II-II, 79

Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Le parti integranti della giustizia


Secunda pars secundae partis
Quaestio 79
Prooemium

[42310] IIª-IIae q. 79 pr.
Deinde considerandum est de partibus quasi integralibus iustitiae quae sunt facere bonum et declinare a malo, et de vitiis oppositis. Circa quod quaeruntur quatuor.
Primo, utrum duo praedicta sint partes iustitiae.
Secundo, utrum transgressio sit speciale peccatum.
Tertio, utrum omissio sit speciale peccatum.
Quarto, de comparatione omissionis ad transgressionem.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 79
Proemio

[42310] IIª-IIae q. 79 pr.
Passiamo a trattare delle parti integranti della giustizia, che sono fare il bene ed evitare il male, e in più dei vizi contrari.
Sull'argomento si pongono quattro quesiti:

1. Se quelle indicate siano le due parti integranti della giustizia;
2. Se la trasgressione sia un peccato speciale;
3. Se lo sia l'omissione;
4. Confronto tra omissione e trasgressione.




Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Le parti integranti della giustizia > Se evitare il male e fare il bene siano le parti integranti della giustizia


Secunda pars secundae partis
Quaestio 79
Articulus 1

[42311] IIª-IIae q. 79 a. 1 arg. 1
Ad primum sic proceditur. Videtur quod declinare a malo et facere bonum non sint partes iustitiae. Ad quamlibet enim virtutem pertinet facere bonum opus et vitare malum. Sed partes non excedunt totum. Ergo declinare a malo et facere bonum non debent poni partes iustitiae, quae est quaedam virtus specialis.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 79
Articolo 1

[42311] IIª-IIae q. 79 a. 1 arg. 1
SEMBRA che evitare il male e fare il bene non siano parti integranti della giustizia. Infatti:
1. Fare il bene ed evitare il male appartengono a ogni specie di virtù. Ora, le parti non possono essere più estese del tutto. Perciò evitare il male e fare il bene non sono parti della giustizia in quanto è una speciale virtù.

[42312] IIª-IIae q. 79 a. 1 arg. 2
Praeterea, super illud Psalm., diverte a malo et fac bonum, dicit Glossa, illud vitat culpam, scilicet divertere a malo; hoc meretur vitam et palmam, scilicet facere bonum. Sed quaelibet pars virtutis meretur vitam et palmam. Ergo declinare a malo non est pars iustitiae.

 

[42312] IIª-IIae q. 79 a. 1 arg. 2
2. Commentando le parole del Salmo: "Allontanati dal male e fai il bene", la Glossa afferma: "Il primo", cioè l'allontanarsi dal male, "evita la colpa; il secondo", cioè il fare del bene, "merita la vita e la palma". Ma qualsiasi parte di una virtù merita la vita e la palma. Dunque l'allontanarsi dal male non è parte della giustizia.

[42313] IIª-IIae q. 79 a. 1 arg. 3
Praeterea, quaecumque ita se habent quod unum includitur in alio, non distinguuntur ab invicem sicut partes alicuius totius. Sed declinare a malo includitur in hoc quod est facere bonum, nullus enim simul facit malum et bonum. Ergo declinare a malo et facere bonum non sunt partes iustitiae.

 

[42313] IIª-IIae q. 79 a. 1 arg. 3
3. Quando di due cose l'una è inclusa nell'altra non è possibile che si distinguano tra loro come parti del tutto. Ora, l'allontanarsi dal male è incluso nel fare il bene: nessuno infatti può compiere simultaneamente il male e il bene. Perciò evitare il male e fare il bene non sono parti della giustizia.

[42314] IIª-IIae q. 79 a. 1 s. c.
Sed contra est quod Augustinus, in libro de Corrept. et Grat., ponit ad iustitiam legis pertinere declinare a malo et facere bonum.

 

[42314] IIª-IIae q. 79 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: S. Agostino insegna che alla giustizia legale appartiene "evitare il male e fare il bene".

[42315] IIª-IIae q. 79 a. 1 co.
Respondeo dicendum quod si loquamur de bono et malo in communi, facere bonum et vitare malum pertinet ad omnem virtutem. Et secundum hoc non possunt poni partes iustitiae, nisi forte iustitia accipiatur prout est omnis virtus. Quamvis etiam iustitia hoc modo accepta respiciat quandam rationem boni specialem, prout scilicet est debitum in ordine ad legem divinam vel humanam. Sed iustitia secundum quod est specialis virtus, respicit bonum sub ratione debiti ad proximum. Et secundum hoc ad iustitiam specialem pertinet facere bonum sub ratione debiti in comparatione ad proximum, et vitare malum oppositum, scilicet quod est nocivum proximo. Ad iustitiam vero generalem pertinet facere bonum debitum in ordine ad communitatem vel ad Deum, et vitare malum oppositum. Dicuntur autem haec duo partes iustitiae generalis vel specialis quasi integrales, quia utrumque eorum requiritur ad perfectum actum iustitiae. Ad iustitiam enim pertinet aequalitatem constituere in his quae sunt ad alterum, ut ex supradictis patet. Eiusdem autem est aliquid constituere, et constitutum conservare. Constituit autem aliquis aequalitatem iustitiae faciendo bonum, idest reddendo alteri quod ei debetur. Conservat autem aequalitatem iustitiae iam constitutae declinando a malo, idest nullum nocumentum proximo inferendo.

