Seconda parte > Le azioni umane > La fortezza > La pazienza >
Se la pazienza sia parte (potenziale) della fortezza
Secunda pars secundae partis
Quaestio 136
Articulus 4
[44512] IIª-IIae, q. 136 a. 4 arg. 1 Ad quartum sic proceditur. Videtur quod patientia non sit pars fortitudinis. Idem enim non est pars sui ipsius. Sed patientia videtur idem esse fortitudini, quia sicut supra dictum est, proprius actus fortitudinis est sustinere; et hoc etiam pertinet ad patientiam, dicitur enim in libro sententiarum prosperi quod patientia consistit in alienis malis tolerandis. Ergo patientia non est pars fortitudinis.
|
|
Seconda parte della seconda parte
Questione 136
Articolo 4
[44512] IIª-IIae, q. 136 a. 4 arg. 1
SEMBRA che la pazienza non sia parte (potenziale) della fortezza. Infatti:
1. Una cosa non può esser parte di se medesima. Ora, la pazienza si identifica con la fortezza: poiché atto proprio della fortezza è, come abbiamo visto, la sopportazione; e questo è compito anche della pazienza. Infatti nelle Sentenze di S. Prospero si legge, che la pazienza consiste "nel sopportare i mali che riceviamo da altri". Dunque la pazienza non è tra le parti della fortezza.
|
[44513] IIª-IIae, q. 136 a. 4 arg. 2 Praeterea, fortitudo est circa timores et audacias, ut supra habitum est, et ita est in irascibili. Sed patientia videtur esse circa tristitias, et ita videtur esse in concupiscibili. Ergo patientia non est pars fortitudinis, sed magis temperantiae.
|
|
[44513] IIª-IIae, q. 136 a. 4 arg. 2
2. La fortezza ha per oggetto il timore e l'audacia, come abbiamo visto: e perciò risiede nell'irascibile. Ma la pazienza ha per oggetto le sofferenze: e quindi risiede nel concupiscibile. Perciò la pazienza non è tra le parti della fortezza, ma piuttosto della temperanza.
|
[44514] IIª-IIae, q. 136 a. 4 arg. 3 Praeterea, totum non potest esse sine parte. Si ergo patientia sit pars fortitudinis, fortitudo nunquam posset esse sine patientia, cum tamen fortis quandoque non toleret patienter mala, sed etiam aggrediatur eum qui mala facit. Ergo patientia non est pars fortitudinis.
|
|
[44514] IIª-IIae, q. 136 a. 4 arg. 3
3. Il tutto non può stare senza le sue parti. Perciò se la pazienza fosse una parte della fortezza, questa non potrebbe mai trovarsi senza la pazienza: invece i forti non sempre sopportano il male con pazienza, ma aggrediscono chi fa il male. Dunque la pazienza non è tra le parti della fortezza.
|
[44515] IIª-IIae, q. 136 a. 4 s. c. Sed contra est quod Tullius, in sua rhetorica, ponit eam fortitudinis partem.
|
|
[44515] IIª-IIae, q. 136 a. 4 s. c.
IN CONTRARIO: Cicerone la enumera tra le parti della fortezza.
|
[44516] IIª-IIae, q. 136 a. 4 co. Respondeo dicendum quod patientia est pars fortitudinis quasi potentialis, quia adiungitur fortitudini sicut virtus secundaria principali. Ad patientiam enim pertinet aliena mala aequanimiter perpeti, ut Gregorius dicit, in quadam homilia. In malis autem quae ab aliis inferuntur, praecipua sunt, et difficillima ad sustinendum, illa quae pertinent ad pericula mortis, circa quae est fortitudo. Unde patet quod in ista materia principalitatem tenet fortitudo, quasi vindicans sibi id quod principalius est in hac materia. Et ideo patientia adiungitur ei sicut secundaria virtus principali.
|
|
[44516] IIª-IIae, q. 136 a. 4 co.
RISPONDO: La pazienza è parte potenziale della fortezza, poiché si affianca ad essa come una virtù secondaria. Infatti è proprio della pazienza "sopportare con animo sereno i mali che ci vengono dagli altri", come si esprime S. Gregorio. Ora, tra i mali che ci sono inflitti dagli altri vengono per primi, e sono più difficili a sopportarsi, quelli che implicano un pericolo di morte: e questi sono oggetto della fortezza. Perciò è evidente che in questa materia la fortezza occupa il primo posto, avendo essa di mira l'oggetto principale di questa materia. Dunque la pazienza è ad essa subordinata come virtù secondaria alla principale.
|
[44517] IIª-IIae, q. 136 a. 4 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod ad fortitudinem pertinet non qualiacumque sustinere, sed illud quod est summe difficile in sustinendo, scilicet sustinere pericula mortis. Ad patientiam autem pertinere potest sustinentia quorumcumque malorum.
