Parte prima > Trattato sulla Trinità delle Persone > Modi di esprimere l'unità e la pluralità in Dio > Se il Figlio sia un altro rispetto al Padre
Prima pars
Quaestio 31
Articulus 2
[29743] Iª q. 31 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod filius non sit alius a patre. Alius enim est relativum diversitatis substantiae. Si igitur filius est alius a patre, videtur quod sit a patre diversus. Quod est contra Augustinum, VII de Trin., ubi dicit quod, cum dicimus tres personas, non diversitatem intelligere volumus.
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Prima parte
Questione 31
Articolo 2
[29743] Iª q. 31 a. 2 arg. 1
SEMBRA che il Figlio non sia altro rispetto al Padre. Infatti:
1. Altro è termine relativo indicante diversità di sostanza. Se dunque il Figlio è un altro rispetto al Padre, sembra che sia diverso dal Padre; ma ciò è contrario a S. Agostino il quale afferma che con l'espressione tre persone «non vogliamo intendere alcuna diversità».
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[29744] Iª q. 31 a. 2 arg. 2 Praeterea, quicumque sunt alii ab invicem, aliquo modo ab invicem differunt. Si igitur filius est alius a patre, sequitur quod sit differens a patre. Quod est contra Ambrosium, in I de fide, ubi ait, pater et filius deitate unum sunt, nec est ibi substantiae differentia, neque ulla diversitas.
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[29744] Iª q. 31 a. 2 arg. 2
2. Tutti quelli che si distinguono per essere tra loro altri e altri, differiscono in qualche cosa. Se dunque il Figlio è un altro rispetto al Padre, ne segue che è differente dal Padre. Ora, questo è contrario a quanto dice S. Ambrogio: «il Padre e il Figlio sono una stessa cosa nella deità, e non c'è tra loro differenza di sostanza né alcun'altra diversità».
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[29745] Iª q. 31 a. 2 arg. 3 Praeterea, ab alio alienum dicitur. Sed filius non est alienus a patre, dicit enim Hilarius, in VII de Trin., quod in divinis personis nihil est diversum, nihil alienum, nihil separabile. Ergo filius non est alius a patre.
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[29745] Iª q. 31 a. 2 arg. 3
3. Alieno [estraneo] deriva dal latino alius [altro]. Ma il Figlio non è alieno rispetto al Padre: infatti S. Ilario afferma che nelle persone divine «non c'è nulla di diverso, nulla di alieno, nulla di separabile». Perciò il Figlio non è un altro rispetto al Padre.
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[29746] Iª q. 31 a. 2 arg. 4 Praeterea, alius et aliud idem significant, sed sola generis consignificatione differunt. Si ergo filius est alius a patre, videtur sequi quod filius sit aliud a patre.
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[29746] Iª q. 31 a. 2 arg. 4
4. Alius [altro] e aliud [altra cosa] hanno lo stesso significato e differiscono solo per il genere diverso. Se dunque il Figlio è un altro rispetto al Padre, pare che sia anche un'altra cosa rispetto al Padre.
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[29747] Iª q. 31 a. 2 s. c. Sed contra est quod Augustinus dicit, in libro de fide ad Petrum, una est enim essentia patris et filii et spiritus sancti, in qua non est aliud pater, aliud filius, aliud spiritus sanctus; quamvis personaliter sit alius pater, alius filius, alius spiritus sanctus.
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[29747] Iª q. 31 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino dice: «una è l'essenza del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, nella quale non è altra cosa il Padre, altra cosa il Figlio e altra cosa lo Spirito Santo; sebbene come persona altro sia il Padre, altro il Figlio e altro lo Spirito Santo».
