Seconda parte > Gli atti umani in generale > L'elezione, atto della volontà relativo ai mezzi > Se l'elezione appartenga agli animali irragionevoli
Prima pars secundae partis
Quaestio 13
Articulus 2
[34031] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod electio brutis animalibus conveniat. Electio enim est appetitus aliquorum propter finem, ut dicitur in III Ethic. Sed bruta animalia appetunt aliquid propter finem, agunt enim propter finem, et ex appetitu. Ergo in brutis animalibus est electio.
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Prima parte della seconda parte
Questione 13
Articolo 2
[34031] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'elezione appartenga agli animali irragionevoli. Infatti:
1. L'elezione, come scrive Aristotele, è "il desiderio di alcune cose per un fine". Ma gli animali bramano qualche cosa per un fine: infatti agiscono per dei fini, e mossi dall'appetito. Dunque negli animali irragionevoli non manca l'elezione.
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[34032] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 2 Praeterea, ipsum nomen electionis significare videtur quod aliquid prae aliis accipiatur. Sed bruta animalia accipiunt aliquid prae aliis, sicut manifeste apparet quod ovis unam herbam comedit, et aliam refutat. Ergo in brutis animalibus est electio.
Testo latino
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[34032] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 2
2. Il termine stesso di elezione sta a indicare l'atto di prendere una cosa piuttosto che un'altra. Ora, gli animali sanno agire in questo modo; come è evidente nel caso della pecora, che mangia certe erbe e ne schiva certe altre. Dunque anche negli animali irragionevoli si trova l'elezione.
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[34033] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 3 Praeterea, ut dicitur in VI Ethic., ad prudentiam pertinet quod aliquis bene eligat ea quae sunt ad finem. Sed prudentia convenit brutis animalibus, unde dicitur in principio Metaphys., quod prudentia sunt sine disciplina quaecumque sonos audire non potentia sunt, ut apes. Et hoc etiam sensui manifestum videtur, apparent enim mirabiles sagacitates in operibus animalium, ut apum et aranearum et canum. Canis enim insequens cervum, si ad trivium venerit, odoratu quidem explorat an cervus per primam vel secundam viam transiverit, quod si invenerit non transisse, iam securus per tertiam viam incedit non explorando, quasi utens syllogismo divisivo, quo concludi posset cervum per illam viam incedere, ex quo non incedit per alias duas, cum non sint plures. Ergo videtur quod electio brutis animalibus conveniat.
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[34033] Iª-IIae q. 13 a. 2 arg. 3
3. Come insegna Aristotele, "dipende dalla prudenza che uno elegga bene le cose ordinate al fine". Ma la prudenza non manca negli animali irragionevoli: difatti sta scritto all'inizio della Metafisica, che "mancano di prudenza e di docilità quelli [soli] che sono incapaci di udire i suoni, come le api". E questo è evidente anche ai sensi: poiché nelle opere degli animali si riscontrano industrie mirabili, come nel caso delle api, dei ragni e dei cani.
Quando il cane, p. es., insegue il cervo, arrivato a un trivio, esplora col fiuto se il cervo è passato dalla prima strada, o dalla seconda: ma se riscontra che di là non è passato, senza esplorare si lancia sicuro per la terza strada, come servendosi di un sillogismo disgiuntivo, mediante il quale si può concludere che il cervo percorre quella strada, per il fatto che non percorre le altre due, non essendovene altre. Dunque l'elezione non manca agli animali privi di ragione.
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[34034] Iª-IIae q. 13 a. 2 s. c. Sed contra est quod Gregorius Nyssenus dicit, quod pueri et irrationalia voluntarie quidem faciunt, non tamen eligentia. Ergo in brutis animalibus non est electio.
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[34034] Iª-IIae q. 13 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio Nisseno [leggi Nemesio] scrive che " i bambini e gli esseri privi di ragione hanno azioni volontarie, ma senza elezione". Dunque negli animali irragionevoli non c'è elezione.
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[34035] Iª-IIae q. 13 a. 2 co. Respondeo dicendum quod, cum electio sit praeacceptio unius respectu alterius, necesse est quod electio sit respectu plurium quae eligi possunt. Et ideo in his quae sunt penitus determinata ad unum, electio locum non habet. Est autem differentia inter appetitum sensitivum et voluntatem, quia, ut ex praedictis patet, appetitus sensitivus est determinatus ad unum aliquid particulare secundum ordinem naturae; voluntas autem est quidem, secundum naturae ordinem, determinata ad unum commune, quod est bonum, sed indeterminate se habet respectu particularium bonorum. Et ideo proprie voluntatis est eligere, non autem appetitus sensitivi, qui solus est in brutis animalibus. Et propter hoc brutis animalibus electio non convenit.
