Seconda parte > Le azioni umane > La giustizia > L'avarizia >
Se le figlie dell'avarizia siano quelle che si dicono
Secunda pars secundae partis
Quaestio 118
Articulus 8
[43913] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 1 Ad octavum sic proceditur. Videtur quod non sint avaritiae filiae quae dicuntur, scilicet proditio, fraus, fallacia, periuria, inquietudo, violentiae, et contra misericordiam obduratio. Avaritia enim opponitur liberalitati, ut dictum est. Proditio autem, fraus et fallacia opponuntur prudentiae; periuria religioni; inquietudo spei vel caritati, quae quiescit in amato; violentiae opponuntur iustitiae; obduratio misericordiae. Ergo huiusmodi vitia non pertinent ad avaritiam.
|
|
Seconda parte della seconda parte
Questione 118
Articolo 8
[43913] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 1
SEMBRA che le figlie dell'avarizia non siano quelle che si dicono, cioè: "il tradimento, la frode, la bugia, gli spergiuri, l'inquietudine, le violenze, e la durezza del cuore". Infatti:
1. Abbiamo detto che l'avarizia si contrappone alla liberalità. Ora invece il tradimento, la frode e la bugia si contrappongono alla prudenza, gli spergiuri alla religione; l'inquietudine alla speranza, o alla carità, che si quieta nella persona amata; le violenze si contrappongono alla giustizia; la durezza alla misericordia. Perciò codesti vizi non hanno nessun legame con l'avarizia.
|
[43914] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 2 Praeterea, proditio, dolus et fallacia ad idem pertinere videntur, scilicet ad proximi deceptionem. Ergo non debent enumerari tanquam diversae filiae avaritiae.
|
|
[43914] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 2
2. Tradimento, frode e bugia sembrano ridursi alla stessa cosa, cioè all'inganno del prossimo. Dunque non devono essere enumerati come tre figlie distinte dell'avarizia.
|
[43915] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 3 Praeterea, Isidorus ponit novem filias, quae sunt mendacium, fraus, furtum, periurium, et turpis lucri appetitus, falsa testimonia, violentia inhumanitas, rapacitas. Ergo prima assignatio filiarum fuit insufficiens.
|
|
[43915] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 3
3. S. Isidoro enumera nove figlie dell'avarizia: "menzogna, frode, furto, spergiuro, brama di illeciti guadagni, false testimonianze, violenze, inumanità, rapacità". Quindi l'elenco ricordato non era esauriente.
|
[43916] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 4 Praeterea, philosophus, in IV Ethic., ponit multa genera vitiorum pertinentium ad avaritiam, quam illiberalitatem nominat, videlicet parcos, tenaces, kimibiles, illiberales operationes operantes, et de meretricio pastos, et usurarios, aleatores, et mortuorum spoliatores, et latrones. Ergo videtur quod praedicta enumeratio sit insufficiens.
|
|
[43916] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 4
4. Il Filosofo accenna a più specie di vizi appartenenti all'avarizia, da lui denominata illiberalità, ricordando "i tirchi, i taccagni, i ciministi", "coloro che compiono opere illiberali, gli sfruttatori delle meretrici, gli usurai, i giocatori d'azzardo, i violatori dei sepolcri, i briganti". Perciò l'elenco indicato è insufficiente.
|
[43917] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 5 Praeterea, tyranni maxime violentias subditis inferunt. Dicit autem philosophus, ibidem, quod tyrannos civitates desolantes et sacra praedantes non dicimus illiberales, idest avaros. Ergo violentia non debet poni filia avaritiae.
|
|
[43917] IIª-IIae q. 118 a. 8 arg. 5
5. I tiranni son quelli che infliggono ai loro sudditi le violenze più gravi. Ora, il Filosofo afferma, che "i tiranni che devastano le città e depredano i templi non li chiamiamo illiberali", cioè avari. Dunque la violenza non può considerarsi una figlia dell'avarizia.
|
[43918] IIª-IIae q. 118 a. 8 s. c. Sed contra est quod Gregorius, XXXI Moral., assignat avaritiae filias prius enumeratas.
|
|
[43918] IIª-IIae q. 118 a. 8 s. c.