 

[42315] IIª-IIae q. 79 a. 1 co.
RISPONDO: Se parliamo del bene e del male in generale, allora fare il bene ed evitare il male appartiene a tutte le virtù. E in tal senso queste due cose non si possono considerare come parti della giustizia, a meno che per giustizia non s'intenda la virtù in genere. Tuttavia anche presa in questo senso la giustizia riguarda una speciale ragione di bene: cioè il bene sotto l'aspetto di cosa dovuta rispetto alla legge divina o umana.
La giustizia invece, in quanto è una virtù specificamente distinta, ha per oggetto il bene sotto l'aspetto di cosa dovuta al prossimo. E in tal senso la giustizia speciale ha il compito di fare il bene sotto l'aspetto di cosa dovuta al prossimo, e di evitare il male contrario, cioè il male nocivo al prossimo. Invece la giustizia generale ha il compito di fare il bene dovuto in ordine alla collettività o a Dio, e di evitare il male contrario.
E queste due parti della giustizia generale, o speciale, son parti quasi integranti della giustizia: poiché entrambe si richiedono per un perfetto atto di giustizia. Infatti quest'ultima ha il compito di stabilire l'uguaglianza nei nostri rapporti con gli altri, come sopra abbiamo visto. Ora, spetta a una medesima virtù costituire una cosa, e conservare ciò che viene così costituito. Ebbene, uno costituisce l'uguaglianza della giustizia facendo il bene, cioè dando agli altri quello che loro spetta, e ne conserva l'uguaglianza già costituita evitando il male, cioè non infliggendo nessun danno al prossimo.

[42316] IIª-IIae q. 79 a. 1 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod bonum et malum hic accipiuntur sub quadam speciali ratione, per quam appropriantur iustitiae. Ideo autem haec duo ponuntur partes iustitiae secundum aliquam propriam rationem boni et mali, non autem alterius alicuius virtutis moralis, quia aliae virtutes morales consistunt circa passiones, in quibus bonum facere est venire ad medium, quod est declinare ab extremis quasi a malis, et sic in idem redit quantum ad alias virtutes, facere bonum et declinare a malo. Sed iustitia consistit circa operationes et res exteriores, in quibus aliud est facere aequalitatem, et aliud est factam non corrumpere.

 

[42316] IIª-IIae q. 79 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Bene e male sono qui considerati sotto un aspetto particolare, che li rende propri della giustizia. Ora, le due cose suddette vengono considerate, per un aspetto particolare del bene e del male, come parti integranti della giustizia e non delle altre virtù morali, perché le altre virtù morali hanno per oggetto le passioni, nelle quali fare il bene consiste nel raggiungere il giusto mezzo, allontanandosi dai due eccessi, come da due mali: e quindi nelle altre virtù fare il bene ed evitare il male sono la stessa cosa. Invece la giustizia ha di mira operazioni e cose esterne, e in questo campo una cosa è attuare il giusto mezzo, e un'altra il non comprometterlo.

[42317] IIª-IIae q. 79 a. 1 ad 2
Ad secundum dicendum quod declinare a malo, secundum quod ponitur pars iustitiae, non importat negationem puram, quod est non facere malum, hoc enim non meretur palmam, sed solum vitat poenam. Importat autem motum voluntatis repudiantis malum, ut ipsum nomen declinationis ostendit. Et hoc est meritorium, praecipue quando aliquis impugnatur ut malum faciat, et resistit.

 

[42317] IIª-IIae q. 79 a. 1 ad 2
2. L'allontanamento dal male, in quanto costituisce parte integrante della giustizia, non implica una pura negazione, e cioè non fare il male: questo infatti non merita la palma (della vittoria), ma evita soltanto la pena. Esso invece implica un moto della volontà di ripulsa contro il male, come indica il nome stesso di allontanamento. E questo è meritorio: specialmente quando uno viene pressato a fare il male, e resiste.

[42318] IIª-IIae q. 79 a. 1 ad 3
Ad tertium dicendum quod facere bonum est actus completivus iustitiae, et quasi pars principalis eius. Declinare autem a malo est actus imperfectior, et secundaria pars eius. Et ideo est quasi pars materialis, sine qua non potest esse pars formalis completiva.

