Seconda parte > Le azioni umane > La carità > L'odio > Se l'odio di Dio sia il più grave dei peccati
Secunda pars secundae partis
Quaestio 34
Articulus 2
[40460] IIª-IIae q. 34 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod odium Dei non sit maximum peccatorum. Gravissimum enim peccatum est peccatum in spiritum sanctum, quod est irremissibile, ut dicitur Matth. XII. Sed odium Dei non computatur inter species peccati in spiritum sanctum; ut ex supradictis patet. Ergo odium Dei non est gravissimum peccatorum.
|
|
Seconda parte della seconda parte
Questione 34
Articolo 2
[40460] IIª-IIae q. 34 a. 2 arg. 1
SEMBRA che l'odio di Dio non sia il più grave dei peccati. Infatti:
1. Il peccato più grave è quello contro lo Spirito Santo, il quale, come dice il Vangelo, è imperdonabile. Ora, l'odio di Dio, come abbiamo visto, non è enumerato tra le specie del peccato contro lo Spirito Santo. Dunque l'odio di Dio non è il più grave dei peccati.
|
[40461] IIª-IIae q. 34 a. 2 arg. 2 Praeterea, peccatum consistit in elongatione a Deo. Sed magis videtur esse elongatus a Deo infidelis, qui nec Dei cognitionem habet, quam fidelis, qui saltem, quamvis Deum odio habet, eum tamen cognoscit. Ergo videtur quod gravius sit peccatum infidelitatis quam peccatum odii in Deum.
|
|
[40461] IIª-IIae q. 34 a. 2 arg. 2
2. Il peccato consiste in un allontanamento da Dio. Ora, sembra più lontano da Dio un incredulo, il quale non ne ha neppure la conoscenza che un fedele il quale, pur odiandolo, lo conosce. Perciò è un peccato più grave l'incredulità che l'odio contro Dio.
|
[40462] IIª-IIae q. 34 a. 2 arg. 3 Praeterea, Deus habetur odio solum ratione suorum effectuum qui repugnant voluntati, inter quos praecipuum est poena. Sed odire poenam non est maximum peccatorum. Ergo odium Dei non est maximum peccatorum.
|
|
[40462] IIª-IIae q. 34 a. 2 arg. 3
3. Dio è odiato solo per i suoi effetti che ripugnano alla volontà, e primo fra tutti il castigo. Ma odiare il castigo non è il più grave dei peccati. Quindi l'odio di Dio non è il massimo dei peccati.
|
[40463] IIª-IIae q. 34 a. 2 s. c. Sed contra est quod optimo opponitur pessimum; ut patet per philosophum, in VIII Ethic. Sed odium Dei opponitur dilectioni Dei, in qua consistit optimum hominis. Ergo odium Dei est pessimum peccatum hominis.
|
|
[40463] IIª-IIae q. 34 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Come dice il Filosofo, "la cosa peggiore è quella che si contrappone alla cosa migliore". Ma l'odio di Dio si contrappone all'amore di Dio, che è la cosa migliore in un uomo. Dunque l'odio di Dio è il peggiore dei peccati dell'uomo.
|
[40464] IIª-IIae q. 34 a. 2 co. Respondeo dicendum quod defectus peccati consistit in aversione a Deo, ut supra dictum est. Huiusmodi autem aversio rationem culpae non haberet nisi voluntaria esset. Unde ratio culpae consistit in voluntaria aversione a Deo. Haec autem voluntaria aversio a Deo per se quidem importatur in odio Dei, in aliis autem peccatis quasi participative et secundum aliud. Sicut enim voluntas per se inhaeret ei quod amat, ita secundum se refugit id quod odit, unde quando aliquis odit Deum, voluntas eius secundum se ab eo avertitur. Sed in aliis peccatis, puta cum aliquis fornicatur, non avertitur a Deo secundum se, sed secundum aliud, inquantum scilicet appetit inordinatam delectationem, quae habet annexam aversionem a Deo. Semper autem id quod est per se est potius eo quod est secundum aliud. Unde odium Dei inter alia peccata est gravius.
|
|
[40464] IIª-IIae q. 34 a. 2 co.
