[29117] Iª q. 17 a. 1 co. Respondeo dicendum quod, cum verum et falsum opponantur; opposita autem sunt circa idem; necesse est ut ibi prius quaeratur falsitas, ubi primo veritas invenitur, hoc est in intellectu. In rebus autem neque veritas neque falsitas est, nisi per ordinem ad intellectum. Et quia unumquodque secundum id quod convenit ei per se, simpliciter nominatur; secundum autem id quod convenit ei per accidens, non nominatur nisi secundum quid; res quidem simpliciter falsa dici posset per comparationem ad intellectum a quo dependet, cui comparatur per se; in ordine autem ad alium intellectum, cui comparatur per accidens, non posset dici falsa nisi secundum quid. Dependent autem ab intellectu divino res naturales, sicut ab intellectu humano res artificiales. Dicuntur igitur res artificiales falsae simpliciter et secundum se, inquantum deficiunt a forma artis, unde dicitur aliquis artifex opus falsum facere, quando deficit ab operatione artis. Sic autem in rebus dependentibus a Deo, falsitas inveniri non potest per comparationem ad intellectum divinum, cum quidquid in rebus accidit, ex ordinatione divini intellectus procedat, nisi forte in voluntariis agentibus tantum, in quorum potestate est subducere se ab ordinatione divini intellectus; in quo malum culpae consistit, secundum quod ipsa peccata falsitates et mendacia dicuntur in Scripturis, secundum illud Psalmi IV, ut quid diligitis vanitatem et quaeritis mendacium? Sicut per oppositum operatio virtuosa veritas vitae nominatur, inquantum subditur ordini divini intellectus; sicut dicitur Ioan. III, qui facit veritatem, venit ad lucem. Sed per ordinem ad intellectum nostrum, ad quem comparantur res naturales per accidens, possunt dici falsae, non simpliciter, sed secundum quid. Et hoc dupliciter. Uno modo, secundum rationem significati, ut dicatur illud esse falsum in rebus, quod significatur vel repraesentatur oratione vel intellectu falso. Secundum quem modum quaelibet res potest dici esse falsa, quantum ad id quod ei non inest, sicut si dicamus diametrum esse falsum commensurabile, ut dicit philosophus in V Metaphys.; et sicut dicit Augustinus, in libro Soliloq., quod tragoedus est falsus Hector. Sicut e contrario potest unumquodque dici verum, secundum id quod competit ei. Alio modo, per modum causae. Et sic dicitur res esse falsa, quae nata est facere de se opinionem falsam. Et quia innatum est nobis per ea quae exterius apparent de rebus iudicare, eo quod nostra cognitio a sensu ortum habet, qui primo et per se est exteriorum accidentium; ideo ea quae in exterioribus accidentibus habent similitudinem aliarum rerum, dicuntur esse falsa secundum illas res; sicut fel est falsum mel, et stannum est falsum argentum. Et secundum hoc dicit Augustinus, in libro Soliloq., quod eas res falsas nominamus, quae verisimilia apprehendimus. Et philosophus dicit, in V Metaphys., quod falsa dicuntur quaecumque apta nata sunt apparere aut qualia non sunt, aut quae non sunt. Et per hunc modum etiam dicitur homo falsus, inquantum est amativus falsarum opinionum vel locutionum. Non autem ex hoc quod potest eas confingere, quia sic etiam sapientes et scientes falsi dicerentur, ut dicitur in V Metaphys.
|
|
[29117] Iª q. 17 a. 1 co.
RISPONDO: Siccome il vero e il falso sono opposti tra loro, e d'altra parte gli opposti riguardano sempre un medesimo soggetto, è necessario anzitutto ricercare la falsità dove si trova formalmente la verità, cioè nell'intelletto. Nelle cose poi non c’è né verità né falsità, se non in rapporto all’intelletto. E siccome ogni essere acquista delle denominazioni assolute dalle sue proprietà inseparabili; mentre per quelle occasionali e accessorie non acquista che delle denominazioni relative; una cosa si potrebbe denominare falsa in senso assoluto solo in rapporto all'intelletto da cui dipende, e al quale necessariamente si riferisce, mentre riguardo ad altri intelletti, con i quali ha un rapporto soltanto occasionale, non si potrebbe dire falsa se non in senso relativo.
