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Se la grazia ponga qualche cosa nell'anima
Prima pars secundae partis
Quaestio 110
Articulus 1
[38445] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod gratia non ponat aliquid in anima. Sicut enim homo dicitur habere gratiam Dei, ita etiam gratiam hominis, unde dicitur Gen. XXXIX, quod dominus dedit Ioseph gratiam in conspectu principis carceris. Sed per hoc quod homo dicitur habere gratiam hominis, nihil ponitur in eo qui gratiam alterius habet; sed in eo cuius gratiam habet, ponitur acceptatio quaedam. Ergo per hoc quod homo dicitur gratiam Dei habere, nihil ponitur in anima, sed solum significatur acceptatio divina.
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Prima parte della seconda parte
Questione 110
Articolo 1
[38445] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la grazia non ponga niente nell'anima. Infatti:
1. Si dice che uno ha la grazia di Dio, come si usa dire che uno ha la grazia di un uomo, secondo quell'espressione della Genesi: "Il Signore fece trovar grazia a Giuseppe presso il capo del carcere". Ora, per il fatto che uno ottiene la grazia di un uomo, non viene ad avere in sé qualche cosa da codesta grazia; ma si riscontra piuttosto una specie di compiacenza in chi la concede. Quindi quando si dice che l'uomo ha la grazia di Dio, non si viene a porre qualche cosa nell'anima, ma si vuol solo indicare la compiacenza divina.
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[38446] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 2 Praeterea, sicut anima vivificat corpus, ita Deus vivificat animam, unde dicitur Deut. XXX, ipse est vita tua. Sed anima vivificat corpus immediate. Ergo etiam nihil cadit medium inter Deum et animam. Non ergo gratia ponit aliquid creatum in anima.
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[38446] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 2
2. Come l'anima vivifica il corpo, così Dio vivifica l'anima; poiché sta scritto: "È egli la tua vita". Ma l'anima vivifica il corpo in maniera immediata. Dunque non c'è niente di mezzo tra Dio e l'anima. Quindi la grazia non mette niente di creato nell'anima.
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[38447] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 3 Praeterea, ad Rom. I, super illud, gratia vobis et pax, dicit Glossa. Gratia, idest remissio peccatorum, sed remissio peccatorum non ponit in anima aliquid, sed solum in Deo, non imputando peccatum; secundum illud Psalmi XXXI, beatus vir cui non imputavit dominus peccatum. Ergo nec gratia ponit aliquid in anima.
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[38447] Iª-IIae q. 110 a. 1 arg. 3
3. Commentando l'espressione paolina, "Grazia a voi e pace", la Glossa spiega: "Grazia, cioè la remissione dei peccati". Ora, la remissione dei peccati non pone niente nell'anima, ma solo presuppone in Dio la non imputazione del peccato, secondo le parole del Salmo: "Beato l'uomo cui Dio non imputa colpa". Dunque neppure la grazia pone qualche cosa nell'anima.
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[38448] Iª-IIae q. 110 a. 1 s. c. Sed contra, lux ponit aliquid in illuminato. Sed gratia est quaedam lux animae, unde Augustinus dicit, in libro de natura et gratia, praevaricatorem legis digne lux deserit veritatis, qua desertus utique fit caecus. Ergo gratia ponit aliquid in anima.
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[38448] Iª-IIae q. 110 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: La luce pone qualche cosa in chi è illuminato. Ora, la grazia è una luce dell'anima; infatti S. Agostino ha scritto: "Il trasgressore della legge è giustamente abbandonato dalla luce della verità, privo della quale diviene realmente cieco". Perciò la grazia pone qualche cosa nell'anima.
