Secunda pars secundae partis
Quaestio 105
Articulus 2
[43473] IIª-IIae q. 105 a. 2 arg. 1 Ad secundum sic proceditur. Videtur quod inobedientia sit gravissimum peccatum. Dicitur enim I Reg. XV, et quasi scelus idololatriae nolle acquiescere. Sed idolatria est gravissimum peccatum, ut supra habitum est. Ergo inobedientia est gravissimum peccatum.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 105
Articolo 2
[43473] IIª-IIae q. 105 a. 2 arg. 1
SEMBRA che la disobbedienza sia il peccato più grave. Infatti:
1. Nella Scrittura si legge: "Ribellarsi è paragonabile al peccato di divinazione, e il non voler assoggettarsi è quasi come il delitto di idolatria". Ma l'idolatria è un peccato gravissimo, come sopra abbiamo dimostrato. Dunque la disobbedienza è il più grave dei peccati.
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[43474] IIª-IIae q. 105 a. 2 arg. 2 Praeterea, illud peccatum dicitur esse in spiritum sanctum per quod tolluntur impedimenta peccati, ut supra dictum est. Sed per inobedientiam contemnit homo praeceptum, quod maxime retrahit hominem a peccando. Ergo inobedientia est peccatum in spiritum sanctum. Et ita est gravissimum peccatum.
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[43474] IIª-IIae q. 105 a. 2 arg. 2
2. Sono contro lo Spirito Santo quei peccati che tolgono, come si disse, gli ostacoli del peccato. Ora, con la disobbedienza si disprezza il precetto, il quale costituisce l'impedimento più efficace per ritrarre l'uomo dalla colpa. Perciò la disobbedienza è un peccato contro lo Spirito Santo. E quindi è il peccato più grave.
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[43477] IIª-IIae q. 105 a. 2 co. Respondeo dicendum quod non omnis inobedientia est aequale peccatum. Potest enim una inobedientia esse gravior altera dupliciter. Uno modo, ex parte praecipientis. Quamvis enim omnem curam homo apponere debeat ad hoc quod cuilibet superiori obediat, tamen magis est debitum quod homo obediat superiori quam inferiori potestati. Cuius signum est quod praeceptum inferioris praetermittitur si sit praecepto superioris contrarium unde consequens est quod quanto superior est ille qui praecipit, tanto ei inobedientem esse sit gravius. Et sic inobedientem esse Deo est gravius quam inobedientem esse homini. Secundo, ex parte praeceptorum. Non enim praecipiens aequaliter vult impleri omnia quae mandat, magis enim unusquisque vult finem, et id quod est fini propinquius. Et ideo tanto est inobedientia gravior, quanto praeceptum quod quis praeterit magis est de intentione illius qui praecipit. Et in praeceptis quidem Dei, manifestum est quod quanto praeceptum datur de meliori, tanto est eius inobedientia gravior. Quia cum voluntas Dei per se feratur ad bonum, quanto aliquid est melius, tanto Deus vult illud magis impleri. Unde qui inobediens est praecepto de dilectione Dei, gravius peccat quam qui inobediens est praecepto de dilectione proximi. Voluntas autem hominis non semper magis fertur in melius. Et ideo, ubi obligamur ex solo hominis praecepto, non est gravius peccatum ex eo quod maius bonum praeteritur, sed ex eo quod praeteritur quod est magis de intentione praecipientis. Sic ergo oportet diversos inobedientiae gradus diversis peccatorum gradibus comparare. Nam inobedientia qua contemnitur Dei praeceptum, ex ipsa ratione inobedientiae gravius est peccatum quam peccatum quo peccatur in hominem, si secerneretur inobedientia Dei (et hoc dico, quia qui contra proximum peccat, etiam contra Dei praeceptum agit). Si tamen in aliquo potiori praeceptum Dei contemneret, adhuc gravius peccatum esset. Inobedientia autem qua contemnitur praeceptum hominis, levior est peccato quo contemnitur ipse praecipiens, quia ex reverentia praecipientis procedere debet reverentia praecepti. Et similiter peccatum quod directe pertinet ad contemptum Dei, sicut blasphemia vel aliquid huiusmodi, gravius est, etiam semota per intellectum inobedientia a peccato, quam peccatum in quo contemnitur solum Dei praeceptum.
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[43477] IIª-IIae q. 105 a. 2 co.
