Seconda parte > Gli atti umani in generale > Le passioni > Desiderio, o concupiscenza > Se la passione del desiderio sia infinita
Prima pars secundae partis
Quaestio 30
Articulus 4
[34823] Iª-IIae q. 30 a. 4 arg. 1 Ad quartum sic proceditur. Videtur quod concupiscentia non sit infinita. Obiectum enim concupiscentiae est bonum; quod habet rationem finis. Qui autem ponit infinitum, excludit finem, ut dicitur in II Metaphys. Concupiscentia ergo non potest esse infinita.
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Prima parte della seconda parte
Questione 30
Articolo 4
[34823] Iª-IIae q. 30 a. 4 arg. 1
SEMBRA che la passione del desiderio non sia infinita. Infatti:
1. Oggetto del desiderio è il bene, il quale ha natura di fine. Ora, chi ammette l'infinito esclude il fine, come Aristotele insegna. Dunque la passione del desiderio non può essere infinita.
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[34824] Iª-IIae q. 30 a. 4 arg. 2 Praeterea, concupiscentia est boni convenientis, cum procedat ex amore. Sed infinitum, cum sit improportionatum, non potest esse conveniens. Ergo concupiscentia non potest esse infinita.
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[34824] Iª-IIae q. 30 a. 4 arg. 2
2. La passione del desiderio, procedendo dall'amore, ha per oggetto il bene conveniente. Ma l'infinito, essendo del tutto sproporzionato, non può essere conveniente. Dunque il desiderio non può essere infinito.
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[34825] Iª-IIae q. 30 a. 4 arg. 3 Praeterea, infinita non est transire, et sic in eis non est pervenire ad ultimum. Sed concupiscenti fit delectatio per hoc quod attingit ad ultimum. Ergo si concupiscentia esset infinita, sequeretur quod nunquam fieret delectatio.
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[34825] Iª-IIae q. 30 a. 4 arg. 3
3. L'infinito è invalicabile: e quindi non si arriva mai all'ultimo. Invece, il piacere di chi desidera si deve al raggiungimento dell'ultimo termine. Perciò, se il desiderio fosse infinito, non si raggiungerebbe mai il piacere.
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[34826] Iª-IIae q. 30 a. 4 s. c. Sed contra est quod philosophus dicit, in I Polit., quod, in infinitum concupiscentia existente homines infinita desiderant.
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[34826] Iª-IIae q. 30 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Il Filosofo scrive, che "essendo volta la concupiscenza verso l'infinito, gli uomini desiderano cose infinite".
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[34827] Iª-IIae q. 30 a. 4 co. Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, duplex est concupiscentia, una naturalis, et alia non naturalis. Naturalis quidem igitur concupiscentia non potest esse infinita in actu. Est enim eius quod natura requirit, natura vero semper intendit in aliquid finitum et certum. Unde nunquam homo concupiscit infinitum cibum, vel infinitum potum. Sed sicut in natura contingit esse infinitum in potentia per successionem, ita huiusmodi concupiscentiam contingit infinitam esse per successionem; ut scilicet, post adeptum cibum iterum alia vice desideret cibum, vel quodcumque aliud quod natura requirit, quia huiusmodi corporalia bona, cum adveniunt, non perpetuo manent, sed deficiunt. Unde dixit dominus Samaritanae, Ioan. IV, qui biberit ex hac aqua, sitiet iterum. Sed concupiscentia non naturalis omnino est infinita. Sequitur enim rationem, ut dictum est, rationi autem competit in infinitum procedere. Unde qui concupiscit divitias, potest eas concupiscere, non ad aliquem certum terminum, sed simpliciter se divitem esse, quantumcumque potest. Potest et alia ratio assignari, secundum philosophum in I Polit., quare quaedam concupiscentia sit finita, et quaedam infinita. Semper enim concupiscentia finis est infinita, finis enim per se concupiscitur, ut sanitas; unde maior sanitas magis concupiscitur, et sic in infinitum; sicut, si album per se disgregat, magis album magis disgregat. Concupiscentia vero eius quod est ad finem, non est infinita, sed secundum illam mensuram appetitur qua convenit fini. Unde qui finem ponunt in divitiis, habent concupiscentiam divitiarum in infinitum, qui autem divitias appetunt propter necessitatem vitae, concupiscunt divitias finitas, sufficientes ad necessitatem vitae, ut philosophus dicit ibidem. Et eadem est ratio de concupiscentia, quarumcumque aliarum rerum.
