I, 57

Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti materiali da loro conosciuti


Prima pars
Quaestio 57
Prooemium

[30761] Iª q. 57 pr.
Deinde quaeritur de his materialibus quae ab Angelis cognoscuntur. Et circa hoc quaeruntur quinque.
Primo, utrum Angeli cognoscant naturas rerum materialium.
Secundo, utrum cognoscant singularia.
Tertio, utrum cognoscant futura.
Quarto, utrum cognoscant cogitationes cordium.
Quinto, utrum cognoscant omnia mysteria gratiae.

 
Prima parte
Questione 57
Proemio

[30761] Iª q. 57 pr.
Passiamo ora a trattare della conoscenza angelica rispetto agli esseri materiali.
Sull'argomento si pongono cinque quesiti:

1. Se gli angeli conoscano la natura delle cose materiali;
2. Se conoscano i singolari;
3. Se conoscano il futuro;
4. Se conoscano i segreti dei cuori;
5. Se conoscano tutti i misteri della grazia.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti materiali da loro conosciuti > Se gli angeli conoscano le cose materiali


Prima pars
Quaestio 57
Articulus 1

[30762] Iª q. 57 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod Angeli non cognoscant res materiales. Intellectum enim est perfectio intelligentis. Res autem materiales non possunt esse perfectiones Angelorum, cum sint infra ipsos. Ergo Angeli non cognoscunt res materiales.

 
Prima parte
Questione 57
Articolo 1

[30762] Iª q. 57 a. 1 arg. 1
SEMBRA che gli angeli non conoscano le cose materiali. Infatti:
1. La cosa conosciuta è una perfezione del soggetto conoscente. Ora, le cose materiali non possono essere perfezioni di angeli, poiché sono al disotto di essi. Dunque gli angeli non conoscono le cose materiali.

[30763] Iª q. 57 a. 1 arg. 2
Praeterea, visio intellectualis est eorum quae sunt in anima per sui essentiam, ut dicitur in Glossa, II ad Cor. XII. Sed res materiales non possunt esse in anima hominis, vel in mente Angeli, per suas essentias. Ergo non possunt intellectuali visione cognosci, sed solum imaginaria, qua apprehenduntur similitudines corporum; et sensibili, quae est de ipsis corporibus. In Angelis autem non est visio imaginaria et sensibilis, sed solum intellectualis. Ergo Angeli materialia cognoscere non possunt.

 

[30763] Iª q. 57 a. 1 arg. 2
2. Come dice la Glossa, la visione intellettuale coglie le cose che sono presenti nell'anima nella loro propria essenza. Ora, le cose materiali, prese nella loro propria essenza, non possono trovarsi nell'anima dell'uomo e neppure nella mente dell'angelo. Quindi non possono essere oggetto della cognizione intellettuale: ma soltanto dell'immaginativa, per cui si percepiscono le immagini dei corpi, e della cognizione sensitiva, per cui si percepiscono i corpi stessi.
Negli angeli però non esiste né l'immaginativa, né la conoscenza sensitiva, ma soltanto la conoscenza intellettiva. Perciò gli angeli non possono conoscere le cose materiali.

[30764] Iª q. 57 a. 1 arg. 3
Praeterea, res materiales non sunt intelligibiles in actu, sed sunt cognoscibiles apprehensione sensus et imaginationis; quae non est in Angelis. Ergo Angeli materialia non cognoscunt.

 

[30764] Iª q. 57 a. 1 arg. 3
3. Le cose materiali non sono intelligibili in atto, ma vengono conosciute mediante la percezione dei sensi e della fantasia; cose queste che non si trovano negli angeli. Dunque gli angeli non conoscono le cose materiali.

[30765] Iª q. 57 a. 1 s. c.
Sed contra, quidquid potest inferior virtus, potest virtus superior. Sed intellectus hominis, qui est ordine naturae infra intellectum Angeli, potest cognoscere res materiales. Ergo multo fortius intellectus Angeli.

 

[30765] Iª q. 57 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Una virtù superiore può fare tutto quello che può una inferiore. Ora, l'intelletto umano, che è naturalmente inferiore all'intelletto dell'angelo, può conoscere le cose materiali. Dunque, a maggior ragione, lo potrà l'intelletto angelico.

[30766] Iª q. 57 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod talis est ordo in rebus, quod superiora in entibus sunt perfectiora inferioribus, et quod in inferioribus continetur deficienter et partialiter et multipliciter, in superioribus continetur eminenter et per quandam totalitatem et simplicitatem. Et ideo in Deo, sicut in summo rerum vertice, omnia supersubstantialiter praeexistunt secundum ipsum suum simplex esse, ut Dionysius dicit, in libro de Div. Nom. Angeli autem inter ceteras creaturas sunt Deo propinquiores et similiores, unde et plura participant ex bonitate divina, et perfectius, ut Dionysius dicit, IV cap. Cael. Hier. Sic igitur omnia materialia in ipsis Angelis praeexistunt, simplicius quidem et immaterialius quam in ipsis rebus; multiplicius autem et imperfectius quam in Deo. Omne autem quod est in aliquo; est in eo per modum eius in quo est. Angeli autem secundum suam naturam sunt intellectuales. Et ideo, sicut Deus per suam essentiam materialia cognoscit, ita Angeli ea cognoscunt per hoc quod sunt in eis per suas intelligibiles species.

 

[30766] Iª q. 57 a. 1 co.
RISPONDO: Nelle cose c'è un ordine, cosicché gli enti superiori sono più perfetti di quelli inferiori: e ciò che è contenuto in quelli inferiori in modo imperfetto, parziale e molteplice, si trova in quelli superiori in modo più eminente, e nella sua totalità e semplicità.
Perciò in Dio, come nel sommo vertice della realtà, preesistono in modo soprasostanziale tutte le cose, che vengono ad avere la stessa semplicità dell'essere divino, come insegna Dionigi. - Ora, fra tutte le creature gli angeli sono le più vicine a Dio: perciò, come osserva Dionigi, partecipano dalla divina bontà un maggior numero di perfezioni, e in modo più perfetto. Quindi tutte le cose materiali preesistono anch'esse negli angeli, in modo più semplice e immateriale che in se stesse, in modo però meno perfetto e meno semplice che in Dio.
Ma tutto quello che si trova in un soggetto, vi si trova secondo il modo proprio di essere del soggetto medesimo. Ora, gli angeli sono di loro natura esseri intellettuali. Perciò, come Dio conosce le cose materiali per mezzo della sua essenza, così gli angeli conoscono tali cose in quanto le hanno presenti in se stessi per mezzo delle rispettive specie intelligibili.

[30767] Iª q. 57 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod intellectum est perfectio intelligentis secundum speciem intelligibilem quam habet in intellectu. Et sic species intelligibiles quae sunt in intellectu Angeli, sunt perfectiones et actus intellectus angelici.

