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Se la contemplazione, o meditazione, sia la causa della devozione
Secunda pars secundae partis
Quaestio 82
Articulus 3
[42445] IIª-IIae q. 82 a. 3 arg. 1 Ad tertium sic proceditur. Videtur quod contemplatio, seu meditatio, non sit devotionis causa. Nulla enim causa impedit suum effectum. Sed subtiles meditationes intelligibilium multoties devotionem impediunt. Ergo contemplatio, seu meditatio, non est devotionis causa.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 82
Articolo 3
[42445] IIª-IIae q. 82 a. 3 arg. 1
SEMBRA che la contemplazione, o meditazione, non sia la causa della devozione. Infatti:
1. Nessuna causa impedisce il proprio effetto. Ora, le sottili elucubrazioni spesso impediscono la devozione. Dunque la contemplazione, o meditazione non è causa della devozione.
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[42446] IIª-IIae q. 82 a. 3 arg. 2 Praeterea, si contemplatio esset propria et per se devotionis causa, oporteret quod ea quae sunt altioris contemplationis magis devotionem excitarent. Huius autem contrarium apparet, frequenter enim maior devotio excitatur ex consideratione passionis Christi, et aliis mysteriis humanitatis ipsius, quam ex consideratione divinae magnitudinis. Ergo contemplatio non est propria devotionis causa.
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[42446] IIª-IIae q. 82 a. 3 arg. 2
2. Se la contemplazione fosse la causa propria e diretta della devozione, bisognerebbe che le cose di più alta contemplazione fossero le più adatte per eccitare la devozione. Invece l'esperienza dimostra il contrario; spesso infatti nasce più devozione dal considerare la passione di Cristo, e gli altri misteri della sua umanità, che dalla considerazione della grandezza di Dio. Dunque la contemplazione non è la causa propria della devozione.
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[42447] IIª-IIae q. 82 a. 3 arg. 3 Praeterea, si contemplatio esset propria causa devotionis, oporteret quod illi qui sunt magis apti ad contemplationem essent etiam magis apti ad devotionem. Huius autem contrarium videmus, quia devotio frequenter magis invenitur in quibusdam simplicibus viris et in femineo sexu, in quibus invenitur contemplationis defectus. Ergo contemplatio non est propria causa devotionis.
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[42447] IIª-IIae q. 82 a. 3 arg. 3
3. Se la contemplazione fosse la causa propria della devozione, bisognerebbe che i più preparati per contemplare fossero anche i più disposti alla devozione. Invece si riscontra il contrario: poiché la devozione è più frequente negli uomini semplici e nelle donne, in cui c'è una deficienza di contemplazione. Dunque la contemplazione non è la causa propria della devozione.
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[42448] IIª-IIae q. 82 a. 3 s. c. Sed contra est quod in Psalm. dicitur, in meditatione mea exardescet ignis. Sed ignis spiritualis causat devotionem. Ergo meditatio est devotionis causa.
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[42448] IIª-IIae q. 82 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Nella mia meditazione divampò il fuoco". Ma il fuoco spirituale causa la devozione. Quindi la meditazione causa la devozione.
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[42449] IIª-IIae q. 82 a. 3 co. Respondeo dicendum quod causa devotionis extrinseca et principalis Deus est; de quo dicit Ambrosius, super Luc., quod Deus quos dignatur vocat, et quem vult religiosum facit, et si voluisset, Samaritanos ex indevotis devotos fecisset. Causa autem intrinseca ex parte nostra, oportet quod sit meditatio seu contemplatio. Dictum est enim quod devotio est quidam voluntatis actus ad hoc quod homo prompte se tradat ad divinum obsequium. Omnis autem actus voluntatis ex aliqua consideratione procedit, eo quod bonum intellectum est obiectum voluntatis, unde et Augustinus dicit, in libro de Trin., quod voluntas oritur ex intelligentia. Et ideo necesse est quod meditatio sit devotionis causa, inquantum scilicet per meditationem homo concipit quod se tradat divino obsequio. Ad quod quidem inducit duplex consideratio. Una quidem quae est ex parte divinae bonitatis et beneficiorum ipsius, secundum illud Psalm., mihi adhaerere Deo bonum est, ponere in domino Deo spem meam. Et haec consideratio excitat dilectionem, quae est proxima devotionis causa. Alia vero est ex parte hominis considerantis suos defectus, ex quibus indiget ut Deo innitatur, secundum illud Psalm., levavi oculos meos in montes, unde veniet auxilium mihi. Auxilium meum a domino, qui fecit caelum et terram. Et haec consideratio excludit praesumptionem, per quam aliquis impeditur ne Deo se subiiciat, dum suae virtuti innititur.
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[42449] IIª-IIae q. 82 a. 3 co.