IN CONTRARIO: S. Gregorio assegna all'avarizia le figlie sopra indicate.
|
[43919] IIª-IIae q. 118 a. 8 co. Respondeo dicendum quod filiae avaritiae dicuntur vitia quae ex ipsa oriuntur, et praecipue secundum appetitum finis. Quia vero avaritia est superfluus amor habendi divitias, in duobus excedit. Primo enim, superabundat in retinendo. Et ex hac parte oritur ex avaritia obduratio contra misericordiam, quia scilicet cor eius misericordia non emollitur, ut de divitiis suis subveniat miseris. Secundo, ad avaritiam pertinet superabundare in accipiendo. Et secundum hoc, avaritia potest considerari dupliciter. Uno modo, secundum quod est in affectu. Et sic ex avaritia oritur inquietudo, inquantum ingerit homini sollicitudinem et curas superfluas, avarus enim non impletur pecunia, ut dicitur Eccle. V. Alio modo, potest considerari in effectu. Et sic in acquirendo aliena utitur quandoque quidem vi, quod pertinet ad violentias; quandoque autem dolo. Qui quidem si fiat in verbo, erit fallacia, quantum ad simplex verbum; periurium autem si addatur confirmatio iuramenti. Si autem dolus committatur in opere, sic, quantum ad res, erit fraus; quantum autem ad personas, proditio, ut patet de Iuda, qui ex avaritia prodidit Christum.
|
|
[43919] IIª-IIae q. 118 a. 8 co.
RISPONDO: Son chiamati figlie dell'avarizia i vizi che da essa derivano, specialmente sotto l'aspetto della causalità finale. Ed essendo l'avarizia l'amore eccessivo delle ricchezze, va notato che l'eccesso può capitare in due modi. Primo, nel ritenerle troppo. E allora dall'avarizia nasce la durezza di cuore; poiché il cuore dell'avaro non s'intenerisce con la misericordia, così da soccorrere i poveri con le sue ricchezze. - Secondo, è proprio dell'avarizia eccedere nel prendere. E sotto quest'aspetto il vizio può esser considerato in due fasi distinte. Prima di tutto in quanto è nell'affetto. E allora dall'avarizia nasce l'inquietudine, poiché suscita nell'uomo la preoccupazione e le premure eccessive: infatti, come dice l'Ecclesiaste, "l'avaro non sarà mai sazio di danaro". - In secondo luogo si può considerare l'avarizia nell'effetto. E allora essa nell'acquistare la roba altrui talora usa la forza, e abbiamo la violenza; altre volte usa l'inganno. Se questo si fa mediante la parola, si avrà la bugia, nelle semplici asserzioni; e lo spergiuro quando a conferma si aggiunge il giuramento. Se poi l'inganno si fa con i fatti, allora se si tratta di cose avremo la frode; se di persone, avremo il tradimento, come è evidente nel caso di Giuda, il quale fu spinto dall'avarizia a tradire Cristo.
|
[43920] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod non oportet filias alicuius peccati capitalis ad idem genus vitii pertinere, quia ad finem unius vitii possunt ordinari etiam peccata alterius generis. Aliud est enim peccatum habere filias, et peccatum habere species.
|
|
[43920] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Non è necessario che le figlie di un peccato capitale appartengano al genere di quest'ultimo: poiché al fine di un dato vizio possono essere indirizzati anche peccati di altro genere. Infatti una cosa sono le figlie e un'altra le specie di un peccato.
|
[43921] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 2 Ad secundum dicendum quod illa tria distinguuntur sicut dictum est.
