Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Le cause del piacere > Se beneficare gli altri sia causa di piacere
Prima pars secundae partis
Quaestio 32
Articulus 6
[34935] Iª-IIae q. 32 a. 6 arg. 1 Ad sextum sic proceditur. Videtur quod benefacere alteri non sit delectationis causa. Delectatio enim causatur ex consecutione proprii boni, sicut supra dictum est. Sed benefacere non pertinet ad consecutionem proprii boni, sed magis ad emissionem. Ergo magis videtur esse causa tristitiae quam delectationis.
|
|
Prima parte della seconda parte
Questione 32
Articolo 6
[34935] Iª-IIae q. 32 a. 6 arg. 1
SEMBRA che non sia causa di piacere beneficare gli altri. Infatti:
1. Il piacere deriva dal conseguimento del proprio bene, come abbiamo detto. Ora, beneficare gli altri, non è un conseguire ma piuttosto un erogare il proprio bene. Dunque è più causa di tristezza che di piacere.
|
[34936] Iª-IIae q. 32 a. 6 arg. 2 Praeterea, philosophus dicit, in IV Ethic., quod illiberalitas connaturalior est hominibus quam prodigalitas. Sed ad prodigalitatem pertinet benefacere aliis, ad illiberalitatem autem pertinet desistere a benefaciendo. Cum ergo operatio connaturalis sit delectabilis unicuique, ut dicitur in VII et X Ethic., videtur quod benefacere aliis non sit causa delectationis.
|
|
[34936] Iª-IIae q. 32 a. 6 arg. 2
2. Il Filosofo scrive, che "l'illiberalità è più naturale per gli uomini, che la loro prodigalità". Ora, è proprio della prodigalità beneficare gli altri: invece è proprio dell'illiberalità astenersi dal beneficare. E siccome l'operazione connaturale è per ciascuno piacevole, come nota lo stesso Aristotele, beneficare gli altri non è causa di piacere.
|
[34937] Iª-IIae q. 32 a. 6 arg. 3 Praeterea, contrarii effectus ex contrariis causis procedunt. Sed quaedam quae pertinent ad malefacere, sunt naturaliter homini delectabilia, sicut vincere, redarguere vel increpare alios, et etiam punire, quantum ad iratos, ut dicit philosophus in I Rhetoric. Ergo benefacere magis est causa tristitiae quam delectationis.
|
|
[34937] Iª-IIae q. 32 a. 6 arg. 3
3. Effetti contrari procedono da cause contrarie. Ora, per l'uomo sono naturalmente piacevoli atti che consistono nel far male: cioè vincere, redarguire, o rimproverare gli altri, e anche punire sotto l'impulso dell'ira, come osserva il Filosofo. Dunque fare del bene è più causa di tristezza che di piacere.
|
[34938] Iª-IIae q. 32 a. 6 s. c. Sed contra est quod philosophus dicit, in II Polit., quod largiri et auxiliari amicis aut extraneis, est delectabilissimum.
|
|
[34938] Iª-IIae q. 32 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo scrive, che "donare e soccorrere gli amici o gli estranei è cosa assai piacevole".
|
[34939] Iª-IIae q. 32 a. 6 co. Respondeo dicendum quod hoc ipsum quod est benefacere alteri, potest tripliciter esse delectationis causa. Uno modo, per comparationem ad effectum, quod est bonum in altero constitutum. Et secundum hoc, inquantum bonum alterius reputamus quasi nostrum bonum, propter unionem amoris, delectamur in bono quod per nos fit aliis, praecipue amicis, sicut in bono proprio. Alio modo, per comparationem ad finem, sicut cum aliquis, per hoc quod alteri benefacit, sperat consequi aliquod bonum sibi ipsi, vel a Deo vel ab homine. Spes autem delectationis est causa. Tertio modo, per comparationem ad principium. Et sic hoc quod est benefacere alteri, potest esse delectabile per comparationem ad triplex principium. Quorum unum est facultas benefaciendi, et secundum hoc, benefacere alteri fit delectabile, inquantum per hoc fit homini quaedam imaginatio abundantis boni in seipso existentis, ex quo possit aliis communicare. Et ideo homines delectantur in filiis et in propriis operibus, sicut quibus communicant proprium bonum. Aliud principium est habitus inclinans, secundum quem benefacere fit alicui connaturale. Unde liberales delectabiliter dant aliis. Tertium principium est motivum, puta cum aliquis movetur ab aliquo quem diligit, ad benefaciendum alicui, omnia enim quae facimus vel patimur propter amicum, delectabilia sunt, quia amor praecipua causa delectationis est.
|
|
[34939] Iª-IIae q. 32 a. 6 co.