Orbene, le cose esistenti in natura dipendono dalla mente divina, come dalla mente umana dipendono i prodotti dell'arte. Ora, i prodotti dell'arte si dicono falsi in modo assoluto e per se stessi nella misura che si discostano dalla forma voluta dall'arte: e così di un artista si dice che fa un'opera falsa, quando viene meno alle regole dell'arte. Ma in questo senso non è possibile trovare falsità nelle cose dipendenti da Dio, considerate in rapporto all’intelligenza divina, perché tutto ciò che è in esse, procede dalle disposizioni di questa medesima intelligenza divina. Vi è un'eccezione, forse, per gli esseri dotati di libertà, i quali hanno il potere di sottrarsi alle disposizioni della mente di Dio. E in ciò consiste il male [morale, la] colpa; e per questo i peccati nella Scrittura sono chiamati falsità e menzogne. Nei Salmi, p. es., si dice: «Fino a quando amerete voi la vanità e cercherete la menzogna?». Così, viceversa, un'azione virtuosa è denominata verità della vita, in quanto è subordinazione ai divini intendimenti, secondo l'espressione del Vangelo: «Chi fa la verità viene alla luce».
Ma considerate le cose esistenti in natura rispetto al nostro intelletto, verso il quale non hanno un rapporto essenziale, possono dirsi false non in senso assoluto, bensì relativo. E ciò avviene in due maniere. Prima di tutto a motivo del nostro modo di rappresentarci l'oggetto: e così chiameremo falso nelle cose ciò che se ne dice o se ne pensa falsamente. In questo senso qualsiasi cosa può essere dichiarata falsa per quello che in essa non c’è, come quando diciamo con Aristotele che il diametro è un falso commensurabile, o con S. Agostino che l'attore è un falso Ettore. E inversamente qualsiasi cosa può dirsi vera per le proprietà che ad essa appartengono. - In secondo luogo, perché può causare [la falsità]. In tal senso si dice falsa quella cosa che sembra nata fatta per produrre di sé una falsa opinione. Infatti, essendo per noi naturale il giudicare delle cose secondo le loro apparenze esterne, dato che le nostre cognizioni hanno origine dal senso, il quale ha per oggetto proprio ed essenziale le qualità esteriori, ne consegue che certe cose le quali somigliano ad altre all'apparenza esterna, rispetto a queste son dette false: p, es., il fiele è un falso miele, e lo stagno è un falso argento. E per questo motivo S. Agostino dice che «noi chiamiamo false quelle cose che hanno l'apparenza del vero». E il Filosofo asserisce che si dicono false «quelle cose che per natura sembrano fatte apposta per apparire di altra qualità o di altra natura». E in quest'ultimo senso si dice falso chi è amante di opinioni e locuzioni false. Non già chi ha soltanto la capacità di pensarle e di formularle, che altrimenti, come nota Aristotele, anche i sapienti e gli scienziati sarebbero dei falsi.
|
[29121] Iª q. 17 a. 1 ad 4 Ad quartum, quod in oppositum obiicitur, dicendum quod similitudo vel repraesentatio deficiens non inducit rationem falsitatis, nisi inquantum praestat occasionem falsae opinionis. Unde non ubicumque est similitudo, dicitur res falsa, sed ubicumque est talis similitudo, quae nata est facere opinionem falsam, non cuicumque, sed ut in pluribus.
|
|
[29121] Iª q. 17 a. 1 ad 4
4. Per quel che si obbietta nell'argomento in contrario, diciamo che una somiglianza o una rappresentazione difettosa non riveste carattere di falsità se non in quanto porge l'occasione a delle opinioni false. Quindi non basta che vi sia somiglianza perché una cosa si possa chiamare falsa, ma vi deve essere una tale somiglianza da provocare, non in qualcuno, bensì nella maggior parte dei casi, un apprezzamento sbagliato.
|