Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Uguaglianza e somiglianza delle Persone divine > Se tra le persone divine vi sia uguaglianza
Prima pars
Quaestio 42
Articulus 1
[30155] Iª q. 42 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod aequalitas non competat divinis personis. Aequalitas enim attenditur secundum unum in quantitate, ut patet per philosophum, V Metaphys. In divinis autem personis non invenitur neque quantitas continua intrinseca, quae dicitur magnitudo; neque quantitas continua extrinseca, quae dicitur locus et tempus; neque secundum quantitatem discretam invenitur in eis aequalitas, quia duae personae sunt plures quam una. Ergo divinis personis non convenit aequalitas.
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Prima parte
Questione 42
Articolo 1
[30155] Iª q. 42 a. 1 arg. 1
SEMBRA che tra le persone divine non vi sia uguaglianza. Infatti:
1. Come dice il Filosofo, l'uguaglianza si desume dal concordare nella quantità. Ora, tra le persone divine non c'è né la quantità continua intrinseca, chiamata estensione; né la quantità continua estrinseca, cioè il luogo e il tempo. E non c'è neppure tra loro l'uguaglianza nella quantità discreta, perché due persone sono più di una. Quindi alle persone divine non conviene l'uguaglianza.
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[30156] Iª q. 42 a. 1 arg. 2 Praeterea, divinae personae sunt unius essentiae, ut supra dictum est. Essentia autem significatur per modum formae. Convenientia autem in forma non facit aequalitatem, sed similitudinem. Ergo in divinis personis est dicenda similitudo, et non aequalitas.
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[30156] Iª q. 42 a. 1 arg. 2
2. Le persone divine, come si è detto, sono tutte di una stessa e identica essenza. Ora, l'essenza viene significata come una forma. Ma il concordare nella stessa forma non produce uguaglianza, ma solo somiglianza. Dunque tra le persone divine c'è somiglianza, ma non uguaglianza.
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[30157] Iª q. 42 a. 1 arg. 3 Praeterea, in quibuscumque invenitur aequalitas, illa sunt sibi invicem aequalia, quia aequale dicitur aequali aequale. Sed divinae personae non possunt sibi invicem dici aequales. Quia, ut Augustinus dicit, VI de Trin., imago, si perfecte implet illud cuius est imago, ipsa coaequatur ei, non illud imagini suae. Imago autem patris est filius, et sic pater non est aequalis filio. Non ergo in divinis personis invenitur aequalitas.
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[30157] Iª q. 42 a. 1 arg. 3
3. Le cose tra cui c'è uguaglianza sono uguali tra loro; infatti l'uguale si dice uguale all'uguale. Ma le persone divine non possono dirsi uguali l'una all'altra. Perché, come dice S. Agostino, "se l'immagine riproduce esattamente e perfettamente l'oggetto di cui è immagine, essa si adegua all'oggetto, non questo si adegua ad essa". Ora, il Figlio è immagine del Padre, perciò questi non è uguale al Figlio. Dunque tra le persone divine non c'è uguaglianza.
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[30158] Iª q. 42 a. 1 arg. 4 Praeterea, aequalitas relatio quaedam est. Sed nulla relatio est communis omnibus personis, cum secundum relationes personae ab invicem distinguantur. Non ergo aequalitas divinis personis convenit.
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[30158] Iª q. 42 a. 1 arg. 4
4. L'uguaglianza è una relazione. Ma nessuna relazione è comune alle persone divine: perché esse si distinguono tra loro appunto per le relazioni. Dunque alle persone divine non può convenire l'uguaglianza.
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[30159] Iª q. 42 a. 1 s. c. Sed contra est quod Athanasius dicit, quod tres personae coaeternae sibi sunt et coaequales.
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[30159] Iª q. 42 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: È detto nel Simbolo Atanasiano che "le tre persone sono coeterne ed uguali tra loro".
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[30160] Iª q. 42 a. 1 co. Respondeo dicendum quod necesse est ponere aequalitatem in divinis personis. Quia secundum philosophum, in X Metaphys., aequale dicitur quasi per negationem minoris et maioris. Non autem possumus in divinis personis ponere aliquid maius et minus, quia, ut Boetius dicit, in libro de Trin., eos differentia, scilicet deitatis, comitatur, qui vel augent vel minuunt, ut Ariani, qui gradibus meritorum Trinitatem variantes distrahunt, atque in pluralitatem deducunt. Cuius ratio est, quia inaequalium non potest esse una quantitas numero. Quantitas autem in divinis non est aliud quam eius essentia. Unde relinquitur quod, si esset aliqua inaequalitas in divinis personis, quod non esset in eis una essentia, et sic non essent tres personae unus Deus, quod est impossibile. Oportet igitur aequalitatem ponere in divinis personis.
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[30160] Iª q. 42 a. 1 co.