 

[30767] Iª q. 57 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La cosa conosciuta è una perfezione del soggetto conoscente, [solo] in forza della specie intelligibile con la quale si presenta all’intelletto. Per questo sono perfezioni ed atti dell'intelletto angelico [non gli oggetti, ma] le specie intelligibili, che si trovano nella intelligenza dell'angelo.

[30768] Iª q. 57 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod sensus non apprehendit essentias rerum, sed exteriora accidentia tantum. Similiter neque imaginatio, sed apprehendit solas similitudines corporum. Intellectus autem solus apprehendit essentias rerum. Unde in III de anima dicitur quod obiectum intellectus est quod quid est, circa quod non errat, sicut neque sensus circa proprium sensibile. Sic ergo essentiae rerum materialium sunt in intellectu hominis vel Angeli, ut intellectum est in intelligente, et non secundum esse suum reale. Quaedam vero sunt quae sunt in intellectu vel in anima secundum utrumque esse. Et utrorumque est visio intellectualis.

 

[30768] Iª q. 57 a. 1 ad 2
2. Il senso non percepisce le essenze delle cose, ma i soli accidenti esterni. Cosi si dica della immaginazione, la quale conosce solo le immagini dei corpi. Soltanto l'intelletto coglie le essenze delle cose. Cosicché Aristotele insegna che oggetto dell'intelligenza è la quiddità delle cose [il quod quid est], intorno alla quale l'intelletto non si inganna, come non s'ingannano i sensi rispetto al sensibile proprio. Le essenze delle cose materiali si trovano quindi nell'intelletto umano e angelico, come gli oggetti d'intellezione si trovano nel soggetto conoscente, e non secondo il loro essere reale.
Vi sono però alcune realtà che sono presenti all'intelletto o all'anima secondo l'uno e l'altro modo di essere. Allora la visione intellettuale coglie tanto l'uno che l'altro.

[30769] Iª q. 57 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod, si Angelus acciperet cognitionem rerum materialium ab ipsis rebus materialibus, oporteret quod faceret eas intelligibiles actu, abstrahendo eas. Non autem accipit cognitionem earum a rebus materialibus, sed per species actu intelligibiles rerum sibi connaturales, rerum materialium notitiam habet; sicut intellectus noster secundum species quas intelligibiles facit abstrahendo.

 

[30769] Iª q. 57 a. 1 ad 3
3. Se l'angelo derivasse la sua cognizione delle cose materiali dalle cose medesime, dovrebbe prima renderle attuali astraendole [dalla materia]. Ma egli non deriva questa cognizione dalle cose materiali, bensì dalle specie attualmente intelligibili, che sono a lui connaturali; come fa il nostro intelletto mediante le specie rese intelligibili dall'astrazione.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti materiali da loro conosciuti > Se l'angelo conosca i singolari


Prima pars
Quaestio 57
Articulus 2

[30770] Iª q. 57 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod Angelus singularia non cognoscat. Dicit enim philosophus, in I Physic., quod sensus est singularium, ratio vero (vel intellectus) universalium. In Angelis autem non est vis cognoscitiva nisi intellectiva, ut ex superioribus patet. Ergo singularia non cognoscunt.

 
Prima parte
Questione 57
Articolo 2

[30770] Iª q. 57 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'angelo non conosca i singolari. Infatti:
1. Il Filosofo insegna che "il senso coglie le cose singolari, la ragione (o intelletto) quelle universali". Ma negli angeli, come si è visto, non vi è altra facoltà conoscitiva che l'intelligenza. Dunque gli angeli non conoscono i singolari.

[30771] Iª q. 57 a. 2 arg. 2
Praeterea, omnis cognitio est per assimilationem aliquam cognoscentis ad cognitum. Sed non videtur quod possit esse aliqua assimilatio Angeli ad singulare inquantum est singulare, cum Angelus sit immaterialis, ut supra dictum est, singularitatis vero principium sit materia. Ergo Angelus non potest cognoscere singularia.

 

[30771] Iª q. 57 a. 2 arg. 2
2. Ogni cognizione avviene per un conformarsi del conoscente al conosciuto [che causa una somiglianza]. Ma non sembra che un angelo possa conformarsi a un singolare nella sua singolarità: poiché l'angelo, come si è detto sopra, è immateriale, mentre il principio della singolarità è la materia. Perciò l'angelo non può conoscere i singolari.

[30772] Iª q. 57 a. 2 arg. 3
Praeterea, si Angelus scit singularia, aut per species singulares, aut per species universales. Non per singulares, quia sic oporteret quod haberet species infinitas. Neque per universales, quia universale non est sufficiens principium cognoscendi singulare inquantum est singulare, cum in universali singularia non cognoscantur nisi in potentia. Ergo Angelus non cognoscit singularia.

 

[30772] Iª q. 57 a. 2 arg. 3
3. Se l'angelo conoscesse i singolari li conoscerebbe o per mezzo di specie singolari, ovvero per mezzo di specie universali. Ma non [li conosce] per mezzo di specie singolari: perché allora dovrebbe avere infinite specie. Non per mezzo di specie universali: infatti l'universale non è un principio sufficiente per la conoscenza del singolare in quanto singolare, poiché nell'universale i singolari sono conosciuti solo virtualmente. Dunque l'angelo non conosce i singolari.

[30773] Iª q. 57 a. 2 s. c.
Sed contra, nullus potest custodire quod non cognoscit. Sed Angeli custodiunt homines singulares, secundum illud Psalmi XC, Angelis suis mandavit de te, et cetera. Ergo Angeli cognoscunt singularia.

 

[30773] Iª q. 57 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Nessuno può avere in custodia ciò che non conosce. Ora, gli angeli hanno in custodia gli uomini singoli, conforme al detto dei Salmi: "Agli angeli suoi ha dato ordini per te". Dunque gli angeli conoscono i singolari.

