Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Inizio della durata delle cose create > Se l'universo sia sempre esistito
Prima pars
Quaestio 46
Articulus 1
[30389] Iª q. 46 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod universitas creaturarum, quae mundi nomine nuncupatur, non incoeperit, sed fuerit ab aeterno. Omne enim quod incoepit esse, antequam fuerit, possibile fuit ipsum esse, alioquin impossibile fuisset ipsum fieri. Si ergo mundus incoepit esse, antequam inciperet, possibile fuit ipsum esse. Sed quod possibile est esse, est materia, quae est in potentia ad esse, quod est per formam, et ad non esse, quod est per privationem. Si ergo mundus incoepit esse, ante mundum fuit materia. Sed non potest esse materia sine forma, materia autem mundi cum forma, est mundus. Fuit ergo mundus antequam esse inciperet, quod est impossibile.
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Prima parte
Questione 46
Articolo 1
[30389] Iª q. 46 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'universo, che chiamiamo anche mondo, non sia incominciato, ma sia esistito dall'eternità. Infatti:
1.Tutto quello che ha avuto inizio, prima che fosse era cosa capace di venire all'esistenza: altrimenti sarebbe poi stato impossibile che venisse prodotto. Se dunque il mondo ha incominciato ad essere, prima che incominciasse era cosa capace di essere. Ora ciò che ha la capacità di essere non è che materia, la quale è in potenza a quell'essere che si ha mediante la forma, e a quel non essere che si verifica con la privazione. Se dunque il mondo ha incominciato ad esistere, in antecedenza era materia. Ma non può esistere materia senza forma: e la materia del mondo con la sua forma non è che il mondo. Perciò il mondo sarebbe esistito prima che incominciasse ad esistere: il che è assurdo.
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[30390] Iª q. 46 a. 1 arg. 2 Praeterea, nihil quod habet virtutem ut sit semper, quandoque est et quandoque non est, quia ad quantum se extendit virtus alicuius rei, tandiu est. Sed omne incorruptibile habet virtutem ut sit semper, non enim virtutem habet ad determinatum durationis tempus. Nullum ergo incorruptibile quandoque est et quandoque non est. Sed omne quod incipit esse, quandoque est et quandoque non est. Nullum ergo incorruptibile incipit esse. Sed multa sunt in mundo incorruptibilia, ut corpora caelestia, et omnes substantiae intellectuales. Ergo mundus non incoepit esse.
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[30390] Iª q. 46 a. 1 arg. 2
2. Tutto ciò che ha capacità di sempre esistere, non capita che a un dato tempo esista e che in altro tempo non esista: perché l'estendersi delle capacità di una cosa è legato alla esistenza della medesima. Ora, ogni essere incorruttibile ha la capacità di esistere sempre: infatti non ha la sola capacità di durare per un dato tempo. Perciò nessun essere incorruttibile esiste per un dato tempo soltanto. Invece tutto ciò che incomincia, ora esiste ed ora non esiste. Perciò nessuna realtà incorruttibile ha incominciato ad essere. E nel mondo esistono molte cose incorruttibili, quali i corpi celesti e le sostanze intellettuali. Quindi il mondo non ha incominciato ad esistere [ma è sempre esistito].
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[30391] Iª q. 46 a. 1 arg. 3 Praeterea, nullum ingenitum incoepit esse. Sed philosophus probat in I Physic., quod materia est ingenita; et in I de caelo et mundo, quod caelum est ingenitum. Non ergo universitas rerum incoepit esse.
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[30391] Iª q. 46 a. 1 arg. 3
3.Nessuna cosa improducibile ha incominciato ad esistere. Ora il Filosofo dimostra che la materia è improducibile; così pure il cielo. Dunque l'esistenza dell'universo creato non ha avuto inizio.
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[30392] Iª q. 46 a. 1 arg. 4 Praeterea, vacuum est ubi non est corpus, sed possibile est esse. Sed si mundus incoepit esse, ubi nunc est corpus mundi, prius non fuit aliquod corpus, et tamen poterat ibi esse, alioquin nunc ibi non esset. Ergo ante mundum fuit vacuum, quod est impossibile.
