Prima pars secundae partis
Quaestio 36
Articulus 1
[35095] Iª-IIae q. 36 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod bonum amissum sit magis causa doloris quam malum coniunctum. Dicit enim Augustinus, in libro de octo quaestionibus Dulcitii, dolorem esse de amissione bonorum temporalium. Eadem ergo ratione, quilibet dolor ex amissione alicuius boni contingit.
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Prima parte della seconda parte
Questione 36
Articolo 1
[35095] Iª-IIae q. 36 a. 1 arg. 1
SEMBRA che provochi più dolore il bene perduto, che il male presente. Infatti:
1. S. Agostino insegna che il dolore deriva dalla perdita dei beni temporali. Quindi, per lo stesso motivo, qualsiasi dolore dipende dalla perdita di un bene.
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[35096] Iª-IIae q. 36 a. 1 arg. 2 Praeterea, supra dictum est quod dolor qui delectationi contrariatur, est de eodem de quo est delectatio. Sed delectatio est de bono, sicut supra dictum est. Ergo dolor est principaliter de amissione boni.
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[35096] Iª-IIae q. 36 a. 1 arg. 2
2. Abbiamo detto sopra, che il dolore contrario a un dato piacere ha lo stesso oggetto di codesto piacere. Ora, il piacere ha per oggetto il bene, come si è visto. Dunque il dolore riguarda principalmente la perdita di un bene.
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[35097] Iª-IIae q. 36 a. 1 arg. 3 Praeterea, secundum Augustinum, XIV de Civ. Dei, amor est causa tristitiae, sicut et aliarum affectionum animae. Sed obiectum amoris est bonum. Ergo dolor vel tristitia magis respicit bonum amissum quam malum coniunctum.
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[35097] Iª-IIae q. 36 a. 1 arg. 3
3. Scrive S. Agostino, che causa della tristezza e degli altri affetti dell'anima è l'amore. Ma oggetto dell'amore è il bene. Quindi il dolore, o tristezza, riguarda più il bene perduto che il male presente.
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[35099] Iª-IIae q. 36 a. 1 co. Respondeo dicendum quod, si hoc modo se haberent privationes in apprehensione animae, sicut se habent in ipsis rebus, ista quaestio nullius momenti esse videretur. Malum enim, ut in primo libro habitum est, est privatio boni, privatio autem, in rerum natura, nihil est aliud quam carentia oppositi habitus, secundum hoc ergo, idem esset tristari de bono amisso, et de malo habito. Sed tristitia est motus appetitus apprehensionem sequentis. In apprehensione autem ipsa privatio habet rationem cuiusdam entis, unde dicitur ens rationis. Et sic malum, cum sit privatio, se habet per modum contrarii. Et ideo, quantum ad motum appetitivum, differt utrum respiciat principalius malum coniunctum, vel bonum amissum. Et quia motus appetitus animalis hoc modo se habet in operibus animae, sicut motus naturalis in rebus naturalibus; ex consideratione naturalium motuum veritas accipi potest. Si enim accipiamus in motibus naturalibus accessum et recessum, accessus per se respicit id quod est conveniens naturae; recessus autem per se respicit id quod est contrarium; sicut grave per se recedit a loco superiori, accedit autem naturaliter ad locum inferiorem. Sed si accipiamus causam utriusque motus, scilicet gravitatem, ipsa gravitas per prius inclinat ad locum deorsum, quam retrahat a loco sursum, a quo recedit ut deorsum tendat. Sic igitur, cum tristitia in motibus appetitivis se habeat per modum fugae vel recessus, delectatio autem per modum prosecutionis vel accessus; sicut delectatio per prius respicit bonum adeptum, quasi proprium obiectum, ita tristitia respicit malum coniunctum. Sed causa delectationis et tristitiae, scilicet amor, per prius respicit bonum quam malum. Sic ergo eo modo quo obiectum est causa passionis, magis proprie est causa tristitiae vel doloris malum coniunctum, quam bonum amissum.
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[35099] Iª-IIae q. 36 a. 1 co.
RISPONDO: Se nella conoscenza le privazioni si presentassero come nella realtà, il problema non avrebbe nessun valore. Infatti, come abbiamo visto nella Prima Parte, il male è privazione di bene: e nella realtà la privazione non è altro che assenza della perfezione contraria; perciò in realtà è la stessa cosa rattristarsi del bene perduto, e del male ricevuto. - Ma la tristezza è un moto dell'appetito che segue la conoscenza. E nella conoscenza la privazione stessa si presenta come un'entità: difatti si denomina ente di ragione. Perciò, il male, pur essendo privazione, si presenta come un contrario. E quindi per il moto appetitivo è diverso stabilire se riguarda principalmente il male presente, o il bene perduto.
E poiché il moto dell'appetito animale sta alle operazioni dell'anima, come il moto fisico e naturale agli esseri fisici; si può desumere la vera soluzione del problema dall'analisi dei moti fisici naturali. Se consideriamo in codesti ultimi l'accedere e il recedere, vediamo che l'accedere di per sé riguarda quanto conviene alla natura; invece il recedere ha per oggetto diretto quanto la contraria; i gravi, p. es., si allontanano di per sé dall'alto e si avvicinano naturalmente al basso. Ma se prendiamo la causa di entrambi i fatti, cioè la gravità, quest'ultima tende di più a inclinare verso il basso, che ad allontanare dall'alto.
Perciò, siccome la tristezza tra i moti appetitivi ha l'aspetto di fuga e di allontanamento, mentre il piacere ha quello di ricerca e di avvicinamento; la tristezza deve avere per oggetto suo proprio il male presente, come il piacere riguarda principalmente il bene raggiunto. Tuttavia la causa del piacere e della tristezza, cioè l'amore, riguarda prima il bene che il male. Perciò, stando al modo col quale l'oggetto produce le passioni, è causa più appropriata della tristezza, o dolore, il male presente che il bene perduto.
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[35101] Iª-IIae q. 36 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod delectatio et dolor ei contrarius respiciunt idem, sed sub contraria ratione, nam si delectatio est de praesentia alicuius, tristitia est de absentia eiusdem. In uno autem contrariorum includitur privatio alterius, ut patet in X Metaphys. Et inde est quod tristitia quae est de contrario, est quodammodo de eodem sub contraria ratione.
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[35101] Iª-IIae q. 36 a. 1 ad 2
2. Un dato piacere e il suo dolore contrario hanno per oggetto la stessa cosa, ma sotto aspetti contrari: infatti se il piacere deriva dalla presenza di un dato oggetto, la tristezza deriva dalla sua mancanza. Ma in uno dei contrari, come Aristotele dimostra, è inclusa la privazione dell'altro. E per questo che la tristezza, avendo per oggetto il contrario del dolore, in qualche modo ha il medesimo oggetto sotto l'aspetto contrario.
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[35102] Iª-IIae q. 36 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod, quando ex una causa proveniunt multi motus, non oportet quod omnes principalius respiciant illud quod principalius respicit causa, sed primus tantum. Unusquisque autem aliorum principalius respicit illud quod est ei conveniens secundum propriam rationem.
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[35102] Iª-IIae q. 36 a. 1 ad 3
3. Quando da una causa derivano molte operazioni, non è necessario che tutte riguardino quello che principalmente è oggetto di codesta causa, ma basta che così lo riguardi la prima. Invece ciascuna delle altre ha per oggetto principale ciò che ad essa conviene secondo la propria natura.
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