I-II, 60

Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Distinzione delle virtù morali tra loro


Prima pars secundae partis
Quaestio 60
Prooemium

[36016] Iª-IIae q. 60 pr.
Deinde considerandum est de distinctione virtutum moralium ad invicem. Et circa hoc quaeruntur quinque.
Primo, utrum sit tantum una virtus moralis.
Secundo, utrum distinguantur virtutes morales quae sunt circa operationes, ab his quae sunt circa passiones.
Tertio, utrum circa operationes sit una tantum moralis virtus.
Quarto, utrum circa diversas passiones sint diversae morales virtutes.
Quinto, utrum virtutes morales distinguantur secundum diversa obiecta passionum.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 60
Proemio

[36016] Iª-IIae q. 60 pr.
Ed eccoci a trattare della distinzione delle virtù morali tra loro.
Sull'argomento si pongono cinque quesiti:

1. Se esista una virtù morale soltanto;
2. Se ci sia distinzione tra le virtù morali che riguardano le operazioni e quelle che riguardano le passioni;
3. Se ci sia una sola virtù morale riguardante le operazioni;
4. Se ci siano diverse virtù morali secondo le diverse passioni;
5. Se le virtù morali si dividano secondo i diversi oggetti delle passioni.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Distinzione delle virtù morali tra loro > Se esista una virtù morale soltanto


Prima pars secundae partis
Quaestio 60
Articulus 1

[36017] Iª-IIae q. 60 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod sit una tantum moralis virtus. Sicut enim in actibus moralibus directio pertinet ad rationem, quae est subiectum intellectualium virtutum; ita inclinatio pertinet ad vim appetitivam, quae est subiectum moralium virtutum. Sed una est intellectualis virtus dirigens in omnibus moralibus actibus, scilicet prudentia. Ergo etiam una tantum est moralis virtus inclinans in omnibus moralibus actibus.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 60
Articolo 1

[36017] Iª-IIae q. 60 a. 1 arg. 1
SEMBRA che esista una virtù morale soltanto. Infatti:
1. Nelle azioni morali, come la direzione spetta alla ragione, che è sede delle virtù intellettuali, così l'inclinazione spetta alla parte appetitiva che è la sede delle virtù morali. Ma la virtù intellettuale che dirige in tutte le azioni morali è una sola, cioè la prudenza. Perciò deve essere una sola anche la virtù morale che in tutti gli atti morali dà l'inclinazione.

[36018] Iª-IIae q. 60 a. 1 arg. 2
Praeterea, habitus non distinguuntur secundum materialia obiecta, sed secundum formales rationes obiectorum. Formalis autem ratio boni ad quod ordinatur virtus moralis, est unum, scilicet modus rationis. Ergo videtur quod sit una tantum moralis virtus.

 

[36018] Iª-IIae q. 60 a. 1 arg. 2
2. Gli abiti non sono distinti secondo l'oggetto materiale, ma secondo la ragione formale dell'oggetto. Ora, la ragione formale di bene, cui è ordinata la virtù morale, è una sola, cioè la misura data dalla ragione. Dunque la virtù morale è una soltanto.

[36019] Iª-IIae q. 60 a. 1 arg. 3
Praeterea, moralia recipiunt speciem a fine, ut supra dictum est. Sed finis omnium virtutum moralium communis est unus, scilicet felicitas; proprii autem et propinqui sunt infiniti. Non sunt autem infinitae virtutes morales. Ergo videtur quod sit una tantum.

 

[36019] Iª-IIae q. 60 a. 1 arg. 3
3. Le entità di ordine morale ricevono la specie dal fine, come si disse. Ma il fine comune di tutte le virtù morali è unico, cioè la felicità; invece i fini immediati sono infiniti. Ora, le virtù morali non sono infinite. Dunque è più logico che sia una soltanto.

[36020] Iª-IIae q. 60 a. 1 s. c.
Sed contra est quod unus habitus non potest esse in diversis potentiis, ut supra dictum est. Sed subiectum virtutum moralium est pars appetitiva animae, quae per diversas potentias distinguitur, ut in primo dictum est. Ergo non potest esse una tantum virtus moralis.

 

[36020] Iª-IIae q. 60 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: Secondo le spiegazioni date, un abito non può risiedere in diverse potenze. Ora, sede delle virtù morali è la parte appetitiva dell'anima, la quale si suddivide in diverse potenze, come si disse nella Prima Parte. Quindi le virtù morali non possono ridursi a una soltanto.

[36021] Iª-IIae q. 60 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, virtutes morales sunt habitus quidam appetitivae partis. Habitus autem specie differunt secundum speciales differentias obiectorum, ut supra dictum est. Species autem obiecti appetibilis, sicut et cuiuslibet rei, attenditur secundum formam specificam, quae est ab agente. Est autem considerandum quod materia patientis se habet ad agens dupliciter. Quandoque enim recipit formam agentis secundum eandem rationem, prout est in agente, sicut est in omnibus agentibus univocis. Et sic necesse est quod, si agens est unum specie, quod materia recipiat formam unius speciei, sicut ab igne non generatur univoce nisi aliquid existens in specie ignis. Aliquando vero materia recipit formam ab agente non secundum eandem rationem, prout est in agente, sicut patet in generantibus non univocis, ut animal generatur a sole. Et tunc formae receptae in materia ab eodem agente, non sunt unius speciei sed diversificantur secundum diversam proportionem materiae ad recipiendum influxum agentis, sicut videmus quod ab una actione solis generantur per putrefactionem animalia diversarum specierum secundum diversam proportionem materiae. Manifestum est autem quod in moralibus ratio est sicut imperans et movens; vis autem appetitiva est sicut imperata et mota. Non autem appetitus recipit impressionem rationis quasi univoce, quia non fit rationale per essentiam, sed per participationem, ut dicitur in I Ethic. Unde appetibilia secundum motionem rationis constituuntur in diversis speciebus, secundum quod diversimode se habent ad rationem. Et ita sequitur quod virtutes morales sint diversae secundum speciem, et non una tantum.