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[30392] Iª q. 46 a. 1 arg. 4
4. Il vuoto è il luogo dove non vi è un corpo, ma dove un corpo può trovarsi. Ora, se il mondo ha incominciato ad essere, nel luogo dove ora si trova il corpo del mondo prima non c'era nessun corpo: e tuttavia poteva trovarvisi, altrimenti ora non vi si troverebbe. Dunque il mondo sarebbe esistito prima del vuoto: il che è assurdo.
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[30393] Iª q. 46 a. 1 arg. 5 Praeterea, nihil de novo incipit moveri, nisi per hoc quod movens vel mobile aliter se habet nunc quam prius. Sed quod aliter se habet nunc quam prius, movetur. Ergo ante omnem motum de novo incipientem, fuit aliquis motus. Motus ergo semper fuit. Ergo et mobile, quia motus non est nisi in mobili.
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[30393] Iª q. 46 a. 1 arg. 5
5. Niente può incominciare ad esser mosso, se non perché il motore o il mobile viene a trovarsi adesso in una condizione diversa da quella di prima. Ma se ammettiamo che la creazione si trova ora in una condizione diversa da quella di prima, abbiamo già ammesso il moto. Perciò prima di tutti i moti che hanno un inizio, sarebbe già esistito un moto. Dunque il moto è sempre esistito. E quindi anche il soggetto mobile: perché il moto non ha luogo che in un soggetto.
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[30394] Iª q. 46 a. 1 arg. 6 Praeterea, omne movens aut est naturale, aut est voluntarium. Sed neutrum incipit movere, nisi aliquo motu praeexistente. Natura enim semper eodem modo operatur. Unde, nisi praecedat aliqua immutatio vel in natura moventis vel in mobili, non incipiet a movente naturali esse motus, qui non fuit prius. Voluntas autem absque sui immutatione retardat facere quod proponit, sed hoc non est nisi per aliquam immutationem quam imaginatur, ad minus ex parte ipsius temporis. Sicut qui vult facere domum cras, et non hodie, expectat aliquid futurum cras, quod hodie non est; et ad minus expectat quod dies hodiernus transeat, et crastinus adveniat; quod sine mutatione non est, quia tempus est numerus motus. Relinquitur ergo quod ante omnem motum de novo incipientem, fuit alius motus. Et sic idem quod prius.
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[30394] Iª q. 46 a. 1 arg. 6
6. Ogni causa motrice è d'ordine fisico o è dotata di volontà. Ma né l'una né l'altra incomincerà a muovere senza un moto antecedente. Difatti la natura fisica opera sempre allo stesso modo. Perciò se non vi è in precedenza una mutazione o nella natura della causa movente o nel soggetto che viene mosso, non s'inizierà da un agente fisico un movimento, che prima non esisteva. La volontà invece può, senza mutare se stessa, tardare a compiere quello che propone: ma anche questo [suo agire a effetto ritardato] non si ha che in base a un mutamento presente alla immaginazione, almeno per quanto riguarda il tempo. Per es., se uno vuol costruire la casa domani e non oggi, attende un futuro domani, che non è l'oggi; o per lo meno aspetta che passi la giornata di oggi e venga quella di domani: cosa questa che non si ha senza mutazione, poiché il tempo non è che misura del moto. Rimane perciò che prima di ogni moto che ha inizio, esisteva già un moto. Perciò si conclude come sopra.
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[30395] Iª q. 46 a. 1 arg. 7 Praeterea, quidquid est semper in principio et semper in fine, nec incipere nec desinere potest, quia quod incipit, non est in suo fine; quod autem desinit, non est in suo principio. Sed tempus semper est in suo principio et fine, quia nihil est temporis nisi nunc, quod est finis praeteriti, et principium futuri. Ergo tempus nec incipere nec desinere potest. Et per consequens nec motus, cuius numerus tempus est.
