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Se la legge appartenga alla ragione
Prima pars secundae partis
Quaestio 90
Articulus 1
[37426] Iª-IIae q. 90 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod lex non sit aliquid rationis. Dicit enim apostolus, ad Rom. VII, video aliam legem in membris meis, et cetera. Sed nihil quod est rationis, est in membris, quia ratio non utitur organo corporali. Ergo lex non est aliquid rationis.
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Prima parte della seconda parte
Questione 90
Articolo 1
[37426] Iª-IIae q. 90 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la legge non appartenga alla ragione. Infatti:
1. L'Apostolo scrive: "Vedo un'altra legge nelle mie membra, ecc.". Ora, nessuna cosa che appartenga alla ragione è nelle membra: poiché la ragione non si serve di organi corporei. Dunque la legge non appartiene alla ragione.
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[37427] Iª-IIae q. 90 a. 1 arg. 2 Praeterea, in ratione non est nisi potentia, habitus et actus. Sed lex non est ipsa potentia rationis. Similiter etiam non est aliquis habitus rationis, quia habitus rationis sunt virtutes intellectuales, de quibus supra dictum est. Nec etiam est actus rationis, quia cessante rationis actu, lex cessaret, puta in dormientibus. Ergo lex non est aliquid rationis.
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[37427] Iª-IIae q. 90 a. 1 arg. 2
2. Nella ragione non troviamo che potenza, abiti e atti. Ma la legge non è la potenza stessa della ragione. E neppure è un abito di essa: poiché abiti della ragione sono le virtù intellettuali di cui abbiamo già parlato. E neppure è un atto della ragione: poiché cessando l'atto della ragione, come nei dormienti, verrebbe a cessare la legge. Perciò la legge non appartiene alla ragione.
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[37428] Iª-IIae q. 90 a. 1 arg. 3 Praeterea, lex movet eos qui subiiciuntur legi, ad recte agendum. Sed movere ad agendum proprie pertinet ad voluntatem, ut patet ex praemissis. Ergo lex non pertinet ad rationem, sed magis ad voluntatem, secundum quod etiam iurisperitus dicit, quod placuit principi, legis habet vigorem.
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[37428] Iª-IIae q. 90 a. 1 arg. 3
3. La legge muove ad agire rettamente quelli che vi sono soggetti. Ora, stando alle conclusioni raggiunte in precedenza, spetta alla volontà propriamente muovere ad agire. Quindi la legge non appartiene alla ragione, ma piuttosto alla volontà; secondo l'espressione dei giureconsulti: "Quello che piace al principe ha vigore di legge".
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[37429] Iª-IIae q. 90 a. 1 s. c. Sed contra est quod ad legem pertinet praecipere et prohibere. Sed imperare est rationis, ut supra habitum est. Ergo lex est aliquid rationis.
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[37429] Iª-IIae q. 90 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Spetta alla legge comandare e proibire. Ma comandare, come abbiamo visto sopra, appartiene alla ragione. Dunque la legge appartiene alla ragione.
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[37430] Iª-IIae q. 90 a. 1 co. Respondeo dicendum quod lex quaedam regula est et mensura actuum, secundum quam inducitur aliquis ad agendum, vel ab agendo retrahitur, dicitur enim lex a ligando, quia obligat ad agendum. Regula autem et mensura humanorum actuum est ratio, quae est primum principium actuum humanorum, ut ex praedictis patet, rationis enim est ordinare ad finem, qui est primum principium in agendis, secundum philosophum. In unoquoque autem genere id quod est principium, est mensura et regula illius generis, sicut unitas in genere numeri, et motus primus in genere motuum. Unde relinquitur quod lex sit aliquid pertinens ad rationem.
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[37430] Iª-IIae q. 90 a. 1 co.
RISPONDO: La legge è una regola, o misura dell'agire, in quanto uno viene da essa spinto all'azione, o viene stornato da quella. Legge infatti deriva da legare, poiché obbliga ad agire. Ora, misura degli atti umani è la ragione, la quale ne è il primo principio, come abbiamo dimostrato: infatti è proprio della ragione ordinare al fine, che a detta del Filosofo è il primo principio in campo operativo. D'altra parte in ogni genere di cose il principio è misura e regola di quanto ad esso appartiene: tale infatti è l'unità per i numeri, e il primo moto nel genere dei moti. Dunque la legge è qualche cosa che appartiene alla ragione.