 

[36021] Iª-IIae q. 60 a. 1 co.
RISPONDO: Le virtù morali sono abiti della parte appetitiva. Ora, gli abiti differiscono specificamente secondo le differenze specifiche dei loro oggetti, come abbiamo già dimostrato. E la specie dell'oggetto appetibile, come di qualsiasi cosa, si desume dalla forma specifica, che deriva dalla causa agente. Si deve però considerare che la materia del subietto paziente può comportarsi in due modi rispetto all'agente. Talora, infatti, ne riceve la forma secondo la stessa natura esistente nella causa agente: come avviene in tutti i casi di causalità univoca. In tal caso se l'agente è specificamente unico, la materia dovrà necessariamente ricevere la forma di una unica specie: dal fuoco, p. es., non viene generato univocamente che un subietto costituito nella specie ignea (il fuoco). - Altre volte, invece, la materia non riceve la forma dell'agente secondo la natura stessa esistente in esso: ciò è evidente nei casi di generazione non univoca (ma analogica), quando l'animale, p. es., viene generato dal sole. In questi casi le forme che la materia riceve da un medesimo agente non sono di un'unica specie, ma sono diverse secondo la diversa disposizione della materia a ricevere l'influsso della causa agente: vediamo, p. es., che da un unico influsso del sole vengono generati dalla putredine animali di specie diversa, secondo la diversa disposizione della materia.
Ora, è evidente che in campo morale chi muove e comanda è la ragione; mentre le facoltà appetitive sono mosse e comandate. L'appetito però non riceve l'impulso della ragione in maniera univoca: poiché non diviene razionale per essenza, ma per partecipazione, come afferma Aristotele. Ecco perché le cose appetibili vengono a costituirsi nelle varie specie, secondo il loro diverso rapporto con la ragione. Di qui nasce che le virtù morali sono specificamente diverse e non una soltanto.

[36022] Iª-IIae q. 60 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod obiectum rationis est verum. Est autem eadem ratio veri in omnibus moralibus, quae sunt contingentia agibilia. Unde est una sola virtus in eis dirigens, scilicet prudentia. Obiectum autem appetitivae virtutis est bonum appetibile. Cuius est diversa ratio, secundum diversam habitudinem ad rationem dirigentem.

 

[36022] Iª-IIae q. 60 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Oggetto della ragione è il vero. Ora in tutte le entità di ordine morale, entità contingenti e operabili, non c'è che un'unica ragione di vero. Perciò in esse non c'è che un'unica virtù direttiva, che è la prudenza. - Invece oggetto delle facoltà appetitive sono i beni appetibili, di cui abbiamo diverse formalità, secondo il diverso rapporto con la ragione che regola l'appetito.

[36023] Iª-IIae q. 60 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod illud formale est unum genere, propter unitatem agentis. Sed diversificatur specie, propter diversas habitudines recipientium, ut supra dictum est.

 

[36023] Iª-IIae q. 60 a. 1 ad 2
2. Codesto oggetto formale ha un'unità di genere, basata sull'unità della causa agente. Ma si suddivide in varie specie secondo i diversi rapporti di ciò che ne riceve l'influsso, come abbiamo spiegato.

[36024] Iª-IIae q. 60 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod moralia non habent speciem a fine ultimo sed a finibus proximis, qui quidem, etsi infiniti sint numero, non tamen infiniti sunt specie.

 

[36024] Iª-IIae q. 60 a. 1 ad 3
3. Le entità di ordine morale non ricevono la loro specie dal fine ultimo, ma dai fini immediati: i quali, sebbene lo siano numericamente, non sono però specificamente infiniti.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Distinzione delle virtù morali tra loro > Se le virtù morali riguardanti le operazioni siano distinte da quelle riguardanti le passioni


Prima pars secundae partis
Quaestio 60
Articulus 2

[36025] Iª-IIae q. 60 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod virtutes morales non distinguantur ab invicem per hoc quod quaedam sunt circa operationes, quaedam circa passiones. Dicit enim philosophus, in II Ethic., quod virtus moralis est circa delectationes et tristitias optimorum operativa. Sed voluptates et tristitiae sunt passiones quaedam, ut supra dictum est. Ergo eadem virtus quae est circa passiones, est etiam circa operationes, utpote operativa existens.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 60
Articolo 2

[36025] Iª-IIae q. 60 a. 2 arg. 1
SEMBRA che le virtù morali non si distinguano, per il fatto che alcune riguardano le operazioni, e altre le passioni. Infatti:
1. Il Filosofo scrive, che la virtù morale "ha il compito di operare il meglio in materia di piaceri e di tristezze". Ora, piacere e tristezza sono passioni, come abbiamo visto. Dunque la virtù che riguarda le passioni, riguarda anche le operazioni, essendo fatta per operare.

[36026] Iª-IIae q. 60 a. 2 arg. 2
Praeterea, passiones sunt principia exteriorum operationum. Si ergo aliquae virtutes rectificant passiones, oportet quod etiam per consequens rectificent operationes. Eaedem ergo virtutes morales sunt circa passiones et operationes.

 

[36026] Iª-IIae q. 60 a. 2 arg. 2
2. Le passioni sono principi delle operazioni esterne. Ma se ci sono delle virtù che rendono buone le passioni, dovranno necessariamente rettificare anche le operazioni. E quindi le stesse virtù morali riguardano le passioni e le operazioni.

[36027] Iª-IIae q. 60 a. 2 arg. 3
Praeterea, ad omnem operationem exteriorem movetur appetitus sensitivus bene vel male. Sed motus appetitus sensitivi sunt passiones. Ergo eaedem virtutes quae sunt circa operationes, sunt circa passiones.

 

[36027] Iª-IIae q. 60 a. 2 arg. 3
3. Qualsiasi atto esterno dipende da un moto buono o cattivo dell'appetito sensitivo. Ora, i moti dell'appetito sensitivo sono passioni. Dunque le stesse virtù riguardanti le operazioni riguardano pure le passioni.

[36028] Iª-IIae q. 60 a. 2 s. c.
Sed contra est quod philosophus ponit iustitiam circa operationes; temperantiam autem et fortitudinem et mansuetudinem, circa passiones quasdam.

 

[36028] Iª-IIae q. 60 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo alla giustizia assegna le operazioni; invece alla fortezza e alla temperanza assegna alcune passioni.