 

[42318] IIª-IIae q. 79 a. 1 ad 3
3. Fare il bene è l'atto completivo della giustizia, e come la parte principale di essa. Invece evitare il male ne è l'atto imperfetto, e la parte secondaria; quindi ne costituisce come l'elemento materiale, di cui non può fare a meno la parte formale completiva.




Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Le parti integranti della giustizia > Se la trasgressione sia uno speciale peccato


Secunda pars secundae partis
Quaestio 79
Articulus 2

[42319] IIª-IIae q. 79 a. 2 arg. 1
Ad secundum sic proceditur. Videtur quod transgressio non sit speciale peccatum. Nulla enim species ponitur in definitione generis. Sed transgressio ponitur in communi definitione peccati, dicit enim Ambrosius quod peccatum est transgressio legis divinae ergo transgressio non est species peccati.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 79
Articolo 2

[42319] IIª-IIae q. 79 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la trasgressione non sia uno speciale peccato. Infatti:
1. Nella deflnizione di un genere non può trovarsi una delle sue specie. Ma la trasgressione si trova nella definizione del peccato: poiché S. Ambrogio afferma che il peccato è "una trasgressione della legge di Dio". Dunque la trasgressione non è una specie di peccato.

[42320] IIª-IIae q. 79 a. 2 arg. 2
Praeterea, nulla species excedit suum genus. Sed transgressio excedit peccatum, quia peccatum est dictum vel factum vel concupitum contra legem Dei, ut patet per Augustinum, XXII contra Faust.; transgressio est etiam contra naturam vel consuetudinem. Ergo transgressio non est species peccati.

 

[42320] IIª-IIae q. 79 a. 2 arg. 2
2. Nessuna specie si può estendere più del proprio genere. Ora, la trasgressione è più estesa del peccato: il peccato infatti, a detta di S. Agostino, è "una parola, un'azione, o un desiderio contro la legge di Dio"; invece la trasgressione si può avere anche contro la natura o la consuetudine. Perciò la trasgressione non è uno speciale peccato.

[42321] IIª-IIae q. 79 a. 2 arg. 3
Praeterea, nulla species continet sub se omnes partes in quas dividitur genus. Sed peccatum transgressionis se extendit ad omnia vitia capitalia, et etiam ad peccata cordis, oris et operis. Ergo transgressio non est speciale peccatum.

 

[42321] IIª-IIae q. 79 a. 2 arg. 3
3. Nessuna specie abbraccia tutte le parti in cui il suo genere si divide. Ma il peccato di trasgressione si estende a tutti i vizi capitali, e anche ai peccati di pensiero, di parola e di opere. Dunque la trasgressione non è uno speciale peccato.

[42322] IIª-IIae q. 79 a. 2 s. c.
Sed contra est quod opponitur speciali virtuti, scilicet iustitiae.

 

[42322] IIª-IIae q. 79 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: La trasgressione si contrappone a una speciale virtù, cioè alla giustizia.

[42323] IIª-IIae q. 79 a. 2 co.
Respondeo dicendum quod nomen transgressionis a corporalibus motibus ad morales actus derivatum est. Dicitur autem aliquis secundum corporalem motum transgredi ex eo quod graditur trans terminum sibi praefixum. Terminus autem praefigitur homini, ut ultra non transeat, in moralibus per praeceptum negativum. Et ideo transgressio proprie dicitur ex eo quod aliquis agit aliquid contra praeceptum negativum. Quod quidem materialiter potest esse commune omnibus speciebus peccatorum, quia per quamlibet speciem peccati mortalis homo transgreditur aliquod praeceptum divinum. Sed si accipiatur formaliter, scilicet secundum hanc specialem rationem quod est facere contra praeceptum negativum, sic est speciale peccatum dupliciter. Uno quidem modo, secundum quod opponitur ad genera peccatorum opposita aliis virtutibus, sicut enim ad propriam rationem iustitiae legalis pertinet attendere debitum praecepti, ita ad propriam rationem transgressionis pertinet attendere contemptum praecepti. Alio modo, secundum quod distinguitur ab omissione, quae contrariatur praecepto affirmativo.

