Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Il giusto mezzo delle virtù >
Se le virtù morali consistano nel giusto mezzo
Prima pars secundae partis
Quaestio 64
Articulus 1
[36163] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod virtus moralis non consistat in medio. Ultimum enim repugnat rationi medii. Sed de ratione virtutis est ultimum, dicitur enim in I de caelo, quod virtus est ultimum potentiae. Ergo virtus moralis non consistit in medio.
|
|
Prima parte della seconda parte
Questione 64
Articolo 1
[36163] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la virtù morale non consista nel giusto mezzo. Infatti:
1. L'ultimo è incompatibile con la nozione di mezzo. Ora, la nozione di virtù implica l'idea di ultimo: infatti Aristotele afferma, che "la virtù è l'ultimo della potenza". Perciò la virtù morale non consiste nel giusto mezzo.
|
[36164] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 2 Praeterea, illud quod est maximum, non est medium. Sed quaedam virtutes morales tendunt in aliquod maximum, sicut magnanimitas est circa maximos honores, et magnificentia circa maximos sumptus, ut dicitur in IV Ethic. Ergo non omnis virtus moralis est in medio.
|
|
[36164] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 2
2. Ciò che è massimo non è mezzo, o intermedio. Ma certe virtù morali tendono a un massimo: la magnanimità, p. es., ha per oggetto i massimi onori, e la magnificenza riguarda le massime spese, come dice Aristotele. Perciò non tutte le virtù morali consistono nel giusto mezzo.
|
[36165] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 3 Praeterea, si de ratione virtutis moralis sit in medio esse, oportet quod virtus moralis non perficiatur, sed magis corrumpatur, per hoc quod tendit ad extremum. Sed quaedam virtutes morales perficiuntur per hoc quod tendunt ad extremum, sicut virginitas, quae abstinet ab omni delectabili venereo, et sic tenet extremum, et est perfectissima castitas. Et dare omnia pauperibus est perfectissima misericordia vel liberalitas. Ergo videtur quod non sit de ratione virtutis moralis esse in medio.
|
|
[36165] Iª-IIae q. 64 a. 1 arg. 3
3. Se essere nel giusto mezzo rientra nella nozione della virtù morale, la virtù morale necessariamente non verrà a perfezionarsi, ma a corrompersi avvicinandosi a un estremo. Invece alcune virtù morali toccano la loro perfezione col tendere verso certi estremi: la verginità, p. es., astenendosi da ogni piacere venereo, tocca un estremo, ed è la castità più perfetta. Così pure è perfettissima misericordia o liberalità il dare ai poveri ogni cosa. Dunque non rientra nella nozione della virtù morale il trovarsi nel giusto mezzo.
|
[36166] Iª-IIae q. 64 a. 1 s. c. Sed contra est quod philosophus dicit, in II Ethic., quod virtus moralis est habitus electivus in medietate existens.
|
|
[36166] Iª-IIae q. 64 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO. Il Filosofo insegna, che "la virtù morale è un abito elettivo che sta nel giusto mezzo".
|
[36167] Iª-IIae q. 64 a. 1 co. Respondeo dicendum quod, sicut ex supradictis patet, virtus de sui ratione ordinat hominem ad bonum. Moralis autem virtus proprie est perfectiva appetitivae partis animae circa aliquam determinatam materiam. Mensura autem et regula appetitivi motus circa appetibilia, est ipsa ratio. Bonum autem cuiuslibet mensurati et regulati consistit in hoc quod conformetur suae regulae, sicut bonum in artificiatis est ut consequantur regulam artis. Malum autem per consequens in huiusmodi est per hoc quod aliquid discordat a sua regula vel mensura. Quod quidem contingit vel per hoc quod superexcedit mensuram, vel per hoc quod deficit ab ea, sicut manifeste apparet in omnibus regulatis et mensuratis. Et ideo patet quod bonum virtutis moralis consistit in adaequatione ad mensuram rationis. Manifestum est autem quod inter excessum et defectum medium est aequalitas sive conformitas. Unde manifeste apparet quod virtus moralis in medio consistit.
|
|
[36167] Iª-IIae q. 64 a. 1 co.
RISPONDO: Com'è evidente dalle spiegazioni date, la virtù ha il compito specifico di ordinare l'uomo al bene. E in particolare la virtù morale ha quello di ben disporre la parte appetitiva dell'anima rispetto a una determinata materia. Ora, misura e regola del moto appetitivo verso l'oggetto è la ragione. Ma il bene per ogni cosa misurata e regolata consiste nel conformarsi alla propria regola: p. es., il bene per i prodotti dell'arte consiste nell'essere a regola d'arte. Perciò in queste cose il male consiste nel discordare dalla regola o misura. E ciò avviene perché una cosa, o sorpassa o è al di sotto della sua misura: il che è evidente in tutte le cose sottoposte a una regola o misura. Perciò è evidente che il bene delle virtù morali consiste nell'adeguarsi alla misura della ragione. - Ed è anche chiaro che tra l'eccesso e il difetto il punto intermedio segna l'adeguazione o conformità. Perciò è evidente che la virtù morale consiste nel giusto mezzo.
