Seconda parte > Le azioni umane > La speranza > La speranza come tale > Se la speranza sia una virtù
Secunda pars secundae partis
Quaestio 17
Articulus 1
[39440] IIª-IIae q. 17 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod spes non sit virtus. Virtute enim nullus male utitur; ut dicit Augustinus, in libro de Lib. Arb. Sed spe aliquis male utitur, quia circa passionem spei contingit esse medium et extrema, sicut et circa alias passiones. Ergo spes non est virtus.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 17
Articolo 1
[39440] IIª-IIae q. 17 a. 1 arg. 1
SEMBRA che la speranza non sia una virtù. Infatti:
1. "Nessuno usa male della virtù", insegna S. Agostino. Invece c'è chi usa male della speranza: poiché nella passione della speranza, come nelle altre passioni, c'è il giusto mezzo e ci sono gli estremi. Perciò la speranza non è una virtù.
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[39441] IIª-IIae q. 17 a. 1 arg. 2 Praeterea, nulla virtus procedit ex meritis, quia virtutem Deus in nobis sine nobis operatur, ut Augustinus dicit. Sed spes est ex gratia et meritis proveniens; ut Magister dicit, XXVI dist. III Lib. Sent. Ergo spes non est virtus.
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[39441] IIª-IIae q. 17 a. 1 arg. 2
2. Nessuna virtù deriva dai meriti: poiché, come dice S. Agostino, "la virtù Dio la produce in noi senza di noi". Ora, la speranza, secondo l'espressione del Maestro delle Sentenze, "deriva dalla grazia e dai meriti". Dunque la speranza non è una virtù.
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[39442] IIª-IIae q. 17 a. 1 arg. 3 Praeterea, virtus est dispositio perfecti; ut dicitur in VII Physic. Spes autem est dispositio imperfecti, scilicet eius qui non habet id quod sperat. Ergo spes non est virtus.
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[39442] IIª-IIae q. 17 a. 1 arg. 3
3. Come Aristotele insegna, "la virtù è disposizione di un essere perfetto". Invece la speranza è disposizione di un essere imperfetto, cioè di uno che non ha ciò che spera. Quindi la speranza non è una virtù.
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[39443] IIª-IIae q. 17 a. 1 s. c. Sed contra est quod Gregorius, in I Moral., dicit quod per tres filias Iob significantur hae tres virtutes, fides, spes, caritas. Ergo spes est virtus.
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[39443] IIª-IIae q. 17 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio afferma che le tre figlie di Giobbe stanno a indicare le tre virtù della fede, della speranza e della carità. Dunque la speranza è una virtù.
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[39444] IIª-IIae q. 17 a. 1 co. Respondeo dicendum quod, secundum philosophum, in II Ethic., virtus uniuscuiusque rei est quae bonum facit habentem et opus eius bonum reddit. Oportet igitur, ubicumque invenitur aliquis actus hominis bonus, quod respondeat alicui virtuti humanae. In omnibus autem regulatis et mensuratis bonum consideratur per hoc quod aliquid propriam regulam attingit, sicut dicimus vestem esse bonam quae nec excedit nec deficit a debita mensura. Humanorum autem actuum, sicut supra dictum est, duplex est mensura, una quidem proxima et homogenea, scilicet ratio; alia autem est suprema et excedens, scilicet Deus. Et ideo omnis actus humanus attingens ad rationem aut ad ipsum Deum est bonus. Actus autem spei de qua nunc loquimur attingit ad Deum. Ut enim supra dictum est, cum de passione spei ageretur, obiectum spei est bonum futurum arduum possibile haberi. Possibile autem est aliquid nobis dupliciter, uno modo, per nos ipsos; alio modo, per alios; ut patet in III Ethic. Inquantum igitur speramus aliquid ut possibile nobis per divinum auxilium, spes nostra attingit ad ipsum Deum, cuius auxilio innititur. Et ideo patet quod spes est virtus, cum faciat actum hominis bonum et debitam regulam attingentem.
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[39444] IIª-IIae q. 17 a. 1 co.
