[37592] Iª-IIae q. 94 a. 2 co. Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, praecepta legis naturae hoc modo se habent ad rationem practicam, sicut principia prima demonstrationum se habent ad rationem speculativam, utraque enim sunt quaedam principia per se nota. Dicitur autem aliquid per se notum dupliciter, uno modo, secundum se; alio modo, quoad nos. Secundum se quidem quaelibet propositio dicitur per se nota, cuius praedicatum est de ratione subiecti, contingit tamen quod ignoranti definitionem subiecti, talis propositio non erit per se nota. Sicut ista propositio, homo est rationale, est per se nota secundum sui naturam, quia qui dicit hominem, dicit rationale, et tamen ignoranti quid sit homo, haec propositio non est per se nota. Et inde est quod, sicut dicit Boetius, in libro de Hebdomad., quaedam sunt dignitates vel propositiones per se notae communiter omnibus, et huiusmodi sunt illae propositiones quarum termini sunt omnibus noti, ut, omne totum est maius sua parte, et, quae uni et eidem sunt aequalia, sibi invicem sunt aequalia. Quaedam vero propositiones sunt per se notae solis sapientibus, qui terminos propositionum intelligunt quid significent, sicut intelligenti quod Angelus non est corpus, per se notum est quod non est circumscriptive in loco, quod non est manifestum rudibus, qui hoc non capiunt. In his autem quae in apprehensione omnium cadunt, quidam ordo invenitur. Nam illud quod primo cadit in apprehensione, est ens, cuius intellectus includitur in omnibus quaecumque quis apprehendit. Et ideo primum principium indemonstrabile est quod non est simul affirmare et negare, quod fundatur supra rationem entis et non entis, et super hoc principio omnia alia fundantur, ut dicitur in IV Metaphys. Sicut autem ens est primum quod cadit in apprehensione simpliciter, ita bonum est primum quod cadit in apprehensione practicae rationis, quae ordinatur ad opus, omne enim agens agit propter finem, qui habet rationem boni. Et ideo primum principium in ratione practica est quod fundatur supra rationem boni, quae est, bonum est quod omnia appetunt. Hoc est ergo primum praeceptum legis, quod bonum est faciendum et prosequendum, et malum vitandum. Et super hoc fundantur omnia alia praecepta legis naturae, ut scilicet omnia illa facienda vel vitanda pertineant ad praecepta legis naturae, quae ratio practica naturaliter apprehendit esse bona humana. Quia vero bonum habet rationem finis, malum autem rationem contrarii, inde est quod omnia illa ad quae homo habet naturalem inclinationem, ratio naturaliter apprehendit ut bona, et per consequens ut opere prosequenda, et contraria eorum ut mala et vitanda. Secundum igitur ordinem inclinationum naturalium, est ordo praeceptorum legis naturae. Inest enim primo inclinatio homini ad bonum secundum naturam in qua communicat cum omnibus substantiis, prout scilicet quaelibet substantia appetit conservationem sui esse secundum suam naturam. Et secundum hanc inclinationem, pertinent ad legem naturalem ea per quae vita hominis conservatur, et contrarium impeditur. Secundo inest homini inclinatio ad aliqua magis specialia, secundum naturam in qua communicat cum ceteris animalibus. Et secundum hoc, dicuntur ea esse de lege naturali quae natura omnia animalia docuit, ut est coniunctio maris et feminae, et educatio liberorum, et similia. Tertio modo inest homini inclinatio ad bonum secundum naturam rationis, quae est sibi propria, sicut homo habet naturalem inclinationem ad hoc quod veritatem cognoscat de Deo, et ad hoc quod in societate vivat. Et secundum hoc, ad legem naturalem pertinent ea quae ad huiusmodi inclinationem spectant, utpote quod homo ignorantiam vitet, quod alios non offendat cum quibus debet conversari, et cetera huiusmodi quae ad hoc spectant.
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[37592] Iª-IIae q. 94 a. 2 co.