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[38449] Iª-IIae q. 110 a. 1 co. Respondeo dicendum quod secundum communem modum loquendi, gratia tripliciter accipi consuevit. Uno modo, pro dilectione alicuius, sicut consuevimus dicere quod iste miles habet gratiam regis, idest, rex habet eum gratum. Secundo sumitur pro aliquo dono gratis dato, sicut consuevimus dicere, hanc gratiam facio tibi. Tertio modo sumitur pro recompensatione beneficii gratis dati, secundum quod dicimur agere gratias beneficiorum. Quorum trium secundum dependet ex primo, ex amore enim quo aliquis alium gratum habet, procedit quod aliquid ei gratis impendat. Ex secundo autem procedit tertium, quia ex beneficiis gratis exhibitis gratiarum actio consurgit. Quantum igitur ad duo ultima, manifestum est quod gratia aliquid ponit in eo qui gratiam accipit, primo quidem, ipsum donum gratis datum; secundo, huius doni recognitionem. Sed quantum ad primum, est differentia attendenda circa gratiam Dei et gratiam hominis. Quia enim bonum creaturae provenit ex voluntate divina, ideo ex dilectione Dei qua vult creaturae bonum, profluit aliquod bonum in creatura. Voluntas autem hominis movetur ex bono praeexistente in rebus, et inde est quod dilectio hominis non causat totaliter rei bonitatem, sed praesupponit ipsam vel in parte vel in toto. Patet igitur quod quamlibet Dei dilectionem sequitur aliquod bonum in creatura causatum quandoque, non tamen dilectioni aeternae coaeternum. Et secundum huiusmodi boni differentiam, differens consideratur dilectio Dei ad creaturam. Una quidem communis, secundum quam diligit omnia quae sunt, ut dicitur Sap. XI; secundum quam esse naturale rebus creatis largitur. Alia autem est dilectio specialis, secundum quam trahit creaturam rationalem supra conditionem naturae, ad participationem divini boni. Et secundum hanc dilectionem dicitur aliquem diligere simpliciter, quia secundum hanc dilectionem vult Deus simpliciter creaturae bonum aeternum, quod est ipse. Sic igitur per hoc quod dicitur homo gratiam Dei habere, significatur quiddam supernaturale in homine a Deo proveniens. Quandoque tamen gratia Dei dicitur ipsa aeterna Dei dilectio, secundum quod dicitur etiam gratia praedestinationis, inquantum Deus gratuito, et non ex meritis, aliquos praedestinavit sive elegit; dicitur enim ad Ephes. I, praedestinavit nos in adoptionem filiorum, in laudem gloriae gratiae suae.
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[38449] Iª-IIae q. 110 a. 1 co.
RISPONDO: Secondo l'uso comune il termine grazia può avere tre significati. Primo, può indicare l'amore di qualcuno: si usa dire p. es., che un soldato ha la grazia del re, nel senso che il re lo gradisce. Secondo, può indicare un dono gratuito; come quando si dice: "Ti faccio questa grazia". Terzo, può avere il senso di riconoscenza per un beneficio gratuito: come quando si parla di rendimento di grazie. Di questi tre sensi il secondo dipende dal primo: infatti dall'amore per cui a uno è gradita una data persona, derivano le gratificazioni verso di essa. Il terzo poi dipende dal secondo: poiché il rendimento di grazie segue ai benefici offerti gratuitamente.
Ora, negli ultimi due casi è evidente che la grazia implica qualche cosa in colui che se ne giova: in un caso lo stesso dono gratuito; nell'altro la riconoscenza per esso. Ma nel primo di questi due casi bisogna notare la differenza esistente tra la grazia di Dio e la grazia degli uomini. Infatti, derivando il bene delle creature dalla volontà di Dio, qualsiasi bene che la creatura accoglie, promana dall'amore col quale Dio vuole il bene della creatura. Invece la volontà dell'uomo viene mossa dal bene preesistente nelle cose: ecco perché l'amore dell'uomo non causa totalmente la bontà delle cose, ma la presuppone, o in parte, o in tutto. Perciò è evidente che qualsiasi bene, comunque causato nella creatura, segue sempre a un atto di amore da parte di Dio, e non è mai coeterno all'eterno amore. Però dalle differenze di tali beni scaturiscono le differenze dell'amore di Dio verso la creatura. C'è infatti un amore universale, con il quale "egli ama tutte le cose esistenti", come dice la Scrittura; e in forza di esso viene elargita l'esistenza naturale a tutte le cose create. C'è poi un amore speciale, di cui Dio si serve per innalzare la creatura ragionevole, sopra la condizione della natura, alla partecipazione del bene divino. E in questo ultimo caso si dice che Dio ama una persona in senso assoluto: poiché con questo amore Dio vuole senz'altro alla creatura quel bene eterno, che è lui medesimo.