[36029] Iª-IIae q. 60 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod operatio et passio dupliciter potest comparari ad virtutem. Uno modo, sicut effectus. Et hoc modo, omnis moralis virtus habet aliquas operationes bonas, quarum est productiva; et delectationem aliquam vel tristitiam, quae sunt passiones, ut supra dictum est. Alio modo potest comparari operatio ad virtutem moralem, sicut materia circa quam est. Et secundum hoc, oportet alias esse virtutes morales circa operationes, et alias circa passiones. Cuius ratio est, quia bonum et malum in quibusdam operationibus attenditur secundum seipsas, qualitercumque homo afficiatur ad eas, inquantum scilicet bonum in eis et malum accipitur secundum rationem commensurationis ad alterum. Et in talibus oportet quod sit aliqua virtus directiva operationum secundum seipsas, sicut sunt emptio et venditio, et omnes huiusmodi operationes in quibus attenditur ratio debiti vel indebiti ad alterum. Et propter hoc, iustitia et partes eius proprie sunt circa operationes sicut circa propriam materiam. In quibusdam vero operationibus bonum et malum attenditur solum secundum commensurationem ad operantem. Et ideo oportet in his bonum et malum considerari, secundum quod homo bene vel male afficitur circa huiusmodi. Et propter hoc, oportet quod virtutes in talibus sint principaliter circa interiores affectiones, quae dicuntur animae passiones, sicut patet de temperantia, fortitudine et aliis huiusmodi. Contingit autem quod in operationibus quae sunt ad alterum, praetermittatur bonum virtutis propter inordinatam animi passionem. Et tunc, inquantum corrumpitur commensuratio exterioris operationis, est corruptio iustitiae, inquantum autem corrumpitur commensuratio interiorum passionum, est corruptio alicuius alterius virtutis. Sicut cum propter iram aliquis alium percutit, in ipsa percussione indebita corrumpitur iustitia, in immoderantia vero irae corrumpitur mansuetudo. Et idem patet in aliis.

 

[36029] Iª-IIae q. 60 a. 2 co.
RISPONDO: Le operazioni e le passioni si possono riferire alla virtù in due maniere. Primo, come effetti. E in questo senso qualsiasi virtù morale presenta delle buone operazioni, che essa ha il compito di produrre; e presenta, come sopra abbiamo spiegato, qualche piacere o tristezza che sono passioni.
Secondo, le operazioni si possono riferire alla virtù morale, come la materia di cui quest'ultima si occupa. E in questo senso è necessario che le virtù morali riguardanti le operazioni siano distinte da quelle riguardanti le passioni. E la ragione si è che la bontà o la malizia di certe operazioni si desume da queste medesime, comunque l'uomo sia disposto nei loro riguardi: poiché la loro bontà o malizia si misura in base al rapporto con altri. E per codeste operazioni si richiede una virtù atta a dirigerle per se stesse: è questo il caso del comprare e del vendere, e di tutte le operazioni consimili, in cui va tenuto conto di ciò che è, o non è dovuto, sia a se stessi che ad altri. Per questo la giustizia e le sue parti riguardano propriamente come loro materia le operazioni. - Invece per altre operazioni la bontà o la malizia si desume dalla loro convenienza rispetto a chi le compie. Perciò in questo caso la bontà o la malizia va misurata e considerata in base alla buona o alla cattiva disposizione del soggetto nei loro riguardi. E quindi in questi casi le virtù dovranno riguardare principalmente gli affetti interiori, che sono appunto le passioni: come è evidente nel caso della temperanza, della fortezza e di altre virtù consimili.
Però può anche capitare che nelle operazioni misurate dal rapporto con altri si sacrifichi il bene della virtù per una passione disordinata. E allora in quanto viene infranta la misura dell'operazione esterna, si ha un'infrazione della giustizia: ma in quanto viene infranto l'equilibrio delle passioni interiori, si ha l'infrazione di qualche altra virtù. Quando uno, p. es., percuote un altro per ira, quei colpi ingiustificati distruggono la giustizia; invece l'eccesso di collera distrugge la mansuetudine. Lo stesso si dica delle altre virtù.

[36030] Iª-IIae q. 60 a. 2 ad 1
Et per hoc patet responsio ad obiecta. Nam prima ratio procedit de operatione, secundum quod est effectus virtutis. Aliae vero duae rationes procedunt ex hoc, quod ad idem concurrunt operatio et passio. Sed in quibusdam virtus est principaliter circa operationem, in quibusdam circa passionem, ratione praedicta.

 

[36030] Iª-IIae q. 60 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: È così evidente la soluzione delle difficoltà. Infatti la prima prende le operazioni come effetti delle virtù. Le altre due argomentano dal fatto che operazione e passione concorrono al medesimo effetto. Ma in alcuni casi le virtù riguardano principalmente le operazioni, negli altri principalmente le passioni, come abbiamo spiegato.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Distinzione delle virtù morali tra loro > Se ci sia una sola virtù morale riguardante le opere esterne


Prima pars secundae partis
Quaestio 60
Articulus 3

[36031] Iª-IIae q. 60 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod sit una tantum virtus moralis circa operationes. Rectitudo enim omnium operationum exteriorum videtur ad iustitiam pertinere. Sed iustitia est una virtus. Ergo una sola virtus est circa operationes.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 60
Articolo 3

[36031] Iª-IIae q. 60 a. 3 arg. 1
SEMBRA che ci sia una sola virtù morale riguardante le operazioni. Infatti:
1. La rettitudine di tutte le operazioni esterne è da attribuirsi alla giustizia. Ma la giustizia è una virtù particolare. Quindi unica è la virtù riguardante le operazioni.

[36032] Iª-IIae q. 60 a. 3 arg. 2
Praeterea, operationes maxime differentes esse videntur quae ordinantur ad bonum unius, et quae ordinantur ad bonum multitudinis. Sed ista diversitas non diversificat virtutes morales, dicit enim philosophus, in V Ethic., quod iustitia legalis, quae ordinat actus hominum ad commune bonum, non est aliud a virtute quae ordinat actus hominis ad unum tantum, nisi secundum rationem. Ergo diversitas operationum non causat diversitatem virtutum moralium.

 

[36032] Iª-IIae q. 60 a. 3 arg. 2
2. Le operazioni tra loro più differenti sembrano essere quelle ordinate al bene di uno e quelle ordinate al bene di una collettività. Ma questa diversità non diversifica le virtù morali: poiché, come dice il Filosofo, la giustizia legale, che ordina gli atti di molti uomini al bene comune è distinta solo per una distinzione di ragione dalla virtù che ordina gli atti di un uomo al bene di un solo individuo. Dunque la diversità delle operazioni non causa una diversità di virtù morali.

[36033] Iª-IIae q. 60 a. 3 arg. 3
Praeterea, si sunt diversae virtutes morales circa diversas operationes, oporteret quod secundum diversitatem operationum, esset diversitas virtutum moralium. Sed hoc patet esse falsum, nam ad iustitiam pertinet in diversis generibus commutationum rectitudinem statuere, et etiam in distributionibus, ut patet in V Ethic. Non ergo diversae virtutes sunt diversarum operationum.

