[34713] Iª-IIae q. 28 a. 2 arg. 3 Praeterea, si per amorem amans est in amato et e converso, sequetur quod hoc modo amatum uniatur amanti, sicut amans amato. Sed ipsa unio est amor, ut dictum est. Ergo sequitur quod semper amans ametur ab amato, quod patet esse falsum. Non ergo mutua inhaesio est effectus amoris.
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[34713] Iª-IIae q. 28 a. 2 arg. 3
3. Se in forza dell'amore l'amante fosse nell'amato e viceversa, ne seguirebbe che l'oggetto amato dovrebbe unirsi a chi l'ama, come chi ama all'oggetto amato. Ma l'amore, come abbiamo detto, si identifica con l'unione. Ne seguirebbe allora che chi ama dovrebbe essere sempre amato dal proprio oggetto d'amore: il che è falso. Dunque la mutua inerenza non è un effetto dell'amore.
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[34714] Iª-IIae q. 28 a. 2 s. c. Sed contra est quod dicitur I Ioan. IV, qui manet in caritate, in Deo manet, et Deus in eo. Caritas autem est amor Dei. Ergo, eadem ratione, quilibet amor facit amatum esse in amante, et e converso.
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[34714] Iª-IIae q. 28 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Chi sta nella carità, sta in Dio, e Dio in lui". Ora, la carità è l'amore di Dio. Quindi, per lo stesso motivo, qualsiasi amore fa sì che l'amato sia in chi l'ama, e viceversa.
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[34715] Iª-IIae q. 28 a. 2 co. Respondeo dicendum quod iste effectus mutuae inhaesionis potest intelligi et quantum ad vim apprehensivam, et quantum ad vim appetitivam. Nam quantum ad vim apprehensivam amatum dicitur esse in amante, inquantum amatum immoratur in apprehensione amantis; secundum illud Philipp. I, eo quod habeam vos in corde. Amans vero dicitur esse in amato secundum apprehensionem inquantum amans non est contentus superficiali apprehensione amati, sed nititur singula quae ad amatum pertinent intrinsecus disquirere, et sic ad interiora eius ingreditur. Sicut de spiritu sancto, qui est amor Dei, dicitur, I ad Cor. II, quod scrutatur etiam profunda Dei. Sed quantum ad vim appetitivam, amatum dicitur esse in amante, prout est per quandam complacentiam in eius affectu, ut vel delectetur in eo, aut in bonis eius, apud praesentiam; vel in absentia, per desiderium tendat in ipsum amatum per amorem concupiscentiae; vel in bona quae vult amato, per amorem amicitiae; non quidem ex aliqua extrinseca causa, sicut cum aliquis desiderat aliquid propter alterum, vel cum aliquis vult bonum alteri propter aliquid aliud; sed propter complacentiam amati interius radicatam. Unde et amor dicitur intimus; et dicuntur viscera caritatis. E converso autem amans est in amato aliter quidem per amorem concupiscentiae, aliter per amorem amicitiae. Amor namque concupiscentiae non requiescit in quacumque extrinseca aut superficiali adeptione vel fruitione amati, sed quaerit amatum perfecte habere, quasi ad intima illius perveniens. In amore vero amicitiae, amans est in amato, inquantum reputat bona vel mala amici sicut sua, et voluntatem amici sicut suam, ut quasi ipse in suo amico videatur bona vel mala pati, et affici. Et propter hoc, proprium est amicorum eadem velle, et in eodem tristari et gaudere secundum philosophum, in IX Ethic. et in II Rhetoric. Ut sic, inquantum quae sunt amici aestimat sua, amans videatur esse in amato, quasi idem factus amato. Inquantum autem e converso vult et agit propter amicum sicut propter seipsum, quasi reputans amicum idem sibi, sic amatum est in amante. Potest autem et tertio modo mutua inhaesio intelligi in amore amicitiae, secundum viam redamationis, inquantum mutuo se amant amici, et sibi invicem bona volunt et operantur.
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[34715] Iª-IIae q. 28 a. 2 co.
RISPONDO: Questo effetto della mutua intimità o inerenza si può considerare, sia in rapporto alle potenze conoscitive, sia in rapporto alle potenze appetitive. Rispetto alle prime, si dice che l'oggetto amato è in chi l'ama, in quanto viene a trovarsi nella sua conoscenza; conforme all'espressione di S. Paolo: "...perché vi ho nel cuore". - Si dice invece che l'amante è nell'amato, sempre rispetto alla conoscenza, perché chi ama non si contenta della cognizione superficiale dell'oggetto amato, ma cerca di capire intimamente le singole cose che ad esso appartengono, e di penetrare così nella sua intimità. In tal senso si dice dello Spirito Santo, amore di Dio, che "penetra le profondità di Dio".
Ma per quanto riguarda la potenza appetitiva si dice che l'oggetto amato è in chi l'ama, perché viene a trovarsi nell'affetto di quest'ultimo mediante una certa compiacenza. In questo caso chi ama gode dell'amato, o dei suoi beni, in loro presenza; oppure, in loro assenza, tende col desiderio all'oggetto amato con amore di concupiscenza, o ai beni che all'amato desidera con amore di amicizia; e questo non in dipendenza da una causa estrinseca, come quando uno desidera una cosa in vista di un'altra, o quando si vuol bene a una persona per altri fini; ma in forza della compiacenza interiormente radicata verso l'amato. Difatti si dice che l'amore è intimo; e si parla di "viscere di carità". - Però anche chi ama è nell'oggetto amato: in una maniera nell'amore di amicizia, e in un'altra in quello di concupiscenza. Infatti l'amore di concupiscenza non si ferma a un conseguimento, o ad una fruizione estrinseca e superficiale dell'oggetto; ma cerca di possederlo perfettamente, come per raggiungerne l'intimità. Invece nell'amore di amicizia chi ama si trova nell'amato, in quanto considera e il bene, e il male, e la volontà stessa dell'amico come cose sue proprie, così da sembrare che egli stesso senta e subisca il bene e il male nel proprio amico. Per questo è caratteristica degli amici "volere le stesse cose, e delle medesime dolersi o godere", come dice il Filosofo. Cosicché, colui che ama, per il fatto che considera sue proprie le cose dell'amico, sembra essere nell'amato, e come identificato con lui. Al contrario, per il fatto che si vuole e si agisce per l'amico come per se stessi, considerandolo una cosa sola con se stessi, è piuttosto l'amato che viene a trovarsi in colui che ama.
C'è poi un terzo modo d'intendere questa intimità nell'amore di amicizia, secondo una corrispondenza di affetti: quando, cioè, gli amici si amano reciprocamente e vicendevolmente si vogliono e si fanno del bene.
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