Ecco perché quando si dice che uno ha la grazia di Dio, si vuol indicare un dono soprannaturale prodotto da Dio nell'uomo. - Tuttavia talora si denomina grazia di Dio lo stesso amore eterno di Dio: si parla così della grazia di predestinazione, in quanto Dio non per i meriti, ma gratuitamente, ha scelto o predestinato alcuni, come insegna S. Paolo: "Ha predestinato noi ad essere figli suoi adottivi, a lode della gloria della sua grazia".
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[38450] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod etiam in hoc quod dicitur aliquis habere gratiam hominis, intelligitur in aliquo esse aliquid quod sit homini gratum, sicut et in hoc quod dicitur aliquis gratiam Dei habere; sed differenter. Nam illud quod est homini gratum in alio homine, praesupponitur eius dilectioni, causatur autem ex dilectione divina quod est in homine Deo gratum, ut dictum est.
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[38450] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Anche quando si parla della grazia che uno riscuote da parte degli uomini, si vuole intendere che in lui c'è qualche cosa che lo rende gradito, come quando si dice che uno ha la grazia di Dio; ci sono però delle differenze. Infatti ciò che rende gradito un uomo a un altro è presupposto a codesto amore, o gradimento; mentre ciò che rende graditi a Dio viene causato dall'amore di Dio, come abbiamo spiegato.
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[38451] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod Deus est vita animae per modum causae efficientis, sed anima est vita corporis per modum causae formalis inter formam autem et materiam non cadit aliquod medium, quia forma per seipsam informat materiam vel subiectum. Sed agens informat subiectum non per suam substantiam, sed per formam quam in materia causat.
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[38451] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 2
2. Dio è la vita dell'anima come causa efficiente: l'anima invece è vita del corpo come causa formale. Ora, tra forma e materia non ci possono essere dati intermedi: poiché la forma da se stessa informa la materia, o il subietto. Invece la causa agente non informa il subietto con la sua sostanza, ma mediante la forma che essa produce nella materia.
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[38452] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod Augustinus dicit, in libro Retract., ubi dixi gratiam esse remissionem peccatorum, pacem vero in reconciliatione Dei, non sic accipiendum est ac si pax ipsa et reconciliatio non pertineant ad gratiam generalem; sed quod specialiter nomine gratiae remissionem significaverit peccatorum. Non ergo sola remissio peccatorum ad gratiam pertinet, sed etiam multa alia Dei dona. Et etiam remissio peccatorum non fit sine aliquo effectu divinitus in nobis causato, ut infra patebit.
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[38452] Iª-IIae q. 110 a. 1 ad 3
3. S. Agostino ha scritto nelle sue Ritrattazioni: "Quel passo nel quale affermai che la grazia è la remissione dei peccati, mentre la pace consiste nella riconciliazione di Dio, non va inteso nel senso che la pace stessa e la riconciliazione non siano da attribuire alla grazia nel suo significato ordinario: ma che in un senso particolare il termine grazia può indicare la remissione dei peccati". Perciò la grazia non abbraccia soltanto la remissione dei peccati, ma anche molti altri doni di Dio. E la stessa remissione dei peccati non avviene, senza che Dio produca in noi un effetto, come vedremo.
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