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Se siano ben formulate le sette domande del Pater Noster
Secunda pars secundae partis
Quaestio 83
Articulus 9
[42528] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 1 Ad nonum sic proceditur. Videtur quod inconvenienter septem petitiones orationis dominicae assignentur. Vanum enim est petere illud quod semper est. Sed nomen Dei semper est sanctum, secundum illud Luc. I, sanctum nomen eius. Regnum etiam eius est sempiternum, secundum illud Psalmo, regnum tuum, domine, regnum omnium saeculorum. Voluntas etiam Dei semper impletur, secundum illud Isaiae XLVI, omnis voluntas mea fiet. Vanum ergo est petere quod nomen Dei sanctificetur, quod regnum eius adveniat, et quod eius voluntas fiat.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 83
Articolo 9
[42528] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 1
SEMBRA che non siano ben formulate le sette domande del Pater Noster. Infatti:
1. È vano chiedere cose che sono sempre in atto. Ora, il nome di Dio è sempre santo, secondo le parole evangeliche: "Santo è il suo nome". Il suo regno poi è eterno, secondo l'espressione dei Salmi: "Il tuo regno, o Signore, è regno di tutti i secoli". Così pure la volontà di Dio si adempie sempre, come si legge in Isaia: "Ogni mia volontà sarà adempiuta". Perciò è cosa vana chiedere che "il nome di Dio sia santificato", che "venga il suo regno", e che "sia fatta la sua volontà".
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[42529] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 2 Praeterea, prius est recedere a malo quam consequi bonum. Inconvenienter igitur videntur praeordinari petitiones quae pertinent ad consequendum bonum, petitionibus quae pertinent ad amotionem mali.
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[42529] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 2
2. L'allontanamento dal male precede il conseguimento del bene. Perciò sembra illogico presentare le domande che riguardano il conseguimento del bene, prima di quelle che si riferiscono alla rimozione del male.
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[42530] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 3 Praeterea, ad hoc aliquid petitur ut donetur. Sed praecipuum donum Dei est spiritus sanctus, et ea quae nobis per ipsum dantur. Ergo videntur inconvenienter proponi petitiones, cum non respondeant donis spiritus sancti.
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[42530] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 3
3. Le domande si fanno per avere qualche cosa in dono. Ma il dono principale di Dio è lo Spirito Santo, e i donativi che ne derivano. Dunque non sono ben formulate le suddette domande, poiché non corrispondono ai doni dello Spirito Santo.
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[42531] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 4 Praeterea, secundum Lucam in oratione dominica ponuntur solum quinque petitiones, ut patet Luc. XI. Superfluum igitur fuit quod secundum Matthaeum septem petitiones ponuntur.
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[42531] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 4
4. Nel Vangelo di S. Luca il Pater Noster abbraccia cinque sole domande. Perciò nelle sette domande che troviamo in S. Matteo ce ne sono di superflue.
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[42532] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 5 Praeterea, in vanum videtur captare benevolentiam eius qui benevolentia sua nos praevenit. Sed Deus nos sua benevolentia praevenit, quia ipse prior dilexit nos, ut dicitur I Ioan. IV. Superflue ergo praemittitur petitionibus, pater noster, qui es in caelis, quod videtur ad benevolentiam captandam pertinere.
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[42532] IIª-IIae q. 83 a. 9 arg. 5
5. È vano il tentativo di cattivarsi la benevolenza di una persona, che ci previene con la sua benevolenza. Ora, Dio con la sua benevolenza ci previene: poiché, a detta di S. Giovanni, "egli per primo ci ha amati". Dunque è superflua la premessa: "Padre nostro, che sei nei cieli", la quale sembra intesa a cattivarsi la benevolenza.
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[42533] IIª-IIae q. 83 a. 9 s. c. Sed in contrarium sufficit auctoritas Christi orationem instituentis.
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[42533] IIª-IIae q. 83 a. 9 s. c.
IN CONTRARIO: Basta l'autorità di Cristo che ha istituito questa preghiera.
