[37503] Iª-IIae q. 91 a. 6 co. Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, lex essentialiter invenitur in regulante et mensurante, participative autem in eo quod mensuratur et regulatur; ita quod omnis inclinatio vel ordinatio quae invenitur in his quae subiecta sunt legi, participative dicitur lex, ut ex supradictis patet. Potest autem in his quae subduntur legi, aliqua inclinatio inveniri dupliciter a legislatore. Uno modo, inquantum directe inclinat suos subditos ad aliquid; et diversos interdum ad diversos actus; secundum quem modum potest dici quod alia est lex militum, et alia est lex mercatorum. Alio modo, indirecte, inquantum scilicet per hoc quod legislator destituit aliquem sibi subditum aliqua dignitate, sequitur quod transeat in alium ordinem et quasi in aliam legem, puta si miles ex militia destituatur, transibit in legem rusticorum vel mercatorum. Sic igitur sub Deo legislatore diversae creaturae diversas habent naturales inclinationes, ita ut quod uni est quodammodo lex, alteri sit contra legem, ut si dicam quod furibundum esse est quodammodo lex canis, est autem contra legem ovis vel alterius mansueti animalis. Est ergo hominis lex, quam sortitur ex ordinatione divina secundum propriam conditionem, ut secundum rationem operetur. Quae quidem lex fuit tam valida in primo statu, ut nihil vel praeter rationem vel contra rationem posset subrepere homini. Sed dum homo a Deo recessit, incurrit in hoc quod feratur secundum impetum sensualitatis, et unicuique etiam particulariter hoc contingit, quanto magis a ratione recesserit, ut sic quodammodo bestiis assimiletur, quae sensualitatis impetu feruntur; secundum illud Psalmi XLVIII, homo, cum in honore esset, non intellexit, comparatus est iumentis insipientibus, et similis factus est illis. Sic igitur ipsa sensualitatis inclinatio, quae fomes dicitur, in aliis quidem animalibus simpliciter habet rationem legis, illo tamen modo quo in talibus lex dici potest, secundum directam inclinationem. In hominibus autem secundum hoc non habet rationem legis, sed magis est deviatio a lege rationis. Sed inquantum per divinam iustitiam homo destituitur originali iustitia et vigore rationis, ipse impetus sensualitatis qui eum ducit, habet rationem legis, inquantum est poenalis et ex lege divina consequens, hominem destituente propria dignitate.
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[37503] Iª-IIae q. 91 a. 6 co.
RISPONDO: Abbiamo già detto che la legge si trova essenzialmente nel principio regolante e misurante, e per partecipazione nel soggetto regolato e misurato; cosicché ogni inclinazione o predisposizione che si riscontra nelle cose soggette alla legge, per partecipazione si può chiamare legge, secondo le spiegazioni date. Ora, in codeste cose soggette alla legge il legislatore può causare due tipi d'inclinazione. Primo, inclinando direttamente i suoi sudditi a qualche cosa; talora muovendo i diversi soggetti ad atti diversi: e in tal senso si può dire che è diversa la legge dei soldati da quella dei mercanti. Secondo, indirettamente, cioè per il fatto che il legislatore destituisce un suddito dalla sua dignità, avviene che costui passi a un ordine diverso, e quasi a una nuova legge: se un soldato, p. es., viene espulso dall'esercito, passa alla legge del contadino, o del mercante.
Ebbene, sotto l'influsso di Dio legislatore le diverse creature hanno le loro diverse inclinazioni naturali, cosicché quanto è legge per l'una è contro la legge per l'altra: per il cane, p. es., è legge in qualche modo essere rabbioso, mentre ciò sarebbe contro la legge per la pecora, o per altri animali mansueti. Ora, è legge per l'uomo, derivante per ordine di Dio dalla propria costituzione, agire secondo ragione. E codesta legge era così valida nello stato primitivo, da non poter capitare all'uomo nulla di estraneo, o di contrario alla ragione. Ma quando egli si allontanò da Dio, cadde sotto gli impulsi della sensualità; e più uno si allontana dalla ragione, più subisce in particolare codesto stato di cose, così da somigliare in qualche modo alle bestie, che si lasciano condurre dagli impulsi della sensualità secondo le parole del Salmo: "L'uomo essendo in onore, non ha senno: si mette alla pari dei giumenti irragionevoli e diviene simile ad essi".
Ecco quindi che l'inclinazione stessa della sensualità, cioè il fomite, negli altri animali ha espressamente natura di legge, per codesta diretta inclinazione, sempre però nel modo in cui si può parlare di legge per essi. Invece per gli uomini non ha per questo natura di legge, che è piuttosto una deviazione dalla legge della ragione. Ma per il fatto che l'uomo viene destituito dalla giustizia originale e dal vigore della ragione dalla divina giustizia, l'impeto della sensualità che lo trascina ha natura di legge, quale penalità derivante dalla legge divina, che lo destituisce dalla sua dignità.
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[37504] Iª-IIae q. 91 a. 6 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod ratio illa procedit de fomite secundum se considerato, prout inclinat ad malum. Sic enim non habet rationem legis, ut dictum est, sed secundum quod sequitur ex divinae legis iustitia, tanquam si diceretur lex esse quod aliquis nobilis, propter suam culpam, ad servilia opera induci permitteretur.
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[37504] Iª-IIae q. 91 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La conclusione è giusta, se si considera il fomite in se stesso, cioè come inclinazione al male. Poiché esso, come abbiamo detto, non ha natura di legge in codesto senso, ma solo in quanto dipende dalla giustizia della legge divina: come se si dicesse che si è permesso a un nobile, per sua colpa, di ridursi a compiere opere servili.
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[37506] Iª-IIae q. 91 a. 6 ad 3 Ad tertium dicendum quod ratio illa procedit de fomite quantum ad inclinationem propriam, non autem quantum ad suam originem. Et tamen si consideretur inclinatio sensualitatis prout est in aliis animalibus, sic ordinatur ad bonum commune, idest ad conservationem naturae in specie vel in individuo. Et hoc est etiam in homine, prout sensualitas subditur rationi. Sed fomes dicitur secundum quod exit rationis ordinem.
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[37506] Iª-IIae q. 91 a. 6 ad 3
3. L'argomento è valido se si considera nel fomite l'inclinazione soggettiva, non così se si considera la sua origine. Tuttavia l'inclinazione della sensualità che si riscontra negli animali è ordinata al bene comune, cioè alla conservazione della natura, o nella specie, o negli individui. Lo stesso si dica per l'uomo, quando la sensualità è sottoposta alla ragione. Ma essa si denomina fomite in quanto esce dall'ordine della ragione.
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