|
|
[43921] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 2
2. Quei tre peccati si distinguono nel modo che abbiamo detto.
|
[43922] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 3 Ad tertium dicendum quod illa novem reducuntur ad praedicta septem. Nam mendacium et falsum testimonium continetur sub fallacia, falsum enim testimonium est quaedam specificatio mendacii; sicut et furtum est quaedam specificatio fraudis, unde sub fraude continetur. Appetitus autem turpis lucri pertinet ad inquietudinem. Rapacitas autem continetur sub violentia, cum sit species eius. Inhumanitas autem est idem quod obduratio contra misericordiam.
|
|
[43922] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 3
3. Le nove figlie ricordate da S. Isidoro si riducono alle sette sopra indicate. Infatti la menzogna e la falsa testimonianza sono incluse nella bugia: poiché la falsa testimonianza non è che una specificazione della frode, e quindi è inclusa in essa. La brama di illeciti guadagni rientra nell'inquietudine. Invece la rapacità non è che una specie della violenza. L'inumanità, poi, s'identifica con la durezza di cuore.
|
[43923] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 4 Ad quartum dicendum quod illa quae ponit Aristoteles sunt illiberalitatis vel avaritiae species magis quam filiae. Potest enim aliquis dici illiberalis vel avarus ex eo quod deficit in dando, et si quidem parum det, vocatur parcus; si autem nihil, tenax; si autem cum magna difficultate det, vocatur kimibilis, quasi kimini venditor, quia de parvis magnam vim facit. Quandoque autem aliquis dicitur illiberalis vel avarus quia excedit in accipiendo. Et hoc dupliciter. Uno modo, quia turpiter lucratur, vel vilia et servilia opera exercendo per illiberales operationes; vel quia de aliquibus vitiosis actibus lucratur, sicut de meretricio, vel de aliquo huiusmodi; vel quia lucratur de eo quod gratis oportet concedere, sicut usurarii; vel quia lucratur parva cum magno labore. Alio modo, quia iniuste lucratur, vel vivis vim inferendo, sicut latrones; vel mortuos spoliando; vel ab amicis auferendo, sicut aleatores.
|
|
[43923] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 4
4. I vizi ricordati da Aristotele non sono figlie, bensì specie della illiberalità, o avarizia. Infatti uno può dirsi illiberale, o avaro per il fatto che è restio a dare: se dà poco vien detto tirchio; se non dà niente taccagno; e se dà con grande difficoltà vien detto ciminista, ossia venditore di cimino, perché fa tanto sforzo per cose da nulla. - Altre volte si dice che uno è illiberale, o avaro perché eccede nel prendere. E questo può avvenire in due modi. Primo, perché uno fa dei guadagni turpi: o con l'esercizio di mestieri vili e da schiavi mediante opere illiberali; o col guadagnare mediante atti peccaminosi, cioè col meretricio, e con altre azioni del genere; oppure perché, come fanno gli usurai, uno arricchisce con prestazioni che si dovrebbero concedere gratuitamente; ovvero perché "per guadagnare una piccolezza si affrontano gravi fatiche". - Secondo perché si arricchisce agendo contro la giustizia: facendo violenza ai vivi, come i briganti; oppure "spogliando i morti"; o rovinando gli amici come fanno i giocatori d'azzardo.
|
[43924] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 5 Ad quintum dicendum quod sicut liberalitas est circa mediocres pecunias, ita et illiberalitas. Unde tyranni, qui magna per violentiam auferunt, non dicuntur illiberales, sed iniusti.
|
|
[43924] IIª-IIae q. 118 a. 8 ad 5
5. L'illiberalità come la liberalità riguarda ricchezze di modeste proporzioni. Perciò i tiranni, i quali con la violenza s'impossessano di valori ingenti, non debbono dirsi illiberali, ma ingiusti.
|
Alla Questione precedente
|
|
Alla Questione successiva
|
|
|