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[29748] Iª q. 31 a. 2 co. Respondeo dicendum quod, quia ex verbis inordinate prolatis incurritur haeresis, ut Hieronymus dicit, ideo cum de Trinitate loquimur, cum cautela et modestia est agendum, quia, ut Augustinus dicit, in I de Trin., nec periculosius alicubi erratur, nec laboriosius aliquid quaeritur, nec fructuosius aliquid invenitur. Oportet autem in his quae de Trinitate loquimur, duos errores oppositos cavere, temperate inter utrumque procedentes, scilicet errorem Arii, qui posuit cum Trinitate personarum Trinitatem substantiarum; et errorem Sabellii, qui posuit cum unitate essentiae unitatem personae. Ad evitandum igitur errorem Arii, vitare debemus in divinis nomen diversitatis et differentiae, ne tollatur unitas essentiae, possumus autem uti nomine distinctionis, propter oppositionem relativam. Unde sicubi in aliqua Scriptura authentica diversitas vel differentia personarum invenitur, sumitur diversitas vel differentia pro distinctione. Ne autem tollatur simplicitas divinae essentiae, vitandum est nomen separationis et divisionis, quae est totius in partes. Ne autem tollatur aequalitas, vitandum est nomen disparitatis. Ne vero tollatur similitudo, vitandum est nomen alieni et discrepantis, dicit enim Ambrosius, in libro de fide, quod in patre et filio non est discrepans, sed una divinitas, et secundum Hilarium, ut dictum est, in divinis nihil est alienum, nihil separabile. Ad vitandum vero errorem Sabellii, vitare debemus singularitatem, ne tollatur communicabilitas essentiae divinae, unde Hilarius dicit, VII de Trin., patrem et filium singularem Deum praedicare, sacrilegum est. Debemus etiam vitare nomen unici, ne tollatur numerus personarum, unde Hilarius in eodem libro dicit quod a Deo excluditur singularis atque unici intelligentia. Dicimus tamen unicum filium, quia non sunt plures filii in divinis. Neque tamen dicimus unicum Deum, quia pluribus deitas est communis vitamus etiam nomen confusi, ne tollatur ordo naturae a personis, unde Ambrosius dicit, I de fide, neque confusum est quod unum est, neque multiplex esse potest quod indifferens est. Vitandum est etiam nomen solitarii, ne tollatur consortium trium personarum, dicit enim Hilarius, in IV de Trin., nobis neque solitarius, neque diversus Deus est confitendus. Hoc autem nomen alius, masculine sumptum, non importat nisi distinctionem suppositi. Unde convenienter dicere possumus quod filius est alius a patre, quia scilicet est aliud suppositum divinae naturae, sicut est alia persona, et alia hypostasis.
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[29748] Iª q. 31 a. 2 co.
RISPONDO: Siccome, al dire di S. Girolamo, col parlare impreciso si finisce col cadere nell'eresia, parlando della SS. Trinità bisogna procedere con cautela e modestia: perché, secondo S. Agostino, «in nessun altro soggetto l'errore è più pericoloso, né la ricerca più faticosa, né più fruttuosa la scoperta». Quando trattiamo della Trinità dobbiamo evitare, stando nel giusto mezzo, due opposti errori: quello di Ario, che ammetteva con la trinità delle persone anche una trinità di nature; e quello di Sabellio che ammetteva l'unità di natura oltre l'unità di persona.
Per sfuggire all'errore di Ario dobbiamo evitare, parlando di Dio, i termini diversità e differenza per non compromettere l'unità dell'essenza; possiamo invece usare il termine distinzione, data l'opposizione relativa [delle persone]. Per cui, se in qualche testo autentico della Scrittura ci imbattiamo nelle parole diversità e differenza applicate alle persone divine, le dobbiamo intendere come significanti distinzione. - Per non ledere la semplicità dell'essenza divina sono da evitare i termini separazione e divisione, propria di un tutto suddiviso in parti. Per non compromettere l'uguaglianza è da evitare la parola disparità. E infine per non sopprimere la somiglianza si devono evitare i termini alieno e discrepante. S. Ambrogio infatti dice che nel Padre e nel Figlio «vi è un'unica divinità senza discrepanza». E S. Ilario, come si è riferito, afferma che in Dio «non c'è nulla di alieno e niente di separabile».
Per non cadere poi nell'errore di Sabellio dobbiamo evitare il termine singolarità affine di non negare la comunicabilità dell'essenza divina; tant'è vero che, secondo S. Ilario, «è sacrilegio dire che il Padre e il figlio è un Dio singolare [isolato]». Dobbiamo anche evitare il termine unico per non escludere il numero delle persone: onde Ilario afferma che «da Dio si esclude il concetto di singolarità e unicità». Possiamo tuttavia dire unico Figlio: perché in Dio non ci sono più Figli; non possiamo però dire unico Dio; perché la deità è comune a più [persone]. Schiviamo anche l'aggettivo confuso per non togliere l'ordine di natura tra le persone: cosicché S. Ambrogio può affermare: «Né ciò che è uno può essere confuso, né molteplice ciò che non ammette differenza». Si deve anche evitare il termine solitario, per non distruggere la società delle tre persone, Per questo Ilario dice: «Dobbiamo confessare che Dio non è solitario né diverso».