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[37431] Iª-IIae q. 90 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod, cum lex sit regula quaedam et mensura, dicitur dupliciter esse in aliquo. Uno modo, sicut in mensurante et regulante. Et quia hoc est proprium rationis, ideo per hunc modum lex est in ratione sola. Alio modo, sicut in regulato et mensurato. Et sic lex est in omnibus quae inclinantur in aliquid ex aliqua lege, ita quod quaelibet inclinatio proveniens ex aliqua lege, potest dici lex, non essentialiter, sed quasi participative. Et hoc modo inclinatio ipsa membrorum ad concupiscendum lex membrorum vocatur.
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[37431] Iª-IIae q. 90 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Essendo la legge una regola o misura, in due modi può trovarsi in un soggetto. Primo, come nel suo principio misurante e regolante. E poiché tale compito è proprio della ragione, solo nella ragione la legge può trovarsi in questo modo. - Secondo, come in un soggetto regolato e misurato. E in codesto senso la legge si trova in tutte le cose cui essa imprime un'inclinazione verso uno scopo: cosicché qualsiasi inclinazione determinata da una legge può dirsi legge, non essenzialmente, ma per partecipazione. E in tal senso anche l'inclinazione delle membra alla concupiscenza può chiamarsi "legge delle membra".
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[37432] Iª-IIae q. 90 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod, sicut in actibus exterioribus est considerare operationem et operatum, puta aedificationem et aedificatum; ita in operibus rationis est considerare ipsum actum rationis, qui est intelligere et ratiocinari, et aliquid per huiusmodi actum constitutum. Quod quidem in speculativa ratione primo quidem est definitio; secundo, enunciatio; tertio vero, syllogismus vel argumentatio. Et quia ratio etiam practica utitur quodam syllogismo in operabilibus, ut supra habitum est, secundum quod philosophus docet in VII Ethic.; ideo est invenire aliquid in ratione practica quod ita se habeat ad operationes, sicut se habet propositio in ratione speculativa ad conclusiones. Et huiusmodi propositiones universales rationis practicae ordinatae ad actiones, habent rationem legis. Quae quidem propositiones aliquando actualiter considerantur, aliquando vero habitualiter a ratione tenentur.
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[37432] Iª-IIae q. 90 a. 1 ad 2
2. Allo stesso modo che nelle nostre azioni esterne si può distinguere l'operazione stessa e la cosa prodotta, come sarebbe il costruire e l'edificio che viene costruito; così nelle operazioni della ragione si può distinguere l'atto stesso della ragione, cioè l'intendere e il ragionare, da quanto viene costitutito da codesti atti. Nell'ordine speculativo questi prodotti sono la definizione, l'enunciazione, e il sillogismo o dimostrazione. E poiché anche la ragione pratica si serve nelle sue operazioni di una specie di sillogismo, come sopra abbiamo visto e secondo l'insegnamento del Filosofo, bisogna riscontrare nella ragione pratica qualche cosa che stia alle operazioni nello stesso rapporto in cui si trova la proposizione alla conclusione in campo speculativo. Ebbene, codeste proposizioni universali della ragione pratica ordinate all'azione hanno natura di legge. E codeste proposizioni talora sono considerate in maniera attuale, ma spesso sono nella ragione solo in maniera abituale.
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[37433] Iª-IIae q. 90 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod ratio habet vim movendi a voluntate, ut supra dictum est, ex hoc enim quod aliquis vult finem, ratio imperat de his quae sunt ad finem. Sed voluntas de his quae imperantur, ad hoc quod legis rationem habeat, oportet quod sit aliqua ratione regulata. Et hoc modo intelligitur quod voluntas principis habet vigorem legis, alioquin voluntas principis magis esset iniquitas quam lex.
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[37433] Iª-IIae q. 90 a. 1 ad 3
3. La ragione, come sopra abbiamo detto, riceve dalla volontà la capacità di muovere: infatti la ragione comanda quanto concerne i mezzi, per il fatto che si vuole il fine. Ma perché la volizione di quanto viene comandato abbia natura di legge, è necessario che sia regolata dalla ragione. E in tal senso è vero che la volontà del principe ha vigore di legge: altrimenti la volontà del principe più che una legge, sarebbe un'iniquità.
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