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Se ci siano soltanto tre abiti intellettuali di ordine speculativo, cioè sapienza, scienza e intelletto
Prima pars secundae partis
Quaestio 57
Articulus 2
[35890] Iª-IIae q. 57 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod inconvenienter distinguantur tres virtutes intellectuales speculativae, scilicet sapientia, scientia et intellectus. Species enim non debet condividi generi. Sed sapientia est quaedam scientia, ut dicitur in VI Ethic. Ergo sapientia non debet condividi scientiae, in numero virtutum intellectualium.
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Prima parte della seconda parte
Questione 57
Articolo 2
[35890] Iª-IIae q. 57 a. 2 arg. 1
SEMBRA che non siano ben divise le virtù intellettuali di ordine speculativo in sapienza, scienza e intelletto. Infatti:
1. Un genere non può affiancarsi in una stessa suddivisione con una sua specie. Ora, la sapienza, a dire di Aristotele, è una specie di scienza. Dunque la scienza non deve affiancarsi alla sapienza nella enumerazione delle virtù intellettuali.
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[35891] Iª-IIae q. 57 a. 2 arg. 2 Praeterea, in distinctione potentiarum, habituum et actuum, quae attenditur secundum obiecta, attenditur principaliter distinctio quae est secundum rationem formalem obiectorum, ut ex supradictis patet. Non ergo diversi habitus debent distingui secundum materiale obiectum; sed secundum rationem formalem illius obiecti. Sed principium demonstrationis est ratio sciendi conclusiones. Non ergo intellectus principiorum debet poni habitus alius, aut alia virtus, a scientia conclusionum.
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[35891] Iª-IIae q. 57 a. 2 arg. 2
2. Nella distinzione delle potenze, degli abiti e degli atti, che si desume in base agli oggetti, principalmente si deve insistere sulla ragione formale degli oggetti. Perciò non si devono distinguere abiti diversi in base ai vari oggetti materiali; ma in base alla loro ragione formale. Ora, i principi dimostrativi sono la ragione della scienza delle conclusioni. Quindi l'intelletto dei principi non si deve considerare come abito o come virtù distinta dalla scienza delle conclusioni.
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[35892] Iª-IIae q. 57 a. 2 arg. 3 Praeterea, virtus intellectualis dicitur quae est in ipso rationali per essentiam. Sed ratio, etiam speculativa, sicut ratiocinatur syllogizando demonstrative; ita etiam ratiocinatur syllogizando dialectice. Ergo sicut scientia, quae causatur ex syllogismo demonstrativo, ponitur virtus intellectualis speculativa; ita etiam et opinio.
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[35892] Iª-IIae q. 57 a. 2 arg. 3
3. Si denomina virtù intellettuale quella che risiede nella facoltà (intellettiva) razionale per essenza. Ma la ragione, anche quella speculativa, svolge il raziocinio, sia con sillogismi dimostrativi, sia con sillogismi dialettici. Perciò, se la scienza, che è prodotta da un sillogismo dimostrativo, è una virtù intellettuale di ordine speculativo, lo deve essere anche l'opinione.
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[35893] Iª-IIae q. 57 a. 2 s. c. Sed contra est quod philosophus, VI Ethic., ponit has solum tres virtutes intellectuales speculativas, scilicet sapientiam, scientiam et intellectum.
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[35893] Iª-IIae q. 57 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo enumera soltanto queste tre virtù intellettuali di ordine speculativo, cioè sapienza, scienza e intelletto.
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[35894] Iª-IIae q. 57 a. 2 co. Respondeo dicendum quod, sicut iam dictum est, virtus intellectualis speculativa est per quam intellectus speculativus perficitur ad considerandum verum, hoc enim est bonum opus eius. Verum autem est dupliciter considerabile, uno modo, sicut per se notum; alio modo, sicut per aliud notum. Quod autem est per se notum, se habet ut principium; et percipitur statim ab intellectu. Et ideo habitus perficiens intellectum ad huiusmodi veri considerationem, vocatur intellectus, qui est habitus principiorum. Verum autem quod est per aliud notum, non statim percipitur ab intellectu, sed per inquisitionem rationis, et se habet in ratione termini. Quod quidem potest esse dupliciter, uno modo, ut sit ultimum in aliquo genere; alio modo, ut sit ultimum respectu totius cognitionis humanae. Et quia ea quae sunt posterius nota quoad nos, sunt priora et magis nota secundum naturam, ut dicitur in I Physic.; ideo id quod est ultimum respectu totius cognitionis humanae, est id quod est primum et maxime cognoscibile secundum naturam. Et circa huiusmodi est sapientia, quae considerat altissimas causas, ut dicitur in I Metaphys. Unde convenienter iudicat et ordinat de omnibus, quia iudicium perfectum et universale haberi non potest nisi per resolutionem ad primas causas. Ad id vero quod est ultimum in hoc vel in illo genere cognoscibilium, perficit intellectum scientia. Et ideo secundum diversa genera scibilium, sunt diversi habitus scientiarum, cum tamen sapientia non sit nisi una.
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[35894] Iª-IIae q. 57 a. 2 co.
RISPONDO: Come abbiamo già detto, virtù intellettuali speculative sono quelle disposizioni che affinano l'intelletto speculativo nella considerazione del vero: costituendo questo il suo ben operare. Ora, il vero da considerare è di due specie: primo, noto per se stesso; secondo, conosciuto per mezzo di altre nozioni. Ma ciò che è per sé noto ha natura di principio; e viene percepito in maniera istantanea dall'intelletto. Perciò l'abito che predispone l'intelligenza alla considerazione di codeste verità si chiama intelletto, ed è l'abito dei (primi) principi.
