Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > La causa del male > Se esista un sommo male, che sia la causa di ogni male
Prima pars
Quaestio 49
Articulus 3
[30537] Iª q. 49 a. 3 arg. 1 Ad tertium sic proceditur. Videtur quod sit unum summum malum, quod sit causa omnis mali. Contrariorum enim effectuum contrariae sunt causae. Sed in rebus invenitur contrarietas, secundum illud Eccli. XXXIII, contra malum bonum est, et contra vitam mors; sic et contra virum iustum peccator. Ergo sunt contraria principia, unum boni, et aliud mali.
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Prima parte
Questione 49
Articolo 3
[30537] Iª q. 49 a. 3 arg. 1
SEMBRA che esista un sommo male, che sia la causa di ogni male. Infatti:
1. Effetti contrari hanno cause contrarie. Ora nelle cose riscontriamo la contrarietà, secondo il detto della Scrittura: "Di fronte al male sta il bene e di fronte alla morte la vita; così di fronte al giusto il peccatore". Perciò esistono due principi contrari, uno del bene, l'altro del male.
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[30538] Iª q. 49 a. 3 arg. 2 Praeterea, si unum contrariorum est in rerum natura, et reliquum, ut dicitur in II de caelo et mundo. Sed summum bonum est in rerum natura, quod est causa omnis boni, ut supra ostensum est. Ergo est et summum malum ei oppositum, causa omnis mali.
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[30538] Iª q. 49 a. 3 arg. 2
2. Se nella realtà esiste uno dei contrari, esiste anche l'altro, come afferma Aristotele. Ora, esiste nella realtà il sommo bene, come si è dimostrato a suo tempo. Dunque esiste anche un sommo male, che è il suo opposto e causa di ogni male.
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[30539] Iª q. 49 a. 3 arg. 3 Praeterea, sicut in rebus invenitur bonum et melius, ita malum et peius. Sed bonum et melius dicuntur per respectum ad optimum. Ergo malum et peius dicuntur per respectum ad aliquod summum malum.
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[30539] Iª q. 49 a. 3 arg. 3
3. Nelle cose, come si trova il bene e il meglio, cosi pure si trova il male e il peggio. Ma il bene e il meglio si denominano così in rapporto a un ottimo. Quindi il male e il peggio si denomineranno in rapporto a un sommo male.
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[30540] Iª q. 49 a. 3 arg. 4 Praeterea, omne quod est per participationem, reducitur ad illud quod est per essentiam. Sed res quae sunt malae apud nos, non sunt malae per essentiam, sed per participationem. Ergo est invenire aliquod summum malum per essentiam, quod est causa omnis mali.
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[30540] Iª q. 49 a. 3 arg. 4
4. Tutto ciò che è per partecipazione si riconduce a quello, che è per essenza. Ora, le cose che tra noi sono cattive non sono cattive per essenza, ma per partecipazione. Dunque si deve trovare un sommo male per essenza, che sia la causa di tutti i mali.
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[30541] Iª q. 49 a. 3 arg. 5 Praeterea, omne quod est per accidens, reducitur ad illud quod est per se. Sed bonum est causa mali per accidens. Ergo oportet ponere aliquod summum malum, quod sit causa malorum per se. Neque potest dici quod malum non habeat causam per se, sed per accidens tantum, quia sequeretur quod malum non esset ut in pluribus, sed ut in paucioribus.
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[30541] Iª q. 49 a. 3 arg. 5
5. Tutto ciò che è indirettamente e casualmente [per accidens] si riconduce a quello che è di suo e direttamente [per se]. Ora il bene è causa del male indirettamente e casualmente. Quindi bisogna ammettere un sommo male, che di sua natura sia causa delle cose cattive. - E non si può rispondere che il male non ha una causa diretta, ma soltanto [una causa] occasionale; poiché ne seguirebbe che il male non dovrebbe trovarsi nella maggior parte dei casi [come ora avviene], bensì molto di rado.
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[30542] Iª q. 49 a. 3 arg. 6 Praeterea, malum effectus reducitur ad malum causae, quia effectus deficiens est a causa deficiente, sicut supra dictum est. Sed hoc non est procedere in infinitum. Ergo oportet ponere unum primum malum, quod sit causa omnis mali.
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[30542] Iª q. 49 a. 3 arg. 6
6. Il male di un effetto si riporta al male della causa: poiché l'effetto difettoso deriva da una causa difettosa, come si è già spiegato. Ma in questo risalire non si può andare all’infinito. Quindi bisogna ammettere un primo male, causa di ogni male.
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[30543] Iª q. 49 a. 3 s. c. Sed contra est quod summum bonum est causa omnis entis, ut supra ostensum est. Ergo non potest esse aliquod principium ei oppositum, quod sit causa malorum.
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[30543] Iª q. 49 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: II sommo bene è causa di ogni entità, come è stato spiegato a suo tempo. Dunque non può esistere un principio opposto che sia causa delle cose cattive.
