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Se l'onore consista in qualche cosa di materiale
Secunda pars secundae partis
Quaestio 103
Articulus 1
[43379] IIª-IIae q. 103 a. 1 arg. 1 Ad primum sic proceditur. Videtur quod honor non importet aliquid corporale. Honor enim est exhibitio reverentiae in testimonium virtutis, ut potest accipi a philosopho, in I Ethic. Sed exhibitio reverentiae est aliquid spirituale, revereri enim est actus timoris, ut supra habitum est. Ergo honor est aliquid spirituale.
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Seconda parte della seconda parte
Questione 103
Articolo 1
[43379] IIª-IIae q. 103 a. 1 arg. 1
SEMBRA che l'onore non consista in qualche cosa di materiale. Infatti:
1. L'onore è prestazione di riverenza in riconoscimento della virtù, come risulta dalle parole del Filosofo. Ma una prestazione di riverenza è qualche cosa di spirituale; poiché riverire è un atto del timore, come sopra abbiamo notato. Dunque l'onore è qualche cosa di spirituale.
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[43380] IIª-IIae q. 103 a. 1 arg. 2 Praeterea, secundum philosophum, in IV Ethic., honor est praemium virtutis. Virtutis autem, quae principaliter in spiritualibus consistit, praemium non est aliquid corporale, cum praemium sit potius merito. Ergo honor non consistit in corporalibus.
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[43380] IIª-IIae q. 103 a. 1 arg. 2
2. A detta del Filosofo, "l'onore è premio della virtù". Ora, non può essere qualche cosa di materiale il premio della virtù che consiste principalmente in atti spirituali; poiché il premio dev'essere superiore al merito. Perciò l'onore non consiste in cose materiali.
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[43381] IIª-IIae q. 103 a. 1 arg. 3 Praeterea, honor a laude distinguitur, et etiam a gloria. Sed laus et gloria in exterioribus consistunt. Ergo honor consistit in interioribus et spiritualibus.
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[43381] IIª-IIae q. 103 a. 1 arg. 3
3. L'onore è distinto sia dalla lode che dalla gloria. Ebbene, la lode e la gloria consistono in cose esterne. Quindi l'onore deve consistere in cose interiori e spirituali.
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[43382] IIª-IIae q. 103 a. 1 s. c. Sed contra est quod Hieronymus, exponens illud I ad Tim. V, qui bene praesunt presbyteri duplici honore etc., dicit, honor in praesentiarum vel pro eleemosyna, vel pro munere accipitur. Utrumque autem horum ad corporalia pertinet. Ergo honor in corporalibus consistit.
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[43382] IIª-IIae q. 103 a. 1 s. c.
IN CONTRARIO: S. Girolamo, nell'esporre quel testo paolino, "Gli anziani che si comportano bene nell'ufficio di capi siano fatti degni di doppio onore, ecc.", fa questa affermazione: "Qui onore vuol indicare o l'elemosina o un compenso". Ma l'una e l'altro sono di ordine materiale. Dunque l'onore consiste in qualche cosa di materiale.
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[43383] IIª-IIae q. 103 a. 1 co. Respondeo dicendum quod honor testificationem quandam importat de excellentia alicuius, unde homines qui volunt honorari, testimonium suae excellentiae quaerunt, ut per philosophum patet, in I et VIII Ethic. Testimonium autem redditur vel coram Deo, vel coram hominibus. Coram Deo quidem, qui inspector est cordium, testimonium conscientiae sufficit. Et ideo honor quoad Deum potest consistere in solo interiori motu cordis, dum scilicet aliquis recogitat vel Dei excellentiam, vel etiam alterius hominis coram Deo. Sed quoad homines aliquis non potest testimonium ferre nisi per aliqua signa exteriora, vel verborum, puta cum aliquis ore pronuntiat excellentiam alicuius; vel factis, sicut inclinationibus, obviationibus, et aliis huiusmodi; vel etiam exterioribus rebus, puta in exenniorum vel munerum oblatione, aut imaginum institutione, vel aliis huiusmodi. Et secundum hoc, honor in signis exterioribus et corporalibus consistit.
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[43383] IIª-IIae q. 103 a. 1 co.