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[42534] IIª-IIae q. 83 a. 9 co. Respondeo dicendum quod oratio dominica perfectissima est, quia, sicut Augustinus dicit, ad Probam, si recte et congruenter oramus, nihil aliud dicere possumus quam quod in ista oratione dominica positum est. Quia enim oratio est quodammodo desiderii nostri interpres apud Deum, illa solum recte orando petimus quae recte desiderare valemus. In oratione autem dominica non solum petuntur omnia quae recte desiderare possumus, sed etiam eo ordine quo desideranda sunt, ut sic haec oratio non solum instruat postulare, sed etiam sit informativa totius nostri affectus. Manifestum est autem quod primo cadit in desiderio finis; deinde ea quae sunt ad finem. Finis autem noster Deus est. In quem noster affectus tendit dupliciter, uno quidem modo, prout volumus gloriam Dei; alio modo, secundum quod volumus frui gloria eius. Quorum primum pertinet ad dilectionem qua Deum in seipso diligimus, secundum vero pertinet ad dilectionem qua diligimus nos in Deo. Et ideo prima petitio ponitur, sanctificetur nomen tuum, per quam petimus gloriam Dei. Secunda vero ponitur, adveniat regnum tuum, per quam petimus ad gloriam regni eius pervenire. Ad finem autem praedictum ordinat nos aliquid dupliciter, uno modo, per se; alio modo, per accidens. Per se quidem, bonum quod est utile in finem. Est autem aliquid utile in finem beatitudinis dupliciter. Uno modo, directe et principaliter, secundum meritum quo beatitudinem meremur Deo obediendo. Et quantum ad hoc ponitur, fiat voluntas tua, sicut in caelo, et in terra. Alio modo, instrumentaliter, et quasi coadiuvans nos ad merendum. Et ad hoc pertinet quod dicitur, panem nostrum quotidianum da nobis hodie, sive hoc intelligatur de pane sacramentali, cuius quotidianus usus proficit homini, in quo etiam intelliguntur omnia alia sacramenta; sive etiam intelligatur de pane corporali, ut per panem intelligatur omnis sufficientia victus, sicut dicit Augustinus, ad Probam; quia et Eucharistia est praecipuum sacramentum, et panis est praecipuus cibus, unde et in Evangelio Matthaei scriptum est, supersubstantialem, idest praecipuum, ut Hieronymus exponit. Per accidens autem ordinamur in beatitudinem per remotionem prohibentis. Tria autem sunt quae nos a beatitudine prohibent. Primo quidem, peccatum, quod directe excludit a regno, secundum illud I ad Cor. VI, neque fornicarii, neque idolis servientes, etc., regnum Dei possidebunt. Et ad hoc pertinet quod dicitur, dimitte nobis debita nostra. Secundo, tentatio, quae nos impedit ab observantia divinae voluntatis. Et ad hoc pertinet quod dicitur, et ne nos inducas in tentationem, per quod non petimus ut non tentemur, sed ut a tentatione non vincamur, quod est in tentationem induci. Tertio, poenalitas praesens, quae impedit sufficientiam vitae. Et quantum ad hoc dicitur, libera nos a malo.
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[42534] IIª-IIae q. 83 a. 9 co.
RISPONDO: La preghiera del Pater Noster è perfettissima: poiché, come dice S. Agostino, "se preghiamo bene, non possiamo dire altro che quanto è stato formulato in questa preghiera del Signore". Infatti nella preghiera chiediamo rettamente quello che siamo capaci di rettamente desiderare, poiché la preghiera è come l'interprete del nostro desiderio presso Dio. Ora, nella Preghiera del Signore non solo vengono domandate tutte le cose che possiamo rettamente desiderare, ma anche nell'ordine in cui devono essere desiderate: cosicché questa preghiera non solo insegna a chiedere, ma plasma tutti i nostri affetti.
Ora, è evidente che il primo oggetto del desiderio è il fine; e quindi i mezzi per raggiungerlo. Ma il nostro fine è Dio. E verso di lui il nostro affetto può tendere in due modi: primo, col volere la gloria di Dio; secondo, desiderando di godere della sua gloria. Il primo di codesti atti si riferisce all'amore col quale amiamo Dio per se stesso; il secondo si riferisce all'amore col quale amiamo noi stessi in Dio. Ecco il perché della prima domanda: "Sia santificato il tuo nome", con la quale chiediamo la gloria di Dio. - Ed il perché della seconda: "Venga il tuo regno", con la quale chiediamo di raggiungere la gloria del suo regno.