Ora il termine alius [altro], usato al maschile, non importa che la distinzione del soggetto; perciò possiamo benissimo dire che il Figlio è un altro rispetto al Padre: perché è un altro soggetto della natura divina, come è un'altra persona e un'altra ipostasi.
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[29749] Iª q. 31 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod alius, quia est sicut quoddam particulare nomen, tenet se ex parte suppositi, unde ad eius rationem sufficit distinctio substantiae quae est hypostasis vel persona. Sed diversitas requirit distinctionem substantiae quae est essentia. Et ideo non possumus dicere quod filius sit diversus a patre, licet sit alius.
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[29749] Iª q. 31 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Altro, poiché suona come un nome individuale, sta a indicare un soggetto: perciò a giustificarne l'uso basta la distinzione di sostanza presa nel significato di ipostasi o persona. La diversità invece richiede la distinzione di sostanza presa nel senso di essenza [o natura]. Perciò non possiamo dire che il Figlio è diverso dal Padre, quantunque sia un altro rispetto al Padre.
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[29750] Iª q. 31 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod differentia importat distinctionem formae. Est autem tantum una forma in divinis, ut patet per id quod dicitur Philip. II, qui cum in forma Dei esset. Et ideo nomen differentis non proprie competit in divinis, ut patet per auctoritatem inductam. Utitur tamen Damascenus nomine differentiae in divinis personis, secundum quod proprietas relativa significatur per modum formae, unde dicit quod non differunt ab invicem hypostases secundum substantiam, sed secundum determinatas proprietates. Sed differentia sumitur pro distinctione, ut dictum est.
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[29750] Iª q. 31 a. 2 ad 2
2. La differenza importa una distinzione di forma. Ora, in Dio c'è solo una forma, come è chiaro dalle parole di S. Paolo [che, parlando del Figlio, dice]: «il quale, sussistendo nella forma di Dio...». Perciò l'aggettivo differente propriamente non può convenire a Dio, come risulta dal testo riportato [nell'argomento]. - Tuttavia il Damasceno, parlando delle cose divine, usa il termine differenza, in quanto le proprietà relative si possono indicare come forme [differenti]: e perciò afferma che le ipostasi non differiscono tra di loro per la sostanza ma per delle proprietà determinate. Però [in questo caso] differenza è presa nel senso di distinzione, come si è spiegato.
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[29751] Iª q. 31 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod alienum est quod est extraneum et dissimile. Sed hoc non importatur cum dicitur alius. Et ideo dicimus filium alium a patre, licet non dicamus alienum.
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[29751] Iª q. 31 a. 2 ad 3
3. Alieno è ciò che è estraneo e dissimile, Ma non è incluso tale significato nella voce altro; perciò diciamo che il Figlio è un altro rispetto al Padre, sebbene non si possa affermare che sia alieno.
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[29752] Iª q. 31 a. 2 ad 4 Ad quartum dicendum quod neutrum genus est informe, masculinum autem est formatum et distinctum, et similiter femininum. Et ideo convenienter per neutrum genus significatur essentia communis, per masculinum autem et femininum, aliquod suppositum determinatum in communi natura. Unde etiam in rebus humanis, si quaeratur, quis est iste? Respondetur, Socrates, quod nomen est suppositi, si autem quaeratur, quid est iste? Respondetur, animal rationale et mortale. Et ideo, quia in divinis distinctio est secundum personas, non autem secundum essentiam, dicimus quod pater est alius a filio, sed non aliud, et e converso dicimus quod sunt unum, sed non unus.
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[29752] Iª q. 31 a. 2 ad 4
4. Il neutro è un genere indeterminato, invece il maschile, come pure il femminile, è determinato. Per questo giustamente si usa il neutro per indicare l'essenza che è comune, e il maschile o il femminile per indicare un soggetto determinato di quella natura. Per questo, anche parlando dell'uomo, se si chiede, chi è questo ?, si risponde, Socrate che è nome di un supposito; se invece si domanda, che cosa è questo?, si risponde, un animale ragionevole e mortale.
Siccome in Dio la distinzione riguarda le persone e non l'essenza, perciò diciamo che il Padre è alius [altro] rispetto al Figlio, ma non aliud [cioè altra cosa]: e all'opposto diciamo che essi sono unum [una stessa cosa] ma non unus [un solo soggetto].
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