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[30395] Iª q. 46 a. 1 arg. 7
7. Ciò che si trova sempre all’inizio e al suo termine, non può né cominciare né finire; poiché quello che incomincia non è al suo termine, e quello che finisce non si trova al suo inizio. Ora, il tempo si trova sempre all'inizio e al suo termine: poiché di tutto il tempo non esiste che l'istante, che è termine del passato e inizio del futuro. Perciò il tempo non può né cominciare né finire. E per conseguenza neppure il moto, di cui il tempo è misura.
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[30396] Iª q. 46 a. 1 arg. 8 Praeterea, Deus aut est prior mundo natura tantum, aut duratione. Si natura tantum, ergo, cum Deus sit ab aeterno, et mundus est ab aeterno. Si autem est prior duratione; prius autem et posterius in duratione constituunt tempus, ergo ante mundum fuit tempus; quod est impossibile.
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[30396] Iª q. 46 a. 1 arg. 8
8. Dio o è prima del mondo soltanto per natura, oppure anche per la durata. Se soltanto per natura, allora siccome Dio esista da tutta l'eternità, anche il mondo esiste da tutta l'eternità. Se. Invece è prima per la durata, allora, siccome il prima e il dopo di durata costituiscono il tempo, il tempo sarebbe esistito prima del mondo, il che è assurdo.
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[30397] Iª q. 46 a. 1 arg. 9 Praeterea, posita causa sufficienti, ponitur effectus, causa enim ad quam non sequitur effectus, est causa imperfecta, indigens alio ad hoc quod effectus sequatur. Sed Deus est sufficiens causa mundi; et finalis, ratione suae bonitatis; et exemplaris, ratione suae sapientiae; et effectiva, ratione suae potentiae; ut ex superioribus patet. Cum ergo Deus sit ab aeterno, et mundus fuit ab aeterno.
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[30397] Iª q. 46 a. 1 arg. 9
9. Posta una causa adeguata è posto anche l'effetto: difatti la causa dalla quale non segue l'effetto è una causa inefficace, bisognosa di qualche cos'altro per produrre l'effetto. Ma Dio è causa adeguata del mondo: causa finale, a motivo della sua bontà; esemplare per la sua sapienza; ed efficiente per la sua potenza; come si dimostrò a suo tempo. Siccome dunque Dio esiste da tutta l'eternità, anche il mondo è esistito dall'eternità.
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[30398] Iª q. 46 a. 1 arg. 10 Praeterea, cuius actio est aeterna, et effectus aeternus. Sed actio Dei est eius substantia, quae est aeterna. Ergo et mundus est aeternus.
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[30398] Iª q. 46 a. 1 arg. 10
10. Se un essere ha l'operazione eterna, anche il suo effetto sarà eterno. Ora l'operazione di Dio è la sua stessa sostanza, che è eterna. Perciò anche il mondo è eterno.
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[30399] Iª q. 46 a. 1 s. c. Sed contra est quod dicitur Ioan. XVII, clarifica me, pater, apud temetipsum, claritate quam habui priusquam mundus fieret; et Proverb. VIII, dominus possedit me in initio viarum suarum, antequam quidquam faceret a principio.
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[30399] Iª q. 46 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto nel Vangelo: "Tu, o Padre, glorificami presso te stesso con la gloria che ebbi presso di te, quando il mondo non era"; e nei Proverbi: "Il Signore mi ebbe con sé all'inizio delle sue imprese, innanzi che alcuna cosa facesse, da principio".
