Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le passioni dell'irascibile. Speranza e disperazione > Se la speranza risieda nelle facoltà conoscitive, o in quelle dell'appetito
Prima pars secundae partis
Quaestio 40
Articulus 2
[35240] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod spes pertineat ad vim cognitivam. Spes enim videtur esse expectatio quaedam, dicit enim apostolus, Rom. VIII, si autem quod non videmus speramus, per patientiam expectamus. Sed expectatio videtur ad vim cognitivam pertinere, cuius est exspectare. Ergo spes ad cognitivam pertinet.
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Prima parte della seconda parte
Questione 40
Articolo 2
[35240] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la speranza appartenga a una facoltà conoscitiva. Infatti:
1. La speranza è un'aspettativa, stando alle parole dell'Apostolo: "Ma se speriamo quello che non vediamo, allora aspettiamo con pazienza". Ora, l'aspettativa appartiene alla conoscenza, che ha l'ufficio di exspectare [guardare]. Dunque la speranza risiede nella parte conoscitiva.
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[35241] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 2 Praeterea, idem est, ut videtur, spes quod fiducia, unde et sperantes confidentes vocamus, quasi pro eodem utentes eo quod est confidere et sperare. Sed fiducia, sicut et fides, videtur ad vim cognitivam pertinere. Ergo et spes.
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[35241] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 2
2. La speranza sembra identificarsi con la fiducia: infatti di coloro che sperano diciamo che confidano, usando così promiscuamente confidare e sperare. Ma la fiducia, come la fede, appartiene alla facoltà conoscitiva. Dunque anche la speranza.
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[35242] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 3 Praeterea, certitudo est proprietas cognitivae virtutis. Sed certitudo attribuitur spei. Ergo spes ad vim cognitivam pertinet.
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[35242] Iª-IIae q. 40 a. 2 arg. 3
3. La certezza è una proprietà delle facoltà conoscitive. Ma la certezza viene attribuita alla speranza. Dunque la speranza appartiene alle facoltà conoscitive.
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[35243] Iª-IIae q. 40 a. 2 s. c. Sed contra, spes est de bono, sicut dictum est. Bonum autem, inquantum huiusmodi, non est obiectum cognitivae, sed appetitivae virtutis. Ergo spes non pertinet ad cognitivam, sed ad appetitivam virtutem.
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[35243] Iª-IIae q. 40 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: La speranza, come abbiamo detto, ha per oggetto il bene. Ora, il bene come tale non è oggetto delle facoltà conoscitive, ma di quelle appetitive. Dunque la speranza appartiene a queste ultime.
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[35244] Iª-IIae q. 40 a. 2 co. Respondeo dicendum quod, cum spes importet extensionem quandam appetitus in bonum, manifeste pertinet ad appetitivam virtutem, motus enim ad res pertinet proprie ad appetitum. Actio vero virtutis cognitivae perficitur non secundum motum cognoscentis ad res, sed potius secundum quod res cognitae sunt in cognoscente. Sed quia vis cognitiva movet appetitivam, repraesentando ei suum obiectum; secundum diversas rationes obiecti apprehensi, subsequuntur diversi motus in vi appetitiva. Alius enim motus sequitur in appetitu ex apprehensione boni, et alius ex apprehensione mali, et similiter alius motus ex apprehensione praesentis et futuri, absoluti et ardui, possibilis et impossibilis. Et secundum hoc, spes est motus appetitivae virtutis consequens apprehensionem boni futuri ardui possibilis adipisci, scilicet extensio appetitus in huiusmodi obiectum.
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[35244] Iª-IIae q. 40 a. 2 co.
RISPONDO: La speranza implica una tendenza dell'appetito verso il bene, perciò appartiene manifestamente a una facoltà appetitiva: infatti il moto verso le cose è proprio dell'appetito. Invece l'atto delle facoltà conoscitive non si compie quale moto del conoscente verso le cose, ma piuttosto come presenza delle cose nel conoscente.