[30774] Iª q. 57 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod quidam totaliter subtraxerunt Angelis singularium cognitionem. Sed hoc primo quidem derogat Catholicae fidei, quae ponit haec inferiora administrari per Angelos, secundum illud Heb. I, omnes sunt administratorii spiritus. Si autem singularium notitiam non haberent, nullam providentiam habere possent de his quae in hoc mundo aguntur; cum actus singularium sint. Et hoc est contra illud quod dicitur Eccle. V, ne dicas coram Angelo, non est providentia. Secundo, etiam derogat philosophiae documentis, secundum quae ponuntur Angeli motores caelestium orbium, et quod eos moveant secundum intellectum et voluntatem. Et ideo alii dixerunt quod Angelus habet quidem cognitionem singularium, sed in causis universalibus, ad quas reducuntur particulares omnes effectus, sicut si astrologus iudicet de aliqua eclipsi futura, per dispositiones caelestium motuum. Sed haec positio praedicta inconvenientia non evadit, quia sic cognoscere singulare in causis universalibus, non est cognoscere ipsum ut est singulare, hoc est ut est hic et nunc. Astrologus enim cognoscens eclipsim futuram per computationem caelestium motuum, scit eam in universali; et non prout est hic et nunc, nisi per sensum accipiat. Administratio autem et providentia et motus sunt singularium, prout sunt hic et nunc. Et ideo aliter dicendum est quod, sicut homo cognoscit diversis viribus cognitivis omnia rerum genera, intellectu quidem universalia et immaterialia, sensu autem singularia et corporalia; ita Angelus per unam intellectivam virtutem utraque cognoscit. Hoc enim rerum ordo habet, quod quanto aliquid est superius, tanto habeat virtutem magis unitam et ad plura se extendentem, sicut in ipso homine patet quod sensus communis, qui est superior quam sensus proprius, licet sit unica potentia, omnia cognoscit quae quinque sensibus exterioribus cognoscuntur, et quaedam alia quae nullus sensus exterior cognoscit, scilicet differentiam albi et dulcis. Et simile etiam est in aliis considerare. Unde cum Angelus naturae ordine sit supra hominem, inconveniens est dicere quod homo quacumque sua potentia cognoscat aliquid, quod Angelus per unam vim suam cognoscitivam, scilicet intellectum, non cognoscat. Unde Aristoteles pro inconvenienti habet ut litem, quam nos scimus, Deus ignoret; ut patet in I de anima, et in III Metaphys. Modus autem quo intellectus Angeli singularia cognoscit, ex hoc considerari potest quod, sicut a Deo effluunt res ut subsistant in propriis naturis, ita etiam ut sint in cognitione angelica. Manifestum est autem quod a Deo effluit in rebus non solum illud quod ad naturam universalem pertinet, sed etiam ea quae sunt individuationis principia, est enim causa totius substantiae rei, et quantum ad materiam et quantum ad formam. Et secundum quod causat, sic et cognoscit, quia scientia eius est causa rei, ut supra ostensum est. Sicut igitur Deus per essentiam suam, per quam omnia causat, est similitudo omnium, et per eam omnia cognoscit non solum quantum ad naturas universales, sed etiam quantum ad singularitatem; ita Angeli per species a Deo inditas, res cognoscunt non solum quantum ad naturam universalem, sed etiam secundum earum singularitatem, inquantum sunt quaedam repraesentationes multiplicatae illius unicae et simplicis essentiae.

 

[30774] Iª q. 57 a. 2 co.
RISPONDO: Alcuni hanno negato agli angeli qualsiasi cognizione dei singolari. - Ora, ciò, in primo luogo, è contrario alla fede cattolica, secondo la quale le cose di questo mondo sono governate per mezzo di angeli, come dice l'Apostolo: "Sono tutti spiriti addetti a ministrare". Ma se non avessero alcuna cognizione dei singolari, non potrebbero prendersi alcuna cura di tutto ciò che si svolge in questo mondo, poiché tutte le azioni appartengono ai singolari.
E ciò è in contrasto con quanto insegna la Scrittura: "non dire dinanzi all'angelo: non c'è provvidenza" - In secondo luogo, tale concezione contrasta pure con gli insegnamenti della filosofia, la quale stabilisce che gli angeli muovono le sfere celesti, e che le muovono con atti di intelligenza e di volontà.
Perciò altri dissero che l'angelo conosce bensì i singolari, ma solo per mezzo delle cause universali da cui dipendono tutti gli effetti particolari: a quel modo che l'astronomo dalla disposizione dei moti celesti prevede un'eclissi futura. - Ma anche questa tesi non sfugge agli inconvenienti anzidetti: poiché conoscere il singolare nelle sue cause universali non significa conoscerlo come singolare, ossia nelle circostanze concrete [hic et nunc]. Infatti l'astronomo il quale dal calcolo dei moti celesti prevede l'eclissi futura, la conosce in modo universale, ma non la conosce nelle sue circostanze di tempo e di luogo se non quando la percepisce con i sensi. Ora il governo, la provvidenza e il moto hanno per oggetto i singolari nelle loro circostanze di tempo e di luogo.
Si deve perciò procedere diversamente, e dire che, come l'uomo conosce ogni genere di cose con le sue varie facoltà conoscitive, cioè quelle universali e immateriali con l'intelletto, e quelle singolari e corporee con i sensi, così l'angelo con la sola facoltà intellettiva conosce tanto le une che le altre. L'ordine delle cose vuole infatti che quanto più un essere è superiore, tanto abbia una virtù più semplice capace di estendersi a un maggior numero di cose. Lo dimostra il fatto che nell'uomo il senso comune, che è superiore al senso proprio, sebbene sia un'unica potenza, conosce tutte le cose che sono apprese dai cinque sensi esterni, e conosce in più altri aspetti che non sono percepiti da nessun senso esterno, p. es., la differenza del bianco dal dolce. La stessa cosa si verifica in altri campi. Essendo quindi l'angelo superiore all'uomo, sarebbe poco ragionevole affermare che l'angelo non è in grado di conoscere con la sua unica facoltà conoscitiva che è l'intelletto, quanto l'uomo conosce con una qualsiasi delle sue potenze. Tanto è vero che Aristotele reputa inammissibile che Dio possa ignorare una lite che noi conosciamo.
Possiamo farci un'idea del modo con cui l'intelletto dell'angelo conosce i singolari, ricordando che le cose derivano da Dio non soltanto per sussistere nella loro propria natura, ma anche per inserirsi nella cognizione angelica. Ora, è evidente che da Dio non deriva soltanto ciò che appartiene alla natura universale, ma altresì tutto ciò che è principio di individuazione. Dio infatti è causa di tutta la sostanza di una cosa, tanto della materia che della forma.
Perciò, come Dio con la sua essenza, principio di tutte le cose, è causa esemplare di tutti gli esseri, e per mezzo di essa conosce tutte le cose non solo nella loro essenza universale, ma audio nella loro singolarità; così gli angeli, per mezzo delle specie infuse in essi da Dio, conoscono le cose, non solo quanto alla loro natura universale, ma anche nella loro singolarità; in quanto [tali specie] sono immagini molteplici di quella essenza unica e semplice.

[30775] Iª q. 57 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod philosophus loquitur de intellectu nostro, qui non intelligit res nisi abstrahendo; et per ipsam abstractionem a materialibus conditionibus, id quod abstrahitur, fit universale. Hic autem modus intelligendi non convenit Angelis, ut supra dictum est, et ideo non est eadem ratio.

 

[30775] Iª q. 57 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il Filosofo parla del nostro intelletto, il quale non conosce le cose che per astrazione; e ciò che viene astratto è universale appunto in forza dell'astrazione dalle condizioni della materia. Ora, tale maniera di conoscere non si addice agli angeli, come si è già dimostrato: quindi il paragone non regge.

