I, 31

Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Modi di esprimere l'unità e la pluralità in Dio


Prima pars
Quaestio 31
Prooemium

[29730] Iª q. 31 pr.
Post haec considerandum est de his quae ad unitatem vel pluralitatem pertinent in divinis. Et circa hoc quaeruntur quatuor.
Primo, de ipso nomine Trinitatis.
Secundo, utrum possit dici, filius est alius a patre.
Tertio, utrum dictio exclusiva, quae videtur alietatem excludere, possit adiungi nomini essentiali in divinis.
Quarto, utrum possit adiungi termino personali.

 
Prima parte
Questione 31
Proemio

[29730] Iª q. 31 pr.
Consideriamo ora, dopo quanto si è detto, i modi di esprimere l'unità e la pluralità in Dio. E su tale argomento si pongono quattro quesiti;
1. Sul nome stesso di Trinità.
2. Se si possa dire: il Figlio è un altro rispetto al Padre;
3. Se a un termine essenziale si possa aggiungere una voce restrittiva [p. es. solo] che esclude altri;
4. Se tale aggiunta si possa fare ai termini personali.




Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Modi di esprimere l'unità e la pluralità in Dio > Se in Dio vi sia trinità


Prima pars
Quaestio 31
Articulus 1

[29731] Iª q. 31 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod non sit Trinitas in divinis. Omne enim nomen in divinis vel significat substantiam, vel relationem. Sed hoc nomen Trinitas non significat substantiam, praedicaretur enim de singulis personis. Neque significat relationem, quia non dicitur secundum nomen ad aliud. Ergo nomine Trinitatis non est utendum in divinis.

 
Prima parte
Questione 31
Articolo 1

[29731] Iª q. 31 a. 1 arg. 1
SEMBRA che in Dio non ci sia trinità. Infatti:
1. Ogni nome in Dio significa essenza o relazione. Ma il termine trinità non significa l'essenza; perché altrimenti si potrebbe predicare delle singole persone. E non significa neppure le relazioni: perché non è un termine relativo. Dunque il termine trinità non si deve usare parlando di Dio.

[29732] Iª q. 31 a. 1 arg. 2
Praeterea, hoc nomen Trinitas videtur esse nomen collectivum, cum significet multitudinem. Tale autem nomen non convenit in divinis, cum unitas importata per nomen collectivum sit minima unitas, in divinis autem est maxima unitas. Ergo hoc nomen Trinitas non convenit in divinis.

 

[29732] Iª q. 31 a. 1 arg. 2
2. Il termine trinità, significando una moltitudine, è un nome collettivo. Ora, nessun nome simile si addice a Dio; perché l'unità espressa dal nomi collettivi è minima, mentre in Dio c'è l'unità massima, Quindi il termine trinità non deve usarsi parlando di Dio.

[29733] Iª q. 31 a. 1 arg. 3
Praeterea, omne trinum est triplex. Sed in Deo non est triplicitas, cum triplicitas sit species inaequalitatis. Ergo nec Trinitas.

 

[29733] Iª q. 31 a. 1 arg. 3
3. Tutto ciò che è trino è triplice. Ma in Dio non si dà triplicità; perché questa è una specie di disuguaglianza. Perciò non c'è neppure trinità.

[29734] Iª q. 31 a. 1 arg. 4
Praeterea, quidquid est in Deo, est in unitate essentiae divinae, quia Deus est sua essentia. Si igitur Trinitas est in Deo, erit in unitate essentiae divinae. Et sic in Deo erunt tres essentiales unitates, quod est haereticum.

 

[29734] Iª q. 31 a. 1 arg. 4
4. Tutto ciò che è in Dio partecipa dell'unità dell'essenza divina, essendo Dio la sua stessa essenza. Se dunque in Dio ci fosse trinità. questa dovrebbe essere nell'unità stessa della essenza divina. E così vi sarebbero in Dio tre unità essenziali: il che è eretico.

[29735] Iª q. 31 a. 1 arg. 5
Praeterea, in omnibus quae dicuntur de Deo, concretum praedicatur de abstracto, deitas enim est Deus, et paternitas est pater. Sed Trinitas non potest dici trina, quia sic essent novem res in divinis, quod est erroneum. Ergo nomine Trinitatis non est utendum in divinis.

 

[29735] Iª q. 31 a. 1 arg. 5
5. In tutto ciò che si dice di Dio il concreto si può predicare dell'astratto: la deità è Dio, la paternità è il Padre. Ma la trinità non si può dire trina: perché allora in Dio ci sarebbero nove entità reali; e questo è falso. Dunque parlando di Dio non si deve usare il termine trinità.

[29736] Iª q. 31 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Athanasius dicit, quod unitas in Trinitate, et Trinitas in unitate veneranda sit.

 

[29736] Iª q. 31 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Dice S. Atanasio, che «si deve venerare l'unità nella trinità e la trinità nell'unità».

[29737] Iª q. 31 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod nomen Trinitatis in divinis significat determinatum numerum personarum. Sicut igitur ponitur pluralitas personarum in divinis, ita utendum est nomine Trinitatis, quia hoc idem quod significat pluralitas indeterminate, significat hoc nomen Trinitas determinate.

 

[29737] Iª q. 31 a. 1 co.
RISPONDO: Il termine trinità in Dio significa un determinato numero di persone. Perciò come si ammette la pluralità delle persone, così si deve ammettere la loro trinità; perché ciò che pluralità indica in modo indeterminato, [lo stesso, ma] in modo determinato, lo significa trinità.

