Seconda parte > Gli atti umani in generale > Gli effetti della grazia. Primo, la giustificazione del peccatore >
Se la giustificazione del peccatore sia istantanea, o avvenga gradatamente
Prima pars secundae partis
Quaestio 113
Articulus 7
[38618] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 1 Ad septimum sic proceditur. Videtur quod iustificatio impii non fiat in instanti, sed successive. Quia ut dictum est, ad iustificationem impii requiritur motus liberi arbitrii. Actus autem liberi arbitrii est eligere, qui praeexigit deliberationem consilii, ut supra habitum est. Cum igitur deliberatio discursum quendam importet, qui successionem quandam habet, videtur quod iustificatio impii sit successiva.
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Prima parte della seconda parte
Questione 113
Articolo 7
[38618] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 1
SEMBRA che la giustificazione del peccatore non sia istantanea, ma avvenga gradatamente. Infatti:
1. Per la giustificazione dell'empio si richiede, come abbiamo detto, l'esercizio del libero arbitrio. Ma l'atto del libero arbitrio è l'elezione, la quale presuppone la deliberazione del consiglio, come sopra abbiamo spiegato. E poiché la deliberazione implica un ragionamento, che richiede fasi successive, è chiaro che la giustificazione dell'empio avviene gradatamente.
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[38619] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 2 Praeterea, motus liberi arbitrii non est absque actuali consideratione. Sed impossibile est simul multa intelligere in actu, ut in primo dictum est. Cum igitur ad iustificationem impii requiratur motus liberi arbitrii in diversa, scilicet in Deum et in peccatum, videtur quod iustificatio impii non possit esse in instanti.
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[38619] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 2
2. Un moto del libero arbitrio non si produce mai, senza una considerazione attuale. Ora, è impossibile pensare attualmente più cose nello stesso tempo, come abbiamo visto nella Prima Parte. E quindi, siccome la giustificazione richiede un moto del libero arbitrio verso oggetti differenti, cioè verso Dio e verso il peccato, è impossibile che la giustificazione del peccatore avvenga in un istante.
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[38620] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 3 Praeterea, forma quae suscipit magis et minus, successive recipitur in subiecto, sicut patet de albedine et nigredine. Sed gratia suscipit magis et minus, ut supra dictum est. Ergo non recipitur subito in subiecto. Cum igitur ad iustificationem impii requiratur gratiae infusio, videtur quod iustificatio impii non possit esse in instanti.
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[38620] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 3
3. Una forma che può essere più o meno intensa, come p. es., il bianco o il nero, può essere ricevuta gradatamente nel soggetto. Ma la grazia, come abbiamo visto, può essere più o meno abbondante. Dunque non è ricevuta istantaneamente. E siccome per la giustificazione del peccatore si richiede l'infusione della grazia, è chiaro che la giustificazione non può essere istantanea.
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[38621] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 4 Praeterea, motus liberi arbitrii qui ad iustificationem impii concurrit, est meritorius, et ita oportet quod procedat a gratia, sine qua nullum est meritum, ut infra dicetur. Sed prius est aliquid consequi formam, quam secundum formam operari. Ergo prius infunditur gratia, et postea liberum arbitrium movetur in Deum et in detestationem peccati. Non ergo iustificatio est tota simul.
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[38621] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 4
4. Il moto del libero arbitrio che concorre alla giustificazione è meritorio: quindi è necessario che derivi dalla grazia, senza la quale, come vedremo, non può esserci nessun merito. Ora, il conseguimento di una forma precede sempre l'opera secondo codesta forma. Perciò prima viene infusa la grazia, e poi viene mosso il libero arbitrio verso Dio e contro il peccato. E quindi la giustificazione dell'empio avviene gradatamente.
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[38622] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 5 Praeterea, si gratia infundatur animae, oportet dare aliquod instans in quo primo animae insit. Similiter si culpa remittitur, oportet ultimum instans dare in quo homo culpae subiaceat. Sed non potest esse idem instans, quia sic opposita simul inessent eidem. Ergo oportet esse duo instantia sibi succedentia, inter quae, secundum philosophum, in VI Physic., oportet esse tempus medium. Non ergo iustificatio fit tota simul, sed successive.