[30776] Iª q. 57 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod secundum suam naturam Angeli non assimilantur rebus materialibus sicut assimilatur aliquid alicui secundum convenientiam in genere vel in specie, aut in accidente; sed sicut superius habet similitudinem cum inferiori, ut sol cum igne. Et per hunc etiam modum in Deo est similitudo omnium, et quantum ad formam et quantum ad materiam, inquantum in ipso praeexistit ut in causa quidquid in rebus invenitur. Et eadem ratione species intellectus Angeli, quae sunt quaedam derivatae similitudines a divina essentia, sunt similitudines rerum non solum quantum ad formam, sed etiam quantum ad materiam.

 

[30776] Iª q. 57 a. 2 ad 2
2. Gli angeli nella loro natura hanno una certa somiglianza con le cose materiali, ma non nel senso di una somiglianza di genere, di specie o di accidenti; bensì nel modo che una realtà di ordine superiore può essere conforme a una di ordine inferiore, come il sole al fuoco. In questo senso si trova in Dio [stesso] una somiglianza con tutte le cose, e quanto alla forma e quanto alla materia, poiché in lui, come nella sua causa, preesiste tutto quello che si trova nelle cose. Per la stessa ragione le specie dell'intelletto angelico, che sono delle somiglianze derivate dall'essenza divina, sono somiglianze delle cose non solo quanto alla forma, ma altresì quanto alla materia.

[30777] Iª q. 57 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod Angeli cognoscunt singularia per formas universales, quae tamen sunt similitudines rerum et quantum ad principia universalia, et quantum ad individuationis principia. Quomodo autem per eandem speciem possint multa cognosci iam supra dictum est.

 

[30777] Iª q. 57 a. 2 ad 3
3. Gli angeli conoscono i singolari per mezzo di forme universali, le quali tuttavia rispecchiano le cose sia quanto ai loro principii universali, sia quanto ai principii individuanti. Come poi sia possibile conoscere molte cose con un'unica specie, si è già visto più sopra.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti materiali da loro conosciuti > Se gli angeli conoscano le cose future


Prima pars
Quaestio 57
Articulus 3

[30778] Iª q. 57 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod Angeli cognoscant futura. Angeli enim potentiores sunt in cognoscendo quam homines. Sed homines aliqui cognoscunt multa futura. Ergo multo fortius Angeli.

 
Prima parte
Questione 57
Articolo 3

[30778] Iª q. 57 a. 3 arg. 1
SEMBRA che gli angeli conoscano le cose future. Infatti:
1. Gli angeli hanno una conoscenza più perfetta degli uomini. Ma ci sono degli uomini che conoscono molte cose future. Dunque a più forte ragione gli angeli.

[30779] Iª q. 57 a. 3 arg. 2
Praeterea, praesens et futurum sunt differentiae temporis. Sed intellectus Angeli est supra tempus, parificatur enim intelligentia aeternitati, idest aevo, ut dicitur in libro de causis. Ergo quantum ad intellectum Angeli, non differunt praeteritum et futurum; sed indifferenter cognoscit utrumque.

 

[30779] Iª q. 57 a. 3 arg. 2
2. Il presente e il futuro sono differenze del tempo. Ma l'intelletto dell'angelo è al di là del tempo: "l'intelligenza", infatti, come si legge nel De Causis, "si commisura all'eternità", cioè all'evo. Quindi rispetto all’intelletto angelico non differiscono il passato e il futuro, e l'angelo conosce indifferentemente sia l'uno che l'altro.

[30780] Iª q. 57 a. 3 arg. 3
Praeterea, Angelus non cognoscit per species acceptas a rebus, sed per species innatas universales. Sed species universales aequaliter se habent ad praesens, praeteritum et futurum. Ergo videtur quod Angeli indifferenter cognoscant praeterita et praesentia et futura.

 

[30780] Iª q. 57 a. 3 arg. 3
3. L'angelo non conosce per mezzo di specie derivate dalle cose, ma piuttosto mediante specie innate universali. Ora, le specie universali riguardano allo stesso modo tanto il presente che il passato e il futuro. E chiaro quindi che gli angeli conoscono allo stesso modo il passato, il presente e il futuro.

[30781] Iª q. 57 a. 3 arg. 4
Praeterea, sicut aliquid dicitur distans secundum tempus, ita secundum locum. Sed Angeli cognoscunt distantia secundum locum. Ergo etiam cognoscunt distantia secundum tempus futurum.

 

[30781] Iª q. 57 a. 3 arg. 4
4. Una cosa si dice distante sia per il tempo che per il luogo. Ora, gli angeli conoscono le cose localmente distanti. Dunque conoscono anche le cose che sono distanti nel tempo futuro.

[30782] Iª q. 57 a. 3 s. c.
Sed contra, id quod est proprium signum divinitatis, non convenit Angelis. Sed cognoscere futura est proprium signum divinitatis; secundum illud Isaiae XLI, annuntiate quae ventura sunt in futurum, et sciemus quod dii estis vos. Ergo Angeli non cognoscunt futura.

 

[30782] Iª q. 57 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Ciò che costituisce una prerogativa della divinità non può convenire agli angeli. Ora, conoscere le cose future è una caratteristica propria della divinità, secondo il detto di Isaia: "Annunziate le cose che verranno in futuro, e conosceremo che siete dèi".1 Dunque gli angeli non conoscono le cose future.

[30783] Iª q. 57 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod futurum dupliciter potest cognosci. Uno modo, in causa sua. Et sic futura quae ex necessitate ex causis suis proveniunt, per certam scientiam cognoscuntur, ut solem oriri cras. Quae vero ex suis causis proveniunt ut in pluribus, cognoscuntur non per certitudinem, sed per coniecturam; sicut medicus praecognoscit sanitatem infirmi. Et iste modus cognoscendi futura adest Angelis; et tanto magis quam nobis, quanto magis rerum causas et universalius et perfectius cognoscunt; sicut medici qui acutius vident causas, melius de futuro statu aegritudinis prognosticantur. Quae vero proveniunt ex causis suis ut in paucioribus, penitus sunt ignota, sicut casualia et fortuita. Alio modo cognoscuntur futura in seipsis. Et sic solius Dei est futura cognoscere, non solum quae ex necessitate proveniunt, vel ut in pluribus, sed etiam casualia et fortuita, quia Deus videt omnia in sua aeternitate, quae, cum sit simplex, toti tempori adest, et ipsum concludit. Et ideo unus Dei intuitus fertur in omnia quae aguntur per totum tempus sicut in praesentia, et videt omnia ut in seipsis sunt; sicut supra dictum est cum de Dei scientia ageretur. Angelicus autem intellectus, et quilibet intellectus creatus, deficit ab aeternitate divina. Unde non potest ab aliquo intellectu creato cognosci futurum, ut est in suo esse.

