Seconda parte > Gli atti umani in generale > Il consenso, atto della volontà relativa ai mezzi >
Se il consenso abbia per oggetto il fine, o i mezzi
Prima pars secundae partis
Quaestio 15
Articulus 3
[34135] Iª-IIae q. 15 a. 3 arg. 1 Ad tertium sic proceditur. Videtur quod consensus sit de fine. Quia propter quod unumquodque, illud magis. Sed his quae sunt ad finem consentimus propter finem. Ergo fini consentimus magis.
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Prima parte della seconda parte
Questione 15
Articolo 3
[34135] Iª-IIae q. 15 a. 3 arg. 1
SEMBRA che il consenso abbia per oggetto il fine. Infatti:
1. Le cause sono sempre superiori agli effetti. Ora, noi consentiamo ai mezzi a motivo del fine. Dunque a maggior ragione consentiamo al fine.
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[34136] Iª-IIae q. 15 a. 3 arg. 2 Praeterea, actio intemperati est finis eius, sicut et actio virtuosi est finis eius. Sed intemperatus consentit in proprium actum. Ergo consensus potest esse de fine.
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[34136] Iª-IIae q. 15 a. 3 arg. 2
2. Per l'intemperante il suo agire dissoluto è il fine, come per il virtuoso l'agire secondo virtù. Ma l'intemperante consente al proprio atto. Dunque il consenso ha per oggetto il fine.
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[34137] Iª-IIae q. 15 a. 3 arg. 3 Praeterea, appetitus eorum quae sunt ad finem, est electio, ut supra dictum est. Si igitur consensus esset solum de his quae sunt ad finem, in nullo ab electione differre videretur. Quod patet esse falsum per Damascenum, qui dicit quod post dispositionem, quam vocaverat sententiam, fit electio. Non ergo consensus est solum de his quae sunt ad finem.
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[34137] Iª-IIae q. 15 a. 3 arg. 3
3. Il moto dell'appetito, che ha per oggetto i mezzi, è l'elezione, come si è già visto. Se dunque il consenso avesse per oggetto solo i mezzi, non si distinguerebbe in niente dall'elezione. E ciò è falso, come dimostra il Damasceno, il quale dice che "dopo la disposizione", che prima aveva chiamato sentenza, " avviene l'elezione". Dunque il consenso non riguarda soltanto i mezzi.
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[34138] Iª-IIae q. 15 a. 3 s. c. Sed contra est quod Damascenus ibidem dicit, quod sententia, sive consensus, est quando homo disponit et amat quod ex consilio iudicatum est. Sed consilium non est nisi de his quae sunt ad finem. Ergo nec consensus.
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[34138] Iª-IIae q. 15 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Il Damasceno precisa che "la sentenza", o consenso, si ha "quando l'uomo dispone ed ama una cosa deliberata nel consiglio". Ora, il consiglio ha per oggetto soltanto i mezzi ordinati al fine. Quindi anche il consenso.
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[34139] Iª-IIae q. 15 a. 3 co. Respondeo dicendum quod consensus nominat applicationem appetitivi motus ad aliquid praeexistens in potestate applicantis in ordine autem agibilium, primo quidem oportet sumere apprehensionem finis; deinde appetitum finis; deinde consilium de his quae sunt ad finem; deinde appetitum eorum quae sunt ad finem. Appetitus autem in ultimum finem tendit naturaliter, unde et applicatio motus appetitivi in finem apprehensum, non habet rationem consensus, sed simplicis voluntatis. De his autem quae sunt post ultimum finem, inquantum sunt ad finem, sub consilio cadunt, et sic potest esse de eis consensus, inquantum motus appetitivus applicatur ad id quod ex consilio iudicatum est. Motus vero appetitivus in finem, non applicatur consilio, sed magis consilium ipsi, quia consilium praesupponit appetitum finis. Sed appetitus eorum quae sunt ad finem, praesupponit determinationem consilii. Et ideo applicatio appetitivi motus ad determinationem consilii, proprie est consensus. Unde, cum consilium non sit nisi de his quae sunt ad finem, consensus, proprie loquendo, non est nisi de his quae sunt ad finem.