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[30400] Iª q. 46 a. 1 co. Respondeo dicendum nihil praeter Deum ab aeterno fuisse. Et hoc quidem ponere non est impossibile. Ostensum est enim supra quod voluntas Dei est causa rerum. Sic ergo aliqua necesse est esse, sicut necesse est Deum velle illa, cum necessitas effectus ex necessitate causae dependeat, ut dicitur in V Metaphys. Ostensum est autem supra quod, absolute loquendo, non est necesse Deum velle aliquid nisi seipsum. Non est ergo necessarium Deum velle quod mundus fuerit semper. Sed eatenus mundus est, quatenus Deus vult illum esse, cum esse mundi ex voluntate Dei dependeat sicut ex sua causa. Non est igitur necessarium mundum semper esse. Unde nec demonstrative probari potest. Nec rationes quas ad hoc Aristoteles inducit, sunt demonstrativae simpliciter, sed secundum quid, scilicet ad contradicendum rationibus antiquorum, ponentium mundum incipere secundum quosdam modos in veritate impossibiles. Et hoc apparet ex tribus. Primo quidem, quia tam in VIII Physic. quam in I de caelo, praemittit quasdam opiniones, ut Anaxagorae et Empedoclis et Platonis, contra quos rationes contradictorias inducit. Secundo, quia, ubicumque de hac materia loquitur, inducit testimonia antiquorum, quod non est demonstratoris, sed probabiliter persuadentis. Tertio, quia expresse dicit in I Lib. Topic., quod quaedam sunt problemata dialectica, de quibus rationes non habemus, ut utrum mundus sit aeternus.
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[30400] Iª q. 46 a. 1 co.
RISPONDO: Niente all'infuori di Dio è esistito da tutta l'eternità. E questa affermazione non è davvero insostenibile. Infatti abbiamo già dimostrato che causa delle cose è la volontà di Dio. Cosicché tanto è necessario che le cose esistano, quanto è necessario che Dio le faccia oggetto del suo volere: dal momento che la necessità dell'effetto dipende dalla necessità della causa, come dice Aristotele. Ora abbiamo già dimostrato che, assolutamente parlando, non c’è necessità per Iddio di volere qualche cosa all'infuori di se stesso. Non è quindi dimostrato che Dio debba volere che il mondo sia sempre esistito. Ma è evidente soltanto che il mondo esiste in quanto Dio vuole che esista: posto che l'esistenza del mondo dipende dalla volontà di Dio come da causa propria. Non è perciò necessario che il mondo sia sempre esistito. E quindi non si può provare con argomenti apodittici.
E neppure gli argomenti portati da Aristotele sono veramente dimostrativi, ma solo in un certo senso: servono cioè a confutare gli argomenti degli antichi filosofi, i quali ammettevano che il mondo avesse avuto inizio in maniera realmente insostenibile. E ciò appare evidente da tre indizi. Primo, dal fatto che sia nei libri sulla Fisica, come in quelli sul Cielo, premette alcune opinioni, cioè quelle di Anassagora, di Empedocle e di Platone, contro i quali porta degli argomenti contrari. - Secondo, dal fatto che in tutti i passi dove parla di questa materia, riporta le sentenze degli antichi: e questo non è l'atteggiamento di chi vuol dimostrare, ma di chi vuoi persuadere con argomenti probabili. - Terzo, perché espressamente egli afferma nella Topica, che esistono dei problemi dialettici, sui quali non abbiamo veri argomenti, come la questione "se il mondo sia eterno".
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[30401] Iª q. 46 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod, antequam mundus esset, possibile fuit mundum esse, non quidem secundum potentiam passivam, quae est materia; sed secundum potentiam activam Dei. Et etiam secundum quod dicitur aliquid absolute possibile, non secundum aliquam potentiam sed ex sola habitudine terminorum, qui sibi non repugnant; secundum quod possibile opponitur impossibili, ut patet per philosophum, in V Metaphys.
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[30401] Iª q. 46 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Prima che il mondo esistesse era possibile [ossia era cosa atta ad esistere], ma non in forza di una potenza passiva, qual è la materia, bensì in forza della potenza attiva di Dio. Oppure era possibile, come quando usiamo il termine possibile, non in ordine ad una potenza reale, ma soltanto per l'associabilità dei termini [mondo - esistenza], i quali reciprocamente non si escludono; cioè nel senso che il termine possibile assume quando si oppone ad assurdo, come spiega Aristotele.