 

[30783] Iª q. 57 a. 3 co.
RISPONDO: Si può conoscere il futuro in due modi. Primo, nella sua causa. Si possono perciò conoscere con certezza tutte le cose future che derivano necessariamente dalle loro cause; p. es., che domani il sole sorgerà. Le cose invece che provengono dalle loro cause [solo] nella maggior parte dei casi, non sono conosciute con certezza, ma soltanto in modo congetturale; come il medico quando prevede la salute dell'infermo. Tale modo di conoscere le cose future l'hanno anche gli angeli, e tanto più perfettamente di noi, quanto più essi conoscono le cause delle cose in modo più universale e perfetto; come i medici, che conoscono i sintomi con maggiore perspicacia, sanno meglio prognosticare lo stato futuro della malattia. - Rimangono invece del tutto ignote le cose che procedono dalle cause soltanto di rado, come avviene per le cose casuali e fortuite.
Secondo, si possono conoscere le cose future in se stesse. Tale cognizione del futuro compete soltanto a Dio, il quale conosce non solo le cose che accadono necessariamente o nella maggior parte dei casi, ma altresì le cose casuali e fortuite: poiché Dio vede tutte le cose nella sua eternità, la quale è sempre presente, nella sua semplicità, a tutto il tempo e lo contiene. Perciò un solo sguardo di Dio, come si è visto sopra, trattando della scienza divina, si porta su tutte le cose che si svolgono nel tempo come su cose presenti. - L'intelletto angelico invece, come ogni altro intelletto creato, non ha l'eternità divina. Quindi il futuro, direttamente come è in se stesso, non può essere conosciuto da nessun intelletto creato.

[30784] Iª q. 57 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod homines non cognoscunt futura nisi in causis suis, vel Deo revelante. Et sic Angeli multo subtilius futura cognoscunt.

 

[30784] Iª q. 57 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Gli uomini non conoscono le cose future se non nelle loro cause, o per divina rivelazione. In tal senso gli angeli conoscono le cose future in modo assai più perfetto.

[30785] Iª q. 57 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod, licet intellectus Angeli sit supra tempus quo mensurantur corporales motus, est tamen in intellectu Angeli tempus secundum successionem intelligibilium conceptionum; secundum quod dicit Augustinus, VIII super Gen. ad Litt., quod Deus movet spiritualem creaturam per tempus. Et ita, cum sit successio in intellectu Angeli, non omnia quae aguntur per totum tempus, sunt ei praesentia.

 

[30785] Iª q. 57 a. 3 ad 2
2. Sebbene l'intelletto angelico sia al disopra del tempo che è la misura dei moti corporei, tuttavia nell'intelletto angelico c’è il tempo che è dato dalla successione degli atti del pensiero: in tal senso S. Agostino dice che "Dio muove la creatura spirituale attraverso il tempo". Perciò, essendovi una successione nell'intelletto dell'angelo, non tutto ciò che si svolge nel tempo è a lui presente.

[30786] Iª q. 57 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod, licet species quae sunt in intellectu Angeli, quantum est de se, aequaliter se habeant ad praesentia, praeterita et futura; tamen praesentia, praeterita et futura non aequaliter se habent ad rationes. Quia ea quae praesentia sunt, habent naturam per quam assimilantur speciebus quae sunt in mente Angeli, et sic per eas cognosci possunt. Sed quae futura sunt, nondum habent naturam per quam illis assimilentur, unde per eas cognosci non possunt.

 

[30786] Iª q. 57 a. 3 ad 3
3. Sebbene le specie esistenti nell'intelletto angelico, considerate in se stesse, riguardino ugualmente tanto le cose presenti, che le passate e le future; tuttavia le cose stesse, presenti, passate e future, non si riferiscono nello stesso modo alle specie. Poiché le cose presenti hanno una natura in forza della quale possono somigliare alle specie esistenti nella mente dell'angelo: e quindi possono essere conosciute [nella loro realtà] per mezzo di esse. Le cose future invece non hanno ancora una natura per potere somigliare con essa alle specie: e pertanto non possono essere conosciute per mezzo delle specie.

[30787] Iª q. 57 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod distantia secundum locum sunt iam in rerum natura, et participant aliquam speciem, cuius similitudo est in Angelo, quod non est verum de futuris, ut dictum est. Et ideo non est simile.

 

[30787] Iª q. 57 a. 3 ad 4
4. Le cose localmente distanti già esistono nella realtà, e partecipano qualche specie, di cui esiste una somiglianza nell'angelo il che non si verifica invece per le cose future, come si è spiegato. Perciò il confronto non regge.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti materiali da loro conosciuti > Se gli angeli conoscano i segreti del cuore


Prima pars
Quaestio 57
Articulus 4

[30788] Iª q. 57 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod Angeli cognoscant cogitationes cordium. Dicit enim Gregorius, in moralibus, super illud Iob XXVIII, non aequabitur ei aurum vel vitrum, quod tunc, scilicet in beatitudine resurgentium, unus erit perspicabilis alteri sicut ipse sibi, et cum uniuscuiusque intellectus attenditur, simul conscientia penetratur. Sed resurgentes erunt similes Angelis, sicut habetur Matth. XXII. Ergo unus Angelus potest videre id quod est in conscientia alterius.

 
Prima parte
Questione 57
Articolo 4

[30788] Iª q. 57 a. 4 arg. 1
SEMBRA che gli angeli conoscano i segreti del cuore. Infatti:
1. S. Gregorio nel commentare le parole di Giobbe: "Non si paragona ad essa [alla sapienza] l'oro e il vetro", scrive: "Non sarà uguale ad essa né l'oro né il cristallo; poiché allora", cioè nella felicità dei risorti, "uno sarà tanto conoscibile per gli altri quanto lo è per se medesimo, e mentre di ciascheduno si considererà l'intelletto, se ne penetrerà al tempo stesso la coscienza". Ma i risorti, secondo il detto evangelico, saranno simili agli angeli. Quindi un angelo può vedere ciò che è contenuto nella coscienza dell'altro.

[30789] Iª q. 57 a. 4 arg. 2
Praeterea, sicut se habent figurae ad corpora, ita se habent species intelligibiles ad intellectum. Sed viso corpore, videtur eius figura. Ergo visa substantia intellectuali, videtur species intelligibilis quae est in ipsa. Ergo, cum Angelus videat alium Angelum, et etiam animam, videtur quod possit videre cogitationem utriusque.

 

[30789] Iª q. 57 a. 4 arg. 2
2. Le figure per i corpi rappresentano quello che sono le specie per l'intelligenza. Ora, quando si vede un corpo se ne vedo pure la figura. Quindi se si vede la sostanza intellettuale, si deve vedere anche la specie intelligibile che si trova in essa. Ora, poiché un angelo vede gli altri angeli ed anche le anime, è chiaro che può vedere i pensieri tanto degli uni che delle altre.

