Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > La pena dei demoni > Se l'intelletto del demonio si sia oscurato al punto da essere privato della conoscenza di qualsiasi verità
Prima pars
Quaestio 64
Articulus 1
[31119] Iª q. 64 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod intellectus Daemonis sit obtenebratus per privationem cognitionis omnis veritatis. Si enim aliquam veritatem cognoscerent, maxime cognoscerent seipsos, quod est cognoscere substantias separatas. Hoc autem eorum miseriae non convenit, cum ad magnam beatitudinem pertinere videatur, intantum quod quidam ultimam beatitudinem hominis posuerunt in cognoscendo substantias separatas. Ergo Daemones privantur omni cognitione veritatis.
|
|
Prima parte
Questione 64
Articolo 1
[31119] Iª q. 64 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'intelletto del demonio si sia oscurato al punto da essere privato della conoscenza di qualsiasi verità. Infatti:
1. Se i demoni conoscessero qualche verità, conoscerebbero soprattutto se stessi, quindi conoscerebbero delle sostanze separate. Ma ciò è incompatibile con la loro infelicità: poiché conoscere le sostanze separate è fonte di una grande gioia, tanto che alcuni hanno pensato che la beatitudine dell'uomo consistesse nel conoscere le sostanze separate. Dunque i demoni sono privati di ogni cognizione della verità.
|
[31120] Iª q. 64 a. 1 arg. 2 Praeterea, id quod est manifestissimum in natura, videtur esse maxime manifestum Angelis, sive bonis sive malis. Quod enim non sit nobis maxime manifestum, contingit ex debilitate intellectus nostri a phantasmatibus accipientis, sicut ex debilitate oculi noctuae contingit quod non possit videre lumen solis. Sed Daemones non possunt cognoscere Deum, qui est secundum se manifestissimus, cum sit in summo veritatis, eo quod non habent mundum cor, quo solo videtur Deus. Ergo nec alia cognoscere possunt.
|
|
[31120] Iª q. 64 a. 1 arg. 2
2. Una cosa che per sua stessa natura è evidentissima deve essere evidente al massimo per gli angeli, siano essi buoni o cattivi. Che infatti quella data cosa non sia così evidente per noi, proviene dalla debolezza del nostro intelletto, il quale astrae la verità dai fantasmi: allo stesso modo che la civetta per la debolezza del suo occhio non può vedere la luce del sole. Eppure i demoni non possono conoscere Dio, il quale, perché somma verità, è per se stesso sommamente conoscibile: e questo perché non hanno il cuore puro, che è indispensabile per vedere Dio. Dunque non possono conoscere neppure le altre cose.
|
[31121] Iª q. 64 a. 1 arg. 3 Praeterea, cognitio rerum Angelis conveniens est duplex, secundum Augustinum, scilicet matutina, et vespertina. Sed cognitio matutina non competit Daemonibus, quia non vident res in verbo, nec etiam cognitio vespertina, quia cognitio vespertina refert res cognitas ad laudem creatoris (unde post vespere fit mane, ut dicitur Gen. I). Ergo Daemones non possunt cognitionem de rebus habere.
|
|
[31121] Iª q. 64 a. 1 arg. 3
3. Gli angeli, come insegna S. Agostino, hanno una duplice cognizione: mattutina e vespertina. Ma i demoni non possono avere la cognizione mattutina, perché non vedono le cose nel Verbo; e non possono avere quella vespertina, perché questa cognizione rivolge le cose conosciute alla gloria del Creatore (perciò dopo il vespro viene il mattino, come si legge nella Genesi). Dunque i demoni non possono avere nessuna conoscenza delle cose.
|
[31122] Iª q. 64 a. 1 arg. 4 Praeterea, Angeli in sua conditione cognoverunt mysterium regni Dei, ut Augustinus dicit, V super Gen. ad Litt. Sed Daemones hac cognitione privati sunt, quia si cognovissent, nequaquam dominum gloriae crucifixissent, ut dicitur I Cor. II. Ergo, pari ratione, omni alia cognitione veritatis sunt privati.
|
|
[31122] Iª q. 64 a. 1 arg. 4
4. Come spiega S. Agostino, gli angeli nell'atto della loro creazione conobbero il mistero del regno di Dio. Ma i demoni furono subito privati di questa conoscenza; perché altrimenti, come dice S. Paolo "se l'avessero conosciuto non avrebbero crocifisso il Signore della gloria". Dunque per lo stesso motivo furono privati di tutte le altre cognizioni della verità.