|
[36168] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod virtus moralis bonitatem habet ex regula rationis, pro materia autem habet passiones vel operationes. Si ergo comparetur virtus moralis ad rationem, sic, secundum id quod rationis est, habet rationem extremi unius, quod est conformitas, excessus vero et defectus habet rationem alterius extremi, quod est difformitas. Si vero consideretur virtus moralis secundum suam materiam, sic habet rationem medii, inquantum passionem reducit ad regulam rationis. Unde philosophus dicit, in II Ethic., quod virtus secundum substantiam medietas est, inquantum regula virtutis ponitur circa propriam materiam, secundum optimum autem et bene, est extremitas, scilicet secundum conformitatem rationis.
|
|
[36168] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La virtù morale deve la sua bontà alla regola della ragione: invece ha per materia le passioni o le operazioni. Perciò, se nel rapporto della virtù morale con la ragione, guardiamo l'elemento razionale, vediamo che esso si presenta come un estremo, cioè come conformità: mentre l'eccesso e il difetto si presentano come l'estremo opposto, vale a dire come difformità. Se invece si considera la virtù morale rispetto alla sua materia, allora (per la concordanza con la ragione) si presenta come giusto mezzo, in quanto la virtù riduce la passione alla regola della ragione. Perciò il Filosofo scrive che "la virtù sta nel mezzo per la sua natura", cioè in quanto applica la regola della virtù alla materia propria: "invece rispetto all'ottimo e al bene è un estremo", cioè rispetto alla conformità con la ragione.
|
[36169] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod medium et extrema considerantur in actionibus et passionibus secundum diversas circumstantias, unde nihil prohibet in aliqua virtute esse extremum secundum unam circumstantiam, quod tamen est medium secundum alias circumstantias, per conformitatem ad rationem. Et sic est in magnificentia et magnanimitate. Nam si consideretur quantitas absoluta eius in quod tendit magnificus et magnanimus, dicetur extremum et maximum, sed si consideretur hoc ipsum per comparationem ad alias circumstantias, sic habet rationem medii; quia in hoc tendunt huiusmodi virtutes secundum regulam rationis, idest ubi oportet, et quando oportet, et propter quod oportet. Excessus autem, si in hoc maximum tendatur quando non oportet, vel ubi non oportet, vel propter quod non oportet; defectus autem est, si non tendatur in hoc maximum ubi oportet, et quando oportet. Et hoc est quod philosophus dicit, in IV Ethic., quod magnanimus est quidem magnitudine extremus; eo autem quod ut oportet, medius.
|
|
[36169] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 2
2. Negli atti e nelle passioni giusto mezzo ed estremi vanno determinati secondo le diverse circostanze: perciò niente impedisce che in una virtù si abbia un estremo rispetto a una data circostanza, il quale tuttavia rimane giusto mezzo rispetto ad altre circostanze, in forza della sua conformità con la ragione. Il che avviene nella magnificenza e nella magnanimità. Se infatti si considera la sola grandezza di ciò cui tende il munifico e il magnanimo, bisogna dire che è qualche cosa di estremo e di massimo; ma se si considera in rapporto alle altre circostanze, allora ha ragione di termine intermedio; poiché a codesto termine tendono le suddette virtù secondo la regola della ragione, e cioè dove, quando, e perché si richiede. Invece avremmo un eccesso se si tendesse a quel massimo quando e dove non si richiede, e per motivi che non lo richiedono; e si avrebbe un difetto, se ad esso non si tendesse dove e quando si richiede. È quanto dice il Filosofo, scrivendo che "il magnanimo è estremo nella grandezza; ma essendolo là dove si richiede, è moderato".
|
[36170] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod eadem ratio est de virginitate et paupertate, quae est de magnanimitate. Abstinet enim virginitas ab omnibus venereis, et paupertas ab omnibus divitiis, propter quod oportet, et secundum quod oportet; idest secundum mandatum Dei, et propter vitam aeternam. Si autem hoc fiat secundum quod non oportet, idest secundum aliquam superstitionem illicitam, vel etiam propter inanem gloriam; erit superfluum. Si autem non fiat quando oportet, vel secundum quod oportet, est vitium per defectum, ut patet in transgredientibus votum virginitatis vel paupertatis.
|
|
[36170] Iª-IIae q. 64 a. 1 ad 3
3. La stessa ragione invocata per la magnanimità, vale anche per la verginità e per la povertà. Infatti la verginità si astiene da tutti i piaceri venerei, e la povertà da tutte le ricchezze per giusti motivi e nei modi richiesti; cioè secondo il comando di Dio, e per la vita eterna. Invece se uno lo facesse ma non nel debito modo, e cioè seguendo una superstizione illecita, o anche per vanagloria, si avrebbe un eccesso. Se poi uno non lo facesse quando si richiede, com'è evidente nel caso di chi trasgredisce il voto di verginità o di povertà, allora si avrebbe un vizio per difetto.
|
|
|