Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Gli angeli > Mozioni e causalità delle creature > Se un angelo illumini l'altro
Prima pars
Quaestio 106
Articulus 1
[32854] Iª q. 106 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod unus Angelus non illuminet alium. Angeli enim eandem beatitudinem possident nunc, quam nos in futuro expectamus. Sed tunc unus homo non illuminabit alium; secundum illud Ierem. XXXI, non docebit ultra vir proximum suum, et vir fratrem suum. Ergo etiam neque nunc unus Angelus illuminat alium.
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Prima parte
Questione 106
Articolo 1
[32854] Iª q. 106 a. 1 arg. 1
SEMBRA che un angelo non illumini l'altro. Infatti:
1. Gli angeli attualmente godono quella stessa beatitudine che noi uomini possederemo nel futuro. Ma, allora nessun uomo illuminerà l'altro; poiché sta scritto: "Non staranno più gli uomini ad ammaestrarsi, l'uno il proprio compagno, l'altro il proprio fratello". Quindi neppure gli angeli si illuminano, adesso, tra di loro.
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[32855] Iª q. 106 a. 1 arg. 2 Praeterea, triplex est lumen in Angelis, naturae, gratiae et gloriae. Sed Angelus illuminatur lumine naturae, a creante; lumine gratiae, a iustificante; lumine gloriae, a beatificante; quod totum Dei est. Ergo unus Angelus non illuminat alium.
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[32855] Iª q. 106 a. 1 arg. 2
2. Negli angeli v'è un triplice lume: di natura, di grazia e di gloria. Ora, l'angelo è illuminato col lume di natura, da chi lo crea; col lume di grazia, da chi lo giustifica; col lume di gloria, da chi lo beatifica; e tutto questo è opera di Dio. Dunque un angelo non illumina l'altro.
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[32856] Iª q. 106 a. 1 arg. 3 Praeterea, lumen est forma quaedam mentis. Sed mens rationalis a solo Deo formatur, nulla interposita creatura, ut Augustinus dicit in libro octoginta trium quaest. Ergo unus Angelus non illuminat mentem alterius.
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[32856] Iª q. 106 a. 1 arg. 3
3. L'illuminazione è come una forma impressa nella mente. Ma, al dire di S. Agostino, la mente "è informata da Dio solo, senza mediazione d'alcuna creatura". Quindi un angelo non illumina la mente dell'altro.
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[32857] Iª q. 106 a. 1 s. c. Sed contra est quod dicit Dionysius, VIII cap. Cael. Hier., quod Angeli secundae hierarchiae purgantur et illuminantur et perficiuntur per Angelos primae hierarchiae.
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[32857] Iª q. 106 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Insegna Dionigi che "gli angeli della gerarchia inferiore sono purificati, illuminati e perfezionati dagli angeli della gerarchia superiore".
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[32858] Iª q. 106 a. 1 co. Respondeo dicendum quod unus Angelus illuminat alium. Ad cuius evidentiam, considerandum est quod lumen, secundum quod ad intellectum pertinet, nihil est aliud quam quaedam manifestatio veritatis; secundum illud ad Ephes. V, omne quod manifestatur, lumen est. Unde illuminare nihil aliud est quam manifestationem cognitae veritatis alteri tradere; secundum quem modum apostolus dicit, ad Ephes. III, mihi, omnium sanctorum minimo, data est gratia haec, illuminare omnes quae sit dispensatio sacramenti absconditi a saeculis in Deo. Sic igitur unus Angelus dicitur illuminare alium, inquantum ei manifestat veritatem quam ipse cognoscit. Unde Dionysius dicit, VII cap. Cael. Hier., quod theologi plane monstrant caelestium substantiarum ornatus a supremis mentibus doceri deificas scientias. Cum autem ad intelligendum duo concurrant, ut supra diximus, scilicet virtus intellectiva, et similitudo rei intellectae; secundum haec duo unus Angelus alteri veritatem notam notificare potest. Primo quidem, fortificando virtutem intellectivam eius. Sicut enim virtus imperfectioris corporis confortatur ex situali propinquitate perfectioris corporis, ut minus calidum crescit in calore ex praesentia magis calidi; ita virtus intellectiva inferioris Angeli confortatur ex conversione superioris Angeli ad ipsum. Hoc enim facit in spiritualibus ordo conversionis, quod facit in corporalibus ordo localis propinquitatis. Secundo autem unus Angelus alteri manifestat veritatem, ex parte similitudinis intellectae. Superior enim Angelus notitiam veritatis accipit in universali quadam conceptione, ad quam capiendam inferioris Angeli intellectus non esset sufficiens, sed est ei connaturale ut magis particulariter veritatem accipiat. Superior ergo Angelus veritatem quam universaliter concipit, quodammodo distinguit, ut ab inferiori capi possit; et sic eam cognoscendam illi proponit. Sicut etiam apud nos, doctores, quod in summa capiunt, multipliciter distinguunt, providentes capacitati aliorum. Et hoc est quod Dionysius dicit, XV cap. Cael. Hier., unaquaeque substantia intellectualis datam sibi a diviniore uniformem intelligentiam, provida virtute dividit et multiplicat, ad inferioris sursum ductricem analogiam.
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[32858] Iª q. 106 a. 1 co.