[30790] Iª q. 57 a. 4 arg. 3
Praeterea, ea quae sunt in intellectu nostro, sunt similiora Angelo quam ea quae sunt in phantasia, cum haec sint intellecta in actu, illa vero in potentia tantum. Sed ea quae sunt in phantasia, possunt cognosci ab Angelo sicut corporalia, cum phantasia sit virtus corporis. Ergo videtur quod Angelus possit cognoscere cogitationes intellectus.

 

[30790] Iª q. 57 a. 4 arg. 3
3. Tutto ciò che si trova nel nostro intelletto è molto più simile all'angelo di quello che si trova nella fantasia: poiché tutto quello che si trova nell'intelletto è attualmente intelligibile, mentre ciò che si trova nella fantasia è intelligibile solo in potenza. Ma ciò che si trova nella fantasia può essere conosciuto dall'angelo, come le cose corporee: la fantasia infatti è una facoltà del [nostro] corpo. Dunque l'angelo può conoscere i pensieri della mente.

[30791] Iª q. 57 a. 4 s. c.
Sed contra, quod est proprium Dei, non convenit Angelis. Sed cognoscere cogitationes cordium est proprium Dei, secundum illud Ierem. XVII, pravum est cor hominis et inscrutabile, quis cognoscet illud? Ego, dominus, scrutans corda. Ergo Angeli non cognoscunt secreta cordium.

 

[30791] Iª q. 57 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Quello che è proprio di Dio non può convenire agli angeli. Ora, è proprio di Dio conoscere i segreti del cuore, conforme al detto di Geremia: "Pravo è il cuore dell'uomo e imperscrutabile, chi lo conoscerà? Io, il Signore, che scruto i cuori". Dunque gli angeli non conoscono i segreti del cuore.

[30792] Iª q. 57 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod cogitatio cordis dupliciter potest cognosci. Uno modo, in suo effectu. Et sic non solum ab Angelo, sed etiam ab homine cognosci potest; et tanto subtilius, quanto effectus huiusmodi fuerit magis occultus. Cognoscitur enim cogitatio interdum non solum per actum exteriorem, sed etiam per immutationem vultus, et etiam medici aliquas affectiones animi per pulsum cognoscere possunt. Et multo magis Angeli, vel etiam Daemones, quanto subtilius huiusmodi immutationes occultas corporales perpendunt. Unde Augustinus dicit, in libro de divinatione Daemonum, quod aliquando hominum dispositiones, non solum voce prolatas, verum etiam cogitatione conceptas, cum signa quaedam in corpore exprimuntur ex animo, tota facilitate perdiscunt, quamvis in libro Retract. hoc dicat non esse asserendum quomodo fiat. Alio modo possunt cognosci cogitationes, prout sunt in intellectu; et affectiones, prout sunt in voluntate. Et sic solus Deus cogitationes cordium et affectiones voluntatum cognoscere potest. Cuius ratio est, quia voluntas rationalis creaturae soli Deo subiacet; et ipse solus in eam operari potest, qui est principale eius obiectum, ut ultimus finis; et hoc magis infra patebit. Et ideo ea quae in voluntate sunt, vel quae ex voluntate sola dependent, soli Deo sunt nota. Manifestum est autem quod ex sola voluntate dependet quod aliquis actu aliqua consideret, quia cum aliquis habet habitum scientiae, vel species intelligibiles in eo existentes, utitur eis cum vult. Et ideo dicit apostolus, I Cor. II, quod quae sunt hominis, nemo novit nisi spiritus hominis, qui in ipso est.

 

[30792] Iª q. 57 a. 4 co.
RISPONDO: Il segreto del cuore si può conoscere in due modi.
Primo, nei suoi effetti. In tal modo esso può essere conosciuto non solo dall'angelo, ma anche dall'uomo: e questa cognizione sarà tanto più acuta, quanto tali effetti sono più occulti. Talora infatti si conosce il pensiero non solo da un atto esteriore, ma anche da un semplice cambiamento del volto; i medici poi possono conoscere dal polso certe affezioni dell'animo. E molto più gli angeli, nonché i demoni, avendo essi una percezione più acuta delle occulte perturbazioni dei corpi. Per questo S. Agostino fa osservare che [i demoni] "talora con tutta facilità percepiscono le disposizioni degli uomini, non solo quelle espresse con le parole, ma anche quelle che, essendo concepite solo col pensiero, l'animo esprime nel corpo con qualche segno". Tuttavia nel libro delle Ritrattazioni aggiunge che non si può affermare in che modo ciò avvenga.
Secondo, si possono conoscere i pensieri, in quanto questi si trovano nell'intelletto, e gli affetti come si trovano nella volontà. In questa maniera solo Dio può conoscere i pensieri del cuore e gli affetti della volontà. E questo perché la volontà razionale è soggetta soltanto a Dio, ed egli solo può operare in essa, poiché ne è l'oggetto principale quale ultimo fine, come si vedrà meglio in seguito.
Perciò tutto quello che si trova nella volontà, o che dipende esclusivamente da questa, è noto soltanto a Dio. Ora, è evidente che pensare in maniera attuale a una data cosa dipende dalla sola volontà: poiché quando uno ha l'abito della scienza, o possiede delle specie intelligibili, se ne serve quando vuole. Perciò l'Apostolo insegna: "nessuno conosce le cose dell'uomo, fuorché lo spirito dell'uomo che è in lui".

[30793] Iª q. 57 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod modo cogitatio unius hominis non cognoscitur ab alio, propter duplex impedimentum, scilicet propter grossitiem corporis, et propter voluntatem claudentem sua secreta. Primum autem obstaculum tolletur in resurrectione, nec est in Angelis. Sed secundum impedimentum manebit post resurrectionem, et est modo in Angelis. Et tamen qualitatem mentis, quantum ad quantitatem gratiae et gloriae, repraesentabit claritas corporis. Et sic unus mentem alterius videre poterit.

 

[30793] Iª q. 57 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Due cose impediscono ad un uomo di conoscere il pensiero di un altro: la materialità del corpo e la volontà che cela i propri segreti. Il primo ostacolo, che non esiste per gli angeli, sarà tolto con la resurrezione. Il secondo, invece, rimarrà anche dopo la resurrezione, e già attualmente si trova negli angeli. Tuttavia lo splendore del corpo rappresenterà allora la perfezione dell'anima, per quanto concerne la quantità della grazia e della gloria. E in tal senso uno potrà vedere la niente dell'altro.

[30794] Iª q. 57 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod, etsi unus Angelus, species intelligibiles alterius videat, per hoc quod modus intelligibilium specierum, secundum maiorem et minorem universalitatem, proportionatur nobilitati substantiarum; non tamen sequitur quod unus cognoscat quomodo alius illis intelligibilibus speciebus utitur actualiter considerando.

