Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Oblazioni e primizie >
Se a rigore di legge gli uomini siano tenuti a fare oblazioni
Secunda pars secundae partis
Quaestio 86
Articulus 1
[42668] IIª-IIae q. 86 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod homines non teneantur ad oblationes ex necessitate praecepti. Non enim homines tempore Evangelii tenentur ad observanda caeremonialia praecepta veteris legis, ut supra habitum est. Sed oblationes offerre ponitur inter caeremonialia praecepta veteris legis, dicitur enim Exod. XXIII, tribus vicibus per singulos annos mihi festa celebrabitis, et postea subditur, non apparebis in conspectu meo vacuus. Ergo ad oblationes non tenentur nunc homines ex necessitate praecepti.
|
|
Seconda parte della seconda parte
Questione 86
Articolo 1
[42668] IIª-IIae q. 86 a. 1 arg. 1
SEMBRA che a rigor di legge gli uomini non siano tenuti a fare oblazioni. Infatti:
1. Nell'era cristiana, come sopra abbiamo visto, gli uomini non sono tenuti a osservare i precetti cerimoniali dell'antica legge. Ora, l'offerta delle oblazioni rientra nei precetti cerimoniali dell'antica legge; ecco infatti un passo dell'Esodo. "Tre volte all'anno mi celebrerete una festa solenne"; e continua: "Non comparirai davanti a me a mani vuote". Perciò adesso gli uomini non son tenuti a fare oblazioni a rigor di legge.
|
[42669] IIª-IIae q. 86 a. 1 arg. 2 Praeterea, oblationes, antequam fiant, in voluntate hominis consistunt, ut videtur per hoc quod dominus dicit, Matth. V, si offers munus tuum ad altare, quasi hoc arbitrio offerentium relinquatur. Postquam autem oblationes sunt factae, non restat locus iterato eas offerendi. Ergo nullo modo aliquis ex necessitate praecepti ad oblationes tenetur.
|
|
[42669] IIª-IIae q. 86 a. 1 arg. 2
2. Le oblazioni prima che si facciano dipendono dalla libera volontà dell'offerente, come risulta da quanto dice il Signore nel Vangelo: "Se stai facendo una tua offerta all'altare..., lascia, ecc.", rimettendo così la cosa all'arbitrio dell'offerente. Ma dopo che le oblazioni son fatte, non c'è più modo di offrirle una seconda volta. Dunque in nessun modo uno è tenuto per legge a fare delle offerte.
|
[42670] IIª-IIae q. 86 a. 1 arg. 3 Praeterea, quicumque aliquid tenetur reddere Ecclesiae, si non reddat, potest ad id compelli per subtractionem ecclesiasticorum sacramentorum. Sed illicitum videtur his qui offerre noluerint ecclesiastica sacramenta denegare, secundum illud decretum sextae synodi quod habetur I, qu. I, nullus qui sacram communionem dispensat, a percipiente gratiam aliquid exigat, si vero exegerit, deponatur. Ergo non tenentur homines ex necessitate ad oblationes.
|
|
[42670] IIª-IIae q. 86 a. 1 arg. 3
3. Chi è tenuto a rendere qualche cosa alla Chiesa, può esserci costretto con la privazione dei sacramenti. Invece è illecito negare i sacramenti a coloro che rifiutano di fare le loro offerte. Così infatti prescrive un decreto del Sesto Concilio (Ecumenico): "Nessuno nel dispensare la sacra Comunione esiga qualche favore da chi la riceve: e se uno lo esigesse, sia deposto". Dunque nessun uomo è strettamente tenuto a fare oblazioni.
|
[42671] IIª-IIae q. 86 a. 1 s. c. Sed contra est quod Gregorius dicit, omnis Christianus procuret ad Missarum solemnia aliquid Deo offerre.
|
|
[42671] IIª-IIae q. 86 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio VII prescrive: "Ogni Cristiano durante la messa solenne procuri di offrire a Dio qualche cosa".