 

[42323] IIª-IIae q. 79 a. 2 co.
RISPONDO: Il termine trasgressione è passato in campo morale dai moti corporali. Ora, si dice che uno trasgredisce nel muoversi fisicamente, per il fatto che passa oltre (trans graditur) il termine prestabilito. Ora, in campo morale all'uomo il termine da non oltrepassare viene prestabilito dai precetti negativi. Ecco perché la trasgressione si ha propriamente quando uno agisce contro un precetto negativo.
Ora, questo materialmente può riscontrarsi in tutte le specie di peccati: poiché con un peccato di qualsiasi specie l'uomo trasgredisce sempre un precetto divino. - Ma se si prende formalmente, cioè secondo quest'aspetto speciale dell'infrazione di un precetto negativo, allora la trasgressione è un peccato specifico in due maniere. Primo, in quanto si contrappone agli altri peccati che sono i contrari delle altre virtù. Infatti, come alla giustizia legale spetta l'osservanza di ciò che si deve per legge, così è proprio della trasgressione mirare al disprezzo della legge. Secondo, in quanto si distingue dall'omissione, che si oppone ai precetti positivi.

[42324] IIª-IIae q. 79 a. 2 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod sicut iustitia legalis est omnis virtus subiecto et quasi materialiter, ita etiam iniustitia legalis est materialiter omne peccatum. Et hoc modo peccatum definivit Ambrosius, secundum scilicet rationem iniustitiae legalis.

 

[42324] IIª-IIae q. 79 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come la giustizia legale in concreto e materialmente è la virtù in genere, così l'ingiustizia legale materialmente è il peccato in tutta la sua universalità. E S. Ambrogio definisce il peccato da questo punto di vista, cioè in quanto è un'ingiustizia legale.

[42325] IIª-IIae q. 79 a. 2 ad 2
Ad secundum dicendum quod inclinatio naturae pertinet ad praecepta legis naturalis. Consuetudo etiam honesta habet vim praecepti, quia ut Augustinus dicit, in epistola de ieiunio sabbati mos populi Dei pro lege habendus est. Et ideo tam peccatum quam transgressio potest esse contra consuetudinem honestam et contra inclinationem naturalem.

 

[42325] IIª-IIae q. 79 a. 2 ad 2
2. L'inclinazione della natura rientra nei precetti della legge naturale. Così la stessa consuetudine ha il vigore di un precetto: poiché, a detta di S. Agostino, "le usanze del popolo di Dio vanno considerate come legge". Ecco perché sia il peccato che la trasgressione hanno contro di sé tanto le buone consuetudini quanto le inclinazioni naturali.

[42326] IIª-IIae q. 79 a. 2 ad 3
Ad tertium dicendum quod omnes enumeratae species peccatorum possunt habere transgressionem non secundum proprias rationes, sed secundum quandam specialem rationem, ut dictum est. Peccatum tamen omissionis omnino a transgressione distinguitur.

 

[42326] IIª-IIae q. 79 a. 2 ad 3
3. Tutte le specie dei peccati ricordati possono esser commesse con trasgressioni che non si limitano alla loro formalità propria, ma rivestono un aspetto speciale, di cui ora abbiamo parlato. - Però il peccato di omissione si distingue sempre nettamente dalla trasgressione.




Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Le parti integranti della giustizia > Se l'omissione sia uno speciale peccato


Secunda pars secundae partis
Quaestio 79
Articulus 3

[42327] IIª-IIae q. 79 a. 3 arg. 1
Ad tertium sic proceditur. Videtur quod omissio non sit speciale peccatum. Omne enim peccatum aut est originale aut actuale. Sed omissio non est originale peccatum, quia non contrahitur per originem. Nec est actuale, quia potest esse absque omni actu, ut supra habitum est, cum de peccatis in communi ageretur. Ergo omissio non est speciale peccatum.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 79
Articolo 3

[42327] IIª-IIae q. 79 a. 3 arg. 1
SEMBRA che l'omissione non sia uno speciale peccato. Infatti:
1. Un peccato, o è originale, o è attuale. Ora, l'omissione non è un peccato originale; perché non si contrae con l'origine, o nascita. E non è un peccato attuale; perché può avvenire senza nessun atto, come abbiamo detto sopra, parlando dei peccati in generale. Dunque l'omissione non è uno speciale peccato.

[42328] IIª-IIae q. 79 a. 3 arg. 2
Praeterea, omne peccatum est voluntarium. Sed omissio quandoque non est voluntaria, sed necessaria, puta cum mulier corrupta est quae virginitatem vovit; vel cum aliquis amittit rem quam restituere tenetur; vel cum sacerdos tenetur celebrare et habet aliquod impedimentum. Ergo omissio non semper est peccatum.

 

[42328] IIª-IIae q. 79 a. 3 arg. 2
2. Ogni peccato è volontario. L'omissione invece talora non è volontaria, ma necessaria: p. es., quando una donna che ha fatto il voto di verginità è stata violata; oppure quando uno ha perso la cosa che doveva restituire; o quando un sacerdote tenuto a celebrare si trova impedito di farlo. Perciò l'omissione non sempre è peccato.

