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Se tutte le cose umane siano soggette alla legge eterna
Prima pars secundae partis
Quaestio 93
Articulus 6
[37570] Iª-IIae q. 93 a. 6 arg. 1 Ad sextum sic proceditur. Videtur quod non omnes res humanae subiiciantur legi aeternae. Dicit enim apostolus, ad Gal. V, si spiritu ducimini, non estis sub lege. Sed viri iusti, qui sunt filii Dei per adoptionem, spiritu Dei aguntur; secundum illud Rom. VIII, qui spiritu Dei aguntur, hi filii Dei sunt. Ergo non omnes homines sunt sub lege aeterna.
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Prima parte della seconda parte
Questione 93
Articolo 6
[37570] Iª-IIae q. 93 a. 6 arg. 1
SEMBRA che non tutte le cose umane siano soggette alla legge eterna. Infatti:
1. L'Apostolo insegna: "Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge". Ora, i giusti, che sono figli di Dio per adozione, si lasciano guidare dallo Spirito di Dio, ottenendo così la divina figliolanza, secondo l'espressione paolina: "Quanti sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio". Dunque non tutti gli uomini sono soggetti alla legge eterna.
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[37571] Iª-IIae q. 93 a. 6 arg. 2 Praeterea, apostolus dicit, ad Rom. VIII, prudentia carnis inimica est Deo, legi enim Dei subiecta non est. Sed multi homines sunt in quibus prudentia carnis dominatur. Ergo legi aeternae, quae est lex Dei, non subiiciuntur omnes homines.
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[37571] Iª-IIae q. 93 a. 6 arg. 2
2. L'Apostolo ha scritto pure, che "la prudenza della carne è nemica di Dio, perché non è soggetta alla legge divina". Ma gli uomini in cui domina la prudenza della carne sono una moltitudine. Quindi gli uomini non sono tutti soggetti alla legge eterna, che è legge divina.
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[37572] Iª-IIae q. 93 a. 6 arg. 3 Praeterea, Augustinus dicit, in I de Lib. Arb., quod lex aeterna est qua mali miseriam, boni vitam beatam merentur. Sed homines iam beati, vel iam damnati, non sunt in statu merendi. Ergo non subsunt legi aeternae.
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[37572] Iª-IIae q. 93 a. 6 arg. 3
3. S. Agostino spiega, che "la legge eterna è quella che ai malvagi fa meritare la dannazione, e ai buoni la vita eterna". Ma gli uomini che sono già beati o dannati non possono più meritare. Perciò non sono soggetti alla legge eterna.
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[37573] Iª-IIae q. 93 a. 6 s. c. Sed contra est quod Augustinus dicit, XIX de Civ. Dei, nullo modo aliquid legibus summi creatoris ordinatorisque subtrahitur, a quo pax universitatis administratur.
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[37573] Iª-IIae q. 93 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino afferma: "Niente di quanto giova alla pace dell'universo può sottrarsi in qualche modo alle leggi del Creatore e dell'Ordinatore supremo".