Siccome però le facoltà conoscitive muovono quelle appetitive, presentando loro l'oggetto, secondo le diverse caratteristiche dell'oggetto conosciuto seguono moti diversi nella parte appetitiva. Difatti il moto dell'appetito, che accompagna la percezione del bene, è diverso da quello che accompagna la percezione del male: così pure diverso è il moto dell'appetito in seguito alle varie percezioni del bene presente o futuro, ordinario o arduo, possibile o impossibile. Ecco quindi che la speranza è un moto della facoltà appetitiva, derivante dalla percezione di un bene futuro, arduo e raggiungibile, è cioè la tendenza dell'appetito verso codesto oggetto.
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[35245] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod, quia spes respicit ad bonum possibile, insurgit dupliciter homini motus spei, sicut dupliciter est ei aliquid possibile, scilicet secundum propriam virtutem, et secundum virtutem alterius. Quod ergo aliquis sperat per propriam virtutem adipisci, non dicitur expectare, sed sperare tantum. Sed proprie dicitur expectare quod sperat ex auxilio virtutis alienae, ut dicatur exspectare quasi ex alio spectare, inquantum scilicet vis apprehensiva praecedens non solum respicit ad bonum quod intendit adipisci, sed etiam ad illud cuius virtute adipisci sperat; secundum illud Eccli. li, respiciens eram ad adiutorium hominum. Motus ergo spei quandoque dicitur expectatio, propter inspectionem virtutis cognitivae praecedentem.
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[35245] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Essendo oggetto della speranza il bene possibile [o raggiungibile], in due maniere può sorgere il moto della speranza, come in due maniere una cosa può essere raggiungibile: per virtù propria, o in forza di altri. Ora, quando uno spera di raggiungere una cosa con la propria virtù, non si parla di aspettativa bensì di sola speranza. Ma si dice propriamente che si aspetta quello che uno spera dall'aiuto altrui: cosicché exspectare equivale a ex alio spectare [guardare dal lato di un altro]; poiché la facoltà conoscitiva che precede non soltanto guarda al bene che intende raggiungere, ma anche a colui sulla cui virtù fa affidamento, secondo l'espressione dell'Ecclesiastico: "Guardavo verso un soccorso umano". Concludendo, il moto della speranza si chiama talora aspettativa, per il riguardare della facoltà conoscitiva che lo precede.
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[35246] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod illud quod homo desiderat, et aestimat se posse adipisci, credit se adepturum, et ex tali fide in cognitiva praecedente, motus sequens in appetitu fiducia nominatur. Denominatur enim motus appetitivus a cognitione praecedente, sicut effectus ex causa magis nota, magis enim cognoscit vis apprehensiva suum actum quam actum appetitivae.
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[35246] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 2
2. L'uomo crede che potrà conseguire ciò che desidera e pensa di raggiungere: e per tale fede, che lo precede nella facoltà conoscitiva, il moto seguente dell'appetito è chiamato fiducia. Infatti il moto appetitivo viene denominato dalla conoscenza precedente, perché si usa denominare gli effetti dalle loro cause, quando queste sono meglio conosciute: ed è chiaro che la facoltà conoscitiva conosce meglio il proprio atto che quello delle facoltà appetitive.
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[35247] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod certitudo attribuitur motui non solum appetitus sensitivi, sed etiam appetitus naturalis, sicut dicitur quod lapis certitudinaliter tendit deorsum. Et hoc propter infallibilitatem quam habet ex certitudine cognitionis quae praecedit motum appetitus sensitivi, vel etiam naturalis.
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[35247] Iª-IIae q. 40 a. 2 ad 3
3. La certezza non solo è attribuita ai moti dell'appetito sensitivo, ma anche all'appetito naturale: infatti si dice che una pietra con certezza tende al basso. E questo per l'infallibilità annessa alla certezza della conoscenza, la quale precede il moto dell'appetito sensitivo, o di quello naturale.
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