RISPONDO: È necessario ammettere che tra le persone divine c'è uguaglianza. Infatti, secondo il Filosofo, si ha il concetto di uguale escludendo il più e il meno. Ora, non possiamo ammettere che tra le persone divine ci sia il più e il meno: perché, come dice Boezio "sono costretti a riconoscere delle discrepanze" nella divinità "coloro che ammettono in Dio il più e il meno, come gli Ariani, i quali con lo stabilire dei gradi distruggono la Trinità e la riducono a una pluralità".
E il motivo è questo, che le cose disuguali non possono avere un'unica quantità. Ora, la quantità in Dio non è altro che la sua essenza. Donde segue che se nelle persone divine ci fosse qualche disuguaglianza, non potrebbero avere un'unica essenza: e così le tre persone non sarebbero un Dio solo, il che è inammissibile. Perciò bisogna ammettere l'uguaglianza tra le divine persone.
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[30161] Iª q. 42 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod duplex est quantitas. Una scilicet quae dicitur quantitas molis, vel quantitas dimensiva, quae in solis rebus corporalibus est, unde in divinis personis locum non habet. Sed alia est quantitas virtutis, quae attenditur secundum perfectionem alicuius naturae vel formae, quae quidem quantitas designatur secundum quod dicitur aliquid magis vel minus calidum, inquantum est perfectius vel minus perfectum in caliditate. Huiusmodi autem quantitas virtualis attenditur primo quidem in radice, idest in ipsa perfectione formae vel naturae, et sic dicitur magnitudo spiritualis, sicut dicitur magnus calor propter suam intensionem et perfectionem. Et ideo dicit Augustinus, VI de Trin., quod in his quae non mole magna sunt, hoc est maius esse, quod est melius esse, nam melius dicitur quod perfectius est. Secundo autem attenditur quantitas virtualis in effectibus formae. Primus autem effectus formae est esse, nam omnis res habet esse secundum suam formam. Secundus autem effectus est operatio, nam omne agens agit per suam formam. Attenditur igitur quantitas virtualis et secundum esse, et secundum operationem, secundum esse quidem, inquantum ea quae sunt perfectioris naturae, sunt maioris durationis; secundum operationem vero, inquantum ea quae sunt perfectioris naturae, sunt magis potentia ad agendum. Sic igitur, ut Augustinus dicit, in libro de fide ad Petrum, aequalitas intelligitur in patre et filio et spiritu sancto, inquantum nullus horum aut praecedit aeternitate, aut excedit magnitudine, aut superat potestate.
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[30161] Iª q. 42 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Ci sono due specie di quantità. La prima è quella di mole, o di estensione, che, essendo propria delle cose corporee, non si può trovare in Dio. L'altra è la quantità di intensità, che si desume dal grado di perfezione della natura o della forma: si parla di questa quantità quando un corpo si dice più o meno caldo, per indicare che più o meno perfettamente partecipa del calore. La grandezza di questa quantità intensiva si desume, in primo luogo, dalla sua radice, cioè dalla perfezione della natura o forma: e in quesio senso si può parlare di grandezza spirituale, come si parla di grande calore a motivo della sua intensità e perfezione. In tal senso S. Agostino dice che "tra le cose che sono grandi senza essere estese, è più grande quella che è migliore": infatti diciamo che è migliore ciò che è più perfetto. In secondo luogo si desume dagli effetti della forma. Il primo effetto della forma è l'essere: giacché ogni cosa ha l'essere dalla propria forma. L'altro effetto è l'operazione: giacché ogni agente agisce in forza della propria forma. Perciò la misura quantitativa dell'intensità si desume e dall'essere e dall'operazione: dall'essere in quanto le cose di natura più perfetta sono anche più durature; dall'operazione, in quanto le cose di natura più perfetta sono anche più capaci di agire. Perciò, come dice S. Agostino, l'uguaglianza tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo "sta in questo, che nessuno di loro precede l'altro nell'eternità, o lo sorpassa nella grandezza, o lo supera nella potenza".
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[30162] Iª q. 42 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod ubi attenditur aequalitas secundum quantitatem virtualem, aequalitas includit in se similitudinem, et aliquid plus, quia excludit excessum. Quaecumque enim communicant in una forma, possunt dici similia, etiamsi inaequaliter illam formam participant, sicut si dicatur aer esse similis igni in calore, sed non possunt dici aequalia, si unum altero perfectius formam illam participet. Et quia non solum una est natura patris et filii, sed etiam aeque perfecte est in utroque, ideo non solum dicimus filium esse similem patri, ut excludatur error Eunomii; sed etiam dicimus aequalem, ut excludatur error Arii.