|
[31123] Iª q. 64 a. 1 arg. 5 Praeterea, quamcumque veritatem aliquis scit, aut cognoscit eam naturaliter, sicut nos cognoscimus prima principia; aut accipiendo ab alio, sicut quae scimus addiscendo; aut per experientiam longi temporis, sicut quae scimus inveniendo. Sed Daemones non possunt cognoscere veritatem per suam naturam, quia ab eis divisi sunt boni Angeli sicut lux a tenebris, ut Augustinus dicit; omnis autem manifestatio fit per lumen, ut dicitur Ephes. V. Similiter etiam neque per revelationem, neque addiscendo a bonis Angelis, quia non est conventio lucis ad tenebras, ut dicitur II Cor. VI. Neque etiam per experientiam longi temporis, quia experientia a sensu oritur. Ergo nulla in eis est cognitio veritatis.
|
|
[31123] Iª q. 64 a. 1 arg. 5
5. Qualsiasi verità uno conosca, o la conosce naturalmente, a quel modo che noi conosciamo i primi principi; o la riceve da un altro, come quando noi veniamo a sapere certe cose ascoltandole; oppure per mezzo di una lunga esperienza, come apprendiamo le cose che son frutto delle nostre ricerche. Ora, i demoni non possono conoscere la verità per mezzo della loro natura; poiché, stando a quello che dice S. Agostino, da essi furono separati gli angeli buoni come la luce dalle tenebre; e ogni illustrazione, al dire di S. Paolo, avviene per mezzo della luce. Parimenti, non possono conoscere neppure per mezzo della rivelazione, né imparando dagli angeli buoni: poiché sta scritto che "non vi è comunanza tra la luce e le tenebre". E non possono conoscere per mezzo di una lunga esperienza; poiché l'esperienza deriva dai sensi. Dunque in essi non si trova nessuna conoscenza della verità.
|
[31124] Iª q. 64 a. 1 s. c. Sed contra est quod Dionysius dicit, IV cap. de Div. Nom., quod data Daemonibus angelica dona nequaquam mutata esse dicimus, sed sunt integra et splendidissima. Inter ista autem naturalia dona est cognitio veritatis. Ergo in eis est aliqua veritatis cognitio.
|
|
[31124] Iª q. 64 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Dionigi scrive: "Noi affermiamo che i doni angelici concessi ai demoni non sono stati affatto mutati, ma rimangono integri e splendidissimi". Ora tra questi doni naturali c'è la cognizione della verità. Dunque in essi c'è una certa conoscenza della verità.
|
[31125] Iª q. 64 a. 1 co. Respondeo dicendum quod duplex est cognitio veritatis, una quidem quae habetur per gratiam; alia vero quae habetur per naturam. Et ista quae habetur per gratiam, est duplex, una quae est speculativa tantum, sicut cum alicui aliqua secreta divinorum revelantur; alia vero quae est affectiva, producens amorem Dei; et haec proprie pertinet ad donum sapientiae. Harum autem trium cognitionum prima in Daemonibus nec est ablata, nec diminuta. Consequitur enim ipsam naturam Angeli, qui secundum suam naturam est quidam intellectus vel mens, propter simplicitatem autem suae substantiae, a natura eius aliquid subtrahi non potest, ut sic per subtractionem naturalium puniatur, sicut homo punitur per subtractionem manus aut pedis aut alicuius huiusmodi. Et ideo dicit Dionysius quod dona naturalia in eis integra manent. Unde naturalis cognitio in eis non est diminuta. Secunda autem cognitio, quae est per gratiam, in speculatione consistens, non est in eis totaliter ablata, sed diminuta, quia de huiusmodi secretis divinis tantum revelatur eis quantum oportet, vel mediantibus Angelis, vel per aliqua temporalia divinae virtutis effecta, ut dicit Augustinus, IX de Civ. Dei; non autem sicut ipsis sanctis Angelis, quibus plura et clarius revelantur in ipso verbo. A tertia vero cognitione sunt totaliter privati, sicut et a caritate.
|
|
[31125] Iª q. 64 a. 1 co.
RISPONDO: Esistono due cognizioni della verità: l'una proviene dalla natura, l'altra è originata dalla grazia. E quella che deriva dalla grazia è di due specie: la prima, che è soltanto speculativa, consiste nella semplice rivelazione dei segreti divini; l'altra, che è affettiva, genera l'amore di Dio: e questa appartiene propriamente al dono della Sapienza.