RISPONDO: Secondo le spiegazioni date in precedenza, i precetti della legge naturale stanno alla ragione pratica, come i primi principi dimostrativi stanno alla ragione speculativa: poiché gli uni e gli altri sono principi per sé noti. Ora, una cosa può essere per sé nota in due maniere: primo per se stessa; secondo, rispetto a noi. È nota per se stessa infatti qualsiasi proposizione in cui il predicato rientra nella nozione del soggetto: tuttavia per chi ignora la definizione del soggetto tale proposizione non è per sé nota. La proposizione, p. es., l'uomo è un essere ragionevole, è per sé nota nella sua natura, poiché chi dice uomo dice essere ragionevole: ma per chi ignora che cosa è l'uomo codesta proposizione non è per sé nota. Ecco perché, come nota Boezio, alcune formule, o proposizioni sono universalmente note a tutti; e son quelle i cui termini sono da tutti conosciuti. P. es.: Il tutto è sempre maggiore della parte; Cose uguali ad una terza sono uguali tra loro. Ci sono invece delle proposizioni che sono per sé note ai soli sapienti, i quali ne capiscono i termini: per chi capisce, p. es., che un angelo non è un corpo, è per sé noto che non si trova circoscritto in un luogo; ma ciò non è evidente a un ignorante, il quale non lo capisce.
Ora, tra le cose universalmente conosciute c'è un certo ordine. Infatti la prima cosa che si presenta alla conoscenza è l'ente, la cui nozione è inclusa in tutto ciò che si apprende. Perciò il primo principio indimostrabile è che l'affermazione e la negazione sono incompatibili; poiché si fonda sulla nozione di ente e di non ente. E su tale principio si fondano tutti gli altri, come nota Aristotele. Ebbene, come l'ente è la cosa assolutamente prima nella conoscenza, così il bene è la prima nella cognizione della ragione pratica, ordinata all'operazione: poiché ogni agente agisce per un fine, il quale ha sempre ragione di bene. Perciò il primo principio della ragione pratica si fonda sulla nozione di bene, essendo il bene ciò che tutti gli esseri desiderano. Ecco, dunque, il primo precetto della legge: Il bene è da farsi e da cercarsi, il male è da evitarsi. E su di esso sono fondati tutti gli altri precetti della legge naturale; cosicché tutte le altre cose da fare o da evitare appartengono alla legge di natura, in quanto la ragione pratica le conosce naturalmente come beni umani.
Ma tutte le cose verso le quali l'uomo ha un'inclinazione naturale la ragione le apprende come buone, e quindi da farsi, e le contrarie le apprende come cattive e da evitarsi; perché il bene si presenta come un fine da raggiungere, il male come cosa contraria. Perciò l'ordine dei precetti della legge naturale segue l'ordine delle inclinazioni naturali. Infatti prima di tutto troviamo nell'uomo l'inclinazione a quel bene di natura, che ha in comune con tutte le sostanze: cioè in quanto ogni sostanza tende per natura alla conservazione del proprio essere. E in forza di questa inclinazione appartiene alla legge naturale tutto ciò che giova a conservare la vita umana, e ne impedisce la distruzione. - Secondo, troviamo nell'uomo l'inclinazione verso cose più specifiche, per la natura che ha in comune con gli altri animali. E da questo lato appartengono alla legge naturale "le cose che la natura ha insegnato a tutti gli animali", p. es., l'unione del maschio con la femmina, la cura dei piccoli, e altre cose consimili. - Terzo, troviamo nell'uomo un'inclinazione verso il bene che è conforme alla natura della ragione, e che è propriamente umano: l'inclinazione naturale, p. es., a conoscere la verità su Dio, e a vivere in società. E da questo lato appartengono alla legge naturale le cose riguardanti codesta inclinazione: vale a dire la fuga dell'ignoranza, il rispetto di coloro con i quali si deve convivere, e altre cose del genere.
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