RISPONDO: L'onore implica un riconoscimento del valore di qualcuno: perciò gli uomini che vogliono essere onorati cercano riconoscimenti della propria eccellenza, come scrive il Filosofo. Ma questo riconoscimento si può fare o dinanzi a Dio, o dinanzi agli uomini. Per farlo dinanzi a Dio, "scrutatore di cuori", basta la testimonianza della coscienza. Ecco perché rispetto a Dio l'onore può limitarsi ai soli moti interiori del cuore: p. es., il solo pensare e riconoscere la grandezza di Dio, o quella di altri dinanzi a Dio. - Ma dinanzi agli uomini uno non può fare tale riconoscimento, se non ricorrendo a dei segni esterni: e cioè, o alle parole, dichiarando il valore di una persona; oppure a dei gesti, ossia a inchini, a ricevimenti premurosi e ad altre cose del genere; ovvero a donativi di beni esteriori, ossia a regali e offerte, all'erezione di statue, o ad altre simili cose. E da questo lato l'onore consiste in segni esterni e materiali.
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[43384] IIª-IIae q. 103 a. 1 ad 1 Ad primum ergo dicendum quod reverentia non est idem quod honor, sed ex una parte est principium motivum ad honorandum, inquantum scilicet aliquis ex reverentia quam habet ad aliquem, eum honorat; ex alia vero parte est honoris finis, inquantum scilicet aliquis ad hoc honoratur ut in reverentia habeatur ab aliis.
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[43384] IIª-IIae q. 103 a. 1 ad 1
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La riverenza, o rispetto, non s'identifica con l'onore: ma da un lato essa è il principio e il movente che spinge ad onorare, poiché si è spinti a onorare una persona per il rispetto o la riverenza che se ne ha; e dall'altro è il fine dell'onore, poiché si onora una persona, affinché gli altri ne abbiano riverenza.
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[43385] IIª-IIae q. 103 a. 1 ad 2 Ad secundum dicendum quod, sicut philosophus ibidem dicit, honor non est sufficiens virtutis praemium, sed nihil potest esse in humanis rebus et corporalibus maius honore, inquantum scilicet ipsae corporales res sunt signa demonstrativa excellentis virtutis. Est autem debitum bono et pulchro ut manifestetur, secundum illud Matth. V, neque accendunt lucernam et ponunt eam sub modio, sed super candelabrum, ut luceat omnibus qui in domo sunt, et pro tanto praemium virtutis dicitur honor.
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[43385] IIª-IIae q. 103 a. 1 ad 2
2. Come lo stesso Filosofo aggiunge, l'onore non è il premio adeguato della virtù, però tra tutte le cose umane e corporee niente può essere più grande dell'onore: poiché allora le stesse cose materiali diventano segni dimostrativi di una virtù che eccelle. Ora, è doveroso che il bene e la bellezza vengano riconosciuti, secondo le parole evangeliche: "Non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio; ma sul candeliere, perché faccia lume a tutti quelli che sono in casa". Ecco perché l'onore vien detto premio della virtù.
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[43386] IIª-IIae q. 103 a. 1 ad 3 Ad tertium dicendum quod laus distinguitur ab honore dupliciter. Uno modo, quia laus consistit in solis signis verborum, honor autem in quibuscumque exterioribus signis. Et secundum hoc, laus in honore includitur. Alio modo, quia per exhibitionem honoris testimonium reddimus de excellentia bonitatis alicuius absolute, sed per laudem testificamur de bonitate alicuius in ordine ad finem, sicut laudamus bene operantem propter finem; honor autem est etiam optimorum, quae non ordinantur ad finem, sed iam sunt in fine; ut patet per philosophum, in I Ethic. Gloria autem est effectus honoris et laudis. Quia ex hoc quod testificamur de bonitate alicuius, clarescit eius bonitas in notitia plurimorum. Et hoc importat nomen gloriae, nam gloria dicitur quasi claria. Unde Rom. I, dicit quaedam Glossa Ambrosii quod gloria est clara cum laude notitia.
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[43386] IIª-IIae q. 103 a. 1 ad 3
3. La lode si differenzia in due modi dall'onore. Primo, perché essa consiste soltanto nelle parole; mentre l'onore include anche certi segni esterni. E in questo senso la lode è inclusa nell'onore. - Secondo, perché prestando l'onore diamo un riconoscimento assoluto della bontà di una persona; mentre con la lode ne facciamo un riconoscimento in ordine a un fine, e cioè lodiamo chi agisce bene per il raggiungimento del fine; invece l'onore, come nota il Filosofo, si presta anche agli esseri ottimi, che non sono ordinabili al fine, ma lo hanno già raggiunto.
La gloria poi è un effetto dell'onore e della lode. Infatti dal riconoscimento della bontà di una persona, codesta bontà viene conosciuta e chiarita presso molti. E il termine gloria implica proprio questo: infatti gloria suona claria o clarità. Ecco perché in una Glossa S. Ambrogio afferma che la gloria è "una notorietà ben chiara ed elogiativa".
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