[29738] Iª q. 31 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod hoc nomen Trinitas, secundum etymologiam vocabuli, videtur significare unam essentiam trium personarum, secundum quod dicitur Trinitas quasi trium unitas. Sed secundum proprietatem vocabuli, significat magis numerum personarum unius essentiae. Et propter hoc non possumus dicere quod pater sit Trinitas, quia non est tres personae. Non autem significat ipsas relationes personarum, sed magis numerum personarum ad invicem relatarum. Et inde est quod, secundum nomen, ad aliud non refertur.

 

[29738] Iª q. 31 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il termine trinità secondo la sua etimologia pare che significhi davvero l'unità di essenza delle tre persone, giacché trinità suona come trium unitas [unità di tre] Però, secondo il significato proprio della parola, esprime piuttosto il numero delle persone di un'unica essenza. E per questo non possiamo dire che il Padre sia trinità, perché non è tre persone. Non significa però le relazioni stesse delle persone, ma piuttosto il numero delle persone così riferite l'una all'altra. Da ciò deriva che trinità, in forza del suo significato, non appartiene al genere dei termini relativi.

[29739] Iª q. 31 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod nomen collectivum duo importat, scilicet pluralitatem suppositorum, et unitatem quandam, scilicet ordinis alicuius, populus enim est multitudo hominum sub aliquo ordine comprehensorum. Quantum ergo ad primum, hoc nomen Trinitas convenit cum nominibus collectivis, sed quantum ad secundum differt, quia in divina Trinitate non solum est unitas ordinis, sed cum hoc est etiam unitas essentiae.

 

[29739] Iª q. 31 a. 1 ad 2
2. Il nome collettivo include nel suo significato due elementi cioè la pluralità dei soggetti, e una certa unità di un ordine qualsiasi; infatti popolo è una moltitudine di uomini compresi sotto un certo ordine. Ora quanto al primo elemento il termine trinità rientra nei nomi collettivi: quanto al secondo ne differisce, perché nella trinità divina non c'è solo unità di ordine, ma anche unità di essenza.

[29740] Iª q. 31 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod Trinitas absolute dicitur, significat enim numerum ternarium personarum. Sed triplicitas significat proportionem inaequalitatis, est enim species proportionis inaequalis, sicut patet per Boetium in arithmetica. Et ideo non est in Deo triplicitas, sed Trinitas.

 

[29740] Iª q. 31 a. 1 ad 3
3.Trinità è nome assoluto: perché significa il numero ternario delle persone. Triplicità invece significa un rapporto di disuguaglianza: perché, come si ricava dall'Aritmetica di Boezio, è una delle specie di disuguaglianza. Perciò in Dio non c'è triplicità ma trinità.

[29741] Iª q. 31 a. 1 ad 4
Ad quartum dicendum quod in Trinitate divina intelligitur et numerus, et personae numeratae. Cum ergo dicimus Trinitatem in unitate, non ponimus numerum in unitate essentiae, quasi sit ter una, sed personas numeratas ponimus in unitate naturae, sicut supposita alicuius naturae dicuntur esse in natura illa. E converso autem dicimus unitatem in Trinitate, sicut natura dicitur esse in suis suppositis.

 

[29741] Iª q. 31 a. 1 ad 4
4. Nella trinità divina c'è il numero e ci sono le persone numerate. Quando dunque diciamo trinità nell'unità, non poniamo il numero nell'unità dell'essenza, quasi che questa sia tre volte una: ma poniamo le persone numerate nell'unità della natura, come quando diciamo che i soggetti di una natura sono in quella natura. Viceversa parliamo di unità nella trinità, come di una data natura nei suoi soggetti.

[29742] Iª q. 31 a. 1 ad 5
Ad quintum dicendum quod, cum dicitur, Trinitas est trina, ratione numeri importati significatur multiplicatio eiusdem numeri in seipsum, cum hoc quod dico trinum, importet distinctionem in suppositis illius de quo dicitur. Et ideo non potest dici quod Trinitas sit trina, quia sequeretur, si Trinitas esset trina, quod tria essent supposita Trinitatis; sicut cum dicitur, Deus est trinus, sequitur quod sunt tria supposita deitatis.

 

[29742] Iª q. 31 a. 1 ad 5
5. L'espressione la trinità è trina, in ragione del numero che vi è implicito indica che tale numero si moltiplica per se stesso, dato che trino include già la molteplicità delle cose a cui si applica. Perciò non si può dire che la trinità è trina: perché, se la trinità fosse trina, ne verrebbe che vi sarebbero tre suppositi in ciascuno dei quali si troverebbe la trinità; come dall'espressione, Dio è trino, ne segue che tre sono i suppositi della deità.




Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Modi di esprimere l'unità e la pluralità in Dio > Se il Figlio sia un altro rispetto al Padre


Prima pars
Quaestio 31
Articulus 2

[29743] Iª q. 31 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod filius non sit alius a patre. Alius enim est relativum diversitatis substantiae. Si igitur filius est alius a patre, videtur quod sit a patre diversus. Quod est contra Augustinum, VII de Trin., ubi dicit quod, cum dicimus tres personas, non diversitatem intelligere volumus.

 
Prima parte
Questione 31
Articolo 2

[29743] Iª q. 31 a. 2 arg. 1
SEMBRA che il Figlio non sia altro rispetto al Padre. Infatti: 1. Altro è termine relativo indicante diversità di sostanza. Se dunque il Figlio è un altro rispetto al Padre, sembra che sia diverso dal Padre; ma ciò è contrario a S. Agostino il quale afferma che con l'espressione tre persone «non vogliamo intendere alcuna diversità».