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[34035] Iª-IIae q. 13 a. 2 co.
RISPONDO: È necessario che l'elezione riguardi più cose passibili di scelta, poiché consiste nel preferire una cosa a un'altra. Perciò non può esserci elezione in quegli esseri che sono rigidamente determinati a una cosa sola. Ora, tra l'appetito sensitivo e la volontà c'è questa differenza, che l'appetito sensitivo, come è evidente da quanto si è detto, è determinato per natura a oggetti particolari; invece la volontà per natura è determinata a una cosa universale, cioè al bene, restando indeterminata in rapporto ai beni particolari. Perciò l'elezione è atto esclusivo della volontà: non già dell'appetito sensitivo, che è il solo esistente negli animali irragionevoli. Perciò in cedesti animali non può esserci l'elezione.
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[34036] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod non omnis appetitus alicuius propter finem, vocatur electio, sed cum quadam discretione unius ab altero. Quae locum habere non potest, nisi ubi appetitus potest ferri ad plura.
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[34036] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ; 1. Non ogni desiderio di qualche cosa per un fine è elezione: ma il desiderio accompagnato dal discernimento di una cosa da un'altra. E questo può esserci soltanto là dove l'appetito è capace di portarsi su una pluralità di oggetti.
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[34037] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod brutum animal accipit unum prae alio, quia appetitus eius est naturaliter determinatus ad ipsum. Unde statim quando per sensum vel per imaginationem repraesentatur sibi aliquid ad quod naturaliter inclinatur eius appetitus, absque electione in illud solum movetur. Sicut etiam absque electione ignis movetur sursum, et non deorsum.
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[34037] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 2
2. L'animale privo di ragione preferisce una cosa a un'altra, perché la sua facoltà appetitiva è per natura determinata ad essa. Cosicché quando il senso o l'immaginazione gli presentano qualche cosa verso la quale è naturalmente inclinato il suo appetito, immediatamente, senza elezione, si muove verso di essa. Allo stesse modo anche il fuoco, senza elezione, si muove verso l'alto e non verso il basso.
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[34038] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod, sicut dicitur in III Physic., motus est actus mobilis a movente. Et ideo virtus moventis apparet in motu mobilis. Et propter hoc in omnibus quae moventur a ratione, apparet ordo rationis moventis, licet ipsa rationem non habeant, sic enim sagitta directe tendit ad signum ex motione sagittantis, ac si ipsa rationem haberet dirigentem. Et idem apparet in motibus horologiorum, et omnium ingeniorum humanorum, quae arte fiunt. Sicut autem comparantur artificialia ad artem humanam, ita comparantur omnia naturalia ad artem divinam. Et ideo ordo apparet in his quae moventur secundum naturam, sicut et in his quae moventur per rationem, ut dicitur in II Physic. Et ex hoc contingit quod in operibus brutorum animalium apparent quaedam sagacitates, inquantum habent inclinationem naturalem ad quosdam ordinatissimos processus, utpote a summa arte ordinatos. Et propter hoc etiam quaedam animalia dicuntur prudentia vel sagacia, non quod in eis sit aliqua ratio vel electio. Quod ex hoc apparet, quod omnia quae sunt unius naturae, similiter operantur.
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[34038] Iª-IIae q. 13 a. 2 ad 3
3. Come scrive Aristotele, "il moto è atto del mobile impresso dal movente". Perciò nei moto del soggetto mobile appare la virtù della causa movente. Per questo in tutte le cose mosse dalla ragione traspare l'ordine della ragione che muove, sebbene esse non abbiano la ragione: la freccia, p. es., tende direttamente al bersaglio sotto la mozione dell'arciere, come se essa medesima avesse la ragione che la guida. Lo stesso si riscontra nel moto degli orologi e di tutte le altre macchine umane, escogitate dall'arte. Ora, gli esseri naturali stanno all'arte di Dio, come le macchine stanno all'arte dell'uomo. Perciò nelle cose mosse dalla natura si riscontra l'ordine, come in quelle mosse dalla ragione, al dire di Aristotele.
Così si spiega perché le opere degli animali irragionevoli rivelano un certo accorgimento, in quanto gli animali hanno un'inclinazione naturale a certi ordinatissimi processi, predisposti da un'arte sovrana. Ed ecco perché certi animali si dicono prudenti o accorti; non già che in essi si trovi la ragione, o l'elezione. E lo dimostra il fatto che gli animali di una data natura operano tutti allo stesso modo.
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