Ora, di queste tre cognizioni la prima non è stata né tolta né diminuita nei demoni. Deriva infatti dalla natura dell'angelo il quale è per essenza intelletto o mente: e anche nel caso che si volesse punirlo con la sottrazione di qualche dote naturale, data la semplicità della sua sostanza, non si potrebbe strappare qualche parte alla sua natura, a quel modo che si punisce un uomo col taglio della mano, del piede o di altre membra. Perciò Dionigi afferma che i doni naturali nei demoni sono rimasti integri. La cognizione naturale non fu quindi diminuita nei demoni. - La seconda cognizione, quella cioè che deriva dalla grazia, ma che si ferma alla sola speculazione, non fu completamente tolta ai demoni, ma fu diminuita: poiché vien loro rivelato quello che è indispensabile dei segreti divini, o mediante gli angeli, oppure, come dice S. Agostino "per mezzo di determinati effetti compiuti nel tempo dalla virtù divina"; non hanno però questa rivelazione come gli angeli santi, ai quali è rivelato un maggior numero di tali verità, e in modo più chiaro, nella diretta visione del Verbo. - Furono invece privati totalmente della terza cognizione, come erano stati privati della carità.
|
[31126] Iª q. 64 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod felicitas consistit in applicatione ad id quod superius est. Substantiae autem separatae sunt ordine naturae supra nos, unde aliqualis ratio felicitatis esse potest homini si cognoscat substantias separatas; licet perfecta eius felicitas sit in cognoscendo primam substantiam, scilicet Deum. Sed substantiae separatae cognoscere substantiam separatam est connaturale, sicut et nobis cognoscere naturas sensibiles. Unde sicut in hoc non est felicitas hominis, quod cognoscat naturas sensibiles; ita non est felicitas Angeli in hoc, quod cognoscat substantias separatas.
|
|
[31126] Iª q. 64 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La beatitudine consiste nell'unirsi con qualche cosa di superiore. Ora, le sostanze separate in ordine di natura sono superiori a noi: quindi la cognizione delle sostanze separate costituisce per l'uomo una certa felicità; sebbene la sua perfetta beatitudine consista nel conoscere la prima sostanza, cioè Dio. Ma per una sostanza separata la cognizione delle sostanze separate è cosa connaturale, come per noi è connaturale la cognizione delle cose sensibili. Perciò, come la felicità dell'uomo non consiste nella conoscenza delle cose sensibili, così la beatitudine dell'angelo non consiste nella cognizione delle sostanze separate.
|
[31127] Iª q. 64 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod illud quod est manifestissimum in natura, est nobis occultum propter hoc quod excedit proportionem intellectus nostri; et non solum propter hoc quod intellectus noster accipit a phantasmatibus. Excedit autem divina substantia non solum proportionem intellectus humani, sed etiam intellectus angelici. Unde nec ipse Angelus secundum suam naturam, potest cognoscere Dei substantiam. Potest tamen altiorem cognitionem de Deo habere per suam naturam quam homo, propter perfectionem sui intellectus. Et talis cognitio Dei remanet etiam in Daemonibus. Licet enim non habeant puritatem quae est per gratiam, habent tamen puritatem naturae, quae sufficit ad cognitionem Dei quae eis competit ex natura.
|
|
[31127] Iª q. 64 a. 1 ad 2
2. È oscuro per noi ciò che per sua natura è massimamente intelligibile, perché sorpassa la capacità del nostro intelletto, e non soltanto per il fatto che la nostra intelligenza dipende dai fantasmi. Ora, l'essenza divina non sorpassa la sola capacità dell'intelletto umano, ma anche quella dell'angelo. Perciò neanche l'angelo può conoscere l'essenza di Dio con le sue forze naturali. - Tuttavia, data la perfezione del suo intelletto, può avere una conoscenza naturale di Dio più alta di quella dell'uomo. E tale cognizione rimane anche nei demoni. Sebbene infatti essi non abbiano la purezza che proviene dalla grazia, hanno tuttavia purezza (o semplicità) di natura, la quale è sufficiente per la cognizione di Dio che loro spetta nell'ordine naturale.
|
[31128] Iª q. 64 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod creatura tenebra est, comparata excellentiae divini luminis, et ideo cognitio creaturae in propria natura, vespertina dicitur. Vespere enim est tenebris adiunctum, habet tamen aliquid de luce, cum autem totaliter deficit lux, est nox. Sic igitur et cognitio rerum in propria natura, quando refertur ad laudem creatoris, ut in bonis Angelis, habet aliquid de luce divina, et potest dici vespertina, si autem non referatur in Deum, sicut in Daemonibus, non dicitur vespertina, sed nocturna. Unde et in Genesi I, legitur quod tenebras quas Deus a luce separavit, vocavit noctem.