 

[36033] Iª-IIae q. 60 a. 3 arg. 3
3. Se esistessero diverse virtù morali riguardanti operazioni diverse, bisognerebbe che ci fosse una diversità di virtù morali secondo la diversità delle operazioni. Ora, questo è falso: infatti alla (sola) giustizia appartiene applicare la retta norma nei diversi generi di scambi e di distribuzioni, come spiega Aristotele. Perciò non ci sono diverse virtù per le diverse operazioni.

[36034] Iª-IIae q. 60 a. 3 s. c.
Sed contra est quod religio est alia virtus a pietate, quarum tamen utraque est circa operationes quasdam.

 

[36034] Iª-IIae q. 60 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: La religione è una virtù distinta dalla pietà: eppure esse riguardano entrambe delle operazioni.

[36035] Iª-IIae q. 60 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod omnes virtutes morales quae sunt circa operationes, conveniunt in quadam generali ratione iustitiae, quae attenditur secundum debitum ad alterum, distinguuntur autem secundum diversas speciales rationes. Cuius ratio est quia in operationibus exterioribus ordo rationis instituitur sicut dictum est, non secundum proportionem ad affectionem hominis, sed secundum ipsam convenientiam rei in seipsa; secundum quam convenientiam accipitur ratio debiti, ex quo constituitur ratio iustitiae, ad iustitiam enim pertinere videtur ut quis debitum reddat. Unde omnes huiusmodi virtutes quae sunt circa operationes, habent aliquo modo rationem iustitiae. Sed debitum non est unius rationis in omnibus, aliter enim debetur aliquid aequali, aliter superiori, aliter minori; et aliter ex pacto, vel ex promisso, vel ex beneficio suscepto. Et secundum has diversas rationes debiti, sumuntur diversae virtutes, puta religio est per quam redditur debitum Deo; pietas est per quam redditur debitum parentibus vel patriae; gratia est per quam redditur debitum benefactoribus; et sic de aliis.

 

[36035] Iª-IIae q. 60 a. 3 co.
RISPONDO: Tutte le virtù morali riguardanti le operazioni hanno in comune un aspetto generico di giustizia, e cioè l'aspetto di cosa dovuta ad altri: ma si distinguono tra loro secondo le ragioni specifiche di essa. E questo perché, come abbiamo visto, nelle operazioni esterne l'ordine della ragione non viene stabilito in base al rapporto con gli affetti del soggetto, ma in base alla convenienza della cosa in se stessa; secondo la quale convenienza viene determinata la nozione di cosa dovuta, da cui deriva la nozione di giustizia: infatti spetta evidentemente alla giustizia rendere ciò che è dovuto. Perciò tutte le virtù morali riguardanti le operazioni hanno in qualche modo un aspetto di giustizia. - Ma ciò che è dovuto non ha una natura unica in tutti i casi: infatti è diverso ciò che si deve agli uguali, ai superiori, e agli inferiori; così pure è diverso ciò che si deve per un patto, per una promessa, o per un beneficio ricevuto. E in base a codesti diversi aspetti di ciò che è dovuto si hanno virtù diverse: la religione, p. es., ci fa rendere a Dio ciò che a lui si deve; la pietà ci fa rendere quanto dobbiamo ai genitori e alla patria; la gratitudine ci fa rendere quanto dobbiamo ai benefattori; e così di seguito.

[36036] Iª-IIae q. 60 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod iustitia proprie dicta est una specialis virtus, quae attendit perfectam rationem debiti, quod secundum aequivalentiam potest restitui. Dicitur tamen et ampliato nomine iustitia, secundum quamcumque debiti redditionem. Et sic non est una specialis virtus.

 

[36036] Iª-IIae q. 60 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La giustizia propriamente detta è una virtù specifica, la quale ha per oggetto ciò che si deve, in quanto può essere ricompensato con perfetta uguaglianza. Ma col nome generico di giustizia si può intendere qualsiasi doveroso compenso. E in questo senso essa non è una virtù specifica.

[36037] Iª-IIae q. 60 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod iustitia quae intendit bonum commune, est alia virtus a iustitia quae ordinatur ad bonum privatum alicuius, unde et ius commune distinguitur a iure privato; et Tullius ponit unam specialem virtutem, pietatem, quae ordinat ad bonum patriae. Sed iustitia ordinans hominem ad bonum commune, est generalis per imperium, quia omnes actus virtutum ordinat ad finem suum, scilicet ad bonum commune. Virtus autem secundum quod a tali iustitia imperatur, etiam iustitiae nomen accipit. Et sic virtus a iustitia legali non differt nisi ratione, sicut sola ratione differt virtus operans secundum seipsam, et virtus operans ad imperium alterius.

 

[36037] Iª-IIae q. 60 a. 3 ad 2
2. La giustizia ordinata al bene comune è una virtù distinta dalla giustizia che è ordinata al bene privato di qualcuno: infatti anche il diritto comune è distinto dal diritto privato; anzi Cicerone ammette una speciale virtù, cioè la pietà, che ha il compito di indirizzare al bene della patria. Ma la giustizia che ordina un uomo al bene comune, è una virtù universale per il comando (che la distingue): poiché ordina tutti gli atti delle virtù al proprio fine che è il bene comune. E qualsiasi virtù in quanto comandata da codesta giustizia può anche denominarsi giustizia. E in questo caso codesta virtù differisce dalla giustizia legale (o generale) solo per una differenza di ragione: cioè come chi opera per se stesso differisce da se medesimo quando opera sotto il comando di un altro.

[36038] Iª-IIae q. 60 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod in omnibus operationibus ad iustitiam specialem pertinentibus, est eadem ratio debiti. Et ideo est eadem virtus iustitiae, praecipue quantum ad commutationes. Forte enim distributiva est alterius speciei a commutativa, sed de hoc infra quaeretur.

 

[36038] Iª-IIae q. 60 a. 3 ad 3
3. In tutte le operazioni che appartengono alla specifica virtù della giustizia ciò che si deve è di un'identica natura. Perciò si tratta di un'identica virtù di giustizia, specialmente trattandosi di scambi. Ché forse la giustizia distributiva è una specie distinta da quella commutativa. Ma questo lo vedremo in seguito.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Distinzione delle virtù morali tra loro > Se ci siano diverse virtù morali per passioni diverse


Prima pars secundae partis
Quaestio 60
Articulus 4

[36039] Iª-IIae q. 60 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod circa diversas passiones non sint diversae virtutes morales. Eorum enim quae conveniunt in principio et fine, unus est habitus, sicut patet maxime in scientiis. Sed omnium passionum unum est principium, scilicet amor; et omnes ad eundem finem terminantur, scilicet ad delectationem vel tristitiam; ut supra habitum est. Ergo circa omnes passiones est una tantum moralis virtus.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 60
Articolo 4

[36039] Iª-IIae q. 60 a. 4 arg. 1
SEMBRA che non ci siano diverse virtù morali per passioni diverse. Infatti:
1. Cose che hanno in comune principio e fine devono avere un unico abito: come è evidente per le scienze. Ora, tutte le passioni hanno un unico principio, cioè l'amore; e tutte hanno un unico termine conclusivo, cioè il piacere o la tristezza, secondo le spiegazioni date in precedenza. Dunque per tutte le passioni non c'è che un'unica virtù morale.

