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Se S. Paolo abbia ignorato, se la sua anima si era separata dal corpo
Secunda pars secundae partis
Quaestio 175
Articulus 6
[46015] IIª-IIae, q. 175 a. 6 arg. 1 Ad sextum sic proceditur. Videtur quod Paulus non ignoraverit an eius anima fuerit a corpore separata. Dicit enim ipse, II ad Cor. XII, scio hominem in Christo raptum usque ad tertium caelum. Sed homo nominat compositum ex anima et corpore, raptus etiam differt a morte. Videtur ergo quod ipse sciverit animam non fuisse per mortem a corpore separatam, praesertim quia hoc communiter a doctoribus ponitur.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 175
Articolo 6
[46015] IIª-IIae, q. 175 a. 6 arg. 1
SEMBRA che S. Paolo non abbia ignorato se la sua anima si era separata dal corpo. Infatti:
1. Egli stesso afferma: "Conosco un uomo in Cristo che tu rapito fino al terzo cielo". Ma uomo sta a indicare il composto di anima e corpo; e rapito non è lo stesso che morto. Perciò egli sapeva che la sua anima non si era separata dal corpo con la morte; tanto è vero che questa è l'opinione più comune tra i Maestri.
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[46016] IIª-IIae, q. 175 a. 6 arg. 2 Praeterea, ex eisdem apostoli verbis patet quod ipse scivit quo raptus fuerit, quia in tertium caelum. Sed ex hoc sequitur quod scivit utrum fuerit in corpore vel non. Quia si scivit tertium caelum esse aliquid corporeum, consequens est quod sciverit animam suam non esse a corpore separatam, quia visio rei corporeae non potest fieri nisi per corpus. Ergo videtur quod non ignoraverit an anima fuerit a corpore separata.
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[46016] IIª-IIae, q. 175 a. 6 arg. 2
2. Dalle parole stesse dell'Apostolo risulta che egli sapeva dove era stato rapito, cioè "al terzo cielo". Ma da questo segue che egli sapeva pure, se allora era o non era nel corpo. Poiché se conobbe che il terzo cielo è qualche cosa di corporeo, allora conobbe pure che la sua anima non era separata dal corpo: perché la percezione di una cosa corporea non si può avere, se non mediante il corpo. Dunque egli non può aver ignorato, se la sua anima si era separata dal corpo.
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[46017] IIª-IIae, q. 175 a. 6 arg. 3 Praeterea, sicut Augustinus dicit, XII super Gen. ad Litt., ipse in raptu vidit illa visione Deum qua vident sancti in patria. Sed sancti, ex hoc ipso quod vident Deum, sciunt an animae eorum sint a corporibus separatae. Ergo et Paulus hoc scivit.
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[46017] IIª-IIae, q. 175 a. 6 arg. 3
3. A detta di S. Agostino, nel suo rapimento S. Paolo vide Dio come lo vedono i Santi nella patria celeste. Ma i santi, per il fatto stesso che vedono Dio, conoscono se le loro anime sono separate dal corpo. Quindi lo dovette conoscere anche S. Paolo.
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[46018] IIª-IIae, q. 175 a. 6 s. c. Sed contra est quod dicitur II ad Cor. XII, sive in corpore sive extra corpus, nescio, Deus scit.
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[46018] IIª-IIae, q. 175 a. 6 s. c.
IN CONTRARIO: L'Apostolo ha scritto: Se nel corpo o fuori del corpo non lo so; lo sa Dio".
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[46019] IIª-IIae, q. 175 a. 6 co. Respondeo dicendum quod huius quaestionis veritatem accipere oportet ex ipsis apostoli verbis, quibus dicit se aliquid scire, scilicet se raptum esse usque ad tertium caelum; et aliquid nescire, scilicet utrum in corpore aut extra corpus. Quod quidem potest dupliciter intelligi. Uno modo, ut hoc quod dicitur, sive in corpore sive extra corpus, non referatur ad ipsum esse hominis rapti, quasi ignoraverit an anima eius esset in corpore vel non, sed ad modum raptus, ut scilicet ignoraverit an corpus eius fuerit simul raptum cum anima in tertium caelum, vel non, sed solum anima, sicut Ezech. VIII dicitur quod adductus est in visionibus Dei in Ierusalem. Et hunc intellectum fuisse cuiusdam Iudaei, exprimit Hieronymus, in prologo super Danielem, ubi dicit, denique et apostolum nostrum, scilicet dicebat Iudaeus, non fuisse ausum affirmare se in corpore raptum, sed dixisse, sive in corpore sive extra corpus, nescio. Sed hunc sensum improbat Augustinus, XII super Gen. ad Litt., per hoc quod apostolus dicit se scivisse se esse raptum usque in tertium caelum. Sciebat ergo verum esse tertium caelum illud in quod raptus fuit, et non similitudinem imaginariam tertii caeli alioquin, si tertium caelum nominavit phantasma tertii caeli, pari ratione dicere potuit se in corpore raptum, nominans corpus proprii corporis phantasma, quale apparet in somniis. Si autem sciebat esse vere tertium