[29744] Iª q. 31 a. 2 arg. 2
Praeterea, quicumque sunt alii ab invicem, aliquo modo ab invicem differunt. Si igitur filius est alius a patre, sequitur quod sit differens a patre. Quod est contra Ambrosium, in I de fide, ubi ait, pater et filius deitate unum sunt, nec est ibi substantiae differentia, neque ulla diversitas.

 

[29744] Iª q. 31 a. 2 arg. 2
2. Tutti quelli che si distinguono per essere tra loro altri e altri, differiscono in qualche cosa. Se dunque il Figlio è un altro rispetto al Padre, ne segue che è differente dal Padre. Ora, questo è contrario a quanto dice S. Ambrogio: «il Padre e il Figlio sono una stessa cosa nella deità, e non c'è tra loro differenza di sostanza né alcun'altra diversità».

[29745] Iª q. 31 a. 2 arg. 3
Praeterea, ab alio alienum dicitur. Sed filius non est alienus a patre, dicit enim Hilarius, in VII de Trin., quod in divinis personis nihil est diversum, nihil alienum, nihil separabile. Ergo filius non est alius a patre.

 

[29745] Iª q. 31 a. 2 arg. 3
3. Alieno [estraneo] deriva dal latino alius [altro]. Ma il Figlio non è alieno rispetto al Padre: infatti S. Ilario afferma che nelle persone divine «non c'è nulla di diverso, nulla di alieno, nulla di separabile». Perciò il Figlio non è un altro rispetto al Padre.

[29746] Iª q. 31 a. 2 arg. 4
Praeterea, alius et aliud idem significant, sed sola generis consignificatione differunt. Si ergo filius est alius a patre, videtur sequi quod filius sit aliud a patre.

 

[29746] Iª q. 31 a. 2 arg. 4
4. Alius [altro] e aliud [altra cosa] hanno lo stesso significato e differiscono solo per il genere diverso. Se dunque il Figlio è un altro rispetto al Padre, pare che sia anche un'altra cosa rispetto al Padre.

[29747] Iª q. 31 a. 2 s. c.
Sed contra est quod Augustinus dicit, in libro de fide ad Petrum, una est enim essentia patris et filii et spiritus sancti, in qua non est aliud pater, aliud filius, aliud spiritus sanctus; quamvis personaliter sit alius pater, alius filius, alius spiritus sanctus.

 

[29747] Iª q. 31 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino dice: «una è l'essenza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, nella quale non è altra cosa il Padre, altra cosa il Figlio e altra cosa lo Spirito Santo; sebbene come persona altro sia il Padre, altro il Figlio e altro lo Spirito Santo».

[29748] Iª q. 31 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod, quia ex verbis inordinate prolatis incurritur haeresis, ut Hieronymus dicit, ideo cum de Trinitate loquimur, cum cautela et modestia est agendum, quia, ut Augustinus dicit, in I de Trin., nec periculosius alicubi erratur, nec laboriosius aliquid quaeritur, nec fructuosius aliquid invenitur. Oportet autem in his quae de Trinitate loquimur, duos errores oppositos cavere, temperate inter utrumque procedentes, scilicet errorem Arii, qui posuit cum Trinitate personarum Trinitatem substantiarum; et errorem Sabellii, qui posuit cum unitate essentiae unitatem personae. Ad evitandum igitur errorem Arii, vitare debemus in divinis nomen diversitatis et differentiae, ne tollatur unitas essentiae, possumus autem uti nomine distinctionis, propter oppositionem relativam. Unde sicubi in aliqua Scriptura authentica diversitas vel differentia personarum invenitur, sumitur diversitas vel differentia pro distinctione. Ne autem tollatur simplicitas divinae essentiae, vitandum est nomen separationis et divisionis, quae est totius in partes. Ne autem tollatur aequalitas, vitandum est nomen disparitatis. Ne vero tollatur similitudo, vitandum est nomen alieni et discrepantis, dicit enim Ambrosius, in libro de fide, quod in patre et filio non est discrepans, sed una divinitas, et secundum Hilarium, ut dictum est, in divinis nihil est alienum, nihil separabile. Ad vitandum vero errorem Sabellii, vitare debemus singularitatem, ne tollatur communicabilitas essentiae divinae, unde Hilarius dicit, VII de Trin., patrem et filium singularem Deum praedicare, sacrilegum est. Debemus etiam vitare nomen unici, ne tollatur numerus personarum, unde Hilarius in eodem libro dicit quod a Deo excluditur singularis atque unici intelligentia. Dicimus tamen unicum filium, quia non sunt plures filii in divinis. Neque tamen dicimus unicum Deum, quia pluribus deitas est communis vitamus etiam nomen confusi, ne tollatur ordo naturae a personis, unde Ambrosius dicit, I de fide, neque confusum est quod unum est, neque multiplex esse potest quod indifferens est. Vitandum est etiam nomen solitarii, ne tollatur consortium trium personarum, dicit enim Hilarius, in IV de Trin., nobis neque solitarius, neque diversus Deus est confitendus. Hoc autem nomen alius, masculine sumptum, non importat nisi distinctionem suppositi. Unde convenienter dicere possumus quod filius est alius a patre, quia scilicet est aliud suppositum divinae naturae, sicut est alia persona, et alia hypostasis.

