Seconda parte > Le azioni umane > La speranza > Il soggetto della speranza > Se la speranza si trovi nei beati
Secunda pars secundae partis
Quaestio 18
Articulus 2
[39511] IIª-IIae q. 18 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod spes sit in beatis. Christus enim a principio suae conceptionis fuit perfectus comprehensor. Sed ipse habuit spem, cum ex eius persona dicatur in Psalm., in te, domine, speravi, ut Glossa exponit. Ergo in beatis potest esse spes.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 18
Articolo 2
[39511] IIª-IIae q. 18 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la speranza si trovi nei beati. Infatti:
1. Cristo fin dall'inizio del suo concepimento fu un perfetto comprensore. Ora, egli aveva la speranza; poiché, stando alla Glossa (interlineare), sono attribuite a lui quelle parole del Salmo: "In te, Signore, io spero". Dunque nei beati può esserci la speranza.
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[39512] IIª-IIae q. 18 a. 2 arg. 2 Praeterea, sicut adeptio beatitudinis est quoddam bonum arduum, ita etiam eius continuatio. Sed homines antequam beatitudinem adipiscantur habent spem de beatitudinis adeptione. Ergo postquam sunt beatitudinem adepti, possunt sperare beatitudinis continuationem.
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[39512] IIª-IIae q. 18 a. 2 arg. 2
2. Come è un bene arduo il conseguimento della beatitudine, lo è pure la sua continuazione. Ma gli uomini prima di raggiungere la beatitudine ne hanno la speranza. Perciò, dopo avere raggiunto la beatitudine, possono sperare la continuazione di essa.
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[39513] IIª-IIae q. 18 a. 2 arg. 3 Praeterea, per virtutem spei potest aliquis beatitudinem sperare non solum sibi sed etiam aliis, ut supra dictum est. Sed beati qui sunt in patria sperant beatitudinem aliis, alioquin non rogarent pro eis. Ergo in beatis potest esse spes.
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[39513] IIª-IIae q. 18 a. 2 arg. 3
3. Con la virtù della speranza uno può sperare la beatitudine non solo per sé, ma anche per gli altri. Ora, i beati che sono nella patria sperano la beatitudine degli altri: diversamente non pregherebbero per loro. Quindi nei beati può esserci la speranza.
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[39514] IIª-IIae q. 18 a. 2 arg. 4 Praeterea, ad beatitudinem sanctorum pertinet non solum gloria animae sed etiam gloria corporis. Sed animae sanctorum qui sunt in patria expectant adhuc gloriam corporis, ut patet Apoc. VI, et XII super Gen. ad Litt. Ergo spes potest esse in beatis.
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[39514] IIª-IIae q. 18 a. 2 arg. 4
4. Alla beatitudine dei santi appartiene non soltanto la gloria dell'anima, ma anche quella del corpo. Ma le anime dei santi che sono nella patria aspettano ancora la gloria del corpo, come appare dalle parole dell'Apocalisse. e di S. Agostino. Dunque la speranza può trovarsi nei beati.
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[39515] IIª-IIae q. 18 a. 2 s. c. Sed contra est quod apostolus dicit, ad Rom. VIII, quod videt quis, quid sperat? Sed beati fruuntur Dei visione. Ergo in eis spes locum non habet.
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[39515] IIª-IIae q. 18 a. 2 s. c.
IN CONTRARIO: Scrive l'Apostolo: "Chi già vede una cosa, che spera più?". Ora, i beati godono la visione di Dio. Dunque in essi non esiste la speranza.
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[39516] IIª-IIae q. 18 a. 2 co. Respondeo dicendum quod, subtracto eo quod dat speciem rei, solvitur species, et res non potest eadem remanere, sicut remota forma corporis naturalis, non remanet idem secundum speciem. Spes autem recipit speciem a suo obiecto principali, sicut et ceterae virtutes, ut ex supradictis patet. Obiectum autem principale eius est beatitudo aeterna secundum quod est possibilis haberi ex auxilio divino, ut supra dictum est. Quia ergo bonum arduum possibile non cadit sub ratione spei nisi secundum quod est futurum, ideo, cum beatitudo iam non fuerit futura sed praesens, non potest ibi esse virtus spei. Et ideo spes, sicut et fides, evacuatur in patria, et neutrum eorum in beatis esse potest.
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[39516] IIª-IIae q. 18 a. 2 co.