caelum, sciebat ergo utrum esset aliquid spirituale et incorporeum, et sic non poterat corpus eius illuc rapi, aut esset aliquid corporeum, et sic anima non posset illuc sine corpore rapi, nisi separaretur a corpore. Et ideo oportet secundum alium sensum intelligere, ut scilicet apostolus sciverit quod fuit raptus secundum animam et non secundum corpus; nesciverit tamen qualiter se haberet anima ad corpus, utrum scilicet fuerit sine corpore vel non. Sed circa hoc diversimode aliqui loquuntur. Quidam enim dicunt quod apostolus scivit quod anima sua erat corpori unita ut forma, sed nescivit utrum esset passus, alienationem a sensibus; vel etiam utrum esset facta abstractio ab operibus animae vegetabilis. Sed quod fuerit facta abstractio a sensibus, hoc non potuit ignorare, ex quo scivit se raptum. Quod autem fuerit facta abstractio ab operibus animae vegetabilis, non erat tantum aliquid ut de hoc oporteret tam sollicitam fieri mentionem. Unde relinquitur quod nescivit apostolus utrum anima eius fuerit coniuncta corpori ut forma, vel a corpore separata per mortem. Quidam autem, hoc concedentes, dicunt quod apostolus tunc non perpendit quando rapiebatur, quia tota eius intentio conversa erat in Deum, sed postmodum percepit, considerans ea quae viderat. Sed hoc etiam contrariatur verbis apostoli, qui distinguit in verbis suis praeteritum a futuro. Dicit enim in praesenti se scire quod fuit raptus ante annos quatuordecim, et se in praesenti nescire utrum in corpore fuerit vel extra corpus. Et ideo dicendum est quod et prius et postea nescivit utrum eius anima fuerit a corpore separata. Unde Augustinus dicit, XII super Gen. ad Litt., post longam inquisitionem concludens, restat ergo fortasse ut hoc ipsum eum ignorasse intelligamus, utrum, quando in tertium caelum raptus est, in corpore fuerit anima, quomodo est anima in corpore cum corpus vivere dicitur, sive vigilantis sive dormientis sive in extasi a sensibus corporis alienati; an omnino de corpore exierit, ut mortuum corpus iaceret.
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[46019] IIª-IIae, q. 175 a. 6 co.
RISPONDO: La vera soluzione di questo problema va cercata nelle parole stesse dell'Apostolo, nelle quali egli dice di conoscere alcune cose, e cioè di "essere stato rapito fino al terzo cielo"; o di non saperne certe altre, cioè "se nel corpo o fuori del corpo".
Ora, queste ultime si possono spiegare in due maniere. Primo, nel senso che l'espressione "sia nel corpo o fuori del corpo" non si riferisce al modo di essere del soggetto così rapito, come se S. Paolo ignorasse se la sua anima era o non era nel corpo; ma alle modalità del rapimento: egli cioè avrebbe ignorato se il suo corpo era stato rapito al terzo cielo insieme all'anima, oppure se era stata rapita l'anima soltanto, come si legge di Ezechiele, che "fu trasportato a Gerusalemme in visione divina". S. Girolamo riferisce, che questa era l'interpretazione di un giudeo; il quale aggiungeva: "Del resto anche l'Apostolo non ha osato affermare di essere stato rapito con il corpo, dicendo: "Se nel corpo o fuori del corpo non lo so"".
S. Agostino però respinge questa interpretazione, per il fatto che l'Apostolo afferma di essere stato rapito fino al terzo cielo. Dunque egli sapeva che il terzo cielo, in cui era stato rapito, era un cielo reale, e non un'immagine di esso: altrimenti, se egli avesse chiamato terzo cielo la figura immaginaria di esso, avrebbe potuto dire con lo stesso diritto che era stato rapito col corpo, chiamando corpo l'immagine del corpo, quale appare nel sogno.
Ma se egli sapeva che il terzo cielo era reale, sapeva pure che esso era spirituale e incorporeo, e quindi il suo corpo non poteva esservi rapito; oppure che era una realtà corporea, e allora l'anima non poteva esservi rapita senza il corpo, a meno che non si fosse separata da quest'ultimo.
Perciò bisogna seguire la seconda interpretazione: e cioè che l'Apostolo sapeva di essere stato rapito con l'anima soltanto; ma ignorava quali fossero i suoi rapporti con il corpo: se l'anima, cioè si fosse separata dal corpo.
E a questo proposito ci sono diverse spiegazioni. Alcuni dicono che l'Apostolo conosceva che la sua anima era unita al corpo come forma; ignorava però se egli aveva avuto un'alienazione dai sensi; oppure se c'era stata una sospensione delle funzioni dell'anima vegetativa. - Ma che ci fosse stata astrazione dai sensi egli non ne poteva dubitare, sapendo di aver avuto un rapimento. Che poi ci fosse stata o meno una sospensione delle funzioni dell'anima vegetativa non era una cosa di tale importanza, da esigere una menzione così esplicita. Perciò rimane che l'Apostolo non sapeva se la sua anima fosse allora unita al corpo come forma, oppure da esso separata con la morte.