 

[29748] Iª q. 31 a. 2 co.
RISPONDO: Siccome, al dire di S. Girolamo, col parlare impreciso si finisce col cadere nell'eresia, parlando della SS. Trinità bisogna procedere con cautela e modestia: perché, secondo S. Agostino, «in nessun altro soggetto l'errore è più pericoloso, né la ricerca più faticosa, né più fruttuosa la scoperta». Quando trattiamo della Trinità dobbiamo evitare, stando nel giusto mezzo, due opposti errori: quello di Ario, che ammetteva con la trinità delle persone anche una trinità di nature; e quello di Sabellio che ammetteva l'unità di natura oltre l'unità di persona.
Per sfuggire all'errore di Ario dobbiamo evitare, parlando di Dio, i termini diversità e differenza per non compromettere l'unità dell'essenza; possiamo invece usare il termine distinzione, data l'opposizione relativa [delle persone]. Per cui, se in qualche testo autentico della Scrittura ci imbattiamo nelle parole diversità e differenza applicate alle persone divine, le dobbiamo intendere come significanti distinzione. - Per non ledere la semplicità dell'essenza divina sono da evitare i termini separazione e divisione, propria di un tutto suddiviso in parti. Per non compromettere l'uguaglianza è da evitare la parola disparità. E infine per non sopprimere la somiglianza si devono evitare i termini alieno e discrepante. S. Ambrogio infatti dice che nel Padre e nel Figlio «vi è un'unica divinità senza discrepanza». E S. Ilario, come si è riferito, afferma che in Dio «non c'è nulla di alieno e niente di separabile».
Per non cadere poi nell'errore di Sabellio dobbiamo evitare il termine singolarità affine di non negare la comunicabilità dell'essenza divina; tant'è vero che, secondo S. Ilario, «è sacrilegio dire che il Padre e il figlio è un Dio singolare [isolato]». Dobbiamo anche evitare il termine unico per non escludere il numero delle persone: onde Ilario afferma che «da Dio si esclude il concetto di singolarità e unicità». Possiamo tuttavia dire unico Figlio: perché in Dio non ci sono più Figli; non possiamo però dire unico Dio; perché la deità è comune a più [persone]. Schiviamo anche l'aggettivo confuso per non togliere l'ordine di natura tra le persone: cosicché S. Ambrogio può affermare: «Né ciò che è uno può essere confuso, né molteplice ciò che non ammette differenza». Si deve anche evitare il termine solitario, per non distruggere la società delle tre persone, Per questo Ilario dice: «Dobbiamo confessare che Dio non è solitario né diverso».
Ora il termine alius [altro], usato al maschile, non importa che la distinzione del soggetto; perciò possiamo benissimo dire che il Figlio è un altro rispetto al Padre: perché è un altro soggetto della natura divina, come è un'altra persona e un'altra ipostasi.

[29749] Iª q. 31 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod alius, quia est sicut quoddam particulare nomen, tenet se ex parte suppositi, unde ad eius rationem sufficit distinctio substantiae quae est hypostasis vel persona. Sed diversitas requirit distinctionem substantiae quae est essentia. Et ideo non possumus dicere quod filius sit diversus a patre, licet sit alius.

 

[29749] Iª q. 31 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Altro, poiché suona come un nome individuale, sta a indicare un soggetto: perciò a giustificarne l'uso basta la distinzione di sostanza presa nel significato di ipostasi o persona. La diversità invece richiede la distinzione di sostanza presa nel senso di essenza [o natura]. Perciò non possiamo dire che il Figlio è diverso dal Padre, quantunque sia un altro rispetto al Padre.

[29750] Iª q. 31 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod differentia importat distinctionem formae. Est autem tantum una forma in divinis, ut patet per id quod dicitur Philip. II, qui cum in forma Dei esset. Et ideo nomen differentis non proprie competit in divinis, ut patet per auctoritatem inductam. Utitur tamen Damascenus nomine differentiae in divinis personis, secundum quod proprietas relativa significatur per modum formae, unde dicit quod non differunt ab invicem hypostases secundum substantiam, sed secundum determinatas proprietates. Sed differentia sumitur pro distinctione, ut dictum est.

 

[29750] Iª q. 31 a. 2 ad 2
2. La differenza importa una distinzione di forma. Ora, in Dio c'è solo una forma, come è chiaro dalle parole di S. Paolo [che, parlando del Figlio, dice]: «il quale, sussistendo nella forma di Dio...». Perciò l'aggettivo differente propriamente non può convenire a Dio, come risulta dal testo riportato [nell'argomento]. - Tuttavia il Damasceno, parlando delle cose divine, usa il termine differenza, in quanto le proprietà relative si possono indicare come forme [differenti]: e perciò afferma che le ipostasi non differiscono tra di loro per la sostanza ma per delle proprietà determinate. Però [in questo caso] differenza è presa nel senso di distinzione, come si è spiegato.

[29751] Iª q. 31 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod alienum est quod est extraneum et dissimile. Sed hoc non importatur cum dicitur alius. Et ideo dicimus filium alium a patre, licet non dicamus alienum.

 

[29751] Iª q. 31 a. 2 ad 3
3. Alieno è ciò che è estraneo e dissimile, Ma non è incluso tale significato nella voce altro; perciò diciamo che il Figlio è un altro rispetto al Padre, sebbene non si possa affermare che sia alieno.