[42329] IIª-IIae q. 79 a. 3 arg. 3
Praeterea, cuilibet speciali peccato est determinare aliquod tempus quando incipit esse. Sed hoc non est determinare in omissione, quia quandocumque non facit similiter se habet, nec tamen semper peccat. Ergo omissio non est speciale peccatum.

 

[42329] IIª-IIae q. 79 a. 3 arg. 3
3. Per ciascun peccato specificamente distinto si può determinare il tempo in cui comincia a sussistere. Ora, questo nell'omissione non si può determinare, perché in tutti i momenti in cui uno non agisce è sempre nella stessa disposizione, e tuttavia egli non pecca tutti i momenti. Dunque l'omissione non è un peccato specificamente distinto.

[42330] IIª-IIae q. 79 a. 3 arg. 4
Praeterea, omne peccatum speciale speciali virtuti opponitur. Sed non est dare aliquam specialem virtutem cui omissio opponitur. Tum quia bonum cuiuslibet virtutis omitti potest. Tum quia iustitia, cui specialius videtur opponi, semper requirit aliquem actum, etiam in declinatione a malo, ut dictum est, omissio autem potest esse absque omni actu. Ergo omissio non est speciale peccatum.

 

[42330] IIª-IIae q. 79 a. 3 arg. 4
4. Ogni peccato specifico si contrappone a una specifica virtù. Ma una virtù specifica che si contrappone all'omissione non esiste: sia perché si può omettere il bene di qualsiasi virtù; sia perché la giustizia, cui sembra opporsi in maniera particolare, richiede sempre un atto qualsiasi, come sopra abbiamo detto per l'allontanamento dal male: mentre l'omissione può avvenire senza nessun atto. Quindi l'omissione non è uno speciale peccato.

[42331] IIª-IIae q. 79 a. 3 s. c.
Sed contra est quod dicitur Iac. IV, scienti bonum et non facienti, peccatum est illi.

 

[42331] IIª-IIae q. 79 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Sta scritto: "Chi sa fare il bene e non lo fa commette peccato".

[42332] IIª-IIae q. 79 a. 3 co.
Respondeo dicendum quod omissio importat praetermissionem boni, non autem cuiuscumque, sed boni debiti. Bonum autem sub ratione debiti pertinet proprie ad iustitiam, ad legalem quidem, si debitum accipiatur in ordine ad legem divinam vel humanam; ad specialem autem iustitiam, secundum quod debitum consideratur in ordine ad proximum. Unde eo modo quo iustitia est specialis virtus, ut supra habitum est, et omissio est speciale peccatum distinctum a peccatis quae opponuntur aliis virtutibus. Eo vero modo quo facere bonum, cui opponitur omissio, est quaedam specialis pars iustitiae distincta a declinatione mali, cui opponitur transgressio, etiam omissio a transgressione distinguitur.

 

[42332] IIª-IIae q. 79 a. 3 co.
RISPONDO: L'omissione implica il tralasciamento non di un bene qualsiasi, ma di un bene dovuto. Ora, il bene sotto l'aspetto di cosa dovuta propriamente appartiene alla giustizia; a quella legale, se il dovere deriva dalla legge divina, o umana; a quella speciale, se il dovere è visto in rapporto al prossimo. Perciò come è una speciale virtù la giustizia, secondo le spiegazioni date sopra, così è un peccato speciale l'omissione, distinto dagli altri peccati che si contrappongono alle altre virtù. E come fare il bene, cui si oppone l'omissione, è una parte speciale della giustizia distinta dall'evitare il male, cui si oppone la trasgressione, così anche l'omissione si distingue dalla trasgressione.

[42333] IIª-IIae q. 79 a. 3 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod omissio non est peccatum originale, sed actuale, non quia habeat aliquem actum sibi essentialem; sed secundum quod negatio actus reducitur ad genus actus. Et secundum hoc non agere accipitur ut agere quoddam, sicut supra dictum est.

 

[42333] IIª-IIae q. 79 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'omissione non è un peccato originale, ma attuale; non perché implichi essenzialmente un atto, ma perché la negazione di un atto rientra nel genere di esso. E in tal senso, come sopra fu spiegato, non agire equivale ad agire in un certo modo.

[42334] IIª-IIae q. 79 a. 3 ad 2
Ad secundum dicendum quod omissio, sicut dictum est, non est nisi boni debiti, ad quod aliquis tenetur. Nullus autem tenetur ad impossibile. Unde nullus, si non facit id quod facere non potest, peccat per omissionem. Mulier ergo corrupta quae virginitatem vovit, non omittit virginitatem non habendo, sed non poenitendo de peccato praeterito, vel non faciendo quod potest ad votum adimplendum per continentiae observantiam. Sacerdos etiam non tenetur dicere Missam nisi supposita debita opportunitate, quae si desit, non omittit. Et similiter aliquis tenetur ad restitutionem, supposita facultate, quam si non habet nec habere potest, non omittit, dummodo faciat quod potest. Et idem dicendum est in aliis.