[36040] Iª-IIae q. 60 a. 4 arg. 2
Praeterea, si circa diversas passiones essent diversae virtutes morales, sequeretur quod tot essent virtutes morales quot passiones. Sed hoc patet esse falsum, quia circa oppositas passiones est una et eadem virtus moralis, sicut fortitudo circa timores et audacias, temperantia circa delectationes et tristitias. Non ergo oportet quod circa diversas passiones sint diversae virtutes morales.

 

[36040] Iª-IIae q. 60 a. 4 arg. 2
2. Se per passioni diverse ci fossero diverse virtù morali, le virtù morali verrebbero ad essere quante sono le passioni. Ma ciò è falso in maniera evidente: poiché passioni contrarie hanno un'unica e identica virtù morale; la fortezza, p. es., abbraccia timore e audacia, così fa la temperanza per il piacere e la tristezza. Perciò non si richiede che ci siano diverse virtù morali per passioni diverse.

[36041] Iª-IIae q. 60 a. 4 arg. 3
Praeterea, amor, concupiscentia et delectatio sunt passiones specie differentes, ut supra habitum est. Sed circa omnes has est una virtus, scilicet temperantia. Ergo virtutes morales non sunt diversae circa diversas passiones.

 

[36041] Iª-IIae q. 60 a. 4 arg. 3
3. Amore, concupiscenza e piacere sono passioni specificamente distinte, come abbiamo visto. Ma per esse non c'è che un'unica virtù, cioè la temperanza. Dunque le virtù morali non devono essere diverse per passioni diverse.

[36042] Iª-IIae q. 60 a. 4 s. c.
Sed contra est quod fortitudo est circa timores et audacias; temperantia circa concupiscentias; mansuetudo circa iras; ut dicitur in III et IV Ethic.

 

[36042] Iª-IIae q. 60 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Come insegna Aristotele, la fortezza ha per oggetto timore e audacia; la temperanza le concupiscenze, o desideri; la mansuetudine l'ira.

[36043] Iª-IIae q. 60 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod non potest dici quod circa omnes passiones sit una sola virtus moralis, sunt enim quaedam passiones ad diversas potentias pertinentes; aliae namque pertinent ad irascibilem, aliae ad concupiscibilem, ut supra dictum est. Nec tamen oportet quod omnis diversitas passionum sufficiat ad virtutes morales diversificandas. Primo quidem, quia quaedam passiones sunt quae sibi opponuntur secundum contrarietatem, sicut gaudium et tristitia, timor et audacia, et alia huiusmodi. Et circa huiusmodi passiones sic oppositas, oportet esse unam et eandem virtutem. Cum enim virtus moralis in quadam medietate consistat, medium in contrariis passionibus secundum eandem rationem instituitur, sicut et in naturalibus idem est medium inter contraria, ut inter album et nigrum. Secundo, quia diversae passiones inveniuntur secundum eundem modum rationi repugnantes, puta secundum impulsum ad id quod est contra rationem; vel secundum retractionem ab eo quod est secundum rationem. Et ideo diversae passiones concupiscibilis non pertinent ad diversas virtutes morales, quia earum motus secundum quendam ordinem se invicem consequuntur, utpote ad idem ordinati, scilicet ad consequendum bonum, vel ad fugiendum malum; sicut ex amore procedit concupiscentia, et ex concupiscentia pervenitur ad delectationem. Et eadem ratio est de oppositis, quia ex odio sequitur fuga vel abominatio, quae perducit ad tristitiam. Sed passiones irascibilis non sunt unius ordinis, sed ad diversa ordinantur, nam audacia et timor ordinantur ad aliquod magnum periculum; spes et desperatio ad aliquod bonum arduum; ira autem ad superandum aliquod contrarium quod nocumentum intulit. Et ideo circa has passiones diversae virtutes ordinantur, utpote temperantia circa passiones concupiscibilis; fortitudo circa timores et audacias; magnanimitas circa spem et desperationem; mansuetudo circa iras.

 

[36043] Iª-IIae q. 60 a. 4 co.
RISPONDO: Non è ammissibile che per tutte le passioni ci sia una sola virtù morale: esse infatti appartengono a potenze distinte; alcune appartengono all'irascibile, ed altre al concupiscibile, secondo le spiegazioni date.
E tuttavia non è necessario che ogni diversità tra le passioni basti a produrre una diversità tra le virtù morali. In primo luogo perché certe passioni hanno tra loro un'opposizione di contrarietà: tali sono gioia e tristezza, timore e audacia, e altre consimili. E per codeste passioni contrarie è necessario che ci sia un'unica virtù. Infatti, consistendo la virtù morale nel giusto mezzo, codesto mezzo tra passioni contrarie viene determinato in base a un criterio comune: del resto anche tra entità di ordine fisico, la qualità intermedia tra due contrari, mettiamo tra il bianco e il nero, è identica.
Secondo, perché ci sono passioni distinte che si oppongono alla ragione sotto il medesimo aspetto: o perché dipendono da un unico impulso verso cose contrarie alla ragione; o perché parti di un'unica ripugnanza verso cose conformi alla ragione. Ecco perché le diverse passioni del concupiscibile non appartengono a virtù morali distinte: proprio perché i loro impulsi si susseguono in un'unica direzione, essendo ordinati a un unico oggetto, cioè a conseguire un bene, o a fuggire un male; dall'amore, p. es., nasce la concupiscenza, o desiderio, e dal desiderio si giunge al piacere. Lo stesso vale per le passioni contrarie: poiché dall'odio segue la fuga, o la ripulsa, e questa porta alla tristezza. - Invece le passioni dell'irascibile non formano un'unica catena, ma sono indirizzate a oggetti diversi: infatti audacia e timore hanno per oggetto un grave pericolo; speranza e disperazione un bene arduo; e l'ira spinge ad affrontare un essere contrario da cui si è ricevuto un nocumento. Perciò si richiedono virtù diverse per codeste passioni: e cioè la temperanza per le passioni del concupiscibile; la fortezza per il timore e l'audacia; la magnanimità per la speranza e la disperazione; la mansuetudine per l'ira.