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[30544] Iª q. 49 a. 3 co. Respondeo dicendum quod ex praedictis patet non esse unum primum principium malorum, sicut est unum primum principium bonorum. Primo quidem, quia primum principium bonorum est per essentiam bonum, ut supra ostensum est. Nihil autem potest esse per suam essentiam malum, ostensum est enim quod omne ens, inquantum est ens, bonum est; et quod malum non est nisi in bono ut in subiecto. Secundo, quia primum bonorum principium est summum et perfectum bonum, quod praehabet in se omnem bonitatem, ut supra ostensum est. Summum autem malum esse non potest, quia, sicut ostensum est, etsi malum semper diminuat bonum, nunquam tamen illud potest totaliter consumere; et sic, semper remanente bono, non potest esse aliquid integre et perfecte malum. Propter quod philosophus dicit, in IV Ethic., quod si malum integrum sit, seipsum destruet, quia destructo omni bono (quod requiritur ad integritatem mali), subtrahitur etiam ipsum malum, cuius subiectum est bonum. Tertio, quia ratio mali repugnat rationi primi principii. Tum quia omne malum causatur ex bono, ut supra ostensum est. Tum quia malum non potest esse causa nisi per accidens, et sic non potest esse prima causa, quia causa per accidens est posterior ea quae est per se, ut patet in II Physic. Qui autem posuerunt duo prima principia, unum bonum et alterum malum, ex eadem radice in hunc errorem inciderunt, ex qua et aliae extraneae positiones antiquorum ortum habuerunt, quia scilicet non consideraverunt causam universalem totius entis, sed particulares tantum causas particularium effectuum. Propter hoc enim, si aliquid invenerunt esse nocivum alicui rei per virtutem suae naturae, aestimaverunt naturam illius rei esse malam, puta si quis dicat naturam ignis esse malam, quia combussit domum alicuius pauperis. Iudicium autem de bonitate alicuius rei non est accipiendum secundum ordinem ad aliquid particulare; sed secundum seipsum, et secundum ordinem ad totum universum, in quo quaelibet res suum locum ordinatissime tenet, ut ex dictis patet. Similiter etiam, quia invenerunt duorum particularium effectuum contrariorum duas causas particulares contrarias, nesciverunt reducere causas particulares contrarias in causam universalem communem. Et ideo usque ad prima principia contrarietatem in causis esse iudicaverunt. Sed cum omnia contraria conveniant in uno communi, necesse est in eis, supra causas contrarias proprias, inveniri unam causam communem, sicut supra qualitates contrarias elementorum invenitur virtus corporis caelestis. Et similiter supra omnia quae quocumque modo sunt, invenitur unum primum principium essendi, ut supra ostensum est.
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[30544] Iª q. 49 a. 3 co.
RISPONDO: Come risulta da quello che è stato già detto, non può esserci un primo principio del male, come invece esiste un primo principio del bene. Primo, perché il principio primo del bene è buono per essenza, come fu dimostrato più sopra. Ora, niente può essere cattivo per essenza: infatti fu chiarito che ogni ente, in quanto ente, è buono; e che il male non ha altro soggetto che il bene.
Secondo, perché il primo principio del bene è il bene perfetto, che contiene in sé ogni bontà, come più sopra fu spiegato. Invece non può esistere un sommo male, perché si è visto che il male, per quanto diminuisca il bene, tuttavia non potrà mai totalmente distruggerlo; e dal momento che un bene rimane sempre, non può esserci una cosa integralmente e assolutamente cattiva. Per questo Aristotele afferma che "se il male fosse integrale distruggerebbe se stesso": poiché, distrutto ogni bene (che è richiesto alla consistenza del male), si elimina anche il male stesso, che ha il suo subietto nel bene.
Terzo, perché il concetto stesso di male si oppone all’idea di primo principio. Sia perché ogni male viene causato dal bene, come sopra abbiamo dimostrato. Sia perché il male non può essere che causa accidentale [per accidens]: e quindi non può essere causa prima, poiché la causa accidentale e indiretta [per accidens] è posteriore alla causa necessaria e diretta [per se], come dice Aristotele.
Coloro invece che ammisero due primi principi, l'uno buono e l'altro cattivo, caddero in questo errore per la medesima ragione, per cui ebbero origine altre opinioni stravaganti degli antichi [filosofi]; cioè perché non consideravano la causa universale di tutto l'essere, ma soltanto le cause degli effetti particolari. E per questo, se trovavano che un essere in virtù della sua natura era nocivo a qualche cosa, stimavano che la natura di quello fosse cattiva: come se uno dichiarasse cattiva la natura del fuoco, perché ha bruciato la casa di un povero, - Ora il giudizio sulla bontà di una cosa non si deve desumere dal suo rapporto con un essere particolare; ma dalla cosa stessa e in relazione a tutto l'universo, nel quale ogni cosa occupa il suo posto col massimo ordine, come è evidente da quel che si è detto.
