[36468] Iª-IIae q. 70 a. 3 co. Respondeo dicendum quod numerus duodecim fructuum ab apostolo enumeratorum, conveniens est, et possunt significari per duodecim fructus de quibus dicitur Apoc. ult., ex utraque parte fluminis lignum vitae, afferens fructus duodecim. Quia vero fructus dicitur quod ex aliquo principio procedit sicut ex semine vel radice, attendenda est distinctio horum fructuum secundum diversum processum spiritus sancti in nobis. Qui quidem processus attenditur secundum hoc, ut primo mens hominis in seipsa ordinetur; secundo vero, ordinetur ad ea quae sunt iuxta; tertio vero, ad ea quae sunt infra. Tunc autem bene mens hominis disponitur in seipsa, quando mens hominis bene se habet et in bonis et in malis. Prima autem dispositio mentis humanae ad bonum, est per amorem, qui est prima affectio et omnium affectionum radix, ut supra dictum est. Et ideo inter fructus spiritus primo ponitur caritas; in qua specialiter spiritus sanctus datur, sicut in propria similitudine, cum et ipse sit amor. Unde dicitur Rom. V, caritas Dei diffusa est in cordibus nostris per spiritum sanctum, qui datus est nobis. Ad amorem autem caritatis ex necessitate sequitur gaudium. Omnis enim amans gaudet ex coniunctione amati. Caritas autem semper habet praesentem Deum, quem amat; secundum illud I Ioan. IV, qui manet in caritate, in Deo manet, et Deus in eo. Unde sequela caritatis est gaudium. Perfectio autem gaudii est pax, quantum ad duo. Primo quidem, quantum ad quietem ab exterioribus conturbantibus, non enim potest perfecte gaudere de bono amato, qui in eius fruitione ab aliis perturbatur; et iterum, qui perfecte cor habet in uno pacatum, a nullo alio molestari potest, cum alia quasi nihil reputet; unde dicitur in Psalmo CXVIII, pax multa diligentibus legem tuam, et non est illis scandalum, quia scilicet ab exterioribus non perturbantur, quin Deo fruantur. Secundo, quantum ad sedationem desiderii fluctuantis, non enim perfecte gaudet de aliquo, cui non sufficit id de quo gaudet. Haec autem duo importat pax, scilicet ut neque ab exterioribus perturbemur; et ut desideria nostra conquiescant in uno. Unde post caritatem et gaudium, tertio ponitur pax. In malis autem bene se habet mens quantum ad duo. Primo quidem, ut non perturbetur mens per imminentiam malorum, quod pertinet ad patientiam. Secundo, ut non perturbetur in dilatione bonorum, quod pertinet ad longanimitatem, nam carere bono habet rationem mali, ut dicitur in V Ethic. Ad id autem quod est iuxta hominem, scilicet proximum, bene disponitur mens hominis, primo quidem, quantum ad voluntatem bene faciendi. Et ad hoc pertinet bonitas. Secundo, quantum ad beneficentiae executionem. Et ad hoc pertinet benignitas, dicuntur enim benigni quos bonus ignis amoris fervere facit ad benefaciendum proximis. Tertio, quantum ad hoc quod aequanimiter tolerentur mala ab eis illata. Et ad hoc pertinet mansuetudo, quae cohibet iras. Quarto, quantum ad hoc quod non solum per iram proximis non noceamus, sed etiam neque per fraudem vel per dolum. Et ad hoc pertinet fides, si pro fidelitate sumatur. Sed si sumatur pro fide qua creditur in Deum, sic per hanc ordinatur homo ad id quod est supra se, ut scilicet homo intellectum suum Deo subiiciat, et per consequens omnia quae ipsius sunt. Sed ad id quod infra est, bene disponitur homo, primo quidem, quantum ad exteriores actiones, per modestiam, quae in omnibus dictis et factis modum observat. Quantum ad interiores concupiscentias, per continentiam et castitatem, sive haec duo distinguantur per hoc, quod castitas refrenat hominem ad illicitis, continentia vero etiam a licitis; sive per hoc quod continens patitur concupiscentias sed non deducitur, castus autem neque patitur neque deducitur.
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[36468] Iª-IIae q. 70 a. 3 co.
RISPONDO: Il numero dei dodici frutti enumerati dall'Apostolo è appropriato: e possiamo vederne un'immagine nei dodici frutti di cui parla l'Apocalisse: "Di qua e di là dal fiume l'albero della vita, che fa dodici frutti". La distinzione poi di questi frutti va presa dalle varie funzioni che compie in noi lo Spirito Santo; poiché frutto non è che quanto deriva come un effetto dal seme, o dalla radice. Ora, codeste funzioni hanno questo sviluppo: prima ordinano l'anima dell'uomo in se stessa; secondo, la ordinano rispetto alle cose che sono da presso; terzo, la ordinano in quelle che sono al di sotto.
