Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Missione degli angeli > Se gli angeli siano inviati per ministero
Prima pars
Quaestio 112
Articulus 1
[33094] Iª q. 112 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod Angeli in ministerium non mittantur. Omnis enim missio est ad aliquem determinatum locum. Sed actiones intellectuales non determinant aliquem locum, quia intellectus abstrahit ab hic et nunc. Cum igitur actiones angelicae sint intellectuales, videtur quod Angeli ad suas actiones agendas non mittantur.
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Prima parte
Questione 112
Articolo 1
[33094] Iª q. 112 a. 1 arg. 1
SEMBRA che gli angeli non siano inviati per ministero. Infatti:
1. Ogni invio di cose o di persone è fatto sempre a un determinato luogo. Ora, l'operazione intellettuale non è legata a un luogo determinato; perché l'intelletto astrae dal tempo e dallo spazio. Quindi, essendo l'attività degli angeli intellettuale, essi non sono inviati a svolgerla in determinati luoghi.
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[33095] Iª q. 112 a. 1 arg. 2 Praeterea, caelum Empyreum est locus pertinens ad dignitatem Angelorum. Si igitur ad nos mittantur in ministerium, videtur quod eorum dignitati aliquid depereat. Quod est inconveniens.
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[33095] Iª q. 112 a. 1 arg. 2
2. Il luogo conveniente alla dignità angelica, è il cielo empireo. Quindi, se gli angeli fossero inviati a noi per qualche ministero, ne scapiterebbe la loro dignità. Ma ciò è inammissibile.
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[33096] Iª q. 112 a. 1 arg. 3 Praeterea, exterior occupatio impedit sapientiae contemplationem, unde dicitur Eccli. XXXVIII, qui minoratur actu, percipiet sapientiam. Si igitur Angeli aliqui mittuntur ad exteriora ministeria, videtur quod retardentur a contemplatione. Sed tota eorum beatitudo in contemplatione Dei consistit. Si ergo mitterentur, eorum beatitudo minueretur. Quod est inconveniens.
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[33096] Iª q. 112 a. 1 arg. 3
3. Le occupazioni esteriori impediscono la contemplazione della sapienza; perciò sta scritto: "Chi ha poche faccende, acquisterà la sapienza". Ora, se qualche angelo fosse inviato a compiere dei ministeri esteriori, verrebbe distolto dalla contemplazione. E tutta la beatitudine degli angeli consiste proprio nella contemplazione di Dio. Quindi, se fossero inviati, questa verrebbe a diminuire. E anche questo non è ammissibile.
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[33097] Iª q. 112 a. 1 arg. 4 Praeterea, ministrare est inferioris, unde dicitur Lucae XXII, quis maior est, qui recumbit, an ille qui ministrat? Nonne qui recumbit? Sed Angeli sunt maiores nobis ordine naturae. Ergo non mittuntur in ministerium nostrum.
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[33097] Iª q. 112 a. 1 arg. 4
4. Servire è proprio degli inferiori, e però si legge: "Chi è più grande, colui che siede a tavola, o colui che serve? Non è forse colui che siede a tavola?". Ma gli angeli per condizione di natura sono superiori a noi. Perciò essi non sono inviati tra noi per ministero.
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[33098] Iª q. 112 a. 1 s. c. Sed contra est quod dicitur Exod. XXIII, ecce ego mittam Angelum meum, qui praecedat te.
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[33098] Iª q. 112 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Si legge nella Scrittura: "Ecco, io manderò il mio angelo che ti precederà".
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[33099] Iª q. 112 a. 1 co. Respondeo dicendum quod ex supra dictis manifestum esse potest quod aliqui Angeli in ministerium mittuntur a Deo. Ut enim supra dictum est, cum de missione divinarum personarum ageretur, ille mitti dicitur, qui aliquo modo ab alio procedit, ut incipiat esse ubi prius non erat, vel ubi prius erat, per alium modum. Filius enim aut spiritus sanctus mitti dicitur, ut a patre procedens per originem; et incipit esse novo modo, idest per gratiam vel per naturam assumptam, ubi prius erat per deitatis praesentiam. Dei enim proprium est ubique esse, quia cum sit universale agens, eius virtus attingit omnia entia; unde est in omnibus rebus, ut supra dictum est. Virtus autem Angeli, cum sit particulare agens, non attingit totum universum; sed sic attingit unum, quod non attingit aliud. Et ideo ita est hic, quod non alibi. Manifestum est autem per supra dicta, quod creatura corporalis per Angelos administratur. Cum igitur aliquid est fiendum per aliquem Angelum circa aliquam creaturam corpoream, de novo applicatur Angelus illi corpori sua virtute; et sic Angelus de novo incipit ibi esse. Et hoc totum procedit ex imperio divino. Unde sequitur, secundum praemissa, quod Angelus a Deo mittatur. Sed actio quam Angelus missus exercet, procedit a Deo sicut a primo principio, cuius nutu et auctoritate Angeli operantur; et in Deum reducitur sicut in ultimum finem. Et hoc facit rationem ministri, nam minister est sicut instrumentum intelligens; instrumentum autem ab alio movetur, et eius actio ad aliud ordinatur. Unde actiones Angelorum ministeria vocantur; et propter hoc dicuntur in ministerium mitti.
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[33099] Iª q. 112 a. 1 co.
RISPONDO: Da quanto fu detto in precedenza si può già arguire che alcuni angeli sono inviati da Dio per ministero. Nel trattare delle missioni delle Persone divine, si disse che viene inviato chi, procedendo in qualche modo da un altro, incomincia a essere là dove prima non era, oppure a essere in maniera nuova là dove già si trovava. Per questo si parla della missione del Figlio, o dello Spirito Santo, perché procedendo dal Padre per via di origine, incomincia a essere in maniera nuova, cioè per grazia o per mezzo della natura assunta, dove prima era soltanto con la presenza della Deità. Infatti è proprio di Dio essere dappertutto: ché, essendo egli la causa universale, la sua virtù si estende a tutti gli enti; e però Dio è in tutte le cose, come si disse.