|
|
[44517] IIª-IIae, q. 136 a. 4 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La fortezza ha il compito di sopportare non qualsiasi male; ma quelli che sono sommamente difficili a sopportarsi, cioè i pericoli di morte. La pazienza invece ha il compito di sopportare qualsiasi malanno.
|
[44518] IIª-IIae, q. 136 a. 4 ad 2 Ad secundum dicendum quod actus fortitudinis non solum consistit in hoc quod aliquis in bono persistat contra timores futurorum periculorum, sed etiam ut non deficiat propter praesentium tristitiam sive dolorem, et ex hac parte habet affinitatem cum fortitudine patientia. Et tamen fortitudo est principaliter circa timores, ad quorum rationem pertinet fugere, quod vitat fortitudo. Patientia vero principalius est circa tristitias, nam patiens aliquis dicitur non ex hoc quod non fugit, sed ex hoc quod laudabiliter se habet in patiendo quae praesentialiter nocent, ut scilicet non inordinate ex eis tristetur. Et ideo fortitudo proprie est in irascibili, patientia autem in concupiscibili. Nec hoc impedit quin patientia sit pars fortitudinis, quia adiunctio virtutis ad virtutem non attenditur secundum subiectum, sed secundum materiam vel formam. Nec tamen patientia ponitur pars temperantiae, quamvis utraque sit in concupiscibili. Quia temperantia est solum circa tristitias quae opponuntur delectationibus tactus, puta quae sunt ex abstinentia ciborum vel venereorum, sed patientia praecipue est circa tristitias quae ab aliis inferuntur. Et iterum ad temperantiam pertinet refrenare huiusmodi tristitias, sicut et delectationes contrarias, ad patientiam autem pertinet ut propter huiusmodi tristitias, quantaecumque sint, homo non recedat a bono virtutis.
|
|
[44518] IIª-IIae, q. 136 a. 4 ad 2
2. L'atto della fortezza non consiste solo nel resistere al timore dei futuri pericoli, ma anche nel non cedere alle tristezze e ai dolori presenti: e da questo lato la fortezza si confonde con la pazienza. Tuttavia la fortezza ha di mira principalmente il timore che per natura spinge alla fuga, mentre la fortezza lo reprime. Invece la pazienza ha per oggetto principalmente i dolori; infatti si dice che uno è paziente non perché non fugge, ma perché sopporta con onore quanto lo affligge, senza addolorarsi eccessivamente. Perciò la fortezza risiede propriamente nell'irascibile, mentre la pazienza risiede nel concupiscibile. Questo però non impedisce che la pazienza sia tra le parti della fortezza: poiché la subordinazione di una virtù a un'altra non dipende dalla sua sede, ma dall'oggetto, o dalla forma.
Tuttavia la pazienza non è tra le parti della temperanza, sebbene risiedano entrambe nel concupiscibile. Poiché la temperanza ha per oggetto austerità, o dolori che contrastano i piaceri del tatto, p. es., quelli relativi alla privazione del cibo e dei piaceri venerei; mentre la pazienza ha per oggetto le sofferenze, o i dolori che provengono da altri. D'altra parte la temperanza ha il compito di moderare queste austerità, come i piaceri contrari; mentre la pazienza fa sì che un uomo non abbandoni il vero bene della virtù per quante siano le sofferenze o i dolori suddetti.
|
[44519] IIª-IIae, q. 136 a. 4 ad 3 Ad tertium dicendum quod patientia potest, quantum ad aliquid sui, poni pars integralis fortitudinis, de qua parte obiectio procedit, prout scilicet aliquis patienter sustinet mala quae pertinent ad pericula mortis. Nec est contra rationem patientiae quod aliquis, quando opus fuerit, insiliat in eum qui mala facit, quia, ut Chrysostomus dicit, super illud Matth., vade Satanas, in iniuriis propriis patientem esse laudabile est, iniurias autem Dei patienter sustinere nimis est impium. Et Augustinus dicit, in quadam epistola contra Marcellinum, quod praecepta patientiae non contrariantur bono reipublicae, pro quo conservando contra inimicos compugnatur. Secundum vero quod patientia se habet circa quaecumque alia mala, adiungitur fortitudini ut virtus secundaria principali.
|
|
[44519] IIª-IIae, q. 136 a. 4 ad 3
3. La pazienza può considerarsi parte integrante della fortezza solo sotto un certo aspetto, su cui fa forza il terzo argomento: cioè in quanto uno sopporta pazientemente i pericoli di morte. Il fatto poi che uno aggredisce chi compie il male, quando ciò si richiede, non è incompatibile con la pazienza; poiché, come dice il Crisostomo, "è cosa lodevole essere pazienti nelle ingiurie fatte a noi: ma sopportare con troppa pazienza le ingiurie fatte a Dio è cosa empia". E S. Agostino insegna, che il precetto della pazienza non si oppone al bene dello stato, per difendere il quale si devono combattere i nemici. - Ma in quanto la pazienza ha per oggetto tutti gli altri mali, è annessa alla fortezza come virtù secondaria a quella principale.
|
|
|