|
|
[31128] Iª q. 64 a. 1 ad 3
3. La creatura è tenebra se si paragona all'eccellenza della luce divina: per questo la conoscenza di una cosa creata nella sua propria natura si chiama vespertina. Il vespro infatti è congiunto alle tenebre, tuttavia conserva ancora della luce: quando poi viene a mancare totalmente la luce, c'è la notte. Lo stesso si dica della cognizione delle cose nella loro propria natura: se viene indirizzata a lode del creatore, come avviene negli angeli buoni, tale cognizione ha un po' della luce divina, e può chiamarsi vespertina; se invece non è indirizzata a lode di Dio, come avviene nei demoni, allora non si chiama più vespertina, ma notturna. Per questo si legge nella Genesi che Dio "chiamò notte" le tenebre che aveva diviso dalla luce.
|
[31129] Iª q. 64 a. 1 ad 4 Ad quartum dicendum quod mysterium regni Dei, quod est impletum per Christum, omnes quidem Angeli a principio aliquo modo cognoverunt; maxime ex quo beatificati sunt visione verbi, quam Daemones nunquam habuerunt. Non tamen omnes Angeli cognoverunt perfecte, neque aequaliter. Unde Daemones multo minus, Christo existente in mundo, perfecte mysterium incarnationis cognoverunt. Non enim innotuit eis, ut Augustinus dicit sicut Angelis sanctis, qui verbi participata aeternitate perfruuntur, sed sicut eis terrendis innotescendum fuit per quaedam temporalia effecta. Si autem perfecte et per certitudinem cognovissent ipsum esse filium Dei, et effectum passionis eius, nunquam dominum gloriae crucifigi procurassent.
|
|
[31129] Iª q. 64 a. 1 ad 4
4. Il mistero del regno di Dio, che fu compiuto per mezzo di Cristo, fu conosciuto in qualche modo dagli angeli fin da principio; lo conobbero soprattutto da quando furono beati nella visione del Verbo, visione che i demoni però non ebbero mai. Tuttavia gli angeli non conobbero tutti perfettamente questo mistero, né (lo conobbero tutti) ugualmente. Molto meno perciò conobbero il mistero dell'Incarnazione i demoni nel tempo in cui Cristo si trovava nel mondo. Come infatti dice S. Agostino, "Cristo non fu conosciuto da loro come è conosciuto dagli angeli santi, i quali fruiscono dell'eternità del Verbo che ad essi è partecipata; ma lo conoscono soltanto come oggetto di terrore da certe sue azioni compiute nel tempo". Se invece avessero conosciuto perfettamente e con certezza che Cristo era Figlio di Dio, e quale sarebbe stato l'effetto della sua passione, non avrebbero mai fatto crocifiggere il Signore della gloria.
|
[31130] Iª q. 64 a. 1 ad 5 Ad quintum dicendum quod Daemones tribus modis cognoscunt veritatem aliquam. Uno modo, subtilitate suae naturae, quia licet sint obtenebrati per privationem luminis gratiae, sunt tamen lucidi lumine intellectualis naturae. Secundo, per revelationem a sanctis Angelis; cum quibus non conveniunt quidem per conformitatem voluntatis; conveniunt autem similitudine intellectualis naturae, secundum quam possunt accipere quod ab aliis manifestatur. Tertio modo cognoscunt per experientiam longi temporis; non quasi a sensu accipientes; sed dum in rebus singularibus completur similitudo eius speciei intelligibilis quam sibi naturaliter habent inditam, aliqua cognoscunt praesentia, quae non praecognoverunt futura, ut supra de cognitione Angelorum dictum est.
|
|
[31130] Iª q. 64 a. 1 ad 5
5. I demoni possono conoscere delle verità in tre modi. Primo, mediante il loro acume naturale; poiché, sebbene essi siano ottenebrati in seguito alla privazione della grazia, sono tuttavia illuminati dalla luce della loro natura intellettiva. - Secondo, conoscono mediante le comunicazioni degli angeli santi, con i quali hanno in comune non la conformità del volere, bensì la somiglianza nella natura intellettiva, per mezzo della quale possono ricevere ciò che viene manifestato dagli altri angeli. - Terzo, possono conoscere mediante una lunga esperienza, non nel senso che essi derivino la loro cognizione dai sensi; ma poiché, come si è detto sopra trattando della cognizione angelica, quando nella realtà (concreta e) singolare si avvera qualche cosa che possiede una somiglianza con la specie intelligibile infusa per natura nei demoni, questi allora soltanto conoscono, perché presenti, certe cose che non avevano conosciuto quando erano ancora future.
|
|
|