[29752] Iª q. 31 a. 2 ad 4
Ad quartum dicendum quod neutrum genus est informe, masculinum autem est formatum et distinctum, et similiter femininum. Et ideo convenienter per neutrum genus significatur essentia communis, per masculinum autem et femininum, aliquod suppositum determinatum in communi natura. Unde etiam in rebus humanis, si quaeratur, quis est iste? Respondetur, Socrates, quod nomen est suppositi, si autem quaeratur, quid est iste? Respondetur, animal rationale et mortale. Et ideo, quia in divinis distinctio est secundum personas, non autem secundum essentiam, dicimus quod pater est alius a filio, sed non aliud, et e converso dicimus quod sunt unum, sed non unus.

 

[29752] Iª q. 31 a. 2 ad 4
4. Il neutro è un genere indeterminato, invece il maschile, come pure il femminile, è determinato. Per questo giustamente si usa il neutro per indicare l'essenza che è comune, e il maschile o il femminile per indicare un soggetto determinato di quella natura. Per questo, anche parlando dell'uomo, se si chiede, chi è questo ?, si risponde, Socrate che è nome di un supposito; se invece si domanda, che cosa è questo?, si risponde, un animale ragionevole e mortale.
Siccome in Dio la distinzione riguarda le persone e non l'essenza, perciò diciamo che il Padre è alius [altro] rispetto al Figlio, ma non aliud [cioè altra cosa]: e all'opposto diciamo che essi sono unum [una stessa cosa] ma non unus [un solo soggetto].




Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Modi di esprimere l'unità e la pluralità in Dio > Se in Dio a un termine essenziale si possa aggiungere la voce restrittiva solo


Prima pars
Quaestio 31
Articulus 3

[29753] Iª q. 31 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod dictio exclusiva solus non sit addenda termino essentiali in divinis. Quia secundum philosophum, in II Elench., solus est qui cum alio non est. Sed Deus est cum Angelis et sanctis animabus. Ergo non possumus dicere Deum solum.

 
Prima parte
Questione 31
Articolo 3

[29753] Iª q. 31 a. 3 arg. 1
SEMBRA Che in Dio ai termini essenziali non si possa aggiungere la voce restrittiva solo. Infatti:
1. Secondo il Filosofo, solo è «chi non è con altri». Ma Dio è con gli Angeli e con le anime sante; perciò non possiamo dire che Dio è solo.

[29754] Iª q. 31 a. 3 arg. 2
Praeterea, quidquid adiungitur termino essentiali in divinis, potest praedicari de qualibet persona per se, et de omnibus simul, quia enim convenienter dicitur sapiens Deus, possumus dicere, pater est sapiens Deus, et Trinitas est sapiens Deus. Sed Augustinus, in VI de Trin., dicit, consideranda est illa sententia, qua dicitur non esse patrem verum Deum solum. Ergo non potest dici solus Deus.

 

[29754] Iª q. 31 a. 3 arg. 2
2. Tutto ciò che in Dio si aggiunge a un termine essenziale, si può attribuire tanto alle singole persone che a tutte e tre insieme: difatti, siccome con verità si può dire che Dio è sapiente, così possiamo dire; il Padre è Dio sapiente e la SS. Trinità è Dio sapiente. Ora, S. Agostino afferma: «va presa in considerazione la sentenza la quale dice che il Padre non è il solo vero Dio». Dunque non si può dire Dio solo.

[29755] Iª q. 31 a. 3 arg. 3
Praeterea, si haec dictio solus adiungitur termino essentiali, aut hoc erit respectu praedicati personalis, aut respectu praedicati essentialis. Sed non respectu praedicati personalis, quia haec est falsa, solus Deus est pater, cum etiam homo sit pater. Neque etiam respectu praedicati essentialis. Quia si haec esset vera, solus Deus creat, videtur sequi quod haec esset vera, solus pater creat, quia quidquid dicitur de Deo, potest dici de patre. Haec autem est falsa, quia etiam filius est creator. Non ergo haec dictio solus potest in divinis adiungi termino essentiali.

 

[29755] Iª q. 31 a. 3 arg. 3
3. Se la voce solo si aggiunge ad un termine essenziale, ciò si fa in rapporto ad un predicato o personale o essenziale. Ora, non [si può aggiungere] rispetto ad un predicato personale: infatti la proposizione, Dio solo è Padre, è falsa, perché anche l'uomo è padre. E neppure rispetto ad un predicato essenziale. Perché se fosse vera la proposizione, Dio solo crea, sarebbe vera anche quest'altra, il Padre solo crea, perché tutto ciò che si può dire di Dio si può dire anche del Padre. Ma quest'ultima proposizione è falsa perché anche il Figlio è creatore. Dunque, parlando di Dio, la voce solo non si può aggiungere ad un termine essenziale.

[29756] Iª q. 31 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicitur I ad Tim. I, regi saeculorum immortali, invisibili, soli Deo.

 

[29756] Iª q. 31 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO; S. Paolo dice: «Al re dei secoli, al solo immortale. e invisibile Iddio [onore e gloria per i secoli dei secoli]».

[29757] Iª q. 31 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod haec dictio solus potest accipi ut categorematica vel syncategorematica. Dicitur autem dictio categorematica, quae absolute ponit rem significatam circa aliquod suppositum; ut albus circa hominem, cum dicitur homo albus. Si ergo sic accipiatur haec dictio solus, nullo modo potest adiungi alicui termino in divinis, quia poneret solitudinem circa terminum cui adiungeretur, et sic sequeretur Deum esse solitarium; quod est contra praedicta. Dictio vero syncategorematica dicitur, quae importat ordinem praedicati ad subiectum, sicut haec dictio omnis, vel nullus. Et similiter haec dictio solus, quia excludit omne aliud suppositum a consortio praedicati. Sicut, cum dicitur, solus Socrates scribit, non datur intelligi quod Socrates sit solitarius; sed quod nullus sit ei consors in scribendo, quamvis cum eo multis existentibus. Et per hunc modum nihil prohibet hanc dictionem solus adiungere alicui essentiali termino in divinis, inquantum excluduntur omnia alia a Deo a consortio praedicati, ut si dicamus, solus Deus est aeternus, quia nihil praeter Deum est aeternum.