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[37574] Iª-IIae q. 93 a. 6 co. Respondeo dicendum quod duplex est modus quo aliquid subditur legi aeternae, ut ex supradictis patet, uno modo, inquantum participatur lex aeterna per modum cognitionis; alio modo, per modum actionis et passionis, inquantum participatur per modum principii motivi. Et hoc secundo modo subduntur legi aeternae irrationales creaturae, ut dictum est. Sed quia rationalis natura, cum eo quod est commune omnibus creaturis, habet aliquid sibi proprium inquantum est rationalis, ideo secundum utrumque modum legi aeternae subditur, quia et notionem legis aeternae aliquo modo habet, ut supra dictum est; et iterum unicuique rationali creaturae inest naturalis inclinatio ad id quod est consonum legi aeternae; sumus enim innati ad habendum virtutes, ut dicitur in II Ethic. Uterque tamen modus imperfectus quidem est, et quodammodo corruptus, in malis; in quibus et inclinatio naturalis ad virtutem depravatur per habitum vitiosum; et iterum ipsa naturalis cognitio boni in eis obtenebratur per passiones et habitus peccatorum. In bonis autem uterque modus invenitur perfectior, quia et supra cognitionem naturalem boni, superadditur eis cognitio fidei et sapientiae; et supra naturalem inclinationem ad bonum, superadditur eis interius motivum gratiae et virtutis. Sic igitur boni perfecte subsunt legi aeternae, tanquam semper secundum eam agentes. Mali autem subsunt quidem legi aeternae, imperfecte quidem quantum ad actiones ipsorum, prout imperfecte cognoscunt et imperfecte inclinantur ad bonum, sed quantum deficit ex parte actionis, suppletur ex parte passionis, prout scilicet intantum patiuntur quod lex aeterna dictat de eis, inquantum deficiunt facere quod legi aeternae convenit. Unde Augustinus dicit, in I de Lib. Arb., iustos sub aeterna lege agere existimo. Et in libro de catechizandis rudibus, dicit quod Deus ex iusta miseria animarum se deserentium, convenientissimis legibus inferiores partes creaturae suae novit ornare.
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[37574] Iª-IIae q. 93 a. 6 co.
RISPONDO: Già nell'articolo precedente abbiamo detto, che una cosa può essere soggetta alla legge eterna in due maniere: primo, partecipandone la conoscenza; secondo, ricevendone o eseguendone gli impulsi, per una partecipazione di essa in qualità di principio motore intrinseco. Ed è in questa seconda maniera, come abbiamo visto, che sono soggette alla legge eterna le creature irragionevoli. Ma la creatura ragionevole, poiché è soggetta alla legge eterna in tutte e due le maniere, oltre a quanto possiede in comune con gli altri esseri, ha delle proprietà esclusive in quanto provvista di ragione. Essa infatti possiede in qualche modo la nozione della legge eterna, come sopra abbiamo detto; e inoltre in ogni creatura ragionevole esiste un'inclinazione naturale verso quanto è conforme alla legge eterna; ché a detta di Aristotele, "siamo inclinati per natura ad avere le virtù".
Tuttavia codesti due tipi d'influsso sono imperfetti e in qualche maniera corrotti nei malvagi; poiché in questi ultimi l'inclinazione naturale alla virtù è depravata dal vizio; e la stessa conoscenza naturale del bene viene ottenebrata dalle passioni e dagli abiti peccaminosi. Invece nei buoni i due influssi si rivelano rafforzati: poiché oltre alla conoscenza naturale del bene si aggiunge in essi la conoscenza della fede e del dono di sapienza; e alla naturale inclinazione al bene si aggiunge l'interno impulso della grazia e della virtù.
Perciò i buoni sono soggetti perfettamente alla legge eterna, perché agiscono sempre uniformandosi ad essa. Invece i malvagi vi sono anch'essi soggetti, però imperfettamente rispetto al loro agire (spontaneo), data l'imperfezione della loro conoscenza e della loro inclinazione al bene. Ma quanto manca nell'agire viene compensato dal subire; poiché essi sono costretti a subire il dettame della legge eterna, nella misura che si rifiutano di compiere quanto ad essa è conforme. Di qui le due affermazioni di S. Agostino: "Penso che i giusti agiscano sotto l'influsso della legge eterna"; "Dio ha saputo disporre con leggi sapientissime le parti più basse del creato, facendone la giusta punizione delle anime che lo abbandonano".