Invece le verità conosciute mediante altre nozioni non sono percepite all'istante dall'intelletto, ma mediante una ricerca della ragione: ed hanno natura di termine. E un termine può essere di due tipi: ultimo di un dato genere; e ultimo in rapporto a tutta la conoscenza umana. E poiché, come si esprime il Filosofo, "le cose che noi conosciamo da ultimo sono le prime e le più note secondo natura", ciò che è ultimo rispetto a tutta la conoscenza umana è al primo posto come l'oggetto più conoscibile secondo natura. Di ciò si occupa precisamente la sapienza, la quale considera le cause supreme, come scrive Aristotele. E quindi giustamente coordina e giudica di tutte le cose: poiché non si può dare un giudizio perfetto e universale, se non mediante un processo risolutivo fino alle prime cause. - Invece rispetto a ciò che è ultimo in questo o in quell'altro genere di conoscibili, l'intelletto ottiene il suo compimento dalla scienza. Perciò, ai diversi generi di conoscibili corrispondono abiti di scienze diverse: la sapienza invece non può essere che una.
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[35895] Iª-IIae q. 57 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod sapientia est quaedam scientia, inquantum habet id quod est commune omnibus scientiis, ut scilicet ex principiis conclusiones demonstret. Sed quia habet aliquid proprium supra alias scientias, inquantum scilicet de omnibus iudicat; et non solum quantum ad conclusiones, sed etiam quantum ad prima principia, ideo habet rationem perfectioris virtutis quam scientia.
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[35895] Iª-IIae q. 57 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La sapienza è una specie di scienza in quanto possiede ciò che è comune a tutte le scienze, cioè l'attitudine a dimostrare delle conclusioni dai principi. Avendo però qualche cosa di proprio al di sopra delle altre scienze, cioè l'attitudine a giudicare di tutto, non solo le conclusioni ma anche i principi, si presenta come una virtù più perfetta della scienza.
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[35896] Iª-IIae q. 57 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod quando ratio obiecti sub uno actu refertur ad potentiam vel habitum, tunc non distinguuntur habitus vel potentiae penes rationem obiecti et obiectum materiale, sicut ad eandem potentiam visivam pertinet videre colorem, et lumen, quod est ratio videndi colorem et simul cum ipso videtur. Principia vero demonstrationis possunt seorsum considerari, absque hoc quod considerentur conclusiones. Possunt etiam considerari simul cum conclusionibus, prout principia in conclusiones deducuntur. Considerare ergo hoc secundo modo principia, pertinet ad scientiam, quae considerat etiam conclusiones, sed considerare principia secundum seipsa, pertinet ad intellectum. Unde, si quis recte consideret, istae tres virtutes non ex aequo distinguuntur ab invicem, sed ordine quodam; sicut accidit in totis potentialibus, quorum una pars est perfectior altera, sicut anima rationalis est perfectior quam sensibilis, et sensibilis quam vegetabilis. Hoc enim modo, scientia dependet ab intellectu sicut a principaliori. Et utrumque dependet a sapientia sicut a principalissimo, quae sub se continet et intellectum et scientiam, ut de conclusionibus scientiarum diiudicans, et de principiis earundem.
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[35896] Iª-IIae q. 57 a. 2 ad 2
2. Quando la ragione formale di un oggetto è riferita alla potenza o all'abito in forza di un unico atto, allora gli abiti e le potenze non possono distinguersi fondandosi sulla distinzione tra oggetto formale e oggetto materiale: spetta, p. es., a un'unica potenza visiva vedere il colore e la luce, che è la ragione formale dell'atto visivo, il quale abbraccia il colore e la luce stessa. Invece i principi dimostrativi si possono considerare a parte, senza considerare le conclusioni. E si possono considerare uniti alle conclusioni, in quanto queste da essi derivano. Ebbene, considerare i principi in questa seconda maniera appartiene alla scienza, la quale si estende alle conclusioni; invece considerare i principi in se stessi, appartiene all'intelletto.
Perciò, se si vuol precisar bene la cosa, diremo che queste tre virtù non sono distinte tra loro con un criterio di uguaglianza, ma di subordinazione; il che avviene nella suddivisione di ogni tutto potenziale, in cui una parte è più perfetta dell'altra: l'anima razionale, p. es., è più perfetta di quella sensitiva, e quella sensitiva più di quella vegetativa. In codesto modo, ecco che la scienza riconosce la preminenza dell'intelletto da cui dipende. E l'una e l'altro dipendono dalla sapienza, che ha una preminenza assoluta, e abbraccia sotto di sé e l'intelletto e la scienza, in quanto giudica, sia le conclusioni delle scienze, sia i loro principi.
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[35897] Iª-IIae q. 57 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod, sicut supra dictum est, habitus virtutis determinate se habet ad bonum, nullo autem modo ad malum. Bonum autem intellectus est verum, malum autem eius est falsum. Unde soli illi habitus virtutes intellectuales dicuntur, quibus semper dicitur verum, et nunquam falsum. Opinio vero et suspicio possunt esse veri et falsi. Et ideo non sunt intellectuales virtutes, ut dicitur in VI Ethic.
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[35897] Iª-IIae q. 57 a. 2 ad 3
3. Abbiamo già detto che le virtù sono decisamente indirizzate al bene, e in nessun modo al male. Ora, il bene dell'intelletto è il vero, e il suo male è il falso. Perciò possono dirsi virtù intellettuali soltanto quegli abiti, con i quali si afferma sempre la verità, e mai la falsità. Invece opinione e congettura possono avere per oggetto e il vero e il falso. Quindi, come insegna Aristotele, esse non sono virtù intellettuali.
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