RISPONDO: Causa estrinseca e principale della devozione è Dio; a proposito del quale S. Ambrogio afferma, che "Dio chiama quelli che si degna chiamare, e rende religioso chi vuole: e se avesse voluto avrebbe reso devoti i samaritani indevoti". Ma la causa intrinseca da parte nostra deve essere la meditazione, o contemplazione. La devozione, infatti, come abbiamo notato, è un atto della volontà, che consiste nell'essere pronti a dedicarsi al culto di Dio. Ora, ogni atto della volontà deriva da qualche considerazione, poiché oggetto della volontà è un bene conosciuto dall'intelletto: cosicché S. Agostino insegna che il volere nasce dall'intendere. Dunque è necessario che la meditazione sia causa della devozione: poiché l'uomo concepisce il proposito di consacrarsi al culto di Dio mediante la meditazione.
E su codesto proposito influiscono due considerazioni. La prima relativa alla bontà di Dio e ai suoi benefici, cui accennano le parole dei Salmi: "Buon per me lo stare unito a Dio, porre nel Signore Iddio la mia speranza". Questa considerazione eccita l'amore, causa prossima della devozione. - La seconda relativa all'uomo, il quale considera le sue deficienze, per cui ha bisogno di appoggiarsi a Dio, secondo le parole dei Salmi: "Ho alzato gli occhi verso i monti, donde mi verrà l'aiuto. Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra". E questa considerazione esclude la presunzione, che ostacola la sottomissione dell'uomo a Dio, facendolo contare sulle proprie forze.
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[42450] IIª-IIae q. 82 a. 3 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod consideratio eorum quae nata sunt dilectionem Dei excitare, devotionem causant. Consideratio vero quorumcumque ad hoc non pertinentium, sed ab his mentem distrahentium, impedit devotionem.
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[42450] IIª-IIae q. 82 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La considerazione di quanto serve a suscitare l'amore di Dio causa la devozione. Mentre la considerazione di cose di altro genere, che distraggono la mente, impedisce la devozione.
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[42451] IIª-IIae q. 82 a. 3 ad 2 Ad secundum dicendum quod ea quae sunt divinitatis sunt secundum se maxime excitantia dilectionem, et per consequens devotionem, quia Deus est super omnia diligendus. Sed ex debilitate mentis humanae est quod sicut indiget manuduci ad cognitionem divinorum, ita ad dilectionem, per aliqua sensibilia nobis nota. Inter quae praecipuum est humanitas Christi, secundum quod in praefatione dicitur, ut dum visibiliter Deum cognoscimus, per hunc in invisibilium amorem rapiamur. Et ideo ea quae pertinent ad Christi humanitatem, per modum cuiusdam manuductionis, maxime devotionem excitant, cum tamen devotio principaliter circa ea quae sunt divinitatis consistat.
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[42451] IIª-IIae q. 82 a. 3 ad 2
2. Le perfezioni divine di suo sono le cose che suscitano maggiormente l'amore, e quindi la devozione: poiché Dio è degno di essere amato sopra ogni cosa. Ma la debolezza della mente umana fa sì che l'uomo, come nella conoscenza delle cose di Dio, così nell'amore sia nella necessità di essere condotto quasi per mano dalle cose sensibili a noi più note, e tra queste la principale è l'umanità di Cristo, come appare da quelle parole del Prefazio: "affinché mentre conosciamo Dio in forma visibile, siamo da lui rapiti nell'amore delle cose invisibili". Ecco perché le cose riguardanti l'umanità di Cristo eccitano al massimo la devozione, come una guida che prende per mano: mentre la devozione ha principalmente di mira le perfezioni divine.
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[42452] IIª-IIae q. 82 a. 3 ad 3 Ad tertium dicendum quod scientia, et quidquid aliud ad magnitudinem pertinet, occasio est quod homo confidat de seipso, et ideo non totaliter se Deo tradat. Et inde est quod huiusmodi quandoque occasionaliter devotionem impediunt, et in simplicibus et mulieribus devotio abundat, elationem comprimendo. Si tamen scientiam, et quamcumque aliam perfectionem, homo perfecte Deo subdat, ex hoc ipso devotio augetur.
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[42452] IIª-IIae q. 82 a. 3 ad 3
3. La scienza e tutto ciò che può dare prestigio è un'occasione offerta all'uomo per confidare in se stesso, e quindi per non darsi totalmente a Dio. Ecco perché tutto questo talora impedisce occasionalmente la devozione: mentre questa abbonda nei semplici e nelle donne, con la mortificazione dell'orgoglio. Però se un uomo sottomette a Dio perfettamente la scienza e ogni altra perfezione, allora anche per questo fatto la devozione aumenta.
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