[43101] IIª-IIae q. 95 a. 8 arg. 2 Praeterea, ea quae a sanctis in Scripturis observata leguntur non videntur esse illicita. Sed sancti viri, tam in veteri quam in novo testamento, inveniuntur sortibus usi esse. Legitur enim Iosue VII, quod Iosue, ex praecepto domini, iudicio sortium punivit Achar, qui de anathemate surripuerat. Saul etiam sorte deprehendit filium suum Ionatham mel comedisse, ut habetur I Reg. XIV. Ionas etiam, a facie domini fugiens, sorte deprehensus, est in mare deiectus, ut legitur Ionae I. Zacharias etiam sorte exiit ut incensum poneret, ut legitur Luc. I. Matthias etiam est sorte ab apostolis in apostolatum electus, ut legitur Act. I. Ergo videtur quod divinatio sortium non sit illicita.
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[43101] IIª-IIae q. 95 a. 8 arg. 2
2. Non sono illecite le cose che, stando alla Scrittura, furono praticate dai santi. Ora, si riscontra che i santi, sia nel vecchio che nel nuovo Testamento, fecero ricorso alle sorti. Infatti di Giosuè si legge che per comando di Dio punì Acar il quale aveva sottratto alcune cose all'anatema, rimettendone il giudizio alla sorte. Di Saul si legge che mediante le sorti scoprì che a mangiare il miele era stato Gionata suo figlio. Inoltre Giona fu preso a sorte, mentre fuggiva dalla faccia del Signore, e gettato in mare. Nel Vangelo poi si legge che Zaccaria "uscì a sorte per offrire l'incenso". E finalmente S. Mattia fu dagli Apostoli eletto all'apostolato mediante la sorte, come si legge negli Atti. Perciò la divinazione che si basa sul sorteggio non è illecita.
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[43104] IIª-IIae q. 95 a. 8 co. Respondeo dicendum quod, sicut supra dictum est, sortes proprie dicuntur cum aliquid fit ut, eius eventu considerato, aliquid occultum innotescat. Et si quidem quaeratur iudicio sortium quid cui sit exhibendum, sive illud sit res possessa, sive sit honor seu dignitas, seu poena, aut actio aliqua, vocatur sors divisoria. Si autem inquiratur quid agere oporteat, vocatur sors consultoria. Si vero quaeratur quid sit futurum, vocatur sors divinatoria. Actus autem hominum, qui requiruntur ad sortes, non subduntur dispositioni stellarum, nec etiam eventus ipsorum. Unde si quis ea intentione sortibus utatur quasi huiusmodi actus humani, qui requiruntur ad sortes, secundum dispositionem stellarum sortiantur effectum, vana et falsa est opinio, et per consequens non carens Daemonum ingestione. Ex quo talis divinatio erit superstitiosa et illicita. Hac autem causa remota, necesse est quod sortialium actuum expectetur eventus vel ex fortuna, vel ex aliqua spirituali causa dirigente. Et si quidem ex fortuna, quod locum habere potest solum in divisoria sorte, non videtur habere nisi forte vitium vanitatis sicut si aliqui non valentes aliquid concorditer dividere, velint sortibus ad divisionem uti, quasi fortunae exponentes quis quam partem accipiat. Si vero ex spirituali causa expectetur sortium iudicium, quandoque quidem expectatur ex Daemonibus, sicut legitur Ezech. XXI, quod rex Babylonis stetit in bivio, in capite duarum viarum, commiscens sagittas, interrogavit idola, exta consuluit. Et tales sortes sunt illicitae, et secundum canones prohibentur. Quandoque vero expectatur a Deo, secundum illud Prov. XVI. Sortes mittuntur in sinum, sed a domino temperantur. Et talis sors secundum se non est malum, ut Augustinus dicit. Potest tamen in hoc quadrupliciter peccatum incidere. Primo quidem, si absque ulla necessitate ad sortes recurratur, hoc enim videtur ad Dei tentationem pertinere. Unde Ambrosius dicit, super Lucam, qui sorte eligitur, humano iudicio non comprehenditur. Secundo, si quis, etiam in necessitate, absque reverentia sortibus utatur. Unde, super actus Apost., dicit Beda, si qui, necessitate aliqua compulsi, Deum putant sortibus, exemplo apostolorum, esse consulendum, videant hoc ipsos apostolos non nisi collecto fratrum coetu, et precibus ad Deum fusis, egisse. Tertio, si divina oracula ad terrena negotia convertantur. Unde Augustinus dicit, ad inquisitiones Ianuarii, his qui de paginis evangelicis sortes legunt, etsi optandum sit ut id potius faciant quam ad Daemonia consulenda concurrant, tamen ista mihi displicet consuetudo, ad negotia saecularia et ad vitae huius vanitatem divina oracula velle convertere. Quarto, si in electionibus ecclesiasticis, quae ex spiritus sancti inspiratione fieri debent, aliqui sortibus utantur. Unde, sicut Beda dicit, super actus Apost., Matthias, ante Pentecosten ordinatus, sorte quaeritur, quia scilicet nondum erat plenitudo spiritus sancti in Ecclesia