autem supra quod inter potentias animae est multiplex ordo. Et ideo una potentia animae ab essentia animae procedit mediante alia. Sed quia essentia animae comparatur ad potentias et sicut principium activum et finale, et sicut principium susceptivum, vel seorsum per se vel simul cum corpore; agens autem et finis est perfectius, susceptivum autem principium, inquantum huiusmodi, est minus perfectum, consequens est quod potentiae animae quae sunt priores secundum ordinem perfectionis et naturae, sint principia aliarum per modum finis et activi principii. Videmus enim quod sensus est propter intellectum, et non e converso. Sensus etiam est quaedam deficiens participatio intellectus, unde secundum naturalem originem quodammodo est ab intellectu, sicut imperfectum a perfecto. Sed secundum viam susceptivi principii, e converso potentiae imperfectiores inveniuntur principia respectu aliarum, sicut anima, secundum quod habet potentiam sensitivam, consideratur sicut subiectum et materiale quoddam respectu intellectus. Et propter hoc, imperfectiores potentiae sunt priores in via generationis, prius enim animal generatur quam homo.

 

[31653] Iª q. 77 a. 7 co.
RISPONDO: Quando più effetti derivano secondo un ordine naturale da un unico principio, avviene che, come questo primo è causa da. tutti, così l’effetto suo più immediato è in qualche modo causa degli effetti più remoti. Ora abbiamo visto sopra che tra le potenze dell’anima vi sono molte specie di ordini. Quindi vi sono delle potenze che derivano dall’essenza dell’anima, mediante altre potenze.
Essendo però l’anima causa efficiente e finale, nonché principio recettivo delle facoltà, o separatamente per se stessa, o insieme al corpo; ed essendo le causalità efficiente e finale più perfette del principio recettivo come tale; ne segue che le potenze dell’anima, le quali hanno una priorità di perfezione e di natura, sono principii delle altre, sia come cause finali, sia come loro cause efficienti. Vediamo infatti che i sensi sono ordinati all’intelletto, non viceversa. Effettivamente i sensi sono come delle incomplete partecipazioni dell’intelligenza: quindi, in base alla loro derivazione naturale, essi nascono in qualche modo dall’intelligenza, come ciò che è imperfetto da ciò che è perfetto. - Se invece consideriamo la recettività, troviamo, al contrario, che le potenze più imperfette hanno una priorità rispetto alle altre: l’anima, p. es., in quanto possiede la potenza sensitiva, viene considerata come subietto e, in un certo modo, come materia rispetto all’intelligenza. Per questa ragione le potenze più imperfette sono prima, in ordine genetico: infatti [nell’essere umano] prima è generato l’animale e poi l’uomo.

[31654] Iª q. 77 a. 7 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, sicut potentia animae ab essentia fluit, non per transmutationem, sed per naturalem quandam resultationem, et est simul cum anima; ita est etiam de una potentia respectu alterius.

 

[31654] Iª q. 77 a. 7 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come le potenze dell’anima scaturiscono dalla sua essenza, non mediante trasmutazioni, ma per una certa naturale ridondanza, ricevendo esse l’esistenza insieme all’anima, così avviene di una potenza rispetto a un’altra.

[31655] Iª q. 77 a. 7 ad 2
Ad secundum dicendum quod accidens per se non potest esse subiectum accidentis; sed unum accidens per prius recipitur in substantia quam aliud, sicut quantitas quam qualitas. Et hoc modo unum accidens dicitur esse subiectum alterius, ut superficies coloris, inquantum substantia uno accidente mediante recipit aliud. Et similiter potest dici de potentiis animae.

 

[31655] Iª q. 77 a. 7 ad 2
2. L’accidente non può per se stesso essere il subietto di un altro accidente; ma un accidente può essere ricevuto nella medesima sostanza prima di un altro, come la quantità prima della qualità.
Sotto quest’aspetto si dice che un accidente è il subietto di un altro, come la superficie, p. es., lo è del colore, dato che la sostanza riceve un accidente, mediante un altro accidente. Lo stesso si può dire delle potenze dell’anima.

[31656] Iª q. 77 a. 7 ad 3
Ad tertium dicendum quod potentiae animae opponuntur ad invicem oppositione perfecti et imperfecti; sicut etiam species numerorum et figurarum. Haec autem oppositio non impedit originem unius ab alio, quia imperfecta naturaliter a perfectis procedunt.

 

[31656] Iª q. 77 a. 7 ad 3
3. L’opposizione esistente tra le varie potenze dell’anima è come quella che si ha tra ciò che è perfetto e ciò che è imperfetto; cioè come quella esistente tra le varie specie dei numeri e delle figure [geometriche]. Siffatta opposizione non impedisce l’origine di un opposto dall’altro: poiché gli esseri imperfetti derivano naturalmente da quelli perfetti.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > L'uomo > Le potenze dell'anima in generale > Se dopo la separazione dal corpo rimangono nell’anima tutte le sue potenze


Prima pars
Quaestio 77
Articulus 8

[31657] Iª q. 77 a. 8 arg. 1
Ad octavum sic proceditur. Videtur quod omnes potentiae animae remaneant in anima a corpore separata. Dicitur enim in libro de spiritu et anima, quod anima recedit a corpore, secum trahens sensum et imaginationem, rationem et intellectum et intelligentiam, concupiscibilitatem et irascibilitatem.