Invece la virtù dell'angelo, che è una causa particolare, non si estende a tutto l'universo; ma se raggiunge una cosa, non può raggiungere l'altra. Perciò se è qui, non può essere altrove. Ora è dimostrato, da quanto si è già detto, che le creature materiali sono governate per mezzo degli angeli. Quando perciò in un essere corporeo c'è da compiere qualche cosa per mezzo di un angelo, questi viene ad applicare la sua virtù a quel corpo; e quindi comincia a essere in quel corpo. Tutto questo però dipende da un comando divino. Risulta quindi che gli angeli ricevono una missione da Dio.
Ma l'attività che gli angeli inviati svolgono procede, come da primo principio, da Dio, ai cui cenni e per l'autorità del quale gli angeli agiscono; e si riconduce a Dio come a ultimo fine. Ed è questo che crea la condizione di ministro: giacché il ministro è come uno strumento intelligente; lo strumento, si sa, è mosso da altri, e la sua azione è in funzione dell'opera di un altro. Questa, dunque, è la ragione per cui le azioni degli angeli sono dette ministeri; e per questo si dice che essi sono mandati per ministero.
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[33100] Iª q. 112 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod aliqua operatio dupliciter dicitur intellectualis. Uno modo, quasi in ipso intellectu consistens, ut contemplatio. Et talis operatio non determinat sibi locum, immo, ut Augustinus dicit IV de Trin., etiam nos, secundum quod aliquid aeternum mente sapimus, non in hoc mundo sumus. Alio modo dicitur aliqua actio intellectualis, quia est ab aliquo intellectu regulata et imperata. Et sic manifestum est quod operationes intellectuales interdum determinant sibi loca.
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[33100] Iª q. 112 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Un'operazione può essere intellettuale per due motivi. Primo, perché si svolge nell'intelletto stesso, come, p. es., la contemplazione. E una tale attività non esige per sé un luogo determinato: ché anzi, al dire di S. Agostino, "anche noi uomini, nella misura in cui con la mente gustiamo qualche cosa di eterno, non siamo più in questo mondo". - Secondo, un'attività può essere intellettuale, perché regolata e comandata da un intelletto. In tal caso essa esige talora un luogo determinato.
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[33101] Iª q. 112 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod caelum Empyreum pertinet ad dignitatem Angeli secundum congruentiam quandam, quia congruum est ut supremum corporum naturae quae est supra omnia corpora, attribuatur. Non tamen Angelus aliquid dignitatis accipit a caelo Empyreo. Et ideo quando actu non est in caelo Empyreo, nihil eius dignitati subtrahitur, sicut nec regi, quando non actu sedet in regali solio, quod congruit eius dignitati.
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[33101] Iª q. 112 a. 1 ad 2
2. Il cielo empireo è luogo proprio della dignità angelica per una certa convenienza: è infatti conveniente che il supremo dei corpi sia assegnato alla natura che è al di sopra di tutti quanti i corpi. Non si creda però che agli angeli derivi un onore speciale dal trovarsi nel cielo empireo. Perciò, quando non sono presenzialmente in esso, la loro dignità non ne scapita affatto: come non ne scapita la dignità del re, quando egli non sta assiso sul trono regale.
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[33102] Iª q. 112 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod in nobis exterior occupatio puritatem contemplationis impedit, quia actioni insistimus secundum sensitivas vires, quarum actiones cum intenduntur, retardantur actiones intellectivae virtutis. Sed Angelus per solam intellectualem operationem regulat suas actiones exteriores. Unde actiones exteriores in nullo impediunt eius contemplationem, quia duarum actionum quarum una est regula et ratio alterius, una non impedit, sed iuvat aliam. Unde Gregorius dicit, in II Moral., quod Angeli non sic foris exeunt, ut internae contemplationis gaudiis priventur.
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[33102] Iª q. 112 a. 1 ad 3
3. In noi, le occupazioni esteriori impediscono la limpidezza della contemplazione, perché noi ci applichiamo ad esse con le potenze sensitive, la cui attività, quanto più si fa intensa, tanto più rallenta l'attività intellettiva. Gli angeli invece regolano le loro operazioni esteriori con la sola intelligenza. Quindi le occupazioni esteriori non impediscono affatto la loro contemplazione: poiché se ci sono due azioni, di cui l'una è regola e ragione dell'altra, l'una non impedisce, ma aiuta l'altra. Per questo S. Gregorio dice che "gli angeli non escono mai fuori in maniera tale, da rimaner privi delle gioie della contemplazione interiore".
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[33103] Iª q. 112 a. 1 ad 4 Ad quartum dicendum quod Angeli in suis actionibus exterioribus ministrant principaliter Deo, et secundario nobis. Non quia nos sumus superiores eis, simpliciter loquendo, sed quilibet homo vel Angelus, inquantum adhaerendo Deo fit unus spiritus cum Deo, est superior omni creatura. Unde apostolus, ad Philipp. II, dicit, superiores sibi invicem arbitrantes.
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[33103] Iª q. 112 a. 1 ad 4
4. Gli angeli con la loro attività esterna servono principalmente Dio, secondariamente noi uomini. E ci servono, non già perché noi siamo senz'altro più grandi di loro: ma perché un uomo, o un angelo qualsiasi, in quanto con l'adesione a Dio diventa un solo spirito con lui, è superiore a ogni altra creatura. Per questo l'Apostolo comanda che "ciascuno ritenga gli altri superiori a se stesso".
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