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[30402] Iª q. 46 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod illud quod habet virtutem ut sit semper ex quo habet illam virtutem, non quandoque est et quandoque non est, sed antequam haberet illam virtutem, non fuit. Unde haec ratio, quae ponitur ab Aristotele in I de caelo, non concludit simpliciter quod incorruptibilia non incoeperunt esse, sed quod non incoeperunt esse per modum naturalem, quo generabilia et corruptibilia incipiunt esse.
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[30402] Iª q. 46 a. 1 ad 2
2. Ciò che ha la possibilità di esistere sempre, da quando ha ricevuto tale capacità si trova nella condizione di non esistere ora sì e ora no: ma prima di ricevere quella capacità non esisteva. Perciò questo argomento, avanzato da Aristotele, non conclude propriamente che le cose incorruttibili non hanno incominciato ad esistere: ma che non hanno incominciato ad esistere per una produzione naturale, nel modo che incominciano ad esistere le cose soggette alla generazione e alla corruzione.
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[30403] Iª q. 46 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod Aristoteles, in I Physic., probat materiam esse ingenitam, per hoc quod non habet subiectum de quo sit. In I autem de caelo et mundo, probat caelum ingenitum, quia non habet contrarium ex quo generetur. Unde patet quod per utrumque non concluditur nisi quod materia et caelum non incoeperunt per generationem, ut quidam ponebant, praecipue de caelo. Nos autem dicimus quod materia et coelum producta sunt in esse per creationem, ut ex dictis patet.
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[30403] Iª q. 46 a. 1 ad 3
3. Aristotele nella Fisica dimostra che la materia non è generata, per il fatto che non ha un sustrato dal quale poter derivare. E altrove dimostra che il ciclo non è generato, perché non si da un elemento contrario dal quale possa essere prodotto. Quindi è evidente che con i due argomenti non si può concludere altro che la materia e il cielo non hanno avuto inizio per generazione, come alcuni ammettevano, specialmente per il cielo. Ma noi diciamo che la materia e il cielo sono venuti all'esistenza per creazione, come è chiaro da quanto si è detto.
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[30404] Iª q. 46 a. 1 ad 4 Ad quartum dicendum quod ad rationem vacui non sufficit in quo nihil est, sed requiritur quod sit spatium capax corporis, in quo non sit corpus, ut patet per Aristotelem, in IV Physic. Nos autem dicimus non fuisse locum aut spatium ante mundum.
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[30404] Iª q. 46 a. 1 ad 4
4. Per la definizione del vuoto non basta [dire] ciò che niente contiene; ma bisogna [parlare di] uno spazio capace di contenere un corpo, come spiega Aristotele. Ora noi diciamo che prima del mondo non esisteva né luogo né spazio.
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[30405] Iª q. 46 a. 1 ad 5 Ad quintum dicendum quod primus motor semper eodem modo se habuit primum autem mobile non semper eodem modo se habuit, quia incoepit esse, cum prius non fuisset. Sed hoc non fuit per mutationem, sed per creationem, quae non est mutatio, ut supra dictum est. Unde patet quod haec ratio, quam ponit Aristoteles in VIII Physic., procedit contra eos qui ponebant mobilia aeterna, sed motum non aeternum; ut patet ex opinionibus Anaxagorae et Empedoclis. Nos autem ponimus, ex quo mobilia incoeperunt, semper fuisse motum.
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[30405] Iª q. 46 a. 1 ad 5
5. Il primo motore è stato sempre allo stesso modo: invece il primo mobile non è stato sempre alla stessa maniera, perché ha incominciato ad essere, mentre prima non esisteva. Questo però non avvenne per una mutazione, ma per creazione che non è mutazione, come già abbiamo spiegato. Perciò è chiaro che questo argomento di Aristotele ha valore contro coloro che ammettono dei soggetti movibili eterni, e negano poi il moto eterno; come vediamo nelle opinioni di Anassagora e di Empedocle. Noi invece sosteniamo che il moto è sempre esistito dal momento che enti mobili ebbero inizio.