[36044] Iª-IIae q. 60 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod omnes passiones conveniunt in uno principio et fine communi, non autem in uno proprio principio seu fine. Unde hoc non sufficit ad unitatem virtutis moralis.

 

[36044] Iª-IIae q. 60 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutte le passioni hanno in comune un unico principio e un unico fine: ma non si tratta di un principio e di un fine propri. Perciò questo non basta per l'unità della virtù morale.

[36045] Iª-IIae q. 60 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod, sicut in naturalibus idem est principium quo receditur ab uno principio, et acceditur ad aliud; et in rationalibus est eadem ratio contrariorum, ita etiam virtus moralis, quae in modum naturae rationi consentit, est eadem contrariarum passionum.

 

[36045] Iª-IIae q. 60 a. 4 ad 2
2. Nelle entità di ordine fisico è identico il principio, o la causa, che permette l'abbandono di un termine e l'avvicinamento al suo contrario; e in campo speculativo identica è la ragione, o nozione dei contrari: perciò anche la virtù morale, che è consona alla ragione come una seconda natura, è unica nel caso di passioni contrarie.

[36046] Iª-IIae q. 60 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod illae tres passiones ad idem obiectum ordinantur secundum quendam ordinem, ut dictum est. Et ideo ad eandem virtutem moralem pertinent.

 

[36046] Iª-IIae q. 60 a. 4 ad 3
3. Le tre passioni indicate sono indirizzate in un certo ordine a un medesimo oggetto, come abbiamo visto. Perciò appartengono a un'unica virtù morale.




Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le virtù > Distinzione delle virtù morali tra loro > Se le virtù morali debbano distinguersi secondo i diversi oggetti delle passioni


Prima pars secundae partis
Quaestio 60
Articulus 5

[36047] Iª-IIae q. 60 a. 5 arg. 1
Ad quintum sic proceditur. Videtur quod virtutes morales non distinguantur secundum obiecta passionum. Sicut enim sunt obiecta passionum, ita sunt obiecta operationum. Sed virtutes morales quae sunt circa operationes, non distinguuntur secundum obiecta operationum, ad eandem enim virtutem iustitiae pertinet emere vel vendere domum, et equum. Ergo etiam nec virtutes morales quae sunt circa passiones, diversificantur per obiecta passionum.

 
Prima parte della seconda parte
Questione 60
Articolo 5

[36047] Iª-IIae q. 60 a. 5 arg. 1
SEMBRA che le virtù morali non debbano distinguersi tra loro secondo gli oggetti delle passioni. Infatti:
1. Le passioni hanno i loro oggetti come hanno i loro oggetti le operazioni. Ora, le virtù morali riguardanti le operazioni non si distinguono secondo gli oggetti delle operazioni: infatti a un'unica virtù che è la giustizia appartiene la compravendita sia della casa che del cavallo. Perciò neppure le virtù morali riguardanti le passioni sono distinte secondo i vari oggetti delle passioni.

[36048] Iª-IIae q. 60 a. 5 arg. 2
Praeterea, passiones sunt quidam actus vel motus appetitus sensitivi. Sed maior diversitas requiritur ad diversitatem habituum, quam ad diversitatem actuum. Diversa igitur obiecta quae non diversificant speciem passionis, non diversificabunt speciem virtutis moralis. Ita scilicet quod de omnibus delectabilibus erit una virtus moralis, et similiter est de aliis.

 

[36048] Iª-IIae q. 60 a. 5 arg. 2
2. Le passioni sono atti o moti dell'appetito sensitivo. Ora, si richiede maggior differenza per fondare una distinzione di abiti, che una distinzione di atti. Perciò oggetti diversi incapaci di dare una diversità specifica alle passioni, non potranno dare una diversità specifica alle virtù morali. Cosicché per tutti i piaceri dovrà esserci un'unica virtù morale: e così per il resto.

[36049] Iª-IIae q. 60 a. 5 arg. 3
Praeterea, magis et minus non diversificant speciem. Sed diversa delectabilia non differunt nisi secundum magis et minus. Ergo omnia delectabilia pertinent ad unam speciem virtutis. Et eadem ratione, omnia terribilia, et similiter de aliis. Non ergo virtus moralis distinguitur secundum obiecta passionum.

 

[36049] Iª-IIae q. 60 a. 5 arg. 3
3. Una semplice gradazione non dà diversità di specie. Ora, alcuni oggetti di piacere differiscono tra loro soltanto per una gradazione. Quindi tutti codesti oggetti appartengono a un'unica specie di virtù. Lo stesso si dica per tutte le cose temibili, e così via. Dunque le virtù morali non possono distinguersi in base agli oggetti delle passioni.

[36050] Iª-IIae q. 60 a. 5 arg. 4
Praeterea, sicut virtus est operativa boni, ita est impeditiva mali. Sed circa concupiscentias bonorum sunt diversae virtutes, sicut temperantia circa concupiscentias delectationum tactus, et eutrapelia circa delectationes ludi. Ergo etiam circa timores malorum debent esse diversae virtutes.

 

[36050] Iª-IIae q. 60 a. 5 arg. 4
4. Una virtù, come ha il compito di operare il bene, ha quello di impedire il male. Ora, per i desideri delle cose buone ci sono diverse virtù: e cioè la temperanza per il desiderio, o concupiscenza dei piaceri del tatto, e l'eutrapelia per i piaceri del gioco. Dunque anche per i timori di cose cattive devono esserci diverse virtù.

[36051] Iª-IIae q. 60 a. 5 s. c.
Sed contra est quod castitas est circa delectabilia venereorum; abstinentia vero est circa delectabilia ciborum; et eutrapelia circa delectabilia ludorum.

 

[36051] Iª-IIae q. 60 a. 5 s. c.
IN CONTRARIO: La castità riguarda quanto forma l'oggetto dei piaceri venerei; l'astinenza riguarda le cose gustabili del mangiare; e l'eutrapelia quelle divertenti del gioco.