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[37575] Iª-IIae q. 93 a. 6 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod illud verbum apostoli potest intelligi dupliciter. Uno modo, ut esse sub lege intelligatur ille qui nolens obligationi legis subditur, quasi cuidam ponderi. Unde Glossa ibidem dicit quod sub lege est qui timore supplicii quod lex minatur, non amore iustitiae, a malo opere abstinet. Et hoc modo spirituales viri non sunt sub lege, quia per caritatem, quam spiritus sanctus cordibus eorum infundit, voluntarie id quod legis est, implent. Alio modo potest etiam intelligi inquantum hominis opera qui spiritu sancto agitur, magis dicuntur esse opera spiritus sancti quam ipsius hominis. Unde cum spiritus sanctus non sit sub lege, sicut nec filius, ut supra dictum est; sequitur quod huiusmodi opera, inquantum sunt spiritus sancti, non sint sub lege. Et huic attestatur quod apostolus dicit, II ad Cor. III, ubi spiritus domini, ibi libertas.
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[37575] Iª-IIae q. 93 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'affermazione dell'Apostolo si può intendere in due modi. Primo, nel senso che si considera essere sotto la legge chi ne subisce le disposizioni contro voglia, come se si trattasse di un peso. Ecco perché la Glossa aggiunge, che "è sotto la legge chi si astiene dal male per timore del supplizio minacciato da essa, e non per amore della giustizia". Ebbene gli uomini spirituali non sono in questo modo sotto la legge: poiché compiono volontariamente quanto la legge dispone, mediante la carità che lo Spirito Santo infonde nei loro cuori. - Secondo, nel senso che le opere compiute da chi è mosso dallo Spirito Santo sono da attribuirsi più allo Spirito Santo che all'uomo stesso il quale le compie. E poiché lo Spirito Santo, come sopra abbiamo detto a proposito del Figlio, non è soggetto alla legge; ne segue che codeste opere, sotto tale aspetto, non sono sotto la legge. Ne abbiamo la riprova nelle parole dell'Apostolo: "Dove è lo Spirito del Signore ivi è libertà".
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[37576] Iª-IIae q. 93 a. 6 ad 2 Ad secundum dicendum quod prudentia carnis non potest subiici legi Dei ex parte actionis, quia inclinat ad actiones contrarias legi Dei. Subiicitur tamen legi Dei ex parte passionis, quia meretur pati poenam secundum legem divinae iustitiae. Nihilominus tamen in nullo homine ita prudentia carnis dominatur, quod totum bonum naturae corrumpatur. Et ideo remanet in homine inclinatio ad agendum ea quae sunt legis aeternae. Habitum est enim supra quod peccatum non tollit totum bonum naturae.
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[37576] Iª-IIae q. 93 a. 6 ad 2
2. La prudenza della carne non è soggetta alla legge di Dio nel suo agire, poiché spinge ad azioni contrarie a codesta legge. Tuttavia vi è soggetta nel senso che la subisce; poiché merita di subire la pena secondo la legge divina. - Tuttavia in nessun uomo la prudenza della carne domina al punto da distruggere interamente la bontà naturale. Perciò rimane sempre nell'uomo l'inclinazione a compiere degli atti conformi alla legge eterna. Infatti sopra abbiamo dimostrato che il peccato non distrugge tutta la bontà naturale.
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[37577] Iª-IIae q. 93 a. 6 ad 3 Ad tertium dicendum quod idem est per quod aliquid conservatur in fine, et per quod movetur ad finem, sicut corpus grave gravitate quiescit in loco inferiori, per quam etiam ad locum ipsum movetur. Et sic dicendum est quod, sicut secundum legem aeternam aliqui merentur beatitudinem vel miseriam, ita per eandem legem in beatitudine vel miseria conservantur. Et secundum hoc, et beati et damnati subsunt legi aeternae.
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[37577] Iª-IIae q. 93 a. 6 ad 3
3. La causa che conserva una cosa nel suo termine si identifica con quella che l'ha spinta verso di esso: un corpo grave, p. es., giace al suolo in forza della medesima gravità, che ve l'ha precipitato. Lo stesso si dica della legge eterna: chi merita la beatitudine o la dannazione per la legge eterna, da codesta medesima legge è conservato nell'una o nell'altra. Ecco perché i beati e i dannati sono anch'essi soggetti alla legge eterna.
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