Alcuni, pur accettando questa tesi, dicono che l'Apostolo non si rese conto di questo mentre era rapito, perché allora tutta la sua attenzione era volta verso Dio: ma se ne rese conto dopo, riflettendo a ciò che aveva veduto. - Anche questa spiegazione però va contro le parole dell'Apostolo, il quale distingue bene il passato dal futuro. Infatti al presente egli dice di conoscere che fu rapito "quattordici anni innanzi": e che al presente egli "non sa se ciò avvenne nel corpo, o fuori del corpo".
Perciò si deve concludere che ne prima ne dopo egli seppe, se la sua anima fosse allora separata dal corpo. Ecco perché S. Agostino, dopo una lunga disquisizione concludeva: "Non rimane forse che pensare aver l'Apostolo ignorato, se la sua anima fosse nel corpo, quando fu rapito al terzo cielo, come è nel corpo l'anima quando il corpo ha la vita, sia in chi è sveglio come in chi dorme, sia in chi nell'estasi è astratto dai sensi; oppure se fosse uscita completamente dal corpo, lasciandolo cadavere".
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[46020] IIª-IIae, q. 175 a. 6 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod per synecdochen quandoque pars hominis homo nominatur, et praecipue anima, quae est pars hominis eminentior. Quamvis etiam possit intelligi eum quem raptum dicit, non tunc fuisse hominem quando raptus fuit, sed post annos quatuordecim, unde dicit scio hominem; non dicit, scio raptum hominem. Nihil etiam prohiberet mortem divinitus procuratam raptum dici. Et sicut Augustinus dicit, XII super Gen. ad Litt., dubitante inde apostolo, quis nostrum inde certus esse potuit? Unde qui super hoc loquuntur, magis coniecturaliter quam per certitudinem loquuntur.
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[46020] IIª-IIae, q. 175 a. 6 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Talora per sineddoche si dice uomo una parte di esso: e specialmente l'anima, che ne è la parte più importante. Sebbene l'espressione si possa interpretare nel senso che colui il quale fu rapito è denominato uomo non quando avvenne il rapimento, ma "a distanza di quattordici anni"; infatti egli dice: "Conosco un uomo", e non "Conosco il rapimento di un uomo". - D'altra parte niente impedisce di chiamare rapimento una morte causata soprannaturalmente. E come dice S. Agostino, "se l'Apostolo è rimasto nel dubbio, chi di noi può avere la certezza ?". Perciò coloro che discutono di questo argomento, arrivano a delle congetture più che a delle certezze.
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[46021] IIª-IIae, q. 175 a. 6 ad 2 Ad secundum dicendum quod apostolus scivit vel illud caelum esse quid incorporeum, vel aliquid incorporeum a se visum in illo caelo tamen hoc poterat fieri per intellectum eius, etiam si anima eius non esset a corpore separata.
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[46021] IIª-IIae, q. 175 a. 6 ad 2
2. L'Apostolo capiva, o che il terzo cielo era qualche cosa d'incorporeo, oppure che egli in quel cielo aveva visto qualche cosa d'incorporeo: ma questo poteva saperlo mediante il suo intelletto, anche se la sua anima non fosse stata separata dal corpo.
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[46022] IIª-IIae, q. 175 a. 6 ad 3 Ad tertium dicendum quod visio Pauli in raptu quantum ad aliquid fuit similis visioni beatorum, scilicet quantum ad id quod videbatur, et quantum ad aliquid dissimilis, scilicet quantum ad modum videndi, quia non ita perfecte vidit sicut sancti qui sunt in patria. Unde Augustinus dicit, XII super Gen. ad Litt., apostolo arrepto a carnis sensibus in tertium caelum, hoc defuit ad plenam perfectamque cognitionem rerum quae Angelis inest, quod sive in corpore sive extra corpus esset, nesciebat. Hoc itaque non deerit cum, receptis corporibus in resurrectione mortuorum, cum corruptibile hoc induerit incorruptionem.
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[46022] IIª-IIae, q. 175 a. 6 ad 3
3. La visione che ebbe S. Paolo nel suo rapimento in parte somigliava alla visione dei beati, cioè riguardo all'oggetto; e in parte ne differiva cioè rispetto al modo di vedere; poiché egli non vide così perfettamente come i santi che sono nella patria beata. Di qui le parole di S. Agostino: "All'Apostolo che fu rapito al terzo cielo mancò questo, rispetto alla piena e perfetta conoscenza delle cose di cui fruiscono gli angeli, che egli non sapeva se era nel corpo, o fuori del corpo. Perciò questo non mancherà quando, nel riprendere i corpi con la resurrezione finale, questo corpo corruttibile avrà rivestito l'incorruttibilità".
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