RISPONDO: Secondo il Filosofo, "in tutti gli esseri è virtù ciò che rende buono chi la possiede e l'azione che essi compiono". Perciò dove troviamo un atto umano buono, deve esserci una virtù umana corrispondente. Ora, in tutte le cose soggette a una regola, o misura, la bontà si desume dalla loro adeguazione alla regola propria: diciamo, p. es., essere buona quella veste che non eccede e non è al di sotto della giusta misura. Ma gli atti umani, come sopra si disse, hanno due sorta di misure: la prima, prossima e connaturale, è la ragione; la seconda, suprema e trascendente, è Dio. Ecco perché ogni atto umano, che si adegua alla ragione, o a Dio medesimo, è buono. Ora, l'atto della speranza della quale parliamo si adegua a Dio. Infatti, come abbiamo detto sopra trattando della speranza-passione, oggetto della speranza è un bene futuro, arduo e raggiungibile. E una cosa per noi può essere raggiungibile in due maniere: primo, direttamente da noi stessi; secondo, per mezzo di altri, come spiega Aristotele. Ebbene, in quanto speriamo qualche cosa come raggiungibile da noi mediante l'aiuto di Dio, la nostra speranza si adegua a Dio stesso, sul cui aiuto essa si fonda. Perciò è evidente che la speranza è una virtù: portando l'atto umano ad adeguarsi alla debita misura.
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[39445] IIª-IIae q. 17 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod in passionibus accipitur medium virtutis per hoc quod attingitur ratio recta, et in hoc etiam consistit ratio virtutis. Unde etiam et in spe bonum virtutis accipitur secundum quod homo attingit sperando regulam debitam, scilicet Deum. Et ideo spe attingente Deum nullus potest male uti, sicut nec virtute morali attingente rationem, quia hoc ipsum quod est attingere est bonus usus virtutis. Quamvis spes de qua nunc loquimur non sit passio, sed habitus mentis, ut infra patebit.
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[39445] IIª-IIae q. 17 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nelle passioni il giusto mezzo della virtù viene determinato in base all'adeguazione di esse alla retta ragione: e in questo si riscontra l'aspetto di virtù. Perciò anche nella speranza il bene proprio della virtù si ha nel fatto che l'uomo, sperando, raggiunge la debita misura, cioè Dio. Ecco perché nessuno nel raggiungere Dio con la speranza può abusare di essa, come non può abusare di una virtù morale chi si adegua alla ragione: poiché l'adeguazione stessa è il buon uso della virtù. Tuttavia la speranza di cui ora parliamo non è una passione, ma un abito dell'anima, come vedremo.
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[39446] IIª-IIae q. 17 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod spes dicitur ex meritis provenire quantum ad ipsam rem expectatam, prout aliquis sperat se beatitudinem adepturum ex gratia et meritis. Vel quantum ad actum spei formatae. Ipse autem habitus spei, per quam aliquis expectat beatitudinem, non causatur ex meritis, sed pure ex gratia.
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[39446] IIª-IIae q. 17 a. 1 ad 2
2. Si dice che la speranza proviene dai meriti nel senso che essi rientrano tra le cose stesse che si attendono: cioè per il fatto che uno spera di raggiungere la beatitudine con la grazia e anche con i meriti. Oppure l'espressione va riferita all'atto della speranza formata. Ma l'abito stesso della speranza, mediante il quale uno aspetta la beatitudine, non viene causato dai meriti, bensì esclusivamente dalla grazia.
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[39447] IIª-IIae q. 17 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod ille qui sperat est quidem imperfectus secundum considerationem ad id quod sperat obtinere, quod nondum habet, sed est perfectus quantum ad hoc quod iam attingit propriam regulam, scilicet Deum, cuius auxilio innititur.
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[39447] IIª-IIae q. 17 a. 1 ad 3
3. Chi spera è in uno stato di imperfezione rispetto a ciò che spera di raggiungere, e che ancora non possiede: ma è già perfetto per il fatto che già si adegua alla propria misura, cioè a Dio, sull'aiuto del quale si fonda.
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