RISPONDO: Un angelo ha la capacità di illuminare l'altro. Per chiarire la cosa bisogna tener presente che l'illuminazione, nel senso in cui la parola è applicata all'intelligenza, non è che una manifestazione della verità, secondo l'aforisma paolino: "Tutto ciò che è manifestato, è lume". Quindi illuminare altri significa soltanto manifestare loro una verità, come appunto scrive il medesimo Apostolo di sé: "A me che sono meno che l'infimo di tutti i santi fu data questa grazia: d'illuminare tutti su quella che è la traduzione in atto dell'arcano nascosto da secoli in Dio". Si dice dunque che un angelo illumina l'altro, in quanto manifesta a quest'altro la verità che egli conosce. E "i teologi, al dire di Dionigi, mostrano chiaramente che, tra le sostanze celesti, quelle di grado inferiore sono istruite, in tutto ciò che concerne le opere di Dio, da quelle di grado superiore".
E poiché per conoscere, come abbiamo detto sopra, si richiedono due cose, cioè virtù intellettiva e specie intelligibile dell'oggetto, un angelo può manifestare la verità all'altro in due maniere. Primo, rafforzandone la virtù intellettiva. Infatti, come le energie fisiche di un corpo meno perfetto acquistano vigore dalla vicinanza di un corpo più perfetto, un corpo meno caldo, p. es., aumenta di calore per la vicinanza di un corpo più caldo, così la virtù intellettiva di un angelo inferiore vien corroborata dal volgersi dell'angelo superiore verso di lui. Ché, l'effetto prodotto negli esseri corporei dal loro trovarsi vicini nello spazio, è prodotto negli esseri spirituali dal volgersi dell'uno verso l'altro. - Secondo, un angelo può manifestare la verità a un altro anche rispetto alla specie intelligibile. Infatti l'angelo superiore conosce la verità con dei concetti così universali, che l'intelletto dell'angelo inferiore non sarebbe in grado di comprendere, essendo a lui connaturale la conoscenza della verità mediante concetti più ristretti. Perciò l'angelo superiore suddivide, in certo qual modo, la verità da lui più universalmente concepita, affinché possa essere compresa dagli angeli inferiori; e così suddivisa la propone alla loro conoscenza. Fatto, questo, che si verifica anche tra noi uomini, giacché gli insegnanti suddividono e suddistinguono le verità da loro possedute in maniera sintetica, per andare incontro alla capacità degli altri. E tale è il senso di quanto scrive Dionigi: "Ogni sostanza intellettuale, avendo ricevuto in dono da un'essenza più divina l'intellezione unitiva, la divide e la moltiplica provvidenzialmente per elevare spiritualmente quanto può l'essenza inferiore".
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[32859] Iª q. 106 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod omnes Angeli, tam superiores quam inferiores, immediate vident Dei essentiam; et quantum ad hoc, unus non docet alium. De hac enim doctrina propheta loquitur, unde dicit non docebit vir fratrem suum, dicens, cognosce dominum. Omnes enim cognoscent me, a minimo eorum usque ad maximum. Sed rationes divinorum operum, quae in Deo cognoscuntur sicut in causa, omnes quidem Deus in seipso cognoscit, quia seipsum comprehendit, aliorum vero Deum videntium tanto unusquisque in Deo plures rationes cognoscit, quanto eum perfectius videt. Unde superior Angelus plura in Deo de rationibus divinorum operum cognoscit quam inferior; et de his eum illuminat. Et hoc est quod dicit Dionysius, IV cap. de Div. Nom., quod Angeli existentium illuminantur rationibus.
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[32859] Iª q. 106 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutti gli angeli, tanto superiori che inferiori vedono immediatamente l'essenza di Dio: perciò sotto questo aspetto, uno non insegna all'altro. E il Profeta parla appunto di tale insegnamento; difatti aggiunge: "L'uomo non ammaestrerà più il proprio fratello dicendo: "Impara a conoscere il Signore"; perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore". Ma le ragioni delle opere divine, conosciute in Dio come nella loro causa, soltanto Dio è capace di vederle tutte in se stesso, perché comprende se stesso; gli altri, ammessi alla visione di Dio, le conoscono in numero maggiore o minore, secondo il grado della loro visione di Dio. Perciò l'angelo superiore, rispetto alle ragioni delle opere divine, ha più cognizioni dell'angelo inferiore; e su di esse lo illumina. E in questo senso dice Dionigi che gli angeli "sono illuminati sulle ragioni degli esseri".
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[32860] Iª q. 106 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod unus Angelus non illuminat alium tradendo ei lumen naturae vel gratiae vel gloriae; sed confortando lumen naturale ipsius, et manifestando ei veritatem de his quae pertinent ad statum naturae, gratiae et gloriae, ut dictum est.
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[32860] Iª q. 106 a. 1 ad 2
2. Un angelo non illumina l'altro comunicandogli il lume di natura, di grazia, o di gloria; ma corroborando il suo lume naturale, e manifestandogli la verità su cose pertinenti allo stato di natura, di grazia e di gloria, secondo le spiegazioni date.
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[32861] Iª q. 106 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod rationalis mens formatur immediate a Deo, vel sicut imago ab exemplari, quia non est facta ad alterius imaginem quam Dei, vel sicut subiectum ab ultima forma completiva, quia semper mens creata reputatur informis, nisi ipsi primae veritati inhaereat. Aliae vero illuminationes, quae sunt ab homine vel Angelo, sunt quasi dispositiones ad ultimam formam.
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[32861] Iª q. 106 a. 1 ad 3
3. La mente è informata immediatamente da Dio, o come l'immagine dal suo esemplare, essendo essa fatta soltanto a immagine di Dio; o come il soggetto dall'ultima sua forma perfettiva, dato che la mente creata è reputata sempre informe fino a quando non aderisca alla stessa prima verità. Le altre illuminazioni, invece, che derivano o dall'uomo o dall'angelo, sono come tante disposizioni all'ultima forma.
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