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[38622] Iª-IIae q. 113 a. 7 arg. 5
5. Se in un'anima viene infusa la grazia, ci deve pur essere un primo istante nel quale per la prima volta si trovi in essa. Così pure, se viene rimesso il peccato, ci dev'essere un ultimo istante nel quale un uomo soggiace ancora alla colpa. Ma non può essere il medesimo istante: perché allora cose opposte verrebbero a trovarsi nel medesimo soggetto. Perciò devono essere due istanti che si succedono: e tra due istanti, come insegna il Filosofo, c'è sempre un tempo intermedio. Dunque la giustificazione non viene tutta insieme, ma gradatamente.
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[38623] Iª-IIae q. 113 a. 7 s. c. Sed contra est quod iustificatio impii fit per gratiam spiritus sancti iustificantis. Sed spiritus sanctus subito advenit mentibus hominum; secundum illud Act. II, factus est repente de caelo sonus tanquam advenientis spiritus vehementis; ubi dicit Glossa quod nescit tarda molimina spiritus sancti gratia. Ergo iustificatio impii non est successiva, sed instantanea.
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[38623] Iª-IIae q. 113 a. 7 s. c.
IN CONTRARIO: La giustificazione dell'empio è prodotta dalla grazia dello Spirito santificatore. Ma lo Spirito Santo viene ad un tratto nelle menti umane, secondo le parole degli Atti: "E d'un subito si udì nel cielo un suono, come di vento impetuoso". E la Glossa spiega: "La grazia dello Spirito Santo ignora la lenta fatica". Quindi la giustificazione dell'empio non avviene gradatamente, ma è istantanea.
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[38624] Iª-IIae q. 113 a. 7 co. Respondeo dicendum quod tota iustificatio impii originaliter consistit in gratiae infusione, per eam enim et liberum arbitrium movetur, et culpa remittitur. Gratiae autem infusio fit in instanti absque successione. Cuius ratio est quia quod aliqua forma non subito imprimatur subiecto, contingit ex hoc quod subiectum non est dispositum, et agens indiget tempore ad hoc quod subiectum disponat. Et ideo videmus quod statim cum materia est disposita per alterationem praecedentem, forma substantialis acquiritur materiae, et eadem ratione, quia diaphanum est secundum se dispositum ad lumen recipiendum, subito illuminatur a corpore lucido in actu. Dictum est autem supra quod Deus ad hoc quod gratiam infundat animae, non requirit aliquam dispositionem nisi quam ipse facit. Facit autem huiusmodi dispositionem sufficientem ad susceptionem gratiae, quandoque quidem subito, quandoque autem paulatim et successive, ut supra dictum est. Quod enim agens naturale non subito possit disponere materiam, contingit ex hoc quod est aliqua disproportio eius quod in materia resistit, ad virtutem agentis, et propter hoc videmus quod quanto virtus agentis fuerit fortior, tanto materia citius disponitur. Cum igitur virtus divina sit infinita, potest quamcumque materiam creatam subito disponere ad formam, et multo magis liberum arbitrium hominis, cuius motus potest esse instantaneus secundum naturam. Sic igitur iustificatio impii fit a Deo in instanti.
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[38624] Iª-IIae q. 113 a. 7 co.
RISPONDO: La giustificazione dell'empio consiste originariamente nell'infusione della grazia: da questa infatti viene mosso il libero arbitrio, e viene tolto il peccato. Ma l'infusione della grazia avviene senza fasi successive, cioè all'istante. E si dimostra col fatto che una forma non s'imprime subito in un sogggetto, solo quando il soggetto non è disposto, e la causa agente ha bisogno di tempo per predisporlo. Perciò vediamo che appena la materia è predisposta dall'alterazione precedente, subito acquista la nuova forma sostanziale: per questo, essendo un corpo diafano disposto per se stesso a ricevere la luce, viene illuminato all'istante da un corpo luminoso. Ora, sopra abbiamo spiegato che Dio, per infondere la grazia in un'anima, non ha bisogno di altra disposizione all'infuori di quella che egli stesso produce. Ed egli alcune volte produce ad un tratto la disposizione richiesta per accogliere la grazia; altre volte invece la produce gradatamente e un po' per volta, come sopra abbiamo visto. Infatti l'impossibilità in cui si trova un agente naturale di disporre d'un subito la materia dipende da una sproporzione tra la resistenza della materia e la virtù della causa agente. E per questo si nota che quanto più è forte la virtù dell'agente, tanto è più rapida la disposizione della materia. Perciò, essendo la virtù divina addirittura infinita, può predisporre istantaneamente alla forma qualsiasi materia creata: e molto più può così disporre il libero arbitrio, i cui moti possono essere istantanei per natura. E quindi la giustificazione del peccatore è compiuta da Dio istantaneamente.