 

[42334] IIª-IIae q. 79 a. 3 ad 2
2. Come abbiamo già detto, l'omissione si concepisce solo in rapporto a un bene dovuto, che uno ha l'obbligo di compiere. Ora, nessuno è tenuto all'impossibile. Dunque nessuno commette peccato di omissione, se non fa quello che non può fare. Perciò una donna violata che ha fatto voto di verginità, non fa un peccato di omissione perché non custodisce la verginità, ma perché non si pente del suo peccato, o perché non fa quello che può per adempiere il suo voto con l'osservanza della castità. Così il sacerdote non è tenuto a dir la messa, se non in quanto è in condizioni di farlo: e se queste mancano, non pecca di omissione. Parimenti uno è tenuto a restituire, supposto che ne abbia la capacità: e se questa manca, non fa un peccato d'omissione, purché faccia quello che può. Lo stesso si dica di altri casi del genere.

[42335] IIª-IIae q. 79 a. 3 ad 3
Ad tertium dicendum quod sicut peccatum transgressionis opponitur praeceptis negativis, quae pertinent ad declinandum a malo, ita peccatum omissionis opponitur praeceptis affirmativis, quae pertinent ad faciendum bonum. Praecepta autem affirmativa non obligant ad semper, sed ad tempus determinatum. Et pro illo tempore peccatum omissionis incipit esse. Potest tamen contingere quod aliquis tunc sit impotens ad faciendum quod debet. Quod quidem si sit praeter eius culpam, non omittit, ut dictum est. Si vero sit propter eius culpam praecedentem, puta cum aliquis de sero se inebriavit et non potest surgere ad matutinas ut debet, dicunt quidam quod tunc incoepit peccatum omissionis quando aliquis applicat se ad actum illicitum et incompossibilem cum illo actu ad quem tenetur. Sed hoc non videtur verum. Quia, dato quod excitaretur per violentiam et iret ad matutinas, non omitteret. Unde patet quod praecedens inebriatio non fuit omissio, sed omissionis causa. Unde dicendum est quod omissio incipit ei imputari ad culpam quando fuit tempus operandi, tamen propter causam praecedentem, ex qua omissio sequens redditur voluntaria.

 

[42335] IIª-IIae q. 79 a. 3 ad 3
3. Come il peccato di trasgressione è in contrasto con i precetti negativi, che mirano ad evitare il male, così il peccato di omissione è in contrasto con i precetti affermativi, che mirano al compimento del bene. Ma i precetti affermativi non obbligano in tutti i momenti, bensì in tempi determinati. Ed è allora che il peccato di omissione comincia a sussistere.
Tuttavia può capitare che allora uno non sia in grado di fare ciò che deve. E se questo avviene senza sua colpa, non c'è omissione, come abbiamo già detto. - Se invece ciò avviene per un suo peccato precedente, p. es., se uno è incapace di alzarsi per il mattutino, per essersi ubriacato la sera avanti; allora secondo alcuni il suo peccato di omissione comincerebbe ad esistere, da quando si è applicato all'atto illecito incompatibile con quello al quale era tenuto. Ma questo non sembra vero. Poiché, nel caso che costui venisse svegliato di prepotenza e andasse così a mattutino, non avrebbe peccato d'omissione. Perciò è evidente che l'ubriacatura precedente non era l'omissione, ma causa dell'omissione. - Bisogna concludere, quindi, che l'omissione comincia ad essergli imputata come colpa, quando sarebbe stato il tempo di agire: però a motivo della causa precedente, che rende volontaria l'omissione successiva.

[42336] IIª-IIae q. 79 a. 3 ad 4
Ad quartum dicendum quod omissio directe opponitur iustitiae, ut dictum est, non enim est omissio boni alicuius virtutis nisi sub ratione debiti, quod pertinet ad iustitiam. Plus autem requiritur ad actum virtutis meritorium quam ad demeritum culpae, quia bonum est ex integra causa, malum autem ex singularibus defectibus. Et ideo ad iustitiae meritum requiritur actus, non autem ad omissionem.

 

[42336] IIª-IIae q. 79 a. 3 ad 4
4. L'omissione direttamente si oppone alla giustizia, come abbiamo spiegato: infatti, e l'abbiamo già visto sopra, il bene di una virtù non viene omesso che sotto l'aspetto di cosa dovuta, aspetto che appartiene alla giustizia. E sappiamo che per l'atto meritorio di virtù si richiedono più cose che per il demerito della colpa: poiché "il bene deriva dalla perfetta integrità della causa, il male deriva da particolari difetti". Ecco perché al merito della giustizia si richiede l'atto; mentre questo non si richiede per l'omissione.




Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > Le parti integranti della giustizia > Se il peccato di omissione sia più grave del peccato di trasgressione


Secunda pars secundae partis
Quaestio 79
Articulus 4

[42337] IIª-IIae q. 79 a. 4 arg. 1
Ad quartum sic proceditur. Videtur quod peccatum omissionis sit gravius quam peccatum transgressionis. Delictum enim videtur idem esse quod derelictum, et sic per consequens videtur idem esse omissioni. Sed delictum est gravius quam peccatum transgressionis, quia maiori expiatione indigebat, ut patet Levit. V. Ergo peccatum omissionis est gravius quam peccatum transgressionis.

 
Seconda parte della seconda parte
Questione 79
Articolo 4

[42337] IIª-IIae q. 79 a. 4 arg. 1
SEMBRA che il peccato di omissione sia più grave del peccato di trasgressione. Infatti:
1. Dire delitto è come dire derelitto: e quindi il delitto sembra identificarsi con l'omissione. Ma un delitto è cosa più grave di un peccato di trasgressione: poiché nella Scrittura richiede un castigo più severo. Dunque il peccato di omissione è più grave del peccato di trasgressione.

[42338] IIª-IIae q. 79 a. 4 arg. 2
Praeterea, maiori bono maius malum opponitur, ut patet per philosophum, in VIII Ethic. Sed facere bonum, cui opponitur omissio, est nobilior pars iustitiae quam declinare a malo, cui opponitur transgressio, ut ex supradictis patet. Ergo omissio est gravius peccatum quam transgressio.

 

[42338] IIª-IIae q. 79 a. 4 arg. 2
2. A un bene maggiore si contrappone un male maggiore, come spiega Aristotele. Ora, stando alle spiegazioni precedenti, fare il bene, cui si oppone l'omissione, è una parte più nobile della giustizia che evitare il male, cui si oppone la trasgressione. Perciò l'omissione è un peccato più grave della trasgressione.

[42339] IIª-IIae q. 79 a. 4 arg. 3
Praeterea, peccatum commissionis potest esse et veniale et mortale. Sed peccatum omissionis videtur esse semper mortale, quia opponitur praecepto affirmativo. Ergo omissio videtur esse gravius peccatum quam sit transgressio.

 

[42339] IIª-IIae q. 79 a. 4 arg. 3
3. Il peccato di trasgressione può essere veniale e mortale. Invece il peccato di omissione sembra essere sempre mortale: poiché si contrappone a un precetto affermativo. Dunque l'omissione è un peccato più grave della trasgressione.

[42340] IIª-IIae q. 79 a. 4 arg. 4
Praeterea, maior poena est poena damni, scilicet carentia visionis divinae, quae debetur peccato omissionis, quam poena sensus, quae debetur peccato transgressionis, ut patet per Chrysostomum super Matth. Sed poena proportionatur culpae. Ergo gravius est peccatum omissionis quam transgressionis.

 

[42340] IIª-IIae q. 79 a. 4 arg. 4
4. La pena del danno, cioè la privazione della visione beatifica, dovuta al peccato di omissione, è un castigo più grave della pena del senso, dovuta al peccato di trasgressione, secondo le spiegazioni del Crisostomo. Ora, il castigo è proporzionato alla colpa. Quindi il peccato di omissione è più grave del peccato di trasgressione.

[42341] IIª-IIae q. 79 a. 4 s. c.
Sed contra est quod facilius est abstinere a malo faciendo quam implere bonum. Ergo gravius peccat qui non abstinet a malo faciendo, quod est transgredi, quam qui non implet bonum, quod est omittere.

 

[42341] IIª-IIae q. 79 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: È più facile astenersi dal fare il male che compiere il bene. Dunque pecca più gravemente chi non si astiene dal fare il male, cioè dal trasgredire, che colui il quale non compie il bene, vale a dire l'omette.

[42342] IIª-IIae q. 79 a. 4 co.
Respondeo dicendum quod peccatum intantum est grave inquantum a virtute distat. Contrarietas autem est maxima distantia, ut dicitur in X Metaphys. unde contrarium magis distat a suo contrario quam simplex eius negatio, sicut nigrum plus distat ab albo quam simpliciter non album; omne enim nigrum est non album, sed non convertitur. Manifestum est autem quod transgressio contrariatur actui virtutis, omissio autem importat negationem ipsius, puta peccatum omissionis est si quis parentibus debitam reverentiam non exhibeat, peccatum autem transgressionis si contumeliam vel quamcumque iniuriam eis inferat. Unde manifestum est quod, simpliciter et absolute loquendo, transgressio est gravius peccatum quam omissio, licet aliqua omissio possit esse gravior aliqua transgressione.