 

[29757] Iª q. 31 a. 3 co.
RISPONDO: La voce solo si può prendere come categorematica e come sincategorematica. Si dice categorematica quella parola che in modo assoluto afferma di un soggetto il suo significato: p. es., bianco è così affermato dell'uomo nell'espressione l'uomo è bianco. Se dunque la voce solo si prende in questo senso, in Dio non si può assolutamente aggiungere a nessun termine: perché ne affermerebbe la solitudine in senso assoluto, e così Dio sarebbe solitario; il che è contro quanto abbiamo già spiegato. – Si dice sincategorematica quella voce che regola il rapporto del predicato col soggetto, come tutto o nessuno. Così è per la voce solo: perché esclude ogni altro soggetto dalla partecipazione di quel predicato. Come quando si dice, solo Socrate scrive, non si vuole intendere che Socrate sia solitario, ma che nessuno gli è compagno nello scrivere; quantunque si trovi in compagnia di molti. E nulla impedisce di aggiungere ad un termine essenziale in Dio la voce solo presa in questo senso, in quanto si esclude ogni altra cosa che non sia Dio dalla partecipazione di un predicato; come nell'espressione solo Dio è eterno, perché nient'altro all'infuori di Dio è eterno.

[29758] Iª q. 31 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, licet Angeli et animae sanctae semper sint cum Deo, tamen, si non esset pluralitas personarum in divinis, sequeretur, quod Deus esset solus vel solitarius. Non enim tollitur solitudo per associationem alicuius quod est extraneae naturae, dicitur enim aliquis solus esse in horto, quamvis sint ibi multae plantae et animalia. Et similiter diceretur Deus esse solus vel solitarius, Angelis et hominibus cum eo existentibus, si non essent in divinis personae plures. Consociatio igitur Angelorum et animarum non excludit solitudinem absolutam a divinis, et multo minus solitudinem respectivam, per comparationem ad aliquod praedicatum.

 

[29758] Iª q. 31 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene gli angeli e le anime sante siano sempre con Dio, tuttavia senza la pluralità delle persone Dio sarebbe solo, cioè solitario. La solitudine infatti non è esclusa dalla presenza di soggetti di diversa natura: tant'è vero che si usa dire che uno è solo nel giardino, sebbene vi siano molte piante e molti animali. E nello stesso modo, nonostante la presenza degli angeli e degli uomini, si potrebbe affermare che Dio è solo, se nella natura divina non ci fossero più persone. Perciò la compagnia degli angeli o delle anime non esclude da Dio la solitudine presa in senso assoluto; e molto meno la solitudine in senso relativo, cioè in rapporto ad un predicato.

[29759] Iª q. 31 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod haec dictio solus, proprie loquendo, non ponitur ex parte praedicati, quod sumitur formaliter, respicit enim suppositum, inquantum excludit aliud suppositum ab eo cui adiungitur. Sed hoc adverbium tantum, cum sit exclusivum, potest poni ex parte subiecti, et ex parte praedicati, possumus enim dicere, tantum Socrates currit, idest nullus alius; et, Socrates currit tantum, idest nihil aliud facit. Unde non proprie dici potest, pater est solus Deus, vel, Trinitas est solus Deus, nisi forte ex parte praedicati intelligatur aliqua implicatio, ut dicatur, Trinitas est Deus qui est solus Deus. Et secundum hoc etiam posset esse vera ista, pater est Deus qui est solus Deus, si relativum referret praedicatum, et non suppositum. Augustinus autem, cum dicit patrem non esse solum Deum, sed Trinitatem esse solum Deum, loquitur expositive, ac si diceret, cum dicitur, regi saeculorum, invisibili, soli Deo, non est exponendum de persona patris, sed de sola Trinitate.

 

[29759] Iª q. 31 a. 3 ad 2
2. Propriamente parlando, l'aggettivo solo non si riferisce al predicato, perché questo si applica come una forma; mentre [solo] si riferisce al soggetto, in quanto esclude altri soggetti da quello a cui è applicato. Invece l'avverbio soltanto, essendo semplicemente restrittivo, può stare unito tanto col soggetto che col predicato. Infatti possiamo dire: soltanto Socrate corre, cioè nessun altro [corre]; ed anche: Socrate corre soltanto, cioè non fa nient'altro. Perciò, volendo parlare con proprietà, non si può dire: il Padre è il solo Dio, oppure: la Trinità è il solo Dio, a meno che non si voglia sottintendere un'aggiunta nel predicato, p. es.: la Trinità è il Dio che è il solo Dio. È in tal modo potrebbe essere vera anche la proposizione: il Padre è quel Dio il quale solo è Dio, se il pronome relativo [il quale] si riferisce al predicato [Dio] e non al soggetto [Padre]. E quando S. Agostino afferma che non il Padre, ma la SS. Trinità è il solo Dio, parla da espositore, come se dicesse: Il testo: «al re dei secoli, al solo invisibile Dio» non si deve intendere della persona del Padre ma di tutta la Trinità.