 
Prima parte
Questione 77
Articolo 8

[31657] Iª q. 77 a. 8 arg. 1
SEMBRA che dopo la separazione dal corpo rimangano nell’anima tutte lo sue potenze. Infatti:
1. Leggiamo nel libro De spiritu et anima che "l’anima si stacca dal corpo portando seco il senso e l’immaginazione, la ragione, l’intelletto e l’intelligenza, il concupiscibile e l’irascibile".

[31658] Iª q. 77 a. 8 arg. 2
Praeterea, potentiae animae sunt eius naturales proprietates. Sed proprium semper inest, et nunquam separatur ab eo cuius est proprium. Ergo potentiae animae sunt in ea etiam post mortem.

 

[31658] Iª q. 77 a. 8 arg. 2
2. Le potenze dell’anima sono sue proprietà naturali. Ora, ciò che è proprio è sempre inerente, ne mai si separa dall’essere, al quale appartiene. Quindi le potenze restano nell’anima anche dopo la morte.

[31659] Iª q. 77 a. 8 arg. 3
Praeterea, potentiae animae, etiam sensitivae, non debilitantur debilitato corpore, quia, ut dicitur in I de anima, si senex accipiat oculum iuvenis, videbit utique sicut et iuvenis. Sed debilitas est via ad corruptionem. Ergo potentiae animae non corrumpuntur corrupto corpore, sed manent in anima separata.

 

[31659] Iª q. 77 a. 8 arg. 3
3. Le potenze dell’anima anche quelle sensitive, non si indeboliscono con l’indebolirsi del corpo, poiché, dice Aristotele, "se a un vecchio fosse innestato l’occhio di un giovane, vedrebbe di certo come un giovane". Ma l’indebolimento è la via che porta al disfacimento. Dunque le potenze dell’anima non periscono, quando perisce il corpo, ma restano nell’anima separata.

[31660] Iª q. 77 a. 8 arg. 4
Praeterea, memoria est potentia animae sensitivae, ut philosophus probat. Sed memoria manet in anima separata, dicitur enim, Luc. XVI, diviti epuloni in Inferno secundum animam existenti, recordare quia recepisti bona in vita tua. Ergo memoria manet in anima separata; et per consequens aliae potentiae sensitivae partis.

 

[31660] Iª q. 77 a. 8 arg. 4
4. La memoria è una potenza dell’anima sensitiva, come prova il Filosofo. Ora, essa rimane nell’anima separata [dal corpo], poiché si legge nel Vangelo che a1 ricco epulone, il quale stava con l’anima nell’inferno, fu detto: "Ricordati che tu ricevesti la tua parte di beni durante la vita". Perciò la memoria rimane nell’anima separata; e per conseguenza anche le altre potenze dell’anima sensitiva.

[31661] Iª q. 77 a. 8 arg. 5
Praeterea, gaudium et tristitia sunt in concupiscibili, quae est potentia sensitivae partis. Manifestum est autem animas separatas tristari et gaudere de praemiis vel poenis quas habent. Ergo vis concupiscibilis manet in anima separata.

 

[31661] Iª q. 77 a. 8 arg. 5
5. La gioia e la tristezza stanno nel concupiscibile, che è una potenza della parte sensitiva. Ora è evidente che le anime separate si rattristano e gioiscono dei premi e delle pene, che ricevono. Dunque il concupiscibile resta nell’anima separata.

[31662] Iª q. 77 a. 8 arg. 6
Praeterea, Augustinus dicit, XII super Gen. ad Litt., quod sicut anima, cum corpus iacet sine sensu nondum penitus mortuum, videt quaedam secundum imaginariam visionem; ita cum fuerit a corpore penitus separata per mortem. Sed imaginatio est potentia sensitivae partis. Ergo potentia sensitivae partis manet in anima separata; et per consequens omnes aliae potentiae.

 

[31662] Iª q. 77 a. 8 arg. 6
6. S. Agostino afferma che quando l’anima sarà totalmente separata dal corpo dopo la morte vedrà con l’immaginativa delle visioni, come quando il corpo giace senza sentimento benché non sia del tutto morto. Ma l’immaginazione è una potenza della parte sensitiva. Dunque c’è una potenza della parte sensitiva, che rimane nell’anima separata; e per conseguenza rimangono tutte le altre potenze.

[31663] Iª q. 77 a. 8 s. c.
Sed contra est quod dicitur in libro de Eccles. Dogmat., ex duabus tantum substantiis constat homo, anima cum ratione sua, et carne cum sensibus suis. Ergo, defuncta carne, potentiae sensitivae non manent.