 

[42342] IIª-IIae q. 79 a. 4 co.
RISPONDO: Un peccato in tanto è grave, in quanto si allontana dalla virtù. Ora, a detta di Aristotele, "la distanza più grande consiste nella contrarietà". Quindi una cosa è più distante dal suo contrario che la semplice sua negazione: il nero, p. es., è più distante dal bianco che il semplice non bianco; infatti ogni oggetto nero è non bianco, ma non è vero il contrario. Ora, è noto che la trasgressione è il contrario di un atto di virtù, mentre l'omissione implica la sola negazione di esso: si ha, p. es., un peccato di omissione, se uno non usa verso i genitori la debita riverenza; mentre si ha peccato di trasgressione, se infligge loro un insulto o un'ingiuria qualsiasi. Perciò è evidente che, di suo e assolutamente parlando, la trasgressione è un peccato più grave dell'omissione, sebbene certe omissioni possano essere più gravi di certe trasgressioni.

[42343] IIª-IIae q. 79 a. 4 ad 1
Ad primum ergo dicendum quod delictum communiter sumptum significat quamcumque omissionem. Quandoque tamen stricte accipitur pro eo quod omittitur aliquid de his quae pertinent ad Deum, vel quando scienter et quasi cum quodam contemptu derelinquit homo id quod facere debet. Et sic habet quandam gravitatem, ratione cuius maiori expiatione indiget.

 

[42343] IIª-IIae q. 79 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il termine delitto ordinariamente sta a indicare qualsiasi omissione. Ma in certi casi indica l'omissione dei doveri verso Dio: oppure l'atteggiamento di una persona che di proposito e per disprezzo lascia di fare ciò che deve. E in questi casi ha una speciale gravità, per cui merita un castigo più severo.

[42344] IIª-IIae q. 79 a. 4 ad 2
Ad secundum dicendum quod ei quod est facere bonum opponitur et non facere bonum, quod est omittere, et facere malum, quod est transgredi, sed primum contradictorie, secundum contrarie, quod importat maiorem distantiam. Et ideo transgressio est gravius peccatum.

 

[42344] IIª-IIae q. 79 a. 4 ad 2
2. Fare il bene si contrappone sia a non fare il bene, cioè all'omissione, come a fare il male, cioè alla trasgressione: ma la prima opposizione è contradditoria, la seconda contraria, la quale ultima implica una maggiore distanza. E quindi la trasgressione è un peccato più grave.

[42345] IIª-IIae q. 79 a. 4 ad 3
Ad tertium dicendum quod sicut omissio opponitur praeceptis affirmativis, ita transgressio opponitur praeceptis negativis. Et ideo utrumque, si proprie accipiatur, importat rationem peccati mortalis. Potest autem large dici transgressio vel omissio ex eo quod aliquid sit praeter praecepta affirmativa vel negativa, disponens ad oppositum ipsorum. Et sic utrumque, large accipiendo, potest esse peccatum veniale.

 

[42345] IIª-IIae q. 79 a. 4 ad 3
3. Come l'omissione contrasta con i precetti affermativi, così la trasgressione contrasta con quelli negativi. Perciò a tutto rigore entrambe implicano la gravità di un peccato mortale. Tuttavia si può parlare di tragressione e di omissione in senso lato, in rapporto a cose che esulano dai precetti affermativi o negativi, ma che dispongono ad atti incompatibili con essi. E prese in questo senso più largo l'una e l'altra possono essere peccati veniali.

[42346] IIª-IIae q. 79 a. 4 ad 4
Ad quartum dicendum quod peccato transgressionis respondet et poena damni, propter aversionem a Deo; et poena sensus, propter inordinatam conversionem ad bonum commutabile. Similiter etiam omissioni non solum debetur poena damni, sed etiam poena sensus, secundum illud Matth. VII, omnis arbor quae non facit fructum bonum, excidetur et in ignem mittetur. Et hoc propter radicem ex qua procedit, licet non habeat ex necessitate actualem conversionem ad aliquod bonum commutabile.

 

[42346] IIª-IIae q. 79 a. 4 ad 4
4. Al peccato di trasgressione corrisponde, sia la pena del danno, per l'aversione da Dio, sia la pena del senso, per il volgersi disordinato ai beni transitori. Parimenti, al peccato di omissione non è dovuta solo la pena del danno, ma anche la pena del senso; come si legge in S. Matteo: "Ogni albero che non dà buon frutto, vien tagliato e gettato nel fuoco". E questo per la radice da cui deriva: sebbene questo peccato non richieda necessariamente un volgersi attuale verso beni transitori.

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