RISPONDO: Eliminato ciò che dà la specie a una cosa, la specie svanisce, e la cosa non può rimanere identica: se eliminiamo, p. es., la forma di un corpo fisico, esso non rimane della medesima specie. Ora, come si è detto sopra, la speranza riceve la specie dal suo oggetto principaie, al pari delle altre virtù. Ma il suo oggetto principale è la beatitudine eterna, in quanto è raggiungibile con l'aiuto di Dio, come sopra abbiamo dimostrato. E poiché il bene arduo raggiungibile è oggetto della speranza solo in quanto futuro, quando la beatitudine non è ormai più futura, ma presente, la virtù della speranza non può sussistere. Ecco perché la speranza, come pure la fede, viene a cessare nella patria; e sia l'una che l'altra non possono trovarsi nei beati.
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[39517] IIª-IIae q. 18 a. 2 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod Christus, etsi esset comprehensor, et per consequens beatus, quantum ad divinam fruitionem; erat tamen simul viator quantum ad passibilitatem naturae, quam adhuc gerebat. Et ideo gloriam impassibilitatis et immortalitatis sperare poterat. Non tamen ita quod haberet virtutem spei, quae non respicit gloriam corporis sicut principale obiectum, sed potius fruitionem divinam.
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[39517] IIª-IIae q. 18 a. 2 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Cristo, pur essendo comprensore, e quindi beato, per la fruizione di Dio; tuttavia era simultaneamente un viatore per la passibilità della natura assunta. Perciò allora egli poteva sperare la gloria dell'impassibilità e dell'immortalità. Però non nel senso che avesse la virtù della speranza, la quale ha come oggetto primario non la gloria del corpo, ma la fruizione di Dio.
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[39518] IIª-IIae q. 18 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod beatitudo sanctorum dicitur vita aeterna, quia per hoc quod Deo fruuntur, efficiuntur quodammodo participes aeternitatis divinae, quae excedit omne tempus. Et ita continuatio beatitudinis non diversificatur per praesens, praeteritum et futurum. Et ideo beati non habent spem de continuatione beatitudinis, sed habent ipsam rem, quia non est ibi ratio futuri.
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[39518] IIª-IIae q. 18 a. 2 ad 2
2. La beatitudine dei santi si chiama vita eterna, perché nel godimento di Dio partecipano in qualche modo dell'eternità divina, che trascende tutti i tempi. Quindi la continuazione della beatitudine non ammette distinzioni di presente, passato e futuro. Perciò i beati non hanno la speranza di questa continuazione della beatitudine, ma ne hanno la stessa realtà: poiché in essa manca l'aspetto di cosa futura.
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[39519] IIª-IIae q. 18 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod, durante virtute spei, eadem spe aliquis sperat beatitudinem sibi et aliis. Sed evacuata spe in beatis qua sperabant sibi beatitudinem, sperant quidem aliis beatitudinem, sed non virtute spei, sed magis ex amore caritatis. Sicut etiam qui habet caritatem Dei eadem caritate diligit proximum, et tamen aliquis potest diligere proximum non habens virtutem caritatis, alio quodam amore.
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[39519] IIª-IIae q. 18 a. 2 ad 3
3. Mentre dura la virtù della speranza, uno spera la beatitudine per sé e per altri con una medesima speranza. Ma svanita nei beati la speranza con la quale speravano la propria beatitudine, continuano a sperare la beatitudine altrui, ma non con la virtù della speranza, bensì con l'amore di carità. Del resto chi ha la carità di Dio ama con essa anche il prossimo: eppure egli può amare il prossimo, senza avere più la carità, con un amore di altro genere.
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[39520] IIª-IIae q. 18 a. 2 ad 4 Ad quartum dicendum quod, cum spes sit virtus theologica habens Deum pro obiecto, principale obiectum spei est gloria animae, quae in fruitione divina consistit, non autem gloria corporis. Gloria etiam corporis, etsi habeat rationem ardui per comparationem ad naturam humanam, non habet tamen rationem ardui habenti gloriam animae. Tum quia gloria corporis est minimum quiddam in comparatione ad gloriam animae. Tum etiam quia habens gloriam animae habet iam sufficienter causam gloriae corporis.
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[39520] IIª-IIae q. 18 a. 2 ad 4
4. Essendo la speranza una virtù teologale, avente Dio per oggetto, l'oggetto principale di essa è la gloria dell'anima, che consiste nella fruizione di Dio, e non la gloria del corpo. - Inoltre la glorificazione del corpo, sebbene si presenti come cosa ardua rispetto alla natura umana, non è più tale per chi possiede la gloria dell'anima. Sia perché la gloria del corpo è una cosa minima a confronto della gloria dell'anima. E sia perché chi ha la gloria dell'anima possiede già la causa della glorificazione del corpo.
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