 

[31663] Iª q. 77 a. 8 s. c.
IN CONTRARIO: Si legge nel De Ecclesiasticis Dogmatibus: "L’uomo è composto soltanto di due sostanze: dell’anima con la sua ragione e del corpo con i suoi sensi". Perciò morto il corpo non possono rimanere le potenze sensitive.

[31664] Iª q. 77 a. 8 co.
Respondeo dicendum quod, sicut iam dictum est, omnes potentiae animae comparantur ad animam solam sicut ad principium. Sed quaedam potentiae comparantur ad animam solam sicut ad subiectum, ut intellectus et voluntas. Et huiusmodi potentiae necesse est quod maneant in anima, corpore destructo. Quaedam vero potentiae sunt in coniuncto sicut in subiecto, sicut omnes potentiae sensitivae partis et nutritivae. Destructo autem subiecto, non potest accidens remanere. Unde, corrupto coniuncto, non manent huiusmodi potentiae actu; sed virtute tantum manent in anima, sicut in principio vel radice. Et sic falsum est, quod quidam dicunt huiusmodi potentias in anima remanere etiam corpore corrupto. Et multo falsius, quod dicunt etiam actus harum potentiarum remanere in anima separata, quia talium potentiarum nulla est actio nisi per organum corporeum.

 

[31664] Iª q. 77 a. 8 co.
RISPONDO: Come abbiamo già detto, tutte le potenze dell’anima hanno in essa soltanto il loro principio. Alcune di esse poi, cioè l’intelletto e la volontà, hanno esclusivamente in essa il loro subietto. Queste ultime devono necessariamente sussistere nell’anima, anche dopo la dissoluzione del corpo. Le altre invece, e cioè le potenze della parte sensitiva e vegetativa, hanno la loro sede nel composto umano. Ora, venuto a mancare il subietto, non possono rimanere i suoi accidenti. Quindi le potenze suddette non rimangono in atto dopo la distruzione del composto; ma restano soltanto virtualmente nell’anima, come nella loro causa o radice.
È quindi falsa l’asserzione di alcuni, i quali dicono che tali potenze restano nell’anima, anche dopo la morte del corpo. - Ed è ancora più falso asserire che nell’anima separata restano perfino gli atti di tali potenze; perché non è loro possibile nessuna operazione senza un organo corporeo.

[31665] Iª q. 77 a. 8 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod liber ille auctoritatem non habet. Unde quod ibi scriptum est, eadem facilitate contemnitur, qua dicitur. Tamen potest dici quod trahit secum anima huiusmodi potentias, non actu, sed virtute.

 

[31665] Iª q. 77 a. 8 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il libro citato non fa testo. Perciò quanto vi è scritto è da rigettarsi con la stessa facilità con la quale è affermato. - Tuttavia si potrebbe anche rispondere che l’anima si porta dietro quelle facoltà, non in maniera attuale, ma virtuale.

[31666] Iª q. 77 a. 8 ad 2
Ad secundum dicendum quod huiusmodi potentiae quas dicimus actu in anima separata non manere, non sunt proprietates solius animae, sed coniuncti.

 

[31666] Iª q. 77 a. 8 ad 2
2. Le potenze, che secondo noi non restano in atto nell’anima separata, non sono proprietà dell’anima sola, ma del composto umano.

[31667] Iª q. 77 a. 8 ad 3
Ad tertium dicendum quod dicuntur non debilitari huiusmodi potentiae debilitato corpore, quia anima manet immutabilis, quae est virtuale principium huiusmodi potentiarum.

 

[31667] Iª q. 77 a. 8 ad 3
3. Si dice che tali potenze non si indeboliscono con l’indebolirsi del corpo, perché resta immutabile l’anima, che ne è il principio attivo.

[31668] Iª q. 77 a. 8 ad 4
Ad quartum dicendum quod illa recordatio accipitur eo modo quo Augustinus ponit memoriam in mente; non eo modo quo ponitur pars animae sensitivae.

 

[31668] Iª q. 77 a. 8 ad 4
4. Quel ricordo va riferito alla memoria che S. Agostino attribuisce alla mente; non già alla memoria che fa parte dell’anima sensitiva.

[31669] Iª q. 77 a. 8 ad 5
Ad quintum dicendum quod tristitia et gaudium sunt in anima separata, non secundum appetitum sensitivum, sed secundum appetitum intellectivum; sicut etiam in Angelis.

 

[31669] Iª q. 77 a. 8 ad 5
5. Nell’anima separata non c’è la gioia o la tristezza dell’appetito sensitivo, ma quella dell’appetito intellettivo, come negli angeli.

[31670] Iª q. 77 a. 8 ad 6
Ad sextum dicendum quod Augustinus loquitur ibi inquirendo, non asserendo. Unde quaedam ibi dicta retractat.

 

[31670] Iª q. 77 a. 8 ad 6
6. In questo caso S. Agostino parla come chi è in cerca della verità, non come chi vuole affermarla; tant’è vero che poi ritratterà alcune espressioni di questo suo libro.

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