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[30162] Iª q. 42 a. 1 ad 2
2. Dove l'uguaglianza si desume dalla quantità di intensità, essa include la somiglianza e vi aggiunge in più l'esclusione di una preminenza. Infatti le cose che hanno la stessa forma si possono bensì dire simili, anche se la partecipano in grado differente; l'aria, p. es., può dirsi simile al fuoco nel calore: però non si possono dire uguali se una partecipa la forma più perfettamente dell'altra. Ora, il Padre e il Figlio non solo hanno la stessa natura, ma l'hanno in modo ugualmente perfetto; perciò il Figlio non solo si dice simile al Padre, per escludere l'errore di Eunomio, ma contro quello di Ario lo si dice anche uguale.
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[30163] Iª q. 42 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod aequalitas vel similitudo dupliciter potest significari in divinis, scilicet per nomina et per verba. Secundum quidem quod significatur per nomina, mutua aequalitas dicitur in divinis personis et similitudo, filius enim est aequalis et similis patri, et e converso. Et hoc ideo, quia essentia divina non magis est patris quam filii, unde, sicut filius habet magnitudinem patris, quod est esse eum aequalem patri, ita pater habet magnitudinem filii, quod est esse eum aequalem filio. Sed quantum ad creaturas, ut Dionysius dicit, IX cap. de Div. Nom., non recipitur conversio aequalitatis et similitudinis. Dicuntur enim causata similia causis, inquantum habent formam causarum, sed non e converso, quia forma principaliter est in causa, et secundario in causato. Sed verba significant aequalitatem cum motu. Et licet motus non sit in divinis, est tamen ibi accipere. Quia igitur filius accipit a patre unde est aequalis ei, et non e converso, propter hoc dicimus quod filius coaequatur patri, et non e converso.
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[30163] Iª q. 42 a. 1 ad 3
3. L'uguaglianza e la somiglianza in Dio si possono esprimere in due modi, cioè coi nomi e coi verbi. Se si esprimono coi nomi, allora tanto l'una che l'altra ammettono la reciprocità, perché il Figlio è simile e uguale al Padre, e il Padre è simile e uguale al Figlio. E questo perché l'essenza divina non è più nel Padre che nel Figlio: perciò come il Figlio ha la grandezza del Padre, e quindi è uguale al Padre, così il Padre ha la grandezza del Figlio ed è uguale al Figlio. Invece nelle creature, come dice Dionigi, (questo non avviene, cioè) "non c'è questa reciprocità di uguaglianza e di somiglianza". Tanto è vero che gli effetti si dicono simili alle loro cause, perché ne hanno in sé la forma, ma non viceversa; perché la forma si trova principalmente nelle cause e solo secondariamente negli effetti. - I verbi però esprimono l'uguaglianza unita all'idea di movimento. E sebbene il moto in Dio non esista, tuttavia c'è in lui (il dare e) il ricevere. Quindi poiché il Figlio riceve dal Padre, diciamo che il Figlio uguaglia il Padre e non viceversa.
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[30164] Iª q. 42 a. 1 ad 4 Ad quartum dicendum quod in divinis personis nihil est considerare nisi essentiam, in qua communicant, et relationes, in quibus distinguuntur. Aequalitas autem utrumque importat, scilicet distinctionem personarum, quia nihil sibi ipsi dicitur aequale; et unitatem essentiae, quia ex hoc personae sunt sibi invicem aequales, quod sunt unius magnitudinis et essentiae. Manifestum est autem quod idem ad seipsum non refertur aliqua relatione reali. Nec iterum una relatio refertur ad aliam per aliquam aliam relationem, cum enim dicimus quod paternitas opponitur filiationi, oppositio non est relatio media inter paternitatem et filiationem. Quia utroque modo relatio multiplicaretur in infinitum. Et ideo aequalitas et similitudo in divinis personis non est aliqua realis relatio distincta a relationibus personalibus, sed in suo intellectu includit et relationes distinguentes personas, et essentiae unitatem. Et propterea Magister dicit, in XXXI dist. I Sent., quod in his appellatio tantum est relativa.
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[30164] Iª q. 42 a. 1 ad 4
4. Nelle persone divine non c'è altro che l'essenza in cui comunicano, e le relazioni per le quali si distinguono. L'uguaglianza importa queste due cose: la distinzione delle persone, perché nessuna cosa può dirsi uguale a se stessa; e l'unità dell'essenza, perché le persone si dicono uguali tra loro precisamente perché sono di un'unica essenza e grandezza. È poi chiaro che nessuna cosa si riferisce a se medesima per una relazione reale. Così pure è evidente che una relazione non si riferisce ad un'altra mediante una terza relazione: difatti, quando diciamo che la paternità si oppone alla filiazione, l'opposizione non è una terza relazione interposta tra la paternità e la filiazione. Perché altrimenti in tutti e due i casi si andrebbe all'infinito. Perciò l'uguaglianza e la somiglianza delle persone divine non è un'altra relazione reale distinta dalle relazioni personali (paternità, filiazione, spirazione): ma nel suo concetto include sia le relazioni che distinguono le persone come l'unità dell'essenza. Per questo il Maestro delle Sentenze dice che nelle persone divine "soltanto le denominazioni sono relative".
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