[36052] Iª-IIae q. 60 a. 5 co.
Respondeo dicendum quod perfectio virtutis ex ratione dependet, perfectio autem passionis, ex ipso appetitu sensitivo. Unde oportet quod virtutes diversificentur secundum ordinem ad rationem, passiones autem, secundum ordinem ad appetitum. Obiecta igitur passionum, secundum quod diversimode comparantur ad appetitum sensitivum, causant diversas passionum species, secundum vero quod comparantur ad rationem, causant diversas species virtutum. Non est autem idem motus rationis, et appetitus sensitivi. Unde nihil prohibet aliquam differentiam obiectorum causare diversitatem passionum, quae non causat diversitatem virtutum, sicut quando una virtus est circa multas passiones, ut dictum est, et aliquam etiam differentiam obiectorum causare diversitatem virtutum, quae non causat diversitatem passionum, cum circa unam passionem, puta delectationem, diversae virtutes ordinentur. Et quia diversae passiones ad diversas potentias pertinentes, semper pertinent ad diversas virtutes, ut dictum est; ideo diversitas obiectorum quae respicit diversitatem potentiarum, semper diversificat species virtutum; puta quod aliquid sit bonum absolute, et aliquid bonum cum aliqua arduitate. Et quia ordine quodam ratio inferiores hominis partes regit, et etiam se ad exteriora extendit; ideo etiam secundum quod unum obiectum passionis apprehenditur sensu vel imaginatione, aut etiam ratione; et secundum etiam quod pertinet ad animam, corpus, vel exteriores res; diversam habitudinem habet ad rationem; et per consequens natum est diversificare virtutes. Bonum igitur hominis, quod est obiectum amoris, concupiscentiae et delectationis, potest accipi vel ad sensum corporis pertinens; vel ad interiorem animae apprehensionem. Et hoc, sive ordinetur ad bonum hominis in seipso, vel quantum ad corpus vel quantum ad animam; sive ordinetur ad bonum hominis in ordine ad alios. Et omnis talis diversitas, propter diversum ordinem ad rationem, diversificat virtutem. Sic igitur si consideretur aliquod bonum, si quidem sit per sensum tactus apprehensum, et ad consistentiam humanae vitae pertinens in individuo vel in specie, sicut sunt delectabilia ciborum et venereorum; erit pertinens ad virtutem temperantiae. Delectationes autem aliorum sensuum, cum non sint vehementes, non praestant aliquam difficultatem rationi, et ideo circa eas non ponitur aliqua virtus, quae est circa difficile, sicut et ars, ut dicitur in II Ethic. Bonum autem non sensu, sed interiori virtute apprehensum, ad ipsum hominem pertinens secundum seipsum, est sicut pecunia et honor; quorum pecunia ordinabilis est de se ad bonum corporis; honor autem consistit in apprehensione animae. Et haec quidem bona considerari possunt vel absolute, secundum quod pertinent ad concupiscibilem; vel cum arduitate quadam, secundum quod pertinent ad irascibilem. Quae quidem distinctio non habet locum in bonis quae delectant tactum, quia huiusmodi sunt quaedam infima, et competunt homini secundum quod convenit cum brutis. Circa bonum igitur pecuniae absolute sumptum, secundum quod est obiectum concupiscentiae vel delectationis aut amoris, est liberalitas. Circa bonum autem huiusmodi cum arduitate sumptum, secundum quod est obiectum spei, est magnificentia. Circa bonum vero quod est honor, si quidem sit absolute sumptum, secundum quod est obiectum amoris, sic est quaedam virtus quae vocatur philotimia, idest amor honoris. Si vero cum arduitate consideretur, secundum quod est obiectum spei, sic est magnanimitas. Unde liberalitas et philotimia videntur esse in concupiscibili, magnificentia vero et magnanimitas in irascibili. Bonum vero hominis in ordine ad alium, non videtur arduitatem habere, sed accipitur ut absolute sumptum, prout est obiectum passionum concupiscibilis. Quod quidem bonum potest esse alicui delectabile secundum quod praebet se alteri vel in his quae serio fiunt, idest in actionibus per rationem ordinatis ad debitum finem; vel in his quae fiunt ludo, idest in actionibus ordinatis ad delectationem tantum, quae non eodem modo se habent ad rationem sicut prima. In seriis autem se exhibet aliquis alteri dupliciter. Uno modo, ut delectabilem decentibus verbis et factis, et hoc pertinet ad quandam virtutem quam Aristoteles nominat amicitiam; et potest dici affabilitas. Alio modo praebet se aliquis alteri ut manifestum, per dicta et facta, et hoc pertinet ad aliam virtutem, quam nominat veritatem. Manifestatio enim propinquius accedit ad rationem quam delectatio; et seria quam iocosa. Unde et circa delectationes ludorum est alia virtus, quam philosophus eutrapeliam nominat. Sic igitur patet quod, secundum Aristotelem, sunt decem virtutes morales circa passiones, scilicet fortitudo, temperantia, liberalitas, magnificentia, magnanimitas, philotimia, mansuetudo, amicitia, veritas et eutrapelia. Et distinguuntur secundum diversas materias vel secundum diversas passiones; vel secundum diversa obiecta. Si igitur addatur iustitia, quae est circa operationes, erunt omnes undecim.

 