Al fine suddetto poi una cosa può predisporci in due modi: direttamente e indirettamente. Direttamente, e questo è compito del bene utile al raggiungimento del fine. D'altra parte una cosa può essere utile per il fine, che è la beatitudine, in due maniere. Primo, in maniera diretta e principale, mediante il merito che con l'obbedienza a Dio ci fa guadagnare la beatitudine. E ad esso si riferisce la (terza) domanda: "Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra". - Secondo, in maniera strumentale e quasi di rincalzo, aiutandoci così a meritare. A ciò si riferisce la domanda: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano"; sia che s'intenda del pane sacramentale, il cui uso quotidiano è vantaggioso per l'uomo, e nel quale vengono inclusi tutti gli altri sacramenti; sia che s'intenda del pane materiale, come per indicare col pane "qualsiasi necessità di vitto", secondo la spiegazione di S. Agostino; poiché l'Eucarestia è il principale sacramento, e il pane il principale alimento. Infatti nel Vangelo di S. Matteo si parla del "pane soprasostanziale", cioè "principale", come spiega S. Girolamo.
Indirettamente poi veniamo predisposti alla beatitudine mediante la rimozione degli ostacoli. Ora, tre sono gli ostacoli che ci allontanano dalla beatitudine. Primo, il peccato, che esclude direttamente dal Regno, secondo l'affermazione di S. Paolo: "Né fornicatori, né idolatri, ecc., erediteranno il regno di Dio". Di qui la domanda: "Rimetti a noi i nostri debiti". - Secondo, la tentazione, che ci trattiene dall'adempiere la divina volontà. Ad essa si riferisce la domanda: "Non c'indurre in tentazione"; con la quale non chiediamo di non essere tentati affatto, ma di non essere vinti dalla tentazione. - Terzo, i travagli della vita presente che sottraggono il necessario per vivere. E a questo si riferisce la domanda: "Liberaci dal male".
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[42535] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod, sicut Augustinus dicit, in libro de Serm. Dom. in monte, cum dicimus, sanctificetur nomen tuum, non hoc petitur quasi non sit sanctum Dei nomen, sed ut sanctum ab hominibus habeatur; quod pertinet ad Dei gloriam in hominibus propagandam. Quod autem dicitur, adveniat regnum tuum, non ita dictum est quasi Deus nunc non regnet, sed, sicut Augustinus dicit, ad Probam, desiderium nostrum ad illud regnum excitamus, ut nobis veniat, atque in eo regnemus. Quod autem dicitur, fiat voluntas tua, recte intelligitur, obediatur praeceptis tuis. Sicut in caelo et in terra, idest, sicut ab Angelis, ita ab hominibus. Unde hae tres petitiones perfecte complebuntur in vita futura, aliae vero quatuor pertinent ad necessitatem vitae praesentis, sicut Augustinus dicit, in Enchiridio.
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[42535] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come S. Agostino spiega, quando diciamo: "Sia santificato il tuo nome", "non si chiede questo come se il nome di Dio non fosse santo: ma si chiede che esso venga ritenuto come santo dagli uomini"; e cioè si mira a diffondere la gloria di Dio presso gli uomini. - E quando si dice: "Venga il tuo regno", "non si vuol dire che attualmente Dio non regna"; ma vogliamo eccitare in noi il desiderio, affinché esso venga per noi, e possiamo in esso regnare. - E le parole: "Si faccia la tua volontà", "vanno intese in questo senso: Si ubbidisca ai tuoi comandamenti, "come in cielo così in terra", cioè come dagli angeli, così dagli uomini". - Perciò queste tre domande saranno soddisfatte pienamente nella vita futura: invece le altre quattro riguardano le necessità della vita presente, come nota lo stesso S. Agostino nell'Enchiridion.
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[42536] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 2 Ad secundum dicendum quod, cum oratio sit interpres desiderii, ordo petitionum non respondet ordini executionis, sed ordini desiderii sive intentionis, in quo prius est finis quam ea quae sunt ad finem, et consecutio boni quam remotio mali.
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[42536] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 2
2. Essendo la preghiera l'interprete del desiderio, l'ordine delle domande non corrisponde all'ordine di esecuzione, ma a quello del desiderio, o d'intenzione, nel quale il fine è prima dei mezzi, e il conseguimento del bene prima della rimozione del male.