[29760] Iª q. 31 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod utroque modo potest haec dictio solus adiungi termino essentiali. Haec enim propositio, solus Deus est pater, est duplex. Quia ly pater potest praedicare personam patris, et sic est vera, non enim homo est illa persona. Vel potest praedicare relationem tantum, et sic est falsa, quia relatio paternitatis etiam in aliis invenitur, licet non univoce. Similiter haec est vera, solus Deus creat. Nec tamen sequitur, ergo solus pater, quia, ut sophistae dicunt, dictio exclusiva immobilitat terminum cui adiungitur, ut non possit fieri sub eo descensus pro aliquo suppositorum; non enim sequitur, solus homo est animal rationale mortale, ergo solus Socrates.

 

[29760] Iª q. 31 a. 3 ad 3
3. In ambedue i modi l'aggettivo solo si può aggiungere ad un termine essenziale. Infatti la proposizione, solo Dio è Padre, ha due significati. Poiché Padre può indicare la persona del Padre; e allora la proposizione è vera, giacché l'uomo non è quella persona. Oppure può indicare soltanto la relazione, allora sì la proposizione è falsa, perché la relazione di paternità si trova, sebbene non in senso univoco, anche in altri soggetti. - Così pure è vera anche quest'altra proposizione, solo Dio crea; ma non ne viene la conclusione: dunque solo il Padre. Poiché, come dicono i dialettici, la voce restrittiva coarta il termine a cui si applica ma non in modo che si possano sostituire ad esso i soggetti particolari [contenuti sotto quel termine universale]. Difatti dall'affermazione: solo l'uomo è animale razionale mortale, non si può concludere: dunque solo Socrate.




Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Modi di esprimere l'unità e la pluralità in Dio > Se una voce restrittiva si possa unire ad un termine personale


Prima pars
Quaestio 31
Articulus 4

[29761] Iª q. 31 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod dictio exclusiva possit adiungi termino personali, etiam si praedicatum sit commune. Dicit enim dominus, ad patrem loquens, Ioan. XVII, ut cognoscant te, solum Deum verum. Ergo solus pater est Deus verus.

 
Prima parte
Questione 31
Articolo 4

[29761] Iª q. 31 a. 4 arg. 1
SEMBRA che una voce restrittiva si possa unire a un termine personale anche se il predicato è comune Infatti:
1. Il Signore parlando al Padre dice: «affinché conoscano te, solo vero Dio». Perciò il solo Padre è vero Dio.

[29762] Iª q. 31 a. 4 arg. 2
Praeterea, Matth. XI dicitur, nemo novit filium nisi pater; quod idem significat ac si diceretur, solus pater novit filium. Sed nosse filium est commune. Ergo idem quod prius.

 

[29762] Iª q. 31 a. 4 arg. 2
2. È detto nel Vangelo: «Nessuno conosce il Figlio fuorché il Padre», il che è come dire: solo il Padre conosce il Figlio. Ma conoscere il Figlio è una proprietà comune [a tutte le divinità]. Dunque vale la conclusione precedente.

[29763] Iª q. 31 a. 4 arg. 3
Praeterea, dictio exclusiva non excludit illud quod est de intellectu termini cui adiungitur, unde non excludit partem, neque universale, non enim sequitur, solus Socrates est albus, ergo manus eius non est alba; vel, ergo homo non est albus. Sed una persona est in intellectu alterius, sicut pater in intellectu filii, et e converso. Non ergo per hoc quod dicitur, solus pater est Deus, excluditur filius vel spiritus sanctus. Et sic videtur haec locutio esse vera.

 

[29763] Iª q. 31 a. 4 arg. 3
3. La voce restrittiva non rigetta quanto è racchiuso nel concetto stesso del termine a cui si unisce: tanto è vero che non ne esclude né la parte né l'universale. Difatti se dico: solo Socrate è bianco, non si può concludere: dunque la sua mano non è bianca; oppure: dunque l'uomo non è bianco. Ora, una persona è inclusa nel concetto dell'altra, il Padre, p. es,, nel concetto del Figlio e viceversa. Quindi per il fatto che si dice: il solo Padre è Dio, non si esclude il Figlio o lo Spirito Santo. E così sembra che questo modo di esprimersi sia legittimo.

[29764] Iª q. 31 a. 4 arg. 4
Praeterea, ab Ecclesia cantatur, tu solus altissimus, Iesu Christe.

 

[29764] Iª q. 31 a. 4 arg. 4
4. Inoltre la Chiesa canta: «Tu solo altissimo, Gesù Cristo».

[29765] Iª q. 31 a. 4 s. c.
Sed contra, haec locutio, solus pater est Deus, habet duas expositivas, scilicet, pater est Deus, et, nullus alius a patre est Deus. Sed haec secunda est falsa, quia filius alius est a patre, qui est Deus. Ergo et haec est falsa, solus pater est Deus. Et sic de similibus.

 

[29765] Iª q. 31 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: La proposizione, il solo Padre è Dio, si può spiegare in due maniere, cioè: il Padre è Dio, oppure: nessun altro fuorché il Padre è Dio. Ma questa seconda è falsa: perché il Figlio, che pure è Dio, è distinto dal Padre. Perciò anche la proposizione, il solo Padre è Dio, è falsa. Lo stesso si dica di altre proposizioni simili.

