Seconda parte > Le azioni umane > La prudenza > Le parti potenziali della prudenza > Se la synesis sia una virtù
Secunda pars secundae partis
Quaestio 51
Articulus 3
[41176] IIª-IIae q. 51 a. 3 arg. 1 Ad tertium sic proceditur. Videtur quod synesis non sit virtus. Virtutes enim non insunt nobis a natura, ut dicitur in II Ethic. Sed synesis inest aliquibus a natura, ut dicit philosophus, in VI Ethic. Ergo synesis non est virtus.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 51
Articolo 3
[41176] IIª-IIae q. 51 a. 3 arg. 1
SEMBRA che la synesis non sia una virtù. Infatti:
1. Come dice Aristotele, le virtù non sono innate in noi per natura. Invece lo stesso Filosofo afferma che la synesis in alcuni è innata. Dunque la synesis non è una virtù.
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[41177] IIª-IIae q. 51 a. 3 arg. 2 Praeterea, synesis, ut in eodem libro dicitur, est solum iudicativa. Sed iudicium solum, sine praecepto, potest esse etiam in malis. Cum ergo virtus sit solum in bonis, videtur quod synesis non sit virtus.
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[41177] IIª-IIae q. 51 a. 3 arg. 2
2. A detta di Aristotele, la synesis si limita a giudicare. Ma il solo giudizio, senza il comando, può trovarsi anche nei peccatori. Ora, siccome la virtù si trova soltanto nei buoni, è chiaro che la synesis non è una virtù.
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[41178] IIª-IIae q. 51 a. 3 arg. 3 Praeterea, nunquam est defectus in praecipiendo nisi sit aliquis defectus in iudicando, saltem in particulari operabili, in quo omnis malus errat. Si ergo synesis ponitur virtus ad bene iudicandum, videtur quod non sit necessaria alia virtus ad bene praecipiendum. Et ideo prudentia erit superflua, quod est inconveniens. Non ergo synesis est virtus.
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[41178] IIª-IIae q. 51 a. 3 arg. 3
3. Non c'è un difetto nell'ingiunzione senza un difetto nel giudizio, almeno in rapporto all'azione concreta da compiere, in cui i cattivi sbagliano. Perciò, se per synesis s'intende la virtù di ben giudicare, non è più necessaria un'altra virtù per ben comandare. E quindi la prudenza sarebbe inutile: il che è inammissibile. Dunque la synesis non è una virtù.
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[41179] IIª-IIae q. 51 a. 3 s. c. Sed contra, iudicium est perfectius quam consilium. Sed eubulia, quae est bene consiliativa, est virtus. Ergo multo magis synesis, quae est bene iudicativa, est virtus.
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[41179] IIª-IIae q. 51 a. 3 s. c.
IN CONTRARIO: Il giudizio è più perfetto del consiglio, o deliberazione. Ma l'eubulia, che è l'attitudine a ben consigliare, è una virtù. A maggior ragione, dunque, è una virtù la synesis che è l'attitudine a ben giudicare.
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[41180] IIª-IIae q. 51 a. 3 co. Respondeo dicendum quod synesis importat iudicium rectum non quidem circa speculabilia, sed circa particularia operabilia, circa quae etiam est prudentia. Unde secundum synesim dicuntur in Graeco aliqui syneti, idest sensati, vel eusyneti, idest homines boni sensus, sicut e contrario qui carent hac virtute dicuntur asyneti, idest insensati. Oportet autem quod secundum differentiam actuum qui non reducuntur in eandem causam sit etiam diversitas virtutum. Manifestum est autem quod bonitas consilii et bonitas iudicii non reducuntur in eandem causam, multi enim sunt bene consiliativi qui tamen non sunt bene sensati, quasi recte iudicantes. Sicut etiam in speculativis aliqui sunt bene inquirentes, propter hoc quod ratio eorum prompta est ad discurrendum per diversa, quod videtur provenire ex dispositione imaginativae virtutis, quae de facili potest formare diversa phantasmata, et tamen huiusmodi quandoque non sunt boni iudicii, quod est propter defectum intellectus, qui maxime contingit ex mala dispositione communis sensus non bene iudicantis. Et ideo oportet praeter eubuliam esse aliam virtutem quae est bene iudicativa. Et haec dicitur synesis.
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[41180] IIª-IIae q. 51 a. 3 co.