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[42537] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 3 Ad tertium dicendum quod Augustinus, in libro de Serm. Dom. in monte, adaptat septem petitiones donis et beatitudinibus, dicens, si timor Dei est quo beati sunt pauperes spiritu, petamus ut sanctificetur in hominibus nomen Dei timore casto. Si pietas est qua beati sunt mites, petamus ut veniat regnum eius, ut mitescamus, nec ei resistamus. Si scientia est qua beati sunt qui lugent, oremus ut fiat voluntas eius, quia sic non lugebimus. Si fortitudo est qua beati sunt qui esuriunt, oremus ut panis noster quotidianus detur nobis. Si consilium est quo beati sunt misericordes, debita dimittamus, ut nobis nostra dimittantur. Si intellectus est quo beati sunt mundo corde, oremus ne habeamus duplex cor, temporalia sectando, de quibus tentationes fiunt in nobis. Si sapientia est qua beati sunt pacifici quoniam filii Dei vocabuntur, oremus ut liberemur a malo, ipsa enim liberatio liberos nos faciet filios Dei.
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[42537] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 3
3. S. Agostino nel suo libro De Sermone Domini in monte, fa così corrispondere le sette domande ai doni e alle beatitudini: "Se è il timor di Dio a rendere beati i poveri in spirito, chiediamo che sia santificato il nome di Dio col timore casto. Se è la pietà a far sì che siano beati i mansueti, chiediamo che venga il suo regno, affinché diventiamo mansueti, e cessiamo dal fargli resistenza. Se è la scienza a rendere beati quelli che piangono, preghiamo che sia fatta la sua volontà: poiché allora non piangeremo. E se è la fortezza a far sì che siano beati coloro che hanno fame, preghiamo che ci venga dato il nostro pane quotidiano. Se è il consiglio a rendere beati i misericordiosi, rimettiamo i debiti, affinché essi siano rimessi anche a noi. Se è l'intelletto a rendere beati i puri di cuore, preghiamo che ci venga risparmiata una doppiezza di cuore, con la ricerca dei beni temporali, dai quali scaturiscono le nostre tentazioni. Se poi è la sapienza a far sì che siano beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio, preghiamo di essere liberati dal male; affinché questa liberazione ci renda liberi figli di Dio".
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[42538] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 4 Ad quartum dicendum quod, sicut Augustinus dicit, in Enchirid., Lucas in oratione dominica petitiones non septem, sed quinque complexus est. Ostendens enim tertiam petitionem duarum praemissarum esse quodammodo repetitionem, praetermittendo eam facit intelligi, quia scilicet ad hoc praecipue voluntas Dei tendit ut eius sanctitatem cognoscamus, et cum ipso regnemus. Quod etiam Matthaeus in ultimo posuit, libera nos a malo, Lucas non posuit, ut sciat unusquisque in eo se liberari a malo quod non infertur in tentationem.
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[42538] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 4
4. Come nota S. Agostino, "S. Luca nella Preghiera del Signore riporta non sette domande, ma cinque. Volendo mostrare che la terza domanda è in qualche modo una ripetizione delle prime due, lo fece comprendere lasciandola da parte": per il fatto, cioè, che la volontà di Dio mira soprattutto a farci conoscere la sua santità, e a farci regnare con lui. "Così la domanda riferita da S. Matteo per ultima, "Liberaci dal male", S. Luca l'ha omessa perché ciascuno comprenda che la propria liberazione dal male consiste nel non cadere nella tentazione".
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[42539] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 5 Ad quintum dicendum quod oratio non porrigitur Deo ut ipsum flectamus, sed ut in nobis ipsis fiduciam excitemus postulandi. Quae quidem praecipue excitatur in nobis considerando eius caritatem ad nos, qua bonum nostrum vult, et ideo dicimus, pater noster; et eius excellentiam, qua potest, et ideo dicimus, qui es in caelis.
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[42539] IIª-IIae q. 83 a. 9 ad 5
5. Le preghiere si fanno non per piegare Dio, ma per eccitare in noi la fiducia nel chiedere. E questa si genera specialmente nel considerare la sua carità verso di noi, con la quale vuole il nostro bene; per questo diciamo: "Padre nostro"; e nel considerare la sua grandezza e onnipotenza; ecco perché diciamo: "che sei nei cieli".
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