[29766] Iª q. 31 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod, cum dicimus, solus pater est Deus, haec propositio potest habere multiplicem intellectum. Si enim solus ponat solitudinem circa patrem, sic est falsa, secundum quod sumitur categorematice. Secundum vero quod sumitur syncategorematice, sic iterum potest intelligi multipliciter. Quia si excludat a forma subiecti, sic est vera, ut sit sensus, solus pater est Deus, idest, ille cum quo nullus alius est pater, est Deus. Et hoc modo exponit Augustinus, in VI de Trin., cum dicit, solum patrem dicimus, non quia separatur a filio vel spiritu sancto; sed hoc dicentes, significamus quod illi simul cum eo non sunt pater. Sed hic sensus non habetur ex consueto modo loquendi, nisi intellecta aliqua implicatione, ut si dicatur, ille qui solus dicitur pater, est Deus. Secundum vero proprium sensum, excludit a consortio praedicati. Et sic haec propositio est falsa, si excludit alium masculine, est autem vera, si excludit aliud neutraliter tantum, quia filius est alius a patre, non tamen aliud; similiter et spiritus sanctus. Sed quia haec dictio solus respicit proprie subiectum, ut dictum est, magis se habet ad excludendum alium quam aliud. Unde non est extendenda talis locutio; sed pie exponenda, sicubi inveniatur in authentica Scriptura.

 

[29766] Iª q. 31 a. 4 co.
RISPONDO: L'espressione, il solo Padre è Dio, può essere intesa in più modi. Se l'aggettivo solo afferma la solitudine del Padre, la proposizione è falsa, perché allora tale aggettivo si prende in senso categorematico. - Se invece si prende in senso sincategorematico si può di nuovo intendere in vari modi. Se [solo] esclude altri dalla partecipazione della forma del soggetto, allora [la proposizione, solo il Padre è Dio] è vera; così da risultarne questo significato; colui col quale nessun altro è Padre, è Dio. E così la spiega S. Agostino quando afferma; «Diciamo solo il Padre non perché sia separato dal Figlio o dallo Spirito Santo, ma perché, dicendo così, vogliamo intendere che essi insieme con lui non sono il Padre». Ma nel modo comune di parlare non si vuol dare questo senso, a meno che non si sottintenda qualche cosa, come se si dicesse; quegli, che solo è detto Padre, è Dio. Ma nel suo vero significato [l'aggettivo solo] esclude altri dal partecipare al [medesimo] predicato. E presa così, la proposizione è falsa se esclude altro al maschile [alium]: è vera se esclude altro al neutro [aliud]; perché il Figlio è un altro rispetto al Padre, ma non altra cosa, Lo stesso dicasi dello Spirito Santo. Ma, come fu detto, siccome l'aggettivo solo propriamente riguarda il soggetto, esso tende più ad escludere alius che aliud. Perciò un tal modo di dire non si deve generalizzare, ma piamente spiegare se si trova in qualche testo autentico della Scrittura.

[29767] Iª q. 31 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod, cum dicimus, te solum Deum verum, non intelligitur de persona patris, sed de tota Trinitate, ut Augustinus exponit. Vel, si intelligatur de persona patris, non excluduntur aliae personae, propter essentiae unitatem, prout ly solus excludit tantum aliud, ut dictum est.

 

[29767] Iª q. 31 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'espressione, te solo vero Dio, non si intende del solo Padre, ma di tutta la Trinità, come spiega S. Agostino. - Oppure se si intende della persona del Padre, non si escludono le altre persone, data l'unità dell'essenza, in quanto quel solo esclude, come fu detto, solamente altro [in senso neutro, cioè altra cosa].

[29768] Iª q. 31 a. 4 ad 2
Et similiter dicendum est ad secundum. Cum enim aliquid essentiale dicitur de patre, non excluditur filius vel spiritus sanctus, propter essentiae unitatem. Tamen sciendum est quod in auctoritate praedicta, haec dictio nemo non idem est quod nullus homo, quod videtur significare vocabulum (non enim posset excipi persona patris), sed sumitur, secundum usum loquendi, distributive pro quacumque rationali natura.

 

[29768] Iª q. 31 a. 4 ad 2
2. E altrettanto si dica a proposito della seconda difficoltà, infatti, data l'unità dell'essenza, quando qualcosa di essenziale si dice del Padre, non si esclude il Figlio, né lo Spirito Santo. - Però si deve badare che nel testo riferito il termine nessuno, contrariamente a quanto potrebbe far credere la parola, non equivale a nessun uomo (perché in tal caso non ci sarebbe motivo di eccettuare la persona del Padre): ma secondo l'uso ordinario della lingua si prende in senso distributivo per qualunque natura razionale.

[29769] Iª q. 31 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod dictio exclusiva non excludit illa quae sunt de intellectu termini cui adiungitur, si non differunt secundum suppositum, ut pars et universale. Sed filius differt supposito a patre, et ideo non est similis ratio.

 

[29769] Iª q. 31 a. 4 ad 3
3. Una voce restrittiva non esclude le varie cose che rientrano nel concetto del termine a cui si unisce, purché esse, come le parti e l'universale, non differiscano di soggetto. Invece il Figlio e il Padre sono due soggetti differenti: quindi il paragone non regge.

[29770] Iª q. 31 a. 4 ad 4
Ad quartum dicendum quod non dicimus absolute quod solus filius sit altissimus, sed quod solus sit altissimus cum spiritu sancto, in gloria Dei patris.

 

[29770] Iª q. 31 a. 4 ad 4
4. Non si dice in modo assoluto che solo il Figlio è altissimo, ma che è «il solo altissimo con lo Spirito Santo, nella gloria del Padre».

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