RISPONDO: Le disobbedienze non sono tutte della stessa gravità. Infatti l'una può essere più grave dell'altra sotto due punti di vista. Primo, in rapporto a chi comanda. Infatti, sebbene l'uomo sia tenuto a ubbidire con ogni cura a qualsiasi autorità, tuttavia è tenuto maggiormente a ubbidire a un'autorità superiore, che a quelle inferiori. Sta a provarlo il fatto che il comando dei subalterni va trascurato, se è in contrasto con quello dell'autorità superiore. Perciò quanto maggiore è l'autorità di chi comanda, tanto è più grave la disobbedienza. E quindi disobbedire a Dio è un peccato più grave che disobbedire a un uomo.
Secondo, in rapporto alle cose comandate. Infatti chi comanda non allo stesso modo vuole che si eseguano tutte le cose che ha comandato: poiché chiunque brama di più il fine, e i mezzi più vicini al fine. Perciò la disobbedienza è tanto più grave, quanto il comando trasgredito preme di più a colui che comanda. - Ora, per i precetti, o comandi di Dio è evidente che la disobbedienza è tanto più grave, quanto il comando riguarda un bene superiore. Infatti, siccome per se stessa la volontà di Dio ha di mira il bene, più questo è superiore, più Dio ne vuole l'adempimento. Perciò chi disubbidisce al precetto dell'amore verso Dio, pecca più gravemente di chi disubbidisce al precetto dell'amore verso il prossimo. - Invece la volontà dell'uomo non sempre è più portata verso il bene più grande. Perciò quando l'obbligo nasce dal solo precetto dell'uomo, un peccato non è più grave per il fatto che si tralascia un bene più grande; ma dal fatto che si tralasciano cose che premono di più a chi comanda.
Ecco quindi che la gravità dei peccati si misura dal grado della disobbedienza. Infatti la disobbedienza con la quale si trasgredisce un precetto di Dio, per la natura stessa della disobbedienza, è un peccato più grave di quello che si commette contro un uomo, a prescindere dalla disobbedienza fatta a Dio. (Dico questo perché chi pecca contro il prossimo, agisce anche contro il comando di Dio). Se poi uno trasgredisce il comando di Dio nelle cose più importanti, il peccato è anche più grave. - Inoltre la disobbedienza con la quale si disprezza il precetto di un uomo è un peccato più leggero di quello col quale si disprezza colui che lo comanda; poiché il rispetto per il comando deve derivare dal rispetto verso chi lo impone. Parimenti, il peccato che in maniera diretta rientra nel disprezzo di Dio, come la bestemmia, o altre cose del genere, anche astraendo dalla disobbedienza, è più grave di quello in cui si disprezza soltanto il comando di Dio.
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[43479] IIª-IIae q. 105 a. 2 ad 2 Ad secundum dicendum quod non omnis inobedientia est peccatum in spiritum sanctum, sed solum illa cui obstinatio adhibetur. Non enim contemptus cuiuscumque quod peccatum impedit, constituit peccatum in spiritum sanctum, alioquin cuiuslibet boni contemptus esset peccatum in spiritum sanctum, quia per quodlibet bonum potest homo a peccato impediri. Sed illorum bonorum contemptus facit peccatum in spiritum sanctum quae directe ducunt ad poenitentiam et remissionem peccatorum.
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[43479] IIª-IIae q. 105 a. 2 ad 2
2. È peccato contro lo Spirito Santo non una qualsiasi disobbedienza, ma quella soltanto che è accompagnata dall'ostinazione. Infatti il peccato contro lo Spirito Santo non è costituito dal disprezzo verso qualsiasi cosa che possa impedire il peccato: altrimenti il disprezzo di un bene qualunque sarebbe peccato contro lo Spirito Santo; poiché un bene qualsiasi può ritrarre un uomo dal peccato. Ma il peccato contro lo Spirito Santo è costituito dal disprezzo di quei beni che direttamente portano alla penitenza e alla remissione dei peccati.
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[43480] IIª-IIae q. 105 a. 2 ad 3 Ad tertium dicendum quod primum peccatum primi parentis, ex quo in omnes peccatum emanavit, non fuit inobedientia, secundum quod est speciale peccatum, sed superbia, ex qua homo ad inobedientiam processit. Unde apostolus in verbis illis videtur accipere inobedientiam secundum quod generaliter se habet ad omne peccatum.
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[43480] IIª-IIae q. 105 a. 2 ad 3
3. La colpa del nostro progenitore, dalla quale derivò il peccato in tutti gli uomini, non fu un peccato specifico di disobbedienza, ma di superbia, il quale spinse Adamo alla ribellione. Perciò l'Apostolo in quel testo parla della disobbedienza in senso generico, che si estende a tutti i peccati.
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