RISPONDO: Beneficare gli altri può essere in tre modi causa di godimento. - Primo, in vista dell'effetto, che è il bene altrui. E questo perché, considerando il bene altrui come bene nostro, per l'unione stabilita dall'amore, godiamo del bene da noi compiuto negli altri, specialmente negli amici, come di un bene proprio. - Secondo, in vista del fine: cioè quando uno, nel fare del bene a un altro, spera di assicurare un bene a se stesso, o da parte di Dio, o da parte di un uomo. E la speranza è causa di piacere. - Terzo, in vista del principio. E da questo lato beneficare un altro può essere piacevole in rapporto a tre principii. Primo, in rapporto alla facoltà o capacità di beneficare: beneficare un altro diviene piacevole, in quanto la beneficenza dà a un uomo la persuasione di possedere un bene in tale abbondanza, da poterlo comunicare. Perciò gli uomini godono dei figli e delle loro azioni, quali mezzi atti a comunicare il proprio bene. Secondo, in rapporto all'abito [virtuoso], che rende connaturale il fare del bene. Perciò chi è liberale dona con gioia. Terzo, in rapporto alla causa movente: quando uno, p. es., viene mosso a beneficare da persone che egli ama; infatti tutto ciò che noi facciamo o soffriamo per gli amici, diventa piacevole; perché l'amore è la causa precipua del godimento.
|
[34940] Iª-IIae q. 32 a. 6 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod emissio, inquantum est indicativa proprii boni, est delectabilis. Sed inquantum evacuat proprium bonum potest esse contristans; sicut quando est immoderata.
|
|
[34940] Iª-IIae q. 32 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Un'operazione, in quanto sta ad indicare il nostro bene, è piacevole. Però in quanto lo diminuisce, può essere dolorosa; quando, p. es., è esagerata.
|
[34941] Iª-IIae q. 32 a. 6 ad 2 Ad secundum dicendum quod prodigalitas habet immoderatam emissionem, quae repugnat naturae. Et ideo prodigalitas dicitur esse contra naturam.
|
|
[34941] Iª-IIae q. 32 a. 6 ad 2
2. La prodigalità implica un'erogazione esagerata, che ripugna alla natura. Perciò si dice che la prodigalità è contro natura.
|
[34942] Iª-IIae q. 32 a. 6 ad 3 Ad tertium dicendum quod vincere, redarguere et punire, non est delectabile inquantum est in malum alterius, sed inquantum pertinet ad proprium bonum, quod plus homo amat quam odiat malum alterius. Vincere enim est delectabile naturaliter, inquantum per hoc homini fit aestimatio propriae excellentiae. Et propter hoc, omnes ludi in quibus est concertatio, et in quibus potest esse victoria, sunt maxime delectabiles, et universaliter omnes concertationes, secundum quod habent spem victoriae. Redarguere autem et increpare potest esse dupliciter delectationis causa. Uno modo, inquantum facit homini imaginationem propriae sapientiae et excellentiae, increpare enim et corripere est sapientum et maiorum alio modo, secundum quod aliquis, increpando et reprehendendo, alteri benefacit, quod est delectabile, ut dictum est. Irato autem est delectabile punire, inquantum videtur removere apparentem minorationem, quae videtur esse ex praecedenti laesione. Cum enim aliquis est ab aliquo laesus, videtur per hoc ab illo minoratus esse, et ideo appetit ab hac minoratione liberari per retributionem laesionis. Et sic patet quod benefacere alteri per se potest esse delectabile, sed malefacere alteri non est delectabile, nisi inquantum videtur pertinere ad proprium bonum.
|
|
[34942] Iª-IIae q. 32 a. 6 ad 3
3. Vincere, redarguire, e punire, è piacevole non in quanto male altrui, ma in quanto contribuisce al bene proprio, che si ama più di quanto si possa odiare il male altrui. Infatti vincere è naturalmente piacevole, perché l'uomo acquista così la persuasione della propria superiorità. Per questo i giuochi, in cui c’è competizione e in cui può esserci vittoria, sono sommamente piacevoli: e lo stesso si dica di tutte le competizioni. - Invece la correzione e il rimprovero possono essere in due modi causa di godimento. Primo, perché esse danno a un uomo la persuasione della propria sapienza e superiorità: infatti correggere e rimproverare spetta ai sapienti e ai maggiori. Secondo, perché uno nel rimproverare e nel riprendere può far del bene a un altro: il che è piacevole, come abbiamo detto. - Per chi poi è in preda all’ira è piacevole punire, perché così ha l'impressione di togliere l'apparente minorazione, dovuta a un danno precedente. Infatti chi è stato danneggiato da un altro, si ritiene per questo minorato da lui: perciò desidera liberarsi da questa minorazione, restituendo il danno. - È evidente quindi che fare del bene agli altri può essere direttamente piacevole: invece fare del male è piacevole soltanto nella misura che interessa il proprio bene.
|
|
|