Così pure, poiché trovavano che di due effetti particolari diversi esistevano due cause particolari diverse, non seppero ricondurre le due cause particolari contrarie ad una causa universale comune. Perciò ritennero che la contrarietà fra le cause si estendesse fino alle cause prime. - Siccome invece tutti i contrari coincidono in un unico genere comune, è necessario che in essi, oltre alle contrastanti loro cause proprie, si trovi una causa comune unica: come al disopra delle contrarie qualità degli elementi troviamo la, potenza di un corpo celeste. E così, al disopra di tutte le cose che sono in un modo o in un altro, troviamo un unico principio dell'essere, come già fu dimostrato.
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[30545] Iª q. 49 a. 3 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod contraria conveniunt in genere uno, et etiam conveniunt in ratione essendi. Et ideo, licet habeant causas particulares contrarias, tamen oportet devenire ad unam primam causam communem.
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[30545] Iª q. 49 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. I contrari concordano in un determinato genere e concordano pure nell'essere. Quindi per quanto abbiano cause particolari contrarie, tuttavia è necessario arrivare ad una prima causa comune.
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[30546] Iª q. 49 a. 3 ad 2 Ad secundum dicendum quod privatio et habitus nata sunt fieri circa idem. Subiectum autem privationis est ens in potentia, ut dictum est. Unde, cum malum sit privatio boni, ut ex dictis patet, illi bono opponitur cui adiungitur potentia, non autem summo bono, quod est actus purus.
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[30546] Iª q. 49 a. 3 ad 2
2. Possesso e privazione sono precisamente [quei contrari nati fatti per succederai in un medesimo soggetto. Ma soggetto della privazione è soltanto l'ente potenziale, come si è già spiegato. Perciò, dal momento che il male è privazione [di bene], come è evidente da quel che si è detto, esso si oppone solo a quel bene, che ha annessa della potenzialità: non già al sommo bene che è atto puro.
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[30547] Iª q. 49 a. 3 ad 3 Ad tertium dicendum quod unumquodque intenditur secundum propriam rationem. Sicut autem forma est perfectio quaedam, ita privatio est quaedam remotio. Unde omnis forma et perfectio et bonum per accessum ad terminum perfectum intenditur, privatio autem et malum per recessum a termino. Unde non dicitur malum et peius per accessum ad summum malum, sicut dicitur bonum et melius per accessum ad summum bonum.
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[30547] Iª q. 49 a. 3 ad 3
3. Ogni cosa si accresce conformemente alla sua natura. Ora, se la forma è una certa perfezione, la privazione è un certo decadimento. Perciò ogni torma, perfezione o bene si intensifica per un avvicinamento al termine perfetto: la privazione invece e il male si accrescono per un allontanamento da quel termine. Perciò non diciamo male e peggio per un avvicinamento al sommo male, come invece diciamo bene e meglio per un avvicinamento al sommo bene.
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[30548] Iª q. 49 a. 3 ad 4 Ad quartum dicendum quod nullum ens dicitur malum per participationem, sed per privationem participationis. Unde non oportet fieri reductionem ad aliquid quod sit per essentiam malum.
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[30548] Iª q. 49 a. 3 ad 4
4. Nessun ente è chiamato male per partecipazione, ma per la privazione di una partecipazione. Quindi non si può ricondurre a qualche cosa che sia male per essenza.
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[30549] Iª q. 49 a. 3 ad 5 Ad quintum dicendum quod malum non potest habere causam nisi per accidens, ut supra ostensum est. Unde impossibile est fieri reductionem ad aliquid quod sit per se causa mali. Quod autem dicitur, quod malum est ut in pluribus, simpliciter falsum est. Nam generabilia et corruptibilia, in quibus solum contingit esse malum naturae, sunt modica pars totius universi. Et iterum in unaquaque specie defectus naturae accidit ut in paucioribus. In solis autem hominibus malum videtur esse ut in pluribus, quia bonum hominis secundum sensum non est hominis inquantum homo, idest secundum rationem; plures autem sequuntur sensum quam rationem.
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[30549] Iª q. 49 a. 3 ad 5
5. Il male non può avere che una causa accidentale e indiretta [per accidens], come abbiamo spiegato sopra. Perciò è impossibile risalire a qualche cosa, che sia per natura [per se] causa del male. - L'affermazione poi che il male si trova nella maggior parte dei casi, presa in generale, è falsa. Infatti gli esseri generabili e corruttibili, nei quali soltanto si verifica il male naturale, sono una piccola parte di tutto l'universo. Così pure nell'ambito di ciascuna specie i difetti naturali si verificano in pochi casi. Soltanto tra gli uomini invece il male si trova nella maggior parte dei casi: perché il bene sensibile dell'uomo non appartiene all'uomo in quanto uomo, cioè secondo la ragione; mentre più seguono piuttosto il senso che la ragione.
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[30550] Iª q. 49 a. 3 ad 6 Ad sextum dicendum quod in causis mali non est procedere in infinitum, sed est reducere omnia mala in aliquam causam bonam, ex qua sequitur malum per accidens.
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[30550] Iª q. 49 a. 3 ad 6
6. Nelle cause del male non si può risalire all’infinito: ma si possono ricondurre tutti i mali ad una causa buona, dalla quale indirettamente e accidentalmente [per accidens] il male deriva.
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