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[34139] Iª-IIae q. 15 a. 3 co.
RISPONDO: Consenso indica l'applicazione di un moto dell'appetito a qualche cosa che preesiste in potere del soggetto. Ora, nell'ordine dell'agire [umano] prima di tutto va posta l'apprensione del fine; quindi il desiderio di esso; viene poi il consiglio relativo ai mezzi; e finalmente l'appetizione dei mezzi. Ora l'appetito tende per natura verso l'ultimo fine: perciò l'applicazione di codesto moto appetitivo al fine percepito non ha natura di consenso, ma di semplice volizione. Invece tutti i fini intermedi, in quanto sono ordinati al fine, cadono sotto il consiglio: quindi possono essere oggetto del consenso mediante l'applicazione del moto appetitivo alle deliberazioni del consiglio. Viceversa il moto appetitivo riguardante il fine non si applica alla deliberazione, o consiglio: ma è piuttosto il consiglio che viene applicato ad esso, poiché il consiglio presuppone la volizione del fine. Però il desiderio dei mezzi ordinati al fine presuppone la determinazione del consiglio. E quindi l'applicazione dei moti dell'appetito alle determinazioni del consiglio costituisce propriamente il consenso. Perciò, siccome il consiglio ha per oggetto soltanto i mezzi, tale sarà pure, propriamente parlando, l'oggetto del consenso.
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[34140] Iª-IIae q. 15 a. 3 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod, sicut conclusiones scimus per principia, horum tamen non est scientia, sed quod maius est, scilicet intellectus; ita consentimus his quae sunt ad finem propter finem, cuius tamen non est consensus, sed quod maius est, scilicet voluntas.
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[34140] Iª-IIae q. 15 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Allo stesso modo che noi conosciamo le conclusioni in forza dei principii, e tuttavia questi non sono oggetto di scienza, ma addirittura di un abito naturale, cioè dell'intelletto; così consentiamo ai mezzi in forza del fine, e tuttavia questo non è oggetto di consenso, ma di qualche cosa di superiore, cioè di volizione.
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[34141] Iª-IIae q. 15 a. 3 ad 2 Ad secundum dicendum quod intemperatus habet pro fine delectationem operis, propter quam consentit in opus, magis quam ipsam operationem.
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[34141] Iª-IIae q. 15 a. 3 ad 2
2. L'intemperante più che le proprie azioni ha per fine il piacere del suo agire dissoluto, che lo spinge a consentire ad esse.
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[34142] Iª-IIae q. 15 a. 3 ad 3 Ad tertium dicendum quod electio addit supra consensum quandam relationem respectu eius cui aliquid praeeligitur, et ideo post consensum, adhuc remanet electio. Potest enim contingere quod per consilium inveniantur plura ducentia ad finem, quorum dum quodlibet placet, in quodlibet eorum consentitur, sed ex multis quae placent, praeaccipimus unum eligendo. Sed si inveniatur unum solum quod placeat, non differunt re consensus et electio, sed ratione tantum, ut consensus dicatur secundum quod placet ad agendum; electio autem, secundum quod praefertur his quae non placent.
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[34142] Iª-IIae q. 15 a. 3 ad 3
3. L'elezione aggiunge al consenso un riferimento alle cose scartate: perciò dopo il consenso c'è ancora l'elezione. Infatti può capitare che nel consiglio, o deliberazione, si trovino più mezzi adatti al raggiungimento del fine, ciascuno dei quali è gradito e quindi oggetto di consenso: ma tra le molte cose che piacciono ne preferiamo una mediante l'elezione. Se invece un mezzo soltanto fosse gradito, tra il consenso e la scelta non ci sarebbe differenza reale, ma solo di ragione: e si chiamerebbe consenso in quanto si tratta di un fatto che ci piace di compiere; ed elezione, o scelta, in quanto è una cosa preferita ad altre non gradite.
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