RISPONDO: La deficienza propria del peccato consiste, come abbiamo visto, nell'allontanarsi da Dio. Ma questo allontanamento non sarebbe una colpa, se non fosse voiontario. Perciò l'essenza della colpa consiste nel volontario distacco da Dio. Ora, nell'odio di Dio questo allontanamento volontario da Dio è incluso direttamente; mentre negli altri peccati c'è solo indirettamente e quasi per partecipazione. La volontà infatti, come aderisce di per sé a ciò che ama, così rifugge di per sé da ciò che odia: perciò quando uno odia Dio, la volontà ripudia Dio per se stesso. Mentre negli altri peccati, nella fornicazione, p. es., non si ripudia Dio per se stesso, ma per altre cose: cioè per il fatto che si desidera un piacere disordinato, al quale è connesso l'allontanamento da Dio. Ora, ciò che è per se stesso ha più vigore di ciò che è per altre cose. Perciò l'odio di Dio è il più grave tra tutti i peccati.
|
[40465] IIª-IIae q. 34 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod, sicut Gregorius dicit, XXV Moral., aliud est bona non facere, aliud est bonorum odisse datorem, sicut aliud est ex praecipitatione, aliud ex deliberatione peccare ex quo datur intelligi quod odire Deum, omnium bonorum datorem, sit ex deliberatione peccare, quod est peccatum in spiritum sanctum. Unde manifestum est quod odium Dei maxime est peccatum in spiritum sanctum, secundum quod peccatum in spiritum sanctum nominat aliquod genus speciale peccati. Ideo tamen non computatur inter species peccati in spiritum sanctum, quia generaliter invenitur in omni specie peccati in spiritum sanctum.
|
|
[40465] IIª-IIae q. 34 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come dice S. Gregorio, "altra cosa è non fare il bene, ed altra cosa è odiare il datore del bene: come altra cosa è peccare per inconsiderazione, ed altro è peccare per deliberazione". Dal che si arguisce che odiare Dio, datore di ogni bene, essendo un peccato fatto per deliberazione, è peccato contro lo Spirito Santo. Ed è chiaro che è il più grave peccato contro lo Spirito Santo, in quanto con questa denominazione viene indicato un determinato genere di peccati. Esso però non viene enumerato tra le specie del peccato contro lo Spirito Santo, perché si riscontra universalmente in tutte le specie di codesto peccato.
|
[40466] IIª-IIae q. 34 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod ipsa infidelitas non habet rationem culpae nisi inquantum est voluntaria. Et ideo tanto est gravior quanto est magis voluntaria. Quod autem sit voluntaria provenit ex hoc quod aliquis odio habet veritatem quae proponitur. Unde patet quod ratio peccati in infidelitate sit ex odio Dei, circa cuius veritatem est fides. Et ideo, sicut causa est potior effectu, ita odium Dei est maius peccatum quam infidelitas.
|
|
[40466] IIª-IIae q. 34 a. 2 ad 2
2. L'incredulità è una colpa solo in quanto è volontaria. Essa perciò tanto è più grave, quanto più è volontaria. Ma che sia volontaria deriva dal fatto che uno odia la verità che viene proposta. Dunque è evidente che l'aspetto peccaminoso dell'incredulità viene dall'odio di Dio, la cui verità è oggetto della fede. Perciò, come la causa è superiore all'effetto, così l'odio di Dio è un peccato più grave dell'incredulità.
|
[40467] IIª-IIae q. 34 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod non quicumque odit poenas odit Deum, poenarum auctorem, nam multi odiunt poenas qui tamen patienter eas ferunt ex reverentia divinae iustitiae. Unde et Augustinus dicit, X Confess., quod mala poenalia Deus tolerare iubet, non amari. Sed prorumpere in odium Dei punientis, hoc est habere odio ipsam Dei iustitiam, quod est gravissimum peccatum. Unde Gregorius dicit, XXV Moral., sicut nonnunquam gravius est peccatum diligere quam perpetrare, ita nequius est odisse iustitiam quam non fecisse.
|
|
[40467] IIª-IIae q. 34 a. 2 ad 3
3. Non è detto che chiunque odia i castighi, abbia in odio Dio, causa dei castighi: infatti ci sono molti che, pur odiandoli, li sopportano con pazienza per rispetto alla divina giustizia. Ecco perché S. Agostino afferma, che Dio "ci comanda di sopportare, non già di amare" le nostre pene. Invece prorompere nell'odio verso Dio che punisce, significa odiare la stessa giustizia di Dio, che è il più grave dei peccati. Perciò S. Gregorio scriveva: "Come in certi casi è un peccato più grave amare che compiere un atto, così è cosa più iniqua odiare la giustizia che trasgredirla".
|
|
|