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[38625] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod motus liberi arbitrii qui concurrit ad iustificationem impii, est consensus ad detestandum peccatum et ad accedendum ad Deum, qui quidem consensus subito fit. Contingit autem quandoque quod praecedit aliqua deliberatio, quae non est de substantia iustificationis, sed via in iustificationem, sicut motus localis est via ad illuminationem, et alteratio ad generationem.
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[38625] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il moto del libero arbitrio che concorre alla giustificazione dell'empio è il consenso a detestare il peccato e a tornare a Dio: e codesto consenso è istantaneo. Talora però la giustificazione è preceduta da una deliberazione, che non è parte integrante di essa, ma le prepara la via; come fa il moto locale con l'illuminazione, e l'alterazione con la generazione.
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[38626] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 2 Ad secundum dicendum quod, sicut in primo dictum est, nihil prohibet duo simul intelligere actu, secundum quod sunt quodammodo unum, sicut simul intelligimus subiectum et praedicatum, inquantum uniuntur in ordine affirmationis unius. Et per eundem modum liberum arbitrium potest in duo simul moveri, secundum quod unum ordinatur in aliud. Motus autem liberi arbitrii in peccatum, ordinatur ad motum liberi arbitrii in Deum, propter hoc enim homo detestatur peccatum, quia est contra Deum, cui vult adhaerere. Et ideo liberum arbitrium in iustificatione impii simul detestatur peccatum et convertit se ad Deum, sicut etiam corpus simul, recedendo ab uno loco, accedit ad alium.
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[38626] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 2
2. Come abbiamo detto nella Prima Parte, niente impedisce di pensare simultaneamente due cose in quanto sono in qualche modo una sola: così intendiamo simultaneamente il soggetto e il predicato, in quanto sono uniti in un'unica proposizione. Allo stesso modo il libero arbitrio può muoversi verso due oggetti, quando l'uno è ordinato all'altro. Ora, il moto del libero arbitrio contro il peccato è ordinato al moto di esso verso Dio: infatti l'uomo detesta il peccato perché è contrario a Dio, cui vuole aderire. Ecco dunque che il libero arbitrio nella giustificazione dell'empio simultaneamente detesta il peccato e si volge a Dio: come un corpo, il quale allontanandosi da un luogo si avvicina a un altro.
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[38627] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 3 Ad tertium dicendum quod non est ratio quare forma subito in materia non recipiatur, quia magis et minus inesse potest, sic enim lumen non subito reciperetur in aere, qui potest magis et minus illuminari. Sed ratio est accipienda ex parte dispositionis materiae vel subiecti, ut dictum est.
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[38627] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 3
3. Se una forma non è ricevuta all'istante nella materia, non si deve al fatto che può essere più o meno intensa: ché allora la luce non potrebbe essere ricevuta istantaneamente nell'aria, la quale è passibile di un'illuminazione più o meno intensa. Ma ciò deriva dalla disposizione della materia, ovvero del soggetto, come abbiamo ricordato.
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[38628] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 4 Ad quartum dicendum quod in eodem instanti in quo forma acquiritur, incipit res operari secundum formam, sicut ignis statim cum est generatus, movetur sursum; et si motus eius esset instantaneus, in eodem instanti compleretur. Motus autem liberi arbitrii, qui est velle, non est successivus, sed instantaneus. Et ideo non oportet quod iustificatio impii sit successiva.
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[38628] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 4
4. Nel medesimo istante in cui acquista la forma, una cosa comincia ad operare secondo la natura di essa: il fuoco, p. es., appena prodotto subito si muove verso l'alto; e se il suo moto fosse istantaneo, si compirebbe nel medesimo istante. Ora, il moto del libero arbitrio, che è il volere, non ha fasi successive, ma è istantaneo. Perciò non è necessario che la giustificazione dell'empio avvenga gradatamente.