effusa, septem autem diaconi postea non sorte, sed electione discipulorum sunt ordinati. Secus autem est in temporalibus dignitatibus, quae ad terrena disponenda ordinantur; in quarum electione plerumque homines sortibus utuntur, sicut et in temporalium rerum divisione. Si vero necessitas immineat, licitum est, cum debita reverentia, sortibus divinum iudicium implorare. Unde Augustinus dicit, in epistola ad Honoratum, si inter Dei ministros sit disceptatio qui eorum persecutionis tempore maneant, ne fuga omnium, et qui eorum fugiant, ne morte omnium deseratur Ecclesia, si haec disceptatio aliter non potuerit terminari, quantum mihi videtur, qui maneant et qui fugiant sorte legendi sunt. Et in I de Doct. Christ. dicit, si tibi abundaret aliquid, quod oporteret dari ei qui non haberet, nec duobus dari potuisset; si tibi occurrerent duo, quorum neuter alium vel indigentia vel erga te aliqua necessitate superaret; nihil iustius faceres quam ut sorte legeres cui dandum esset quod dari utrique non posset.
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[43104] IIª-IIae q. 95 a. 8 co.
RISPONDO: Come sopra abbiamo visto, si ha la sorte e il sortilegio quando si compie un atto, per arguire dall'osservazione del suo risultato qualche cosa di occulto. E se da questo giudizio delle sorti si vuol sapere a chi si deve assegnare qualche cosa, cioè beni materiali, onori, dignità, castighi o altro, abbiamo la sorte divisoria. Se invece si vuol sapere il da farsi, abbiamo la sorte consultoria. Se invece si vuol conoscere il futuro, si ha la sorte divinatoria.
Ora, gli atti umani richiesti per le sorti e i loro risultati non sono soggetti alle disposizioni degli astri. Perciò se uno ricorre alle sorti pensando che gli atti umani richiesti dipendono nei loro effetti dalle disposizioni degli astri, la sua è un'opinione stolta e falsa, e quindi aperta all'intervento diabolico. Perciò tale divinazione è superstiziosa e illecita.
Eliminata la causalità dei corpi celesti, il risultato degli atti compiuti per il sortilegio necessariamente va affidato alla fortuna, o a una causa spirituale. Se ci si affida alla fortuna, e questo può andar bene solo nella sorte divisoria, l'azione sembra che non presenti altro vizio che quello di una certa leggerezza: così fanno alcuni, i quali, non riuscendo a dividere d'accordo una cosa, decidono di affidare la divisione al sorteggio, quasi lasciando decidere al caso la parte che ciascuno deve prendere. Se invece il giudizio del sorteggio si attende da una causa spirituale, in certi casi c'è chi l'attende dai demoni: così si legge in Ezechiele che "il re di Babilonia si fermò al bivio in capo alle due vie rimescolando le frecce; interrogò gli idoli, consultò le viscere (delle vittime)". Ebbene, questi sortilegi sono illeciti, e son proibiti dai canoni.
Altre volte invece il giudizio si attende da Dio, secondo le parole dei Proverbi: "Nel grembo si gettano le sorti, ma dal Signore sono regolate". E tali sorteggi, come afferma S. Agostino, non sono riprovevoli. Tuttavia anche in questi casi in quattro modi può insinuarsi la colpa. Primo, se si ricorre alle sorti senza necessità: poiché questo si riduce a tentare Dio. Di qui le parole di S. Ambrogio: "Chi viene eletto a sorte sfugge al giudizio umano". - Secondo, in caso di necessità se uno ricorre al sortilegio senza la debita riverenza. Di qui le parole di S. Beda: "Se qualcuno stretto dalla necessità pensa di ricorrere a Dio mediante le sorti, sull'esempio degli Apostoli, osservino che gli Apostoli fecero questo solo dopo aver radunato l'assemblea dei fratelli, e dopo aver pregato Dio". - Terzo, se i responsi divini vengono adoperati per gli interessi terreni. Infatti S. Agostino ha scritto: "Quanto a coloro che traggono le sorti dalle pagine del Vangelo, sebbene sia preferibile far questo che consultare i demoni, tuttavia a me dispiace questa consuetudine di volgere i divini oracoli agli interessi terreni, e alle vanità della vita presente". - Quarto, se si ricorre al sorteggio nelle elezioni ecclesiastiche, le quali devono esser fatte sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. S. Beda infatti nota che "Mattia, ordinato prima della Pentecoste, fu scelto a sorte", perché ancora nella Chiesa non era stata infusa la pienezza dello Spirito Santo; "dopo invece i sette diaconi furono chiamati all'ordinazione non a sorte, ma mediante la scelta dei discepoli". Diverso è il caso delle cariche civili, ordinate a disporre dei beni terreni: nell'assegnazione di esse spesso gli uomini ricorrono alle sorti, come nella spartizione dei beni temporali.