RISPONDO: La synesis implica un retto giudizio non in campo speculativo, ma rispetto alle azioni particolari da compiere, che sono anche oggetto della prudenza. Ecco perché in rapporto alla synesis alcuni in greco si dicono s??et??, cioè sensati, oppure e?s??et??, ossia uomini di buon senso; e al contrario coloro che mancano di codesta virtù si dicono as??et??, cioè insensati. Ora, la diversità delle virtù deve corrispondere alla differenza degli atti non riducibili alla medesima causa. Ma è evidente che la bontà della deliberazione e la bontà del giudizio non si riducono alla medesima causa: infatti ci sono molti che hanno attitudine a ben deliberare, che pure mancano di buon senso nel giudicare rettamente. Del resto anche in campo speculativo ci sono alcuni che hanno buone capacità come ricercatori, in quanto hanno una ragione agile nel passare da una considerazione all'altra, il che sembra dovuto a una disposizione dell'immaginativa, atta a fermare con facilità diversi fantasmi: e tuttavia mancano talora di una buona capacità di giudizio, il che si deve a una mancanza d'intelligenza, che proviene specialmente da una cattiva disposizione del senso comune che non sa ben giudicare. Ecco perché oltre all'eubulia si richiede un'altra virtù fatta per ben giudicare. E questa si denomina synesis.
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[41181] IIª-IIae q. 51 a. 3 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod rectum iudicium in hoc consistit quod vis cognoscitiva apprehendat rem aliquam secundum quod in se est. Quod quidem provenit ex recta dispositione virtutis apprehensivae, sicut in speculo, si fuerit bene dispositum, imprimuntur formae corporum secundum quod sunt; si vero fuerit speculum male dispositum, apparent ibi imagines distortae et prave se habentes. Quod autem virtus cognoscitiva sit bene disposita ad recipiendum res secundum quod sunt, contingit quidem radicaliter ex natura, consummative autem ex exercitio vel ex munere gratiae. Et hoc dupliciter. Uno modo, directe ex parte ipsius cognoscitivae virtutis, puta quia non est imbuta pravis conceptionibus, sed veris et rectis, et hoc pertinet ad synesim secundum quod est specialis virtus. Alio modo, indirecte, ex bona dispositione appetitivae virtutis, ex qua sequitur quod homo bene iudicet de appetibilibus. Et sic bonum virtutis iudicium consequitur habitus virtutum moralium, sed circa fines, synesis autem est magis circa ea quae sunt ad finem.
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[41181] IIª-IIae q. 51 a. 3 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il retto giudizio consiste nel fatto che la potenza conoscitiva conosce le cose come sono in se stesse. Il che deriva dalle buone disposizioni della potenza conoscitiva: avviene cioè come in uno specchio ben levigato, in cui le forme dei corpi si riproducono così come sono in se stesse; se invece si trattasse di uno specchio mal costruito le immagini apparirebbero distorte e contraffatte. Ora, la buona disposizione della potenza conoscitiva a ricevere le cose come sono deve la sua radice alla natura, e il suo coronamento all'esercizio, o a un dono della grazia. E questo in due modi. Primo, direttamente, per parte della potenza conoscitiva, e cioè dal fatto che non viene imbevuta da idee sbagliate, ma rette e vere: e ciò si deve alla synesis in quanto è una speciale virtù. Secondo, indirettamente, in forza della buona disposizione delle potenze appetitive, da cui dipende il retto giudizio che un uomo ha sulle cose appetibili. E in tal caso la bontà morale del giudizio segue dagli abiti delle virtù morali, però in rapporto al fine: mentre la synesis ha piuttosto per oggetto i mezzi ordinati al fine.
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[41182] IIª-IIae q. 51 a. 3 ad 2 Ad secundum dicendum quod in malis potest quidem iudicium rectum esse in universali, sed in particulari agibili semper eorum iudicium corrumpitur, ut supra habitum est.
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[41182] IIª-IIae q. 51 a. 3 ad 2
2. Nel cattivi può essere retto il giudizio in rapporto ai principi astratti e universali; ma in rapporto alle azioni particolari da compiere il loro giudizio è sempre viziato, come sopra abbiamo visto.
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[41183] IIª-IIae q. 51 a. 3 ad 3 Ad tertium dicendum quod contingit quandoque id quod bene iudicatum est differri, vel negligenter agi aut inordinate. Et ideo post virtutem quae est bene iudicativa necessaria est finalis virtus principalis quae sit bene praeceptiva, scilicet prudentia.
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[41183] IIª-IIae q. 51 a. 3 ad 3
3. Talora si riscontra che quanto è stato ben giudicato viene differito, oppure vien compiuto con negligenza, o in maniera disordinata. Ecco perché, oltre la virtù che dispone a ben giudicare, è finalmente necessaria una virtù principale che dispone a ben comandare (gli atti da compiere), e cioè la prudenza.
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