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[30406] Iª q. 46 a. 1 ad 6 Ad sextum dicendum quod primum agens est agens voluntarium. Et quamvis habuit voluntatem aeternam producendi aliquem effectum, non tamen produxit aeternum effectum. Nec est necesse quod praesupponatur aliqua mutatio, nec etiam propter imaginationem temporis. Aliter enim est intelligendum de agente particulari, quod praesupponit aliquid, et causat alterum, et aliter de agente universali, quod producit totum. Sicut agens particulare producit formam, et praesupponit materiam, unde oportet quod formam inducat secundum proportionem ad debitam materiam. Unde rationabiliter in ipso consideratur quod inducit formam in talem materiam et non in aliam, ex differentia materiae ad materiam. Sed hoc non rationabiliter consideratur in Deo, qui simul producit formam et materiam, sed consideratur rationabiliter in eo, quod ipse producit materiam congruam formae et fini. Agens autem particulare praesupponit tempus, sicut et materiam. Unde rationabiliter consideratur in eo, quod agit in tempore posteriori et non in priori, secundum imaginationem successionis temporis post tempus. Sed in agente universali, quod producit rem et tempus, non est considerare quod agat nunc et non prius, secundum imaginationem temporis post tempus, quasi tempus praesupponatur eius actioni, sed considerandum est in eo, quod dedit effectui suo tempus quantum voluit, et secundum quod conveniens fuit ad suam potentiam demonstrandam. Manifestius enim mundus ducit in cognitionem divinae potentiae creantis, si mundus non semper fuit, quam si semper fuisset, omne enim quod non semper fuit, manifestum est habere causam; sed non ita manifestum est de eo quod semper fuit.
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[30406] Iª q. 46 a. 1 ad 6
6. La prima causa efficiente è una causa dotata di volontà. E sebbene abbia avuto dall'eternità il proposito di produrre un dato effetto, tuttavia non produsse un effetto eterno. E non è necessario presupporre una mutazione, neppure per una rappresentazione immaginaria del tempo. Infatti un conto è parlare di un agente particolare il quale presuppone qualche cosa mentre ne causa un'altra; e un conto è parlare di un agente universale che produce ogni cosa. Così l'agente particolare produce la forma e presuppone la materia: perciò è necessario che imprima la nuova forma ben proporzionata alla corrispettiva materia. E quindi giusto osservare a suo riguardo che imprime la forma in tale materia e non in un'altra, per la differenza tra materia e materia. Ma non è ragionevole fare questa considerazione riguardo a Dio, il quale produce insieme materia e forma: si osserva piuttosto con ragione che egli stesso produsse la materia adatta alla torma e al fine. - Ora, la causa agente particolare presuppone il tempo come presuppone la materia. Perciò è giusto far notare a suo riguardo che essa agisce o dopo o prima, nella successione immaginaria del tempo. Ma per la causa universale che produce le cose e il tempo non ha senso domandarsi se agisce ora e non prima in base a una rappresentazione immaginaria del tempo, come se il tempo fosse un presupposto della sua azione: bisogna piuttosto far notare qui che questa causa ha stabilito il tempo ai suoi effetti come ha voluto, secondo che era più conveniente per mostrare la propria potenza. Infatti il mondo porta allo, cognizione della potenza creatrice di Dio in maniera più evidente, se non è sempre esistito, che se fosse sempre esistito: poiché è evidente che un essere, il quale non sempre è esistito, ha una causa; la cosa invece non è così patente per un essere che è sempre esistito.
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[30407] Iª q. 46 a. 1 ad 7 Ad septimum dicendum quod, sicut dicitur in IV Physic., prius et posterius est in tempore, secundum quod prius et posterius est in motu. Unde principium et finis accipienda sunt in tempore, sicut et in motu. Supposita autem aeternitate motus, necesse est quod quodlibet momentum in motu acceptum sit principium et terminus motus, quod non oportet, si motus incipiat. Et eadem ratio est de nunc temporis. Et sic patet quod ratio illa instantis nunc, quod semper sit principium et finis temporis, praesupponit aeternitatem temporis et motus. Unde Aristoteles hanc rationem inducit, in VIII Physic., contra eos qui ponebant aeternitatem temporis, sed negabant aeternitatem motus.