Ma in casi di necessità urgente è lecito chiedere mediante le sorti, con la debita riverenza, il giudizio di Dio. Ecco le parole di S. Agostino: "Se in tempo di persecuzione i ministri di Dio discutono chi di essi debba o no rimanere, e chi fuggire per evitare che la Chiesa rimanga abbandonata, o dalla fuga, o dalla morte di tutti, se non si può finire diversamente la discussione, mi pare che si debba ricorrere al sorteggio, per stabilire chi deve fuggire e chi rimanere". E altrove egli dice: "Se tu hai del superfluo da dare a chi non ha, e ti trovi nell'impossibilità di dare a due persone, nel caso che si presentino due individui, egualmente indigenti ed egualmente legati a te da qualche legame, non potresti far niente di più giusto che tirare a sorte la persona da beneficare con l'offerta che non puoi dare a entrambe".
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[43106] IIª-IIae q. 95 a. 8 ad 3 Ad tertium dicendum quod iudicium ferri candentis vel aquae ferventis ordinatur quidem ad alicuius peccati occulti inquisitionem per aliquid quod ab homine fit, et in hoc convenit cum sortibus, inquantum tamen expectatur aliquis miraculosus effectus a Deo, excedit communem sortium rationem. Unde huiusmodi iudicium illicitum redditur, tum quia ordinatur ad iudicandum occulta, quae divino iudicio reservantur; tum etiam quia huiusmodi iudicium non est auctoritate divina sancitum. Unde II, qu. V, in decreto Stephani Papae, dicitur, ferri candentis vel aquae ferventis examinatione confessionem extorqueri a quolibet, sacri non censent canones, et quod sanctorum patrum documento sancitum non est, superstitiosa adinventione non est praesumendum. Spontanea enim confessione vel testium approbatione publicata delicta, habito prae oculis Dei timore, concessa sunt nostro regimini iudicare. Occulta vero et incognita illi sunt relinquenda qui solus novit corda filiorum hominum. Et eadem ratio videtur esse de lege duellorum, nisi quod plus accedit ad communem rationem sortium, inquantum non expectatur ibi miraculosus effectus; nisi forte quando pugiles sunt valde impares virtute vel arte.
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[43106] IIª-IIae q. 95 a. 8 ad 3
3. Il giudizio del ferro rovente, o dell'acqua bollente viene ordinato nell'investigare sul peccato occulto di una persona, considerando il risultato di atti compiuti da chi tenta la sorte, e in questo somiglia al sortilegio: tuttavia per il fatto che qui si attende un effetto miracoloso da Dio, si va oltre i comuni termini del sortilegio. Perciò questo giudizio è reso illecito sia perché è ordinato a giudicare cose occulte, riservate al giudizio di Dio, sia perché codesto giudizio non è sanzionato dall'autorità divina. Di qui la precisazione del Papa Stefano V: "I sacri canoni non ammettono che si possa strappare a nessuno la confessione ricorrendo alla prova del ferro rovente, o dell'acqua bollente: e quello che non è sancito dall'insegnamento dei Santi Padri non si deve pretendere con superstiziose innovazioni. Infatti a noi è concesso di giudicare i delitti confessati spontaneamente, o quelli accertati da testimoni sicuri, senza distogliere lo sguardo dal timor di Dio. I peccati occulti o sconosciuti invece bisogna lasciarli a colui che "solo conosce il cuore dei figli degli uomini"". - Lo stesso vale per la legge del duello: con la sola differenza che qui ci si avvicina di più al concetto ordinario del sorteggio in quanto non ci si aspetta un effetto miracoloso; a meno che i duellanti non siano troppo sproporzionati per forza e per abilità.
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