[41700] IIª-IIae q. 62 a. 7 co. Respondeo dicendum quod, sicut dictum est, ad restitutionem tenetur aliquis non solum ratione rei alienae quam accepit, sed etiam ratione iniuriosae acceptionis. Et ideo quicumque est causa iniustae acceptionis tenetur ad restitutionem quod quidem contingit dupliciter, directe scilicet, et indirecte. Directe quidem, quando inducit aliquis alium ad accipiendum. Et hoc quidem tripliciter. Primo quidem, movendo ad ipsam acceptionem, quod quidem fit praecipiendo, consulendo, consentiendo expresse, et laudando aliquem quasi strenuum de hoc quod aliena accipit. Alio modo, ex parte ipsius accipientis, quia scilicet eum receptat, vel qualitercumque ei auxilium fert. Tertio modo, ex parte rei acceptae, quia scilicet est particeps furti vel rapinae, quasi socius maleficii. Indirecte vero, quando aliquis non impedit, cum possit et debeat impedire, vel quia subtrahit praeceptum sive consilium impediens furtum sive rapinam; vel quia subtrahit suum auxilium, quo posset obsistere; vel quia occultat post factum. Quae his versibus comprehenduntur, iussio, consilium, consensus, palpo, recursus, participans, mutus, non obstans, non manifestans. Sciendum tamen quod quinque praemissorum semper obligant ad restitutionem. Primo, iussio, quia scilicet ille qui iubet est principaliter movens; unde ipse principaliter tenetur ad restituendum. Secundo, consensus, in eo scilicet sine quo rapina fieri non potest. Tertio, recursus, quando scilicet aliquis est receptator latronum et eis patrocinium praestat. Quarto, participatio, quando scilicet aliquis participat in crimine latrocinii et in praeda. Quinto, tenetur ille qui non obstat, cum obstare teneatur, sicut principes, qui tenentur custodire iustitiam in terra, si per eorum defectum latrones increscant, ad restitutionem tenentur; quia redditus quos habent sunt quasi stipendia ad hoc instituta ut iustitiam conservent in terra. In aliis autem casibus enumeratis non semper obligatur aliquis ad restituendum. Non enim semper consilium vel adulatio, vel aliquid huiusmodi, est efficax causa rapinae. Unde tunc solum tenetur consiliator aut palpo, idest adulator, ad restitutionem, quando probabiliter aestimari potest quod ex huiusmodi causis fuerit iniusta acceptio subsecuta.
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[41700] IIª-IIae q. 62 a. 7 co.
RISPONDO: Come sopra abbiamo notato, si è tenuti alla restituzione non solo per la roba presa, ma anche per l'azione ingiuriosa che uno fa nel prenderla. Perciò chiunque è causa di un'ingiustizia del genere è tenuto alla restituzione. Questa causalità può essere di due tipi: diretta e indiretta. È diretta quando uno induce un altro a rubare. E ciò può avvenire in tre modi. Primo, spingendolo all'atto del furto: vale a dire comandando, consigliando, approvando, o espressamente, oppure lodando qualcuno come una persona capace per il fatto che prende la roba altrui. Secondo, favorendo la persona che ruba: vale a dire ricettandola, oppure aiutandola in qualsiasi modo. Terzo, a motivo della refurtiva; vale a dire perché, prendendo una parte del furto o della rapina, si associa in qualche modo al delitto.
La causalità è invece indiretta quando uno non impedisce, pur avendone la possibilità e il dovere: o perché fa mancare l'ordine o il consiglio che impedirebbe il furto o la rapina; o perché fa mancare l'aiuto, con cui si potrebbe opporre resistenza; oppure perché occulta il ladro dopo il fatto. E tutte queste cose si possono ricapitolare in quei versi: "Mandante, consigliere, consenziente, adulatore, cortese ricettante; - chi sparte, chi non parla, o non contende".
Si deve però notare che cinque di codeste responsabilità obbligano sempre alla restituzione. Primo, il comando: perché chi comanda è il motore principale; ecco perché costui è tenuto per primo a restituire. Secondo, il consenso: quando esso è indispensabile per compiere la rapina. Terzo, la ricettazione: cioè quando uno fa il ricettatore e il favoreggiatore dei ladri. Quarto, la partecipazione: quando uno, cioè, partecipa al ladrocinio e alla divisione della preda. Quinto, è tenuto alla restituzione chi non fa opposizione, pur avendone il dovere: cosicché i principi, i quali hanno il compito di mantenere la giustizia nel loro territorio, sono tenuti alla restituzione, se per loro colpa aumentano i ladri; poiché le gabelle che percepiscono sono come lo stipendio loro fissato per il mantenimento della giustizia nella regione.
Invece negli altri casi enumerati non sempre si è tenuti alla restituzione. Infatti non sempre il consiglio, l'adulazione, e altre cose del genere sono cause efficaci di una rapina. Perciò allora soltanto chi consiglia, o chi incoraggia adulando, è tenuto alla restituzione, quando si può pensare con ragione che il furto sia stato determinato da codeste cause.
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[41702] IIª-IIae q. 62 a. 7 ad 2 Ad secundum dicendum quod principaliter tenetur restituere ille qui est principalis in facto, principaliter quidem praecipiens, secundario exequens, et consequenter alii per ordinem. Uno tamen restituente illi qui passus est damnum, alius eidem restituere non tenetur, sed illi qui sunt principales in facto, et ad quos res pervenit, tenentur aliis restituere qui restituerunt. Quando autem aliquis praecipit iniustam acceptionem quae non subsequitur, non est restitutio facienda, cum restitutio principaliter ordinetur ad reintegrandam rem eius qui iniuste est damnificatus.
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[41702] IIª-IIae q. 62 a. 7 ad 2
2. Principalmente è tenuto a restituire chi nell'atto fa la parte principale: prima dunque viene il mandante, al secondo posto è l'esecutore, e finalmente per ordine tutti gli altri. Tuttavia se uno di essi restituisce a chi fu vittima del danno, gli altri non son tenuti a fare altrettanto: però quelli che furono i principali autori del fatto, e che hanno avuto la refurtiva son tenuti a compensare quelli che hanno restituito. - Quando poi uno comanda un'appropriazione indebita, che però non ha luogo, non è tenuto alla restituzione: poiché la restituzione è ordinata principalmente a reintegrare le sostanze di chi è stato danneggiato.
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