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[30407] Iª q. 46 a. 1 ad 7
7. Nel tempo si trova il prima e il dopo alla stessa maniera che si trova nel moto, come afferma Aristotele. Perciò inizio e termine valgono per il tempo come per il moto. Supposta dunque l'eternità del moto, è necessario che ogni determinato momento del moto sia principio e termine di moto: il che non ne viene necessariamente se il moto ha inizio. E la stessa ragione vale per l'istante del tempo. E così è dimostrato che quell'argomento, dell'istante attuale che sarebbe sempre inizio e termine di tempo, presuppone l'eternità del tempo e del moto. Perciò Aristotele porta questa ragione contro coloro i quali, pur ammettendo l'eternità del tempo, negano l'eternità del moto.
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[30408] Iª q. 46 a. 1 ad 8 Ad octavum dicendum quod Deus est prior mundo duratione. Sed ly prius non designat prioritatem temporis, sed aeternitatis. Vel dicendum quod designat aeternitatem temporis imaginati, et non realiter existentis. Sicut, cum dicitur, supra caelum nihil est, ly supra designat locum imaginatum tantum, secundum quod possibile est imaginari dimensionibus caelestis corporis dimensiones alias superaddi.
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[30408] Iª q. 46 a. 1 ad 8
8. Dio è prima del mondo quanto alla durata. Ma qui il termine prima non indica priorità di tempo, bensì di eternità. - Oppure si può rispondere che designa un'eternità di tempo non reale ma immaginario. Come quando si dice: sopra il cielo non c’è nulla, quel sopra indica soltanto uno spazio immaginario, nel senso che è possibile immaginare come aggiunte alle dimensioni dei corpi celesti altre dimensioni.
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[30409] Iª q. 46 a. 1 ad 9 Ad nonum dicendum quod, sicut effectus sequitur a causa agente naturaliter secundum modum suae formae, ita sequitur ab agente per voluntatem secundum formam ab eo praeconceptam et definitam, ut ex superioribus patet. Licet igitur Deus ab aeterno fuerit sufficiens causa mundi, non tamen oportet quod ponatur mundus ab eo productus, nisi secundum quod est in praedefinitione suae voluntatis; ut scilicet habeat esse post non esse, ut manifestius declaret suum auctorem.
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[30409] Iª q. 46 a. 1 ad 9
9. L'effetto, come segue dalla causa agente di ordine fisico secondo la di lei forma [o natura], così deriva da un. agente dotato di volontà secondo la forma da questo premeditata e definita, come altrove si o spiegato. Sebbene dunque Dio sia stato da tutta l'eternità causa efficace del mondo, tuttavia non è necessario ammettere che il mondo da lui sia stato prodotto altrimenti che per una determinazione della divina volontà; cioè in modo che avesse l'esistenza dopo la sua inesistenza, così da manifestare più chiaramente il suo autore.
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[30410] Iª q. 46 a. 1 ad 10 Ad decimum dicendum quod, posita actione, sequitur effectus secundum exigentiam formae quae est principium actionis. In agentibus autem per voluntatem, quod conceptum est et praedefinitum, accipitur ut forma quae est principium actionis. Ex actione igitur Dei aeterna non sequitur effectus aeternus, sed qualem Deus voluit, ut scilicet haberet esse post non esse.
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[30410] Iª q. 46 a. 1 ad 10
10. Che posta la causa ne segua l'effetto, lo esige la forma che è principio d'operazione, ma in conformità della propria natura. Ora, negli agenti dotati di volontà figura come principio d'operazione quanto viene concepito e prestabilito. Perciò dall'operazione eterna di Dio non segue un effetto eterno: ma piuttosto segue un effetto, quale Dio lo volle, e cioè tale da ricevere resistenza dopo la non esistenza.
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