|
[42672] IIª-IIae q. 86 a. 1 co. Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, nomen oblationis commune est ad omnes res quae in cultum Dei exhibentur. Ita quod si aliquid exhibeatur in cultum divinum quasi in aliquod sacrum quod inde fieri debeat consumendum, et oblatio est et sacrificium, unde dicitur Exod. XXIX, offeres totum arietem in incensum super altare, oblatio est domino, odor suavissimus victimae Dei; et Levit. II dicitur, anima cum obtulerit oblationem sacrificii domino, simila erit eius oblatio. Si vero sic exhibeatur ut integrum maneat, divino cultui deputandum vel in usus ministrorum expendendum, erit oblatio et non sacrificium. Huiusmodi ergo oblationes de sui ratione habent quod voluntarie offerantur, secundum illud Exod. XXV, ab homine qui offert ultroneus, accipietis eas. Potest tamen contingere quod aliquis ad oblationes teneatur quadruplici ratione. Primo quidem, ex praecedenti conventione, sicut cum alicui conceditur aliquis fundus Ecclesiae, ut certis temporibus certas oblationes faciat. Quod tamen habet rationem census. Secundo, propter praecedentem deputationem sive promissionem, sicut cum aliquis offert donationem inter vivos vel cum relinquit in testamento Ecclesiae aliquam rem, mobilem vel immobilem, in posterum solvendam. Tertio modo, propter Ecclesiae necessitatem, puta si ministri Ecclesiae non haberent unde sustentarentur. Quarto modo, propter consuetudinem, tenentur enim fideles in aliquibus solemnitatibus ad aliquas oblationes consuetas. Tamen in his duobus ultimis casibus remanet oblatio quodammodo voluntaria, scilicet quantum ad quantitatem vel speciem rei oblatae.
|
|
[42672] IIª-IIae q. 86 a. 1 co.
RISPONDO: Il termine oblazione è comune, come abbiamo visto, a tutte le cose che vengono offerte per il culto di Dio. E quindi se si offre per il culto di Dio un bene che va consumato in qualche cosa di sacro ricavabile da esso, si ha insieme un'oblazione e un sacrificio. Ecco perché nell'Esodo si legge: "Offri tutto il montone in profumo sopra l'altare: è un'oblazione al Signore, ed è gratissimo al Signore l'odore di quella vittima"; e nel Levitico: "Se un uomo vorrà fare l'oblazione di un sacrificio al Signore, la sua oblazione sarà di fior di farina". Se invece la cosa viene offerta per rimanere integra, venendo destinata al culto, o all'uso dei ministri di Dio, allora si avrà un'oblazione, ma non un sacrificio.
Ora, codeste oblazioni per la loro natura sono spontanee, come si rileva dalle parole dell'Esodo: "Riceverai i doni da chiunque li offrirà spontaneamente". Ma può darsi che uno sia tenuto a fare codeste offerte, e questo per quattro motivi. Primo, per un patto precedente: come quando a uno vien concesso il fondo di una Chiesa, a patto che in quei dati tempi faccia determinate oblazioni. La cosa allora ha l'aspetto di tributo. - Secondo, per un impegno o una promessa stabiliti in precedenza: come quando uno fa dono tra vivi, o lascia in testamento alla Chiesa un bene mobile o immobile, da consegnare dopo un certo tempo. - Terzo, per le necessità della Chiesa: nel caso, p. es., che i ministri della Chiesa non avessero di che sostentarsi. - Quarto, per la consuetudine: infatti i fedeli son tenuti in certe solennità a fare le oblazioni consuete. - Tuttavia nei due ultimi casi l'oblazione rimane in un certo senso volontaria: vale a dire per la quantità e la specie dei beni da offrire.
|
[42673] IIª-IIae q. 86 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod in nova lege homines non tenentur ad oblationem causa solemnitatum legalium, ut in Exodo dicitur, sed ex quibusdam aliis causis, ut dictum est.
|
|
[42673] IIª-IIae q. 86 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nella nuova legge gli uomini non sono tenuti a fare oblazioni a motivo delle solennità legali di cui si parla nell'Esodo; ma per altri motivi, come abbiamo ricordato.
|
[42674] IIª-IIae q. 86 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod ad oblationes faciendas tenentur aliqui et antequam fiant, sicut in primo et tertio et quarto modo, et etiam postquam eas fecerint per deputationem sive promissionem; tenentur enim realiter exhibere quod est Ecclesiae per modum deputationis oblatum.
|
|
[42674] IIª-IIae q. 86 a. 1 ad 2
2. Si può essere tenuti a fare oblazioni, sia prima di aver fatto la donazione, come avviene nel primo, terzo e quarto caso di quelli elencati, sia dopo la donazione, come avviene dopo l'impegno o la promessa. Allora infatti uno è tenuto a dare di fatto quello che appartiene già alla Chiesa in forza di un'obbligazione.
|
[42675] IIª-IIae q. 86 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod illi qui debitas oblationes non reddunt possunt puniri per subtractionem sacramentorum, non per ipsum sacerdotem cui sunt oblationes faciendae, ne videatur pro sacramentorum exhibitione aliquid exigere, sed per superiorem aliquem.
|
|
[42675] IIª-IIae q. 86 a. 1 ad 3
3. Quelli che non danno le offerte dovute possono esser puniti con la privazione dei sacramenti, ma non da parte del sacerdote che ha diritto a codeste oblazioni, bensì da un'autorità superiore, perché non sembri che si esiga qualche cosa per il conferimento dei sacramenti.
|
|
|