[36052] Iª-IIae q. 60 a. 5 co.
RISPONDO: La virtù è una perfezione che dipende dalla ragione: invece la passione è una perfezione che dipende dallo stesso appetito sensitivo. Ecco perché le virtù si suddistinguono in rapporto alla ragione: le passioni invece in ordine all'appetito. Perciò gli oggetti delle passioni, in base alla diversità dei loro rapporti con l'appetito sensitivo, producono specie diverse di passioni: e in base ai loro rapporti con la ragione causano specie diverse di virtù. Difatti il moto della ragione non si identifica col moto dell'appetito sensitivo. E quindi niente impedisce che una differenza di oggetti possa causare una diversità di passioni, senza causare una diversità di virtù, come quando, nei casi già considerati, una sola virtù riguarda un certo numero di passioni. E, al contrario, niente impedisce che una differenza di oggetti possa causare una diversità di virtù, senza causare una diversità di passioni, come quando un'unica passione, mettiamo il piacere, interessa diverse virtù.
E poiché, come abbiamo già detto, le passioni che appartengono a potenze diverse, appartengono sempre a virtù differenti; la diversità degli oggetti, che incide sulla diversità delle potenze, la distinzione, p. es., tra il semplice bene e il bene arduo, apporta sempre una diversità specifica tra le virtù. - E siccome la ragione governa le facoltà inferiori dell'uomo secondo una certa gradazione, fino ad estendersi agli oggetti esterni, l'oggetto delle passioni può avere con essa rapporti diversi, e incidere sulla diversità delle virtù, anche per il fatto di essere conosciuto dal senso, dalla immaginativa o dalla ragione; oppure dall'appartenere all'anima, al corpo e ai beni esterni. Perciò un bene umano, oggetto di amore, di concupiscenza e di piacere, può cadere sotto la considerazione del senso, oppure sotto la considerazione interiore dell'anima. E questo vale sia per il bene che è indirizzato a vantaggio del soggetto medesimo, dell'anima o del corpo poco importa, sia per il bene che è indirizzato a vantaggio di altri. E tutte codeste diversità, causano distinzioni di virtù in forza del loro diverso rapporto con la ragione.
Perciò se prendiamo un bene il quale sia conosciuto dal senso del tatto, e che cooperi alla conservazione della vita umana dell'individuo o della specie, come sono i beni che costituiscono i piaceri venerei e gastronomici, codesto bene dovrà appartenere alla virtù della temperanza. Invece i piaceri degli altri sensi, non essendo virulenti, non presentano difficoltà per la ragione: perciò non esiste nessuna virtù che li riguardi, essendo la virtù, a dire di Aristotele, "circa cose difficili, come anche l'arte".
Invece un bene che è conosciuto, non dai sensi, ma da una facoltà interna, e che appartiene all'uomo in quanto tale, sarà come il denaro o come gli onori; il primo dei quali è ordinabile ai beni del corpo, mentre questi ultimi consistono in una percezione dell'anima. E codesti beni possono essere considerati o in assoluto, come oggetto del concupiscibile; oppure in quanto ardui, come oggetto dell'irascibile. Questa distinzione però non interessa i beni piacevoli del tatto: essendo questi dei beni meschini, che competono all'uomo in quanto somiglia agli altri animali. Perciò rispetto ai beni riducibili al denaro, in quanto oggetto di concupiscenza, di piacere o di amore, abbiamo la liberalità; ma se hanno l'aspetto di beni ardui, quale oggetto di speranza, avremo la magnificenza. Rispetto ai beni riducibili all'onore, se presi in assoluto in quanto sono oggetto di amore, avremo una virtù che è denominata filotimia, cioè amore della propria dignità. Se invece si considerano come beni ardui, quale oggetto della speranza, avremo la magnanimità. Perciò liberalità e filotimia sono da assegnarsi al concupiscibile; magnificenza, invece, e munificenza all'irascibile.
Il bene poi ordinato al vantaggio di altri non presenta l'aspetto di bene arduo: ma è un bene in senso assoluto, come oggetto del concupiscibile. E codesto bene può essere piacevole per un uomo in quanto chi lo compie presenta se stesso ad altri, o nelle azioni serie, cioè in quelle che dalla ragione sono indirizzate al debito fine; oppure nel gioco, cioè nelle azioni ordinate soltanto al piacere, e che non hanno con la ragione il rapporto suddetto. Ora, nelle azioni serie uno presenta se stesso a un altro in due maniere. Primo, dimostrandosi una persona piacevole con parole e con atti convenienti: e ciò appartiene a una virtù che Aristotele chiama "amicizia", e che possiamo denominare affabilità. Secondo, mostrandosi ad altri aperto e sincero, con le parole e con i fatti: è questo proprio di una virtù che Aristotele chiama "verità" (o veracità). Questo perché alla ragione si avvicinano di più le cose serie che quelle giocose, più la sincerità che il godimento. Perciò per quanto riguarda i giochi c'è un'altra virtù, che il Filosofo chiama "eutrapelia".
È perciò evidente, secondo Aristotele, che esistono dieci virtù morali riguardanti le passioni, e cioè: fortezza, temperanza, liberalità, magnificenza, magnanimità, filotimia, mansuetudine, amicizia, verità ed eutrapelia. Esse si distinguono o secondo la materia, o secondo la diversità delle passioni, oppure secondo la diversità degli oggetti. Aggiungendo la giustizia, che ha per oggetto le operazioni, in tutto saranno undici.

[36053] Iª-IIae q. 60 a. 5 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod omnia obiecta eiusdem operationis secundum speciem, eandem habitudinem habent ad rationem; non autem omnia obiecta eiusdem passionis secundum speciem, quia operationes non repugnant rationi, sicut passiones.

 

[36053] Iª-IIae q. 60 a. 5 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutti gli oggetti di una medesima specifica operazione hanno con la ragione il medesimo rapporto; non così gli oggetti di una medesima specifica passione: poiché le azioni esterne non offrono alla ragione motivi speciali di contrasto come le passioni.

[36054] Iª-IIae q. 60 a. 5 ad 2
Ad secundum dicendum quod alia ratione diversificantur passiones, et alia virtutes, sicut dictum est.

 

[36054] Iª-IIae q. 60 a. 5 ad 2
2. Le passioni e le virtù sono distinte, come abbiamo spiegato, con criteri diversi.

[36055] Iª-IIae q. 60 a. 5 ad 3
Ad tertium dicendum quod magis et minus non diversificant speciem, nisi propter diversam habitudinem ad rationem.

 

[36055] Iª-IIae q. 60 a. 5 ad 3
3. Una gradazione non dà diversità di specie, se non incide sul rapporto (dell'oggetto) con la ragione.

[36056] Iª-IIae q. 60 a. 5 ad 4
Ad quartum dicendum quod bonum fortius est ad movendum quam malum quia malum non agit nisi virtute boni, ut Dionysius dicit, IV cap. de Div. Nom. Unde malum non facit difficultatem rationi quae requirat virtutem, nisi sit excellens, quod videtur esse unum in uno genere passionis. Unde circa iras non ponitur nisi una virtus, scilicet mansuetudo, et similiter circa audacias una sola, scilicet fortitudo. Sed bonum ingerit difficultatem, quae requirit virtutem, etiam si non sit excellens in genere talis passionis. Et ideo circa concupiscentias ponuntur diversae virtutes morales, ut dictum est.

 

[36056] Iª-IIae q. 60 a. 5 ad 4
4. Il bene (anche come oggetto di passione) è più energico del male nel muovere; poiché il male, come si esprime Dionigi, agisce solo in forza del bene. Perciò il male, se non è straordinario, o arduo, non presenta difficoltà particolari per la ragione, da richiedere una virtù: e il male arduo è unico per ciascun genere di passioni. Ecco perché a occuparsi dei moti dell'ira c'è la sola virtù della mansuetudine: e a occuparsi dei moti dell'audacia c'è la sola fortezza. - Invece il bene implica difficoltà che richiedono le virtù, anche senza essere arduo in quel genere di passioni. Ecco perché per i moti della concupiscenza, o desiderio, si richiedono diverse virtù morali, come abbiamo notato.

Alla Questione precedente

 

Alla Questione successiva