 

[30794] Iª q. 57 a. 4 ad 2
2. Sebbene un angelo possa scorgere le specie intelligibili di un altro, in quanto le specie intelligibili sono proporzionate per la loro maggiore o minore universalità alla nobiltà delle singole sostanze; non ne segue tuttavia che egli conosca come l'altro si serva delle sue specie nel suo pensiero attuale.

[30795] Iª q. 57 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod appetitus brutalis non est dominus sui actus, sed sequitur impressionem alterius causae corporalis vel spiritualis. Quia igitur Angeli cognoscunt res corporales et dispositiones earum, possunt per haec cognoscere quod est in appetitu et in apprehensione phantastica brutorum animalium; et etiam hominum, secundum quod in eis quandoque appetitus sensitivus procedit in actum, sequens aliquam impressionem corporalem, sicut in brutis semper est. Non tamen oportet quod Angeli cognoscant motum appetitus sensitivi et apprehensionem phantasticam hominis, secundum quod moventur a voluntate et ratione, quia etiam inferior pars animae participat aliqualiter rationem, sicut obediens imperanti, ut dicitur in I Ethic. Nec tamen sequitur quod, si Angelus cognoscit quod est in appetitu sensitivo vel phantasia hominis, quod cognoscat id quod est in cogitatione vel voluntate, quia intellectus vel voluntas non subiacet appetitui sensitivo et phantasiae, sed potest eis diversimode uti.

 

[30795] Iª q. 57 a. 4 ad 3
3. L'appetito dell'animale bruto non è padrone del suo atto, ma segue l'impulso di una causa estrinseca corporea o spirituale. Perciò, conoscendo gli angeli le cose corporee e le loro disposizioni, possono conoscere per mezzo di queste ciò che si trova e nell'appetito e nella fantasia dei bruti, oppure nelle analoghe facoltà degli uomini, quando il loro appetito sensitivo compie un atto in seguito a un impulso fisico, come avviene sempre nei bruti. Non ne segue tuttavia che gli angeli conoscano il moto dell'appetito sensitivo e l'attività della fantasia umana, anche quando queste facoltà sono mosse dalla volontà e dalla ragione: poiché anche la parte inferiore dell'anima partecipa in qualche modo della ragione stessa, come, per dirla con Aristotele, colui che ubbidisce partecipa della perfezione di colui che comanda. - Del resto dal fatto che un angelo conosce ciò che si trova nell'appetito sensitivo e nella fantasia dell'uomo, non ne viene che possa anche conoscere ciò che si trova nel pensiero o nella volontà: perché sia l'intelletto che la volontà non sono subordinati all'appetito sensitivo e alla fantasia, ma piuttosto si possono servire in maniere diverse di queste facoltà.




Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Gli oggetti materiali da loro conosciuti > Se gli angeli conoscano i misteri della grazia


Prima pars
Quaestio 57
Articulus 5

[30796] Iª q. 57 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod Angeli mysteria gratiae cognoscant. Quia inter omnia mysteria excellentius est mysterium incarnationis Christi. Sed hoc Angeli cognoverunt a principio, dicit enim Augustinus, V super Gen. ad Litt., quod sic fuit hoc mysterium absconditum a saeculis in Deo, ut tamen innotesceret principibus et potestatibus in caelestibus. Et dicit apostolus, I ad Tim. III, quod apparuit Angelis illud magnum sacramentum pietatis. Ergo Angeli mysteria gratiae cognoscunt.

 
Prima parte
Questione 57
Articolo 5

[30796] Iª q. 57 a. 5 arg. 1
SEMBRA che gli angeli conoscano i misteri della grazia. Infatti:
1. Più alto tra tutti i misteri è il mistero della incarnazione di Cristo. Ora, gli angeli conobbero tale mistero fin da principio: poiché, come si esprime S. Agostino, "questo mistero rimase nascosto in Dio per tutti i secoli, in modo però che i principati e le potestà celesti ne ebbero notizia". E l'Apostolo afferma che "apparve agli angeli il grande mistero della pietà". Dunque gli angeli conoscono i misteri della grazia.

[30797] Iª q. 57 a. 5 arg. 2
Praeterea, rationes omnium mysteriorum gratiae in divina sapientia continentur. Sed Angeli vident ipsam Dei sapientiam, quae est eius essentia. Ergo Angeli mysteria gratiae cognoscunt.

 

[30797] Iª q. 57 a. 5 arg. 2
2. I disegni di tutti i misteri della grazia sono contenuti nella sapienza divina. Ma gli angeli vedono la stessa sapienza di Dio, che è la di lui essenza. Dunque essi conoscono i misteri della grazia.

[30798] Iª q. 57 a. 5 arg. 3
Praeterea, prophetae per Angelos instruuntur, ut patet per Dionysium, IV cap. Angel. Hier. Sed prophetae mysteria gratiae cognoverunt, dicitur enim Amos III, non faciet dominus verbum, nisi revelaverit secretum ad servos suos, prophetas. Ergo Angeli mysteria gratiae cognoscunt.

 

[30798] Iª q. 57 a. 5 arg. 3
3. I profeti, come Dionigi insegna, sono istruiti dagli angeli. Ora, i profeti conobbero i misteri della grazia; si legge infatti nella Scrittura: "Il Signore non opera cosa alcuna senza che ne riveli il segreto ai suoi servi, i profeti". Dunque gli angeli conoscono i misteri della grazia.

[30799] Iª q. 57 a. 5 s. c.
Sed contra est quod nullus discit illud quod cognoscit. Sed Angeli, etiam supremi, quaerunt de divinis mysteriis gratiae, et ea discunt, dicitur enim VII cap. Cael. Hier., quod sacra Scriptura inducit quasdam caelestes essentias ad ipsum Iesum quaestionem facientes, et addiscentes scientiam divinae eius operationis pro nobis, et Iesum eas sine medio docentem; ut patet Isaiae LXIII, ubi quaerentibus Angelis, quis est iste qui venit de Edom? Respondit Iesus, ego, qui loquor iustitiam. Ergo Angeli non cognoscunt mysteria gratiae.

 

[30799] Iª q. 57 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: Nessuno impara quello che già conosce. Ma gli angeli, anche i supremi, scrutano e apprendono i misteri della grazia; infatti Dionigi afferma che la Scrittura "parla di alcune nature celesti le quali pongono una questione a Gesù, ed apprendono la scienza delle sue operazioni su di noi, e Gesù insegna loro senza alcun intermediario". E lo dimostra mediante quel passo di Isaia, dove agli angeli che chiedono: "Chi è questi che viene da Edom ?", Gesù risponde: "Sono io che parlo giustizia". Dunque gli angeli non conoscono i misteri della grazia.