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[38629] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 5 Ad quintum dicendum quod successio duorum oppositorum in eodem subiecto aliter est consideranda in his quae subiacent tempori, et aliter in his quae sunt supra tempus. In his enim quae subiacent tempori, non est dare ultimum instans in quo forma prior subiecto inest, est autem dare ultimum tempus, et primum instans in quo forma sequens inest materiae vel subiecto. Cuius ratio est quia in tempore non potest accipi ante unum instans aliud instans praecedens immediate, eo quod instantia non consequenter se habeant in tempore, sicut nec puncta in linea, ut probatur in VI Physic. Sed tempus terminatur ad instans. Et ideo in toto tempore praecedenti, quo aliquid movetur ad unam formam, subest formae oppositae, et in ultimo instanti illius temporis, quod est primum instans sequentis temporis, habet formam, quae est terminus motus. Sed in his quae sunt supra tempus, aliter se habet. Si qua enim successio sit ibi affectuum vel intellectualium conceptionum, puta in Angelis, talis successio non mensuratur tempore continuo, sed tempore discreto, sicut et ipsa quae mensurantur non sunt continua, ut in primo habitum est. Unde in talibus est dandum ultimum instans in quo primum fuit, et primum instans in quo est id quod sequitur, nec oportet esse tempus medium, quia non est ibi continuitas temporis, quae hoc requirebat. Mens autem humana quae iustificatur, secundum se quidem est supra tempus, sed per accidens subditur tempori, inquantum scilicet intelligit cum continuo et tempore secundum phantasmata, in quibus species intelligibiles considerat, ut in primo dictum est. Et ideo iudicandum est, secundum hoc, de eius mutatione secundum conditionem temporalium motuum, ut scilicet dicamus quod non est dare ultimum instans in quo culpa infuit, sed ultimum tempus; est autem dare primum instans in quo gratia inest, in toto autem tempore praecedenti inerat culpa.
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[38629] Iª-IIae q. 113 a. 7 ad 5
5. Il succedersi di due opposte qualità nel medesimo soggetto va considerato diversamente nelle cose sottoposte al tempo, e in quelle che sono al di sopra del tempo. Nelle prime non si può ammettere un ultimo istante nel quale la forma precedente si trovi nel soggetto: è determinabile invece un ultimo tempo, e un primo istante nel quale la forma successiva viene a trovarsi nella materia, o nel subietto. E la ragione di ciò sta nel fatto che nel corso del tempo non si può determinare un istante che precede immediatamente un altro istante: perché gli istanti non sono continui tra loro nel tempo che li include, come non lo sono i punti in una linea, secondo le spiegazioni di Aristotele. Il tempo invece ha nell'istante il suo termine. Ecco perché in tutto il tempo in cui una cosa muove verso una nuova forma, è soggetta alla forma contraria precedente: e nell'ultimo istante di codesto tempo, che poi è il primo del tempo successivo, riceve quella forma che costituisce il termine del moto.
Invece negli esseri che trascendono il tempo le cose stanno diversamente. Infatti allora nell'eventuale succedersi di affetti e di intellezioni, come avviene negli angeli, la successione non è misurata dal tempo continuo, ma dal tempo discreto, perché non sono continue le cose che vengono misurate, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. Perciò in questo caso si deve ammettere un ultimo istante in cui esisteva un dato precedente, e un primo istante in cui viene ad esistere quello successivo: e non è necessario che vi sia un tempo intermedio, poiché non c'è la continuità del tempo ad esigerlo.
Ma l'anima umana che viene giustificata, pur essendo essenzialmente superiore al tempo, di fatto è soggetta al tempo: poiché intende nella continuità del tempo per i fantasmi nei quali scorge le specie intelligibili, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. Perciò i moti di essa si devono giudicare secondo la condizione dei moti temporali: e cioè si deve concludere che non esiste un ultimo istante, ma un ultimo tempo della permanenza del peccato; mentre è determinabile un primo istante in cui si ha la grazia, dopo che per tutto il tempo precedente perdura la colpa.
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