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[34827] Iª-IIae q. 30 a. 4 co.
RISPONDO: Come abbiamo detto sopra, ci sono due tipi di desiderio: naturale e non naturale. Quello naturale non può essere in atto infinito. Perché ha per oggetto quanto la natura richiede; e la natura persegue sempre qualche cosa di finito e di determinato. Difatti l'uomo non desidera il cibo, o la bevanda senza limiti. - Però, allo stesso modo che in natura si trova un infinito potenziale per successione, cosi per successione può esserci anche un desiderio infinito: dopo aver mangiato, p. es., si desidera ancora una volta di mangiare, e così per tutto quello che la natura richiede. Poiché codesti beni materiali, una volta acquisiti, non rimangono in perpetuo, ma si esauriscono. Perciò il Signore disse alla Samaritana: "Chi beve di quest'acqua avrà sete ancora".
Invece il desiderio non naturale è del tutto infinito. Come abbiamo detto, esso accompagna la ragione: ed è proprio della ragione procedere all’infinito. Perciò chi desidera le ricchezze può desiderarle, senza stabilire una misura, e volere semplicemente essere ricco, quanto gli è possibile.
Secondo il Filosofo si può dare un'altra spiegazione al fatto che alcuni desideri sono finiti ed altri infiniti. Ed è questa, che il desiderio del fine è infinito: infatti il fine è desiderato per se stesso, come la salute, e quindi si desidera una salute sempre migliore, all’indefinito; se il bianco, p. es., è essenzialmente atto a guastare la vista, un colore più bianco la guasterà sempre di più. Invece il desiderio che ha per oggetto i mezzi, non è infinito, ma questi sono desiderati nella misura che giova al raggiungimento del fine. Perciò coloro che ripongono il fine nelle ricchezze hanno di esse un desiderio senza fine: quelli invece che le desiderano per la necessità della vita, desiderano ricchezze limitate, cioè sufficienti per vivere, come osserva il Filosofo. Lo stesso vale per il desiderio di qualsiasi altra cosa.
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[34828] Iª-IIae q. 30 a. 4 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod omne quod concupiscitur, accipitur ut quoddam finitum, vel quia est finitum secundum rem, prout semel concupiscitur in actu; vel quia est finitum secundum quod cadit sub apprehensione. Non enim potest sub ratione infiniti apprehendi, quia infinitum est, cuius quantitatem accipientibus, semper est aliquid extra sumere, ut dicitur in III Physic.
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[34828] Iª-IIae q. 30 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tutto ciò che viene desiderato è preso come finito: o perché realmente finito, quale oggetto attuale di un determinato desiderio; oppure perché finito quale oggetto di conoscenza. Infatti non è possibile conoscere una cosa in quanto infinita; poiché, secondo Aristotele, "infinito è ciò la cui quantità, comunque presa, lascia sempre fuori di sé altre parti".
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[34829] Iª-IIae q. 30 a. 4 ad 2 Ad secundum dicendum quod ratio quodammodo est virtutis infinitae inquantum potest in infinitum aliquid considerare, ut apparet in additione numerorum et linearum. Unde infinitum aliquo modo sumptum, est proportionatum rationi. Nam et universale, quod ratio apprehendit, est quodammodo infinitum, inquantum in potentia continet infinita singularia.
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[34829] Iª-IIae q. 30 a. 4 ad 2
2. La ragione è una facoltà infinita, nel senso che può considerare una cosa all'indefinito, come è evidente nell'addizione dei numeri e delle linee. Perciò l'infinito, preso in un certo senso, è proporzionato alla ragione. Del resto anche l'universale, che la ragione conosce, è in qualche modo infinito; perché contiene potenzialmente infiniti singolari.
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[34830] Iª-IIae q. 30 a. 4 ad 3 Ad tertium dicendum quod ad hoc quod aliquis delectetur, non requiritur quod omnia consequatur quae concupiscit, sed in quolibet concupito quod consequitur, delectatur.
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[34830] Iª-IIae q. 30 a. 4 ad 3
3. Non si richiede che uno raggiunga tutto ciò che desidera, per gustare il piacere: ma egli prova piacere nel conseguire ciascuna delle cose desiderate.
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Alla Questione precedente
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Alla Questione successiva
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