[30800] Iª q. 57 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod in Angelis est cognitio duplex. Una quidem naturalis, secundum quam cognoscunt res tum per essentiam suam, tum etiam per species innatas. Et hac cognitione mysteria gratiae Angeli cognoscere non possunt. Haec enim mysteria ex pura Dei voluntate dependent, si autem unus Angelus non potest cognoscere cogitationes alterius ex voluntate eius dependentes, multo minus potest cognoscere ea quae ex sola Dei voluntate dependent. Et sic argumentatur apostolus, I Cor. II, quae sunt hominis, nemo novit nisi spiritus hominis, qui in ipso est. Ita et quae sunt Dei, nemo novit nisi spiritus Dei. Est autem alia Angelorum cognitio, quae eos beatos facit, qua vident verbum et res in verbo. Et hac quidem visione cognoscunt mysteria gratiae, non quidem omnia, nec aequaliter omnes sed secundum quod Deus voluerit eis revelare; secundum illud apostoli, I Cor. II, nobis autem revelavit Deus per spiritum suum. Ita tamen quod superiores Angeli, perspicacius divinam sapientiam contemplantes, plura mysteria et altiora in ipsa Dei visione cognoscunt, quae inferioribus manifestant, eos illuminando. Et horum etiam mysteriorum quaedam a principio suae creationis cognoverunt; quaedam vero postmodum, secundum quod eorum officiis congruit, edocentur.

 

[30800] Iª q. 57 a. 5 co.
RISPONDO: Negli angeli c’è una doppia cognizione. Una cognizione naturale che permette loro di conoscere le cose sia per mezzo della propria essenza, sia per mezzo di specie innate. Con tale cognizione gli angeli non sono in grado di conoscere i misteri della grazia. Questi misteri infatti dipendono dalla sola volontà di Dio: ora, se un angelo non può conoscere i pensieri di un altro angelo, perché dipendono dalla volontà di quest'ultimo, molto meno potrà conoscere quanto dipende dalla sola volontà di Dio. - In tal senso ragiona l'Apostolo: "Nessuno conosce le cose dell'uomo, fuorché lo spirito dell'uomo che è in lui. Così pure nessuno conosce le cose di Dio, fuorché lo Spirito di Dio".
C'è però un'altra cognizione negli angeli: quella che li rende beati, e per mezzo della quale contemplano il Verbo e le cose nel Verbo. In questa visione essi conoscono i misteri della grazia; non tutti però, e non tutti ugualmente, ma nella misura in cui Dio vuole rivelarli ad essi, conforme al detto dell'Apostolo: "A noi Dio ha rivelato [i misteri] per mezzo del suo Spirito". Questo tuttavia avviene in modo che gli angeli superiori, penetrando maggiormente la divina sapienza, nella visione di Dio conoscono un maggior numero di misteri e quelli più alti, che poi [a loro volta] manifestano agli angeli inferiori illuminandoli. E anche tra questi misteri alcuni li hanno conosciuti fin dal principio della loro creazione: su altri invece furono iniziati in seguito secondo le esigenze della loro missione.

[30801] Iª q. 57 a. 5 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod de mysterio incarnationis Christi dupliciter contingit loqui. Uno modo, in generali, et sic omnibus revelatum est a principio suae beatitudinis. Cuius ratio est, quia hoc est quoddam generale principium, ad quod omnia eorum officia ordinantur, omnes enim sunt administratorii spiritus, ut dicitur Heb. I, in ministerium missi propter eos qui haereditatem capiunt salutis; quod quidem fit per incarnationis mysterium. Unde oportuit de hoc mysterio omnes a principio communiter edoceri. Alio modo possumus loqui de mysterio incarnationis quantum ad speciales conditiones. Et sic non omnes Angeli a principio de omnibus sunt edocti, immo quidam, etiam superiores Angeli, postmodum didicerunt, ut patet per auctoritatem Dionysii inductam.

 

[30801] Iª q. 57 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il mistero della incarnazione di Cristo si può considerare in due maniere. Primo, in generale: e in tal senso fu rivelato a tutti gli angeli al cominciare della loro beatitudine. La ragione si è che questo mistero è l'oggetto fondamentale a cui sono ordinati tutti gli uffici degli angeli; dice infatti l'Apostolo: "sono tutti spiriti addetti a ministrare, inviati a vantaggio di quelli che acquistano l'eredità della salvezza".
E ciò avviene per mezzo dell'incarnazione. Era quindi necessario che gli angeli fin da principio avessero una cognizione generica di questo mistero. -
Possiamo poi considerare in una seconda maniera il mistero della incarnazione, cioè quanto alle sue precise circostanze. E in tal modo non tutti gli angeli furono ammaestrati su ogni particolare fin da principio: anzi, persino alcuni tra gli angeli superiori ne vennero a conoscenza soltanto in seguito, come appare evidente dal testo riportato di Dionigi.

[30802] Iª q. 57 a. 5 ad 2
Ad secundum dicendum quod, licet Angeli beati divinam sapientiam contemplentur, non tamen eam comprehendunt. Et ideo non oportet quod cognoscant quidquid in ea latet.

 

[30802] Iª q. 57 a. 5 ad 2
2. Sebbene gli angeli beati contemplino la divina sapienza, tuttavia non la comprendono. Non ne segue perciò che essi debbano conoscere tutto ciò che in essa è racchiuso.

[30803] Iª q. 57 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod quidquid prophetae cognoverunt de mysteriis gratiae per revelationem divinam, multo excellentius est Angelis revelatum. Et licet prophetis ea quae Deus facturus erat circa salutem humani generis, in generali revelaverit; quaedam tamen specialia apostoli circa hoc cognoverunt, quae prophetae non cognoverant; secundum illud Ephes. III, potestis, legentes, intelligere prudentiam meam in mysterio Christi, quod aliis generationibus non est agnitum, sicut nunc revelatum est sanctis apostolis eius. Inter ipsos etiam prophetas, posteriores cognoverunt quod priores non cognoverant; secundum illud Psalmi CXVIII, super senes intellexi. Et Gregorius dicit quod per successiones temporum, crevit divinae cognitionis augmentum.

 

[30803] Iª q. 57 a. 5 ad 3
3. Tutto ciò che conobbero i profeti intorno ai misteri della grazia per mezzo di rivelazioni, fu pure rivelato, e in modo più perfetto, agli angeli. E sebbene Dio abbia rivelato ai profeti in modo generico quello che avrebbe fatto per la salute del genere umano; pur tuttavia gli Apostoli conobbero certi aspetti del mistero che rimasero ignoti ai profeti; conforme a ciò che dice S. Paolo: "Potete, leggendo, capire l'intelligenza che io ho nel mistero di Cristo; il quale nelle altre età non fu conosciuto, così come ora è stato rivelato ai santi Apostoli di lui". E tra gli stessi profeti quelli posteriori conobbero ciò che era ignoto ai loro predecessori; secondo l'espressione dei Salmi: "Ho compreso io più dei vecchi". Anche S. Gregorio afferma che "nel succedersi dei tempi si accrebbe il progresso della cognizione divina".

Alla Questione precedente

 

Alla Questione successiva