Ora, l'anima è ordinata in se medesima quando nel bene e nel male ha una retta disposizione. E la prima sua disposizione al bene è dovuta all'amore, che è il primo degli affetti, e la radice di tutti gli altri, come abbiamo visto in precedenza. Perciò tra i frutti dello spirito al primo posto abbiamo la carità; nella quale lo Spirito Santo viene dato come in una somiglianza appropriata, essendo egli stesso amore. Infatti S. Paolo scrive: "La carità di Dio s'è riversata nei nostri cuori per lo Spirito Santo che ci fu dato". - Ma all'amore di carità segue necessariamente la gioia. Poiché chi ama gode sempre nell'unione con l'amato. Ora, la carità ha sempre presente quel Dio che ama: "Chi sta nella carità sta in Dio e Dio è in lui". Per questo alla carità segue la gioia. - E la perfezione della gioia è la pace, nei suoi due elementi. Primo, rispetto alla quiete dai turbamenti esterni: infatti non può godere perfettamente del bene amato, chi da altri viene distolto dalla fruizione di esso; e d'altra parte chi ha il cuore perfettamente appagato in una cosa, non può essere molestato dalle altre, ché non le considera affatto. Egli attua così le parole del Salmo: "Molta pace per quelli che aman la tua legge, e non v'è inciampo per essi", non essendo essi distolti per cose esterne dal godere di Dio. Secondo, rispetto alla sazietà dell'inquieto desiderio: poiché non si può godere perfettamente, se quel che si gode non basta. Ora, la pace implica queste due cose: non essere turbati dall'esterno, e l'acquietarsi del nostro desiderio in una data cosa. Perciò, dopo la carità e la gioia, al terzo posto troviamo la pace. - Rispetto al male la buona disposizione dell'anima richiede due cose. Primo, l'assenza di turbamento nell'imminenza di cose dolorose: e questo si riduce alla pazienza. - Secondo, l'assenza di turbamento nella dilazione di cose piacevoli: e questo si riduce alla longanimità: infatti, a dire di Aristotele, "la mancanza di un bene ha l'aspetto di male".
Rispetto alle cose che sono vicine all'uomo, cioè rispetto al prossimo, l'anima umana viene ben disposta: primo, quanto alla volontà di far del bene. E in questo abbiamo la bontà. - Secondo, quanto all'esercizio della beneficenza. E in questo abbiamo la benignità: infatti si dicono benigni coloro che il buon igne (o fuoco) dell'amore rende fervidi nel beneficare il prossimo. - Terzo, nell'equanime sopportazione del male ricevuto. E in questo abbiamo la mansuetudine, la quale trattiene l'ira. - Quarto, nel non limitarsi a non nuocere al prossimo con l'ira, ma neppure con la frode o con l'inganno. E in questo abbiamo la fede, se le diamo il senso di fedeltà. Se invece la prendiamo come fede in Dio, allora da essa l'uomo viene ordinato alle cose che sono sopra di lui: così da sottomettere a Dio il suo intelletto, e quindi tutte le sue cose.
Invece rispetto alle cose che sono al di sotto di sé l'uomo viene ben disposto innanzi tutto, per le azioni esterne, dalla modestia, che ne regola tutti i gesti e le parole. - E per le concupiscenze interiori dalla continenza e dalla castità: sia che esse si distinguano per il fatto che, mentre la castità trattiene l'uomo dai piaceri illeciti, la continenza lo trattiene anche da quelli leciti; sia che si distinguano per il fatto, che, mentre il continente prova le concupiscenze, ma non ne è trascinato, il casto non le prova e non ne è trascinato.
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[36472] Iª-IIae q. 70 a. 3 ad 4 Ad quartum dicendum quod, sicut Augustinus dicit, super epistolam ad Galat., apostolus non hoc ita suscepit, ut doceret quod sunt (vel opera carnis, vel fructus spiritus); sed ut ostenderet in quo genere illa vitanda, illa vero sectanda sint. Unde potuissent vel plures, vel etiam pauciores fructus enumerari. Et tamen omnes donorum et virtutum actus possunt secundum quandam convenientiam ad haec reduci, secundum quod omnes virtutes et dona necesse est quod ordinent mentem aliquo praedictorum modorum. Unde et actus sapientiae, et quorumcumque donorum ordinantium ad bonum, reducuntur ad caritatem, gaudium et pacem. Ideo tamen potius haec quam alia enumeravit, quia hic enumerata magis important vel fruitionem bonorum, vel sedationem malorum; quod videtur ad rationem fructus pertinere.
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[36472] Iª-IIae q. 70 a. 3 ad 4
4. S. Agostino, nel suo commento sull'epistola ai Galati, nota che "l'Apostolo non si è impegnato a insegnare quanti sono", o le opere della carne, o i frutti dello spirito; "ma a mostrare in quale genere si trovino le cose da evitare, e in quali quelle da perseguire". Cosicché si sarebbe potuto enumerare un numero maggiore, o minore di frutti. Però tutti gli atti delle virtù e dei doni si possono in qualche modo ridurre a questi (dodici), in quanto che le virtù e i doni devono tutti necessariamente ordinare l'anima in uno dei modi indicati. Quindi gli atti della sapienza e di altri doni riguardanti il bene, si riducono alla carità, al gaudio e alla pace. - Tuttavia l'Apostolo ha enumerato questi a preferenza di altri, perché quelli enumerati implicano meglio o fruizione del bene, o cessazione dal male; e questo è più legato alla nozione di frutto.
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