Parte prima > La derivazione delle creature da Dio > Il governo delle cose in generale > Se tutte le cose siano soggette al governo divino
Prima pars
Quaestio 103
Articulus 5
[32724] Iª q. 103 a. 5 arg. 1 Ad quintum sic proceditur. Videtur quod non omnia divinae gubernationi subdantur. Dicitur enim Eccle. IX, vidi sub sole nec velocium esse cursum, nec fortium bellum, nec sapientium panem, nec doctorum divitias, nec artificum gratiam, sed tempus casumque in omnibus. Quae autem gubernationi alicuius subsunt, non sunt casualia. Ergo ea quae sunt sub sole, non subduntur divinae gubernationi.
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Prima parte
Questione 103
Articolo 5
[32724] Iª q. 103 a. 5 arg. 1
SEMBRA che non tutte le cose siano soggette al governo divino. Infatti:
1. Sta scritto: "Vidi sotto il sole, come non appartiene agli agili la corsa, ne ai valorosi la guerra, né ai savi il pane, né agli intelligenti la ricchezza, né ai bravi il favore; ma il tempo e il caso ci entrano di mezzo per tutti". Ora le cose soggette al governo di uno non sono casuali. Per conseguenza, le cose che sono sotto il sole, non soggiacciono al governo divino.
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[32725] Iª q. 103 a. 5 arg. 2 Praeterea, apostolus, I ad Cor. IX, dicit quod non est Deo cura de bobus. Sed unicuique est cura eorum quae gubernantur ab ipso. Non ergo omnia subduntur divinae gubernationi.
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[32725] Iª q. 103 a. 5 arg. 2
2. L'Apostolo dice che "Iddio non si dà pensiero dei buoi". Ma ognuno si dà pensiero di quanto cade sotto il suo governo. Perciò il governo divino non si estende a tutte le cose.
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[32726] Iª q. 103 a. 5 arg. 3 Praeterea, illud quod seipsum gubernare potest, non videtur alterius gubernatione indigere. Sed creatura rationalis seipsam gubernare potest, cum habeat dominium sui actus, et per se agat; et non solum agatur ab alio, quod videtur esse eorum quae gubernantur. Ergo non omnia subsunt divinae gubernationi.
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[32726] Iª q. 103 a. 5 arg. 3
3. Chi è capace di governarsi da sé, non ha bisogno dell'altrui governo. Ma la creatura ragionevole è capace di governarsi da sé: possiede infatti il dominio delle proprie azioni e agisce da per sé; e non è mossa esclusivamente da altri, come sembra invece proprio degli esseri governati. Non tutte le cose, dunque, sottostanno al governo divino.
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[32727] Iª q. 103 a. 5 s. c. Sed contra est quod Augustinus dicit, V de Civ. Dei, quod Deus non solum caelum et terram, nec solum hominem et Angelum, sed nec exigui et contemptibilis animantis viscera, nec avis pennulam, nec herbae flosculum, nec arboris folium, sine suarum partium convenientia dereliquit. Omnia ergo eius gubernationi subduntur.
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[32727] Iª q. 103 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: Dice S. Agostino che "Dio non soltanto non ha lasciato senza armonia di parti il cielo e la terra, l'angelo e l'uomo, ma neppure l'organismo del più spregevole animaluzzo, né la piuma dell'uccello, né il fiorellino dell'erba, né la foglia dell'albero". Quindi è evidente che tutte le cose soggiacciono al governo divino.
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[32728] Iª q. 103 a. 5 co. Respondeo dicendum quod secundum eandem rationem competit Deo esse gubernatorem rerum, et causam earum, quia eiusdem est rem producere, et ei perfectionem dare, quod ad gubernantem pertinet. Deus autem est causa non quidem particularis unius generis rerum, sed universalis totius entis, ut supra ostensum est. Unde sicut nihil potest esse quod non sit a Deo creatum, ita nihil potest esse quod eius gubernationi non subdatur. Patet etiam hoc idem ex ratione finis. Intantum enim alicuius gubernatio se extendit, inquantum se extendere potest finis gubernationis. Finis autem divinae gubernationis est ipsa sua bonitas, ut supra ostensum est. Unde cum nihil esse possit quod non ordinetur in divinam bonitatem sicut in finem, ut ex supra dictis patet; impossibile est quod aliquod entium subtrahatur gubernationi divinae. Stulta igitur fuit opinio dicentium quod haec inferiora corruptibilia, vel etiam singularia, aut etiam res humanae non gubernantur a Deo. Ex quorum persona dicitur Ezech. IX, dereliquit dominus terram.
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[32728] Iª q. 103 a. 5 co.
RISPONDO: Il governo delle cose compete a Dio per la stessa ragione per cui gli compete la produzione di esse, poiché tocca al medesimo agente produrre un essere e conferirgli la debita perfezione: compito, quest'ultimo, proprio di chi governa. Ora Dio non è già causa particolare di un determinato genere di cose, ma è causa universale di tutti gli esseri, come fu già dimostrato. Quindi, come non può esservi cosa che non sia stata creata da Dio, così non può esservi cosa che non sia sottoposta al suo governo.
La stessa conclusione si impone, considerando il fine. Infatti il governo di uno si estende quanto può estendersi il fine del suo governo. Ma, come sopra abbiamo detto, il fine del governo di Dio è la sua stessa bontà. Quindi, poiché nulla può esistere che non sia ordinato alla divina bontà come a suo fine, secondo quanto abbiamo dimostrato, è impossibile che qualche cosa sfugga al governo divino.
Stolta è pertanto l'opinione di coloro che negarono il governo divino degli esseri corruttibili, dei singolari, oppure delle cose umane. A essi vengono attribuite quelle parole: "Dio ha abbandonata la terra".
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[32729] Iª q. 103 a. 5 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod sub sole dicuntur esse ea quae secundum motum solis generantur et corrumpuntur. In quibus omnibus casus invenitur; non ita quod omnia quae in eis fiunt, sint casualia; sed quia in quolibet eorum aliquid casuale inveniri potest. Et hoc ipsum quod aliquid casuale invenitur in huiusmodi rebus, demonstrat ea alicuius gubernationi esse subiecta. Nisi enim huiusmodi corruptibilia ab aliquo superiori gubernarentur, nihil intenderent, maxime quae non cognoscunt, et sic non eveniret in eis aliquid praeter intentionem, quod facit rationem casus. Unde ad ostendendum quod casualia secundum ordinem alicuius superioris causae proveniunt, non dicit simpliciter quod vidit casum esse in omnibus, sed dicit tempus et casum; quia scilicet secundum aliquem ordinem temporis, casuales defectus inveniuntur in his rebus.
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[32729] Iª q. 103 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si dicono sotto il sole quegli esseri che si generano e si corrompono in seguito al moto del sole. In tutti codesti esseri si verifica il caso; non già nel senso che quanto in essi accade sia casuale, ma nel senso che in ciascuno di essi può verificarsi qualche cosa di casuale. Il fatto stesso però che in tali esseri si verifica qualche cosa di casuale, dimostra che sono soggetti al governo di qualcuno. Se infatti tali esseri corruttibili non fossero governati da un essere superiore, essi non avrebbero tendenza alcuna, massimamente quelli privi di conoscenza; e quindi non potrebbe accadere loro niente di preterintenzionale, come si richiede perché si verifichi il caso. Perciò [la Scrittura], volendo mostrare che gli eventi casuali si verificano secondo il piano d'una causa superiore, non dice semplicemente d'aver veduto il caso in tutti gli esseri, ma "il tempo e il caso"; poiché i casuali accidenti si verificano in codesti esseri rispetto a un dato ordine di tempo.
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[32730] Iª q. 103 a. 5 ad 2 Ad secundum dicendum quod gubernatio est quaedam mutatio gubernatorum a gubernante. Omnis autem motus est actus mobilis a movente, ut dicitur in III Physic. Omnis autem actus proportionatur ei cuius est actus. Et sic oportet quod diversa mobilia diversimode moveantur, etiam secundum motionem unius motoris. Sic igitur secundum unam artem Dei gubernantis, res diversimode gubernantur, secundum earum diversitatem. Quaedam enim secundum suam naturam sunt per se agentia, tanquam habentia dominium sui actus, et ista gubernantur a Deo non solum per hoc quod moventur ab ipso Deo in eis interius operante, sed etiam per hoc quod ab eo inducuntur ad bonum et retrahuntur a malo per praecepta et prohibitiones, praemia et poenas. Hoc autem modo non gubernantur a Deo creaturae irrationales, quae tantum aguntur, et non agunt. Cum ergo apostolus dicit quod Deo non est cura de bobus, non totaliter subtrahit boves a cura gubernationis divinae; sed solum quantum ad modum qui proprie competit rationali creaturae.
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[32730] Iª q. 103 a. 5 ad 2
2. Il governo è una specie di movimento impresso da chi governa sugli esseri governati. Ma ogni movimento, come dice Aristotele, è "un atto del soggetto mobile [sebbene] provocato dal motore". Perciò ogni atto acquista le proporzioni del soggetto cui appartiene. Bisognerà quindi che i diversi soggetti mobili siano mossi in maniera diversa anche se dipendono da un solo motore. Perciò, pur essendo una sola l'arte con la quale Dio governa, gli esseri sono da lui diversamente governati, secondo le loro diversità. Ve ne sono alcuni, infatti, che hanno la capacità naturale di muoversi da se stessi, avendo il dominio dei propri atti: e questi sono governati da Dio, non solo perché mossi da Dio che opera internamente in essi, ma anche perché sono da lui indotti al bene e allontanati dal male con precetti e divieti, con premi e con pene. Ma le creature irragionevoli, che non agiscono ma subiscono l'azione, non sono governate da Dio in questo modo. Quando perciò l'Apostolo afferma che Iddio non si dà pensiero dei buoi, non intende sottrarre i buoi alle cure del governo divino totalmente; ma solo rispetto al modo che è proprio delle creature ragionevoli.
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[32731] Iª q. 103 a. 5 ad 3 Ad tertium dicendum quod creatura rationalis gubernat seipsam per intellectum et voluntatem, quorum utrumque indiget regi et perfici ab intellectu et voluntate Dei. Et ideo supra gubernationem qua creatura rationalis gubernat seipsam tanquam domina sui actus, indiget gubernari a Deo.
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[32731] Iª q. 103 a. 5 ad 3
3. La creatura ragionevole governa se stessa con l'intelletto e con la volontà, ma sia l'uno che l'altra hanno bisogno di essere sorretti e attuati dall'intelletto e dalla volontà di Dio. Perciò, la creatura ragionevole, oltre il governo col quale dirige se